Che cos’è la meccanica razionale?
Che assiomi presuppone?
La meccanica razionale è una disciplina che tradizionalmente si è collocata fin dalla sua origine nel quadro della fisica matematica: i contenuti della meccanica razionale provengono interamente dalla fisica, mentre i suoi metodi non sono di natura sperimentale, ma sono completamente deduttivi come avviene nella matematica. La meccanica razionale non ha quindi il compito di preoccuparsi della parte sperimentale con cui la fisica raggiunge le sue leggi fondamentali.
Presuppone come assiomi i principi della meccanica e poi parte da questi per costruire, facendo uso degli strumenti dell'analisi matematica e della geometria, una teoria dimostrativa e completamente deduttiva.
Un corso di meccanica razionale sviluppa la sua trattazione basandosi sui principi della meccanica newtoniana, escludendo dalla propria considerazione, per esempio, la teoria della relatività e la meccanica quantistica.
Che cos’è un osservatore?
Come possono essere le grandezze?
Per cominciare a parlare di meccanica, abbiamo bisogno di partire da nozioni di base.
La prima nozione di base è il concetto di osservatore. Queste nozioni di base vengono acquisite dalla fisica. Che cos'è un osservatore? Un osservatore in meccanica classica viene indicato con un sistema di riferimento, generalmente cartesiano-ortogonale, una terna destra di solito, ma si possono poi usare anche altri sistemi di coordinate a seconda delle necessità, come ad esempio le coordinate polari. E questo osservatore consente di riferire ad un'origine, che in questo esempio abbiamo indicato con O, e agli assi, le misure di spazio.
E anche un sistema di orologi sincronizzati, che sono posti in ogni punto dello spazio che servono per misurare il tempo.
Le altre nozioni di base da cui partiamo sono quelle di grandezza scalare e grandezza vettoriale:
Le grandezze scalari sono grandezze la cui misura si può identificare con un semplice numero. Per esempio il tempo, la massa, l'energia, sono tutti esempi di grandezze scalari e il valore della misura non dipende dall'orientamento degli assi del sistema di riferimento.
Poi ci sono le grandezze vettoriali. Quindi cominciamo a vedere che cosa sono queste grandezze vettoriali, cioè che cosa sono i vettori.
Che cos’è un vettore?
Da che cosa è caratterizzato?
Come si indica un vettore?
Come si chiama un vettore che ha modulo 0?
E un vettore che ha modulo 1?
Che cosa sono i vettori equipollenti?
La nozione di vettore è stata introdotta nella prima metà dell'800 da Hamilton per indicare un ente geometrico costituito da un segmento orientato, cioè un vettore è una freccia.
Le grandezze vettoriali non sono caratterizzate da un unico elemento, ma hanno bisogno, per essere definite di tre elementi:
L’intensità o modulo del vettore, cioè la lunghezza della freccia.
La direzione, che è la direzione della retta su cui la freccia giace, nello spazio.
Il verso, il verso che è quello verso cui punta la freccia, cioè il verso del segmento orientato.
Per usare la notazione vettoriale, noi indicheremo i vettori con la lettera latina maiuscola, la u, sormontata da un trattino. Quando il trattino non c'è, come in questo caso, questo indica il modulo del vettore.
Un altro modo per una notazione vettoriale che può essere usata è quella di utilizzare la differenza di punti geometrici. Quindi se con A indichiamo l'origine del segmento orientato e con B indichiamo il secondo estremo del segmento orientato, allora un altro modo per indicare il vettore U è usare la differenza B - A, punta meno coda.
Un vettore che ha modulo 0 si chiama vettore nullo.
Un vettore che ha modulo unitario si chiama versore. È possibile nello spazio, avere infiniti vettori che hanno stessa intensità, stessa direzione e stesso verso, cioè un vettore, data l'intensità, la direzione e il verso, non individua un solo segmento orientato, ma ne individua infiniti, cioè tutti quelli che sono fra loro equipollenti.
Per esempio, come in questo caso, abbiamo tre vettori che sono tutti tra loro equipollenti, il vettore B - A, il vettore D - C e il vettore F - E hanno tutti stessa intensità, stessa direzione, stesso verso e ne potrei disegnare altrettanti, cioè ognuno, rispettando le specifiche di intensità, direzione e verso, può disegnare un vettore libero che sarà diverso da quello di chiunque altro. Questo per identificare il concetto di vettore libero.
La differenza tra il vettore libero e invece il vettore applicato, cioè per esempio, se noi prendiamo il primo estremo del vettore, per esempio A, e poi indichiamo con u il vettore, con questo tipo di notazione, parentesi A, virgola u, indicheremo quello che si chiama il vettore applicato.
Se noi indichiamo il primo estremo del vettore e poi diciamo che quel vettore deve avere data intensità, data direzione e dato verso, noi stiamo considerando un vettore applicato che è unico.
Che differenza c'è tra i vettori liberi e i vettori applicati?
Nei vettori, come possono essere trattati i punti?
In non pochi problemi fisici non è sufficiente considerare i vettori liberi, perché le grandezze fisiche vettoriali possono avere dei comportamenti diversi, a seconda del loro punto di applicazione. L'esempio più evidente è quello di una forza applicata ad un corpo, che a seconda del punto di applicazione, può lasciare che il corpo sia in equilibrio oppure no.
Abbiamo un supporto e su questo supporto, pensiamo di applicare una forza, quindi applichiamo la forza che ha punto d'applicazione, prendiamo il vettore applicato nel punto P e quella freccia, quel segmento orientato, che abbiamo indicato con F. Allora se noi abbiamo quel supporto che è in equilibrio, applichiamo quella forza nel punto P e allora, continueremo, anche dopo l’applicazione della forza, ad avere equilibrio.
Se invece adesso, considerando sempre il nostro supporto P, prendiamo la forza P, F e la applichiamo in questo modo, quello che succede è che applicando la forza P, F il supporto verde non è più in equilibrio, cioè la sua posizione è cambiata.
Il vettore F non è una forza, è un vettore libero e non può essere una forza, perché se non c'è il punto d'applicazione, non si ha una forza. La differenza invece con la forza, che deve avere un punto di applicazione e il vettore della forza.
Torniamo a considerare un vettore, consideriamo il vettore B - A, che ha una certa intensità, una certa direzione e un certo verso, e supponiamo di considerare un altro vettore D - C che sarà uguale, perché li scegliamo noi, saranno identici, quindi avrà stessa direzione, stesso verso e stessa intensità e quindi se A e B sono primo e secondo estremo del primo vettore, C e D sono primo e secondo estremo del secondo vettore, allora avremo che B - A è uguale a D - C. Se io adesso costruisco il parallelogrammo, congiungendo A con C e B con D, allora quello che si ottiene è che avrò che se B - A è uguale a D - C, avrò anche che C - A è uguale a D - B. Questo in quanto ABDC è un parallelogrammo i cui i cui lati AB e CD sono uguali e di conseguenza saranno uguali anche AC e BD.
Ecco, allora che abbiamo costruito di nuovo un'uguaglianza tra vettori, trattando i punti geometrici come se fossero delle variabili algebriche, e quindi C è passato dal secondo membro, al primo membro, cambiato di segno e B è passato dal primo membro, al secondo membro, cambiato di segno.
Quindi abbiamo trattato i vettori come differenza di punti e questi punti geometrici sono come delle grandezze algebriche.
Che risultato mi dà il prodotto di uno scalare per un vettore?
Che caratteristiche ha il risultato?
Che cosa si ottiene se m = 0?
E se m = 1?
E se m = -1?
Che cosa dice il relativo teorema?
La prima operazione che prendiamo in considerazione è il prodotto di uno scalare per un vettore.
Supponiamo di avere un scalare m, quindi m è un numero reale, e un vettore a. Se noi moltiplichiamo lo scalare m per il vettore a, otteniamo ancora un vettore, che è il vettore m a, che sarà il vettore che ha per modulo il prodotto del modulo di m, per il modulo del vettore a.
La direzione sarà la stessa direzione di a e il verso invece sarà concorde con a se m è maggiore di 0, discorde con a invece se m è minore di 0.
Ritorniamo alla definizione di vettore nullo e di versore, cioè il vettore nullo si ottiene in questo caso se m è uguale a 0, il versore si ottiene se poniamo m uguale ad 1.
Possiamo dare anche la definizione di opposto del vettore a, e si chiamerà opposto del vettore a e lo si indicherà con meno a, il caso in cui m è uguale a -1.
Teorema
Enunciamo un teorema che dice che, dati due vettori a e b con a parallelo a b e a diverso da 0, esiste un m, un numero reale m, tale che b può sempre essere scritto come m per a. Cioè, dati due vettori paralleli di cui uno dei due è non nullo, è sempre possibile trovare uno scalare che, moltiplicato per a, ci dia a b.
Come si svolge l’operazione di somma di vettori?
Dati i due vettori a₁ e a₂, vogliamo definire la somma tra questi due vettori. Il vettore a₁ è il vettore rosso, il vettore a₂ è il vettore blu. Disponiamo questi due vettori in maniera consecutiva, in modo tale che il secondo estremo del primo vettore, in questo caso la lettera A maiuscola, il punto A₁, coincida con il primo estremo del secondo vettore azzurro. E questi devono essere uguali al vettore rosso a₁ e il vettore azzurro a₂.
Si definisce quindi somma tra i due vettori a₁ e a₂, il vettore che ha per primo estremo, il primo estremo del primo vettore, cioè a A, e per secondo estremo, quindi la punta della freccia del vettore somma, sarà il secondo estremo del vettore azzurro.
Il vettore somma a₁ + a₂ è la differenza tra i punti A₂ e A. Abbiamo definito in questo modo il vettore somma.
Questa definizione si estende anche al caso di un numero di vettori maggiore di 2, quindi da 3 in poi,. Questi vettori vanno disposti in maniera consecutiva l’uno all’altro, costruendo una poligonale, dopodiché si congiunge il primo estremo del primo vettore della poligonale con il secondo estremo dell'ultimo vettore. In questo modo si ottiene il vettore somma.
Di quali proprietà gode la somma tra vettori?
La somma tra vettori gode di alcune proprietà.
In particolare gode della proprietà commutativa. Quindi è possibile fare a₁ + a₂ e questo è esattamente uguale a fare la somma tra il vettore a₂, quello azzurro, e il vettore a₁. Questo perché, nella definizione di somma, se costruiamo il parallelogrammo di lati a₁, a₂, cioè avente per lati i due vettori, quindi costruiamo il parallelogrammo, andando a riportare la retta parallela al vettore a₂, passante per questo punto A, primo estremo del primo vettore, e poi facciamo la stessa cosa con la retta parallela al vettore rosso, e passante per il secondo estremo del secondo vettore, si costruisce il parallelogrammo e l'intersezione di queste due rette che ho costruito, per costruire il parallelogramma sarà nel punto A₃. Allora la diagonale del parallelogramma, quella che congiunge il punto A con A₂, che è esattamente il vettore somma a₁ + a₂, è sempre uguale, sia che io faccia a₁ + a₂, andando nella parte sinistra del parallelogramma, sia che io sommi invece a₁ e a₂ nell'ordine invertito. Quindi la somma gode della proprietà commutativa.
La somma poi gode anche della proprietà associativa, in quanto sommare il vettore a₁ + a₂ al vettore a₃ è esattamente la stessa cosa, che sommare a₁ al vettore somma a₂ + a₃. Quindi l'operazione di somma gode della proprietà associativa.
Gode inoltre anche della proprietà distributiva del prodotto per uno scalare, cioè per un numero rispetto alla somma, in quanto se faccio il vettore somma a₁ + a₂ e lo moltiplico per lo scalare m, questo è esattamente uguale a prendere m volte il vettore a₁ e sommarlo ad m volte il vettore a₂.
Infine, per concludere, supponiamo di avere il vettore B - A, quindi questa freccia nera. Dato questo vettore, è sempre possibile, comunque preso un punto C dello spazio, dire che questo vettore B - A è la somma di due vettori, il vettore B - C, sommato al vettore C - A. Si è costruito il triangolo, quindi dato un vettore B - A, è sempre possibile scrivere questo vettore come somma dei due vettori C - A e B - C, dove C è un punto qualunque dello spazio. Questo è come dire che, Dato il vettore B - A, se io tolgo e aggiungo il punto C come fosse una variabile algebrica, si ottiene esattamente l'uguaglianza in termini geometrici, cioè l'uguaglianza algebrica corrisponde all'uguaglianza di tipo geometrico.
Come si svolge l’operazione di differenza di vettori?
Riprendiamo con una nuova operazione tra vettori, che è la differenza tra il vettore a₁ e il vettore a₂. a₁ è il vettore rosso, a₂ è la freccia azzurra e si definisce a₁ - a₂ la somma del vettore a₁ con l'opposto del vettore a₂. Se il vettore a₁ è il vettore C - A, il vettore a₂ è il vettore B - C, sommare ad a₁ l'opposto di a₂, equivale ad ottenere il vettore C - D. Quindi C - D, è esattamente l'altra diagonale del parallelogrammo di lati C - A e C - B.
Mentre la diagonale che va da A a B era la somma dei vettori a₁ e a₂.
Che cosa dice il primo teorema di scomposizione nel piano di un vettore?
Adesso presentiamo invece due teoremi, che riguardano la scomposizione di un vettore. Il primo teorema riguarda la scomposizione di un vettore nel piano, il secondo teorema riguarda la scomposizione di un vettore nello spazio oltre dimensionale.
Il primo teorema dice che è sempre possibile scomporre un vettore a, nella somma di due vettori aventi direzioni assegnate, distinte e complanari con a. Indichiamo con r₁, la retta rossa, la prima direzione e con r₂ la seconda, è la retta blu. Il vettore a è il vettore che abbiamo disegnato.
Allora, costruiamo il parallelogrammo ottenuto in questo modo, cioè traccio la parallela alla retta r₁, passante per A, e quindi questa è la retta r₁, passante per A, poi traccio sempre la parallela ad r₁, passante per B. Dopodiché faccio la stessa cosa con le due parallele alla retta r₂, una passante per A e l'altra passante per B. La retta blu che passa per C, indichiamo con C il punto di intersezione tra la retta rossa passante per B e la retta blu passante per A, indichiamo con D l'intersezione tra la retta rossa passante per A e la retta blu passante per B .
Abbiamo costruito il parallelogrammo ACBD. Il vettore A lo possiamo scrivere come B - A e a questo punto noi sappiamo che dato un vettore B - A, questo vettore può sempre essere scritto come la somma di due vettori B - C e C - A, dove C è un punto qualunque dello spazio e in questo caso C è esattamente uno dei vertici del parallelogramma e.
Se io indico con a₁ il vettore B - C, con a₂ il vettore C - A, allora ho dimostrato che il vettore a si può scrivere come la somma del vettore a₁, sommato al vettore a₂.
Che cosa dice il secondo teorema di scomposizione nello spazio tridimensionale di un vettore?
Il secondo teorema dice che è sempre possibile scomporre un vettore a nella somma di tre vettori, aventi direzioni assegnate e non complanari e indichiamo queste direzioni con r₁, r₂ ed r₃.
Innanzitutto ci mettiamo nell'ipotesi che il vettore, il nostro vettore a, che è il dato del teorema, sia non parallelo alle tre direzioni r₁, r₂, r₃. Questo perché, se a fosse parallelo ad una delle due direzioni, per esempio se fosse parallelo alla retta r₃, allora la dimostrazione del teorema sarebbe banale, in quanto il vettore a sarebbe somma di tre vettori, di cui due sono vettori nulli, e sono quelli lungo la direzione di r₁ e di r₂, e il terzo vettore, quello parallelo a r₃, sarebbe esattamente uguale a stesso, quindi sarebbe il caso banale. Per cui ci mettiamo nell'ipotesi in cui a sia non parallelo a queste tre direzioni.
Consideriamo la retta r’, che sia l'intersezione di due piani. Un primo piano è il piano che indico con π, generato da r₁ ed r₂, quindi dalla retta r₁ che è la retta rossa e dalla retta r₂ che è la retta blu.
Quindi chiamiamo chiamiamo r₁, che è la retta di intersezione tra questo piano e l'altro piano, invece, individuato da r₃, quindi dalla retta verde e poi dal vettore a.
Intersecando questi due piani, cioè il piano generato da r₁ e r₂ con il piano generato da r₃ e dal vettore a, si ottiene la retta r’.
Nel disegno che ho fatto, ho supposto di prendere le tre rette r₁, r₂ ed r₃ e di porle con l'origine in comune, di spostarle parallelamente ciascuna a stessa, in modo tale da portarle con l'origine in comune, che coincide poi con l'origine del primo vettore, del vettore A. B sarà il secondo estremo del vettore. Indicata quindi questa retta r’, consideriamo adesso la retta r’, la retta r₃ e il vettore a. In virtù del teorema precedente, è possibile fare la scomposizione di a, nella somma del vettore a’, che è un vettore parallelo del r’ e del vettore parallelo ad r₃ che indichiamo con a₃.
Quindi il vettore a non sarà altro che la somma di a’ + a₃.
Adesso ci concentriamo sul vettore a’, e vediamo che a’ sta nel piano generato dalla retta rossa r₁ e dalla retta blu r₂. Quindi, sempre in virtù del teorema precedente, possiamo pensare di scomporre a’ lungo le due direzioni r₁ ed r₂ e di conseguenza, così facendo, avremo che a’ è la somma del vettore a₁, sommato al vettore che indichiamo con a₂, che ha la direzione di r₂.
Quindi a’ è la somma di a₁ e a₂. E infine, abbiamo a₃.
In questo modo abbiamo dimostrato che il vettore a è stato scomposto nella somma di tre vettori: uno che ha la direzione di r₁, che è il vettore a₁, il secondo, che ha la direzione di r₂, che chiamiamo a₂, e il terzo che ha la direzione di a₃.
Che cos’è l’angolo tra due vettori?
Prima di passare all'altra operazione classica tra vettori, quella di prodotto, premettiamo una definizione e diamo la definizione di angolo tra due vettori. Supponiamo di avere un vettore a e un vettore b, li poniamo con l'origine in comune, consideriamo le due semirette, che sono parallele ed equiverse a questi due vettori e l'angolo formato tra i due vettori a e b, è l'angolo α ≤ π, formato proprio da queste due semirette, che hanno l'origine in comune e parallele ed equiverse ai due vettori.
Come si svolge l’operazione di prodotto scalare tra vettori?
Dati due vettori non nulli, è possibile che il prodotto scalare dia come risultato zero?
Qual’è la condizione necessaria e sufficiente per l’ortogonalità tra vettori?
Data questa definizione, adesso siamo pronti a definire il prodotto tra vettori. Di prodotti tra vettori ce ne sono diversi. Il primo prodotto che affrontiamo è il prodotto scalare, che è il prodotto scalare tra un vettore a e un vettore b.
Quindi chiamo con a il primo vettore, poi consideriamo un altro vettore b, con l'origine in comune. Il prodotto scalare tra a e b per definizione è uno scalare, che è dato dal prodotto del modulo del primo vettore, per il modulo del secondo vettore per il coseno dell'angolo compreso, definito come abbiamo visto prima.
Il prodotto scalare tra due vettori è un numero.
Adesso mi chiedo se, dati due vettori non nulli, mi chiedo se sia possibile che il prodotto scalare di due vettori non nulli dia come risultato lo zero. Bisogna pensare alla definizione e siccome il prodotto scalare tra a e b vale modulo di a, per modulo di b, per il coseno dell'angolo compreso, è possibile che il prodotto scalare tra due vettori non nulli sia nullo, e in particolare questo è nullo se e solo se a è perpendicolare a b.
Nella definizione di prodotto scalare che abbiamo appena dato, in virtù delle formule trigonometriche, fare a per b per il coseno di α, equivale a prendere la lunghezza del primo vettore, il vettore rosso, e moltiplicarla per b coseno di α, che è la proiezione del secondo vettore b sul primo vettore a. E allora, quando a e b sono ortogonali, la proiezione di b su a è zero.
Di conseguenza, possiamo dire che l'annullarsi del prodotto scalare tra due vettori non nulli, è condizione necessaria e sufficiente per l'ortogonalità tra vettori.
Quali sono le proprietà di cui gode il prodotto scalare?
Vediamo le proprietà di cui gode il prodotto scalare.
Il prodotto scalare gode della proprietà commutativa, in quanto fare a scalare b, è esattamente uguale a fare b scalare a, perché l'angolo compreso tra a e b, è uguale all'angolo compreso tra b ed a. Quindi la proprietà commutativa vale.
La proprietà distributiva è possibile dimostrare, noi non lo faremo, ma insomma è facile verificarlo, che la proprietà distributiva del prodotto scalare rispetto alla somma, vale, quindi fare a scalare b + c è uguale a sommare a scalare b con a scalare c.
Veniamo alla proprietà associativa. Adesso io mi chiedo se fare a scalare b, e poi il risultato moltiplicarlo scalarmente per c, è uguale invece a fare prima b scalare c, e poi il risultato a moltiplicarlo scalarmente per a. Questa operazione è un'operazione che non ha senso, quindi la proprietà associativa non vale. Questo perché il prodotto scalare è un'operazione che si mangia vettori, ma restituisce scalari. Quindi nel momento in cui io faccio a scalare b, ottengo un numero, uno scalare. E quindi uno scalare non può essere moltiplicato, non si può fare un prodotto scalare tra un numero e un vettore. Questa proprietà non vale, cioè non ha senso fare in sequenza due prodotti scalari, perché l'esito di un prodotto scalare è, come dice il nome stesso, uno scalare.
Come si ottiene il quadrato di un vettore?
Come si ottiene il quadrato della somma (differenza) tra due vettori?
Come si ottiene il prodotto scalare della somma per differenza?
Di seguito vediamo invece alcune operazioni, in applicazione del prodotto scalare, in particolare il quadrato del vettore, cioè fare a scalare a, equivale a fare il quadrato del vettore.
Il quadrato della somma di vettori, per esempio a più b al quadrato, è equivalente a fare a più b, come dicevamo appena prima, è equivalente a fare scalare a più b. Analogamente, il prodotto scalare della somma di due vettori a più b, per la differenza dei due vettori a - b, è uguale alla differenza tra i quadrati dei due moduli dei due vettori.
Che cosa dice il teorema legato al prodotto scalare?
Che cosa dice il relativo corollario?
Veniamo a un teorema che ci dice che se a è un vettore qualunque e se m₁, m₂ ed m₃ sono tre vettori non nulli, distinti e non complanari, allora se si verifica che il prodotto scalare di a con ciascuno dei vettori m, cioè a scalare m₁ è uguale a 0, a scalare m₂ è uguale a 0, e a scalare m₃ è uguale a 0, allora a deve essere necessariamente il vettore nullo. La dimostrazione è immediata; dire a scalare mi uguale a 0, significa che a è ortogonale a m₁, ortogonale ad m₂ e ortogonale ad m₃. E in uno spazio tridimensionale, l’unico vettore che può essere ortogonale a tre direzioni distinte e non complanari è il vettore nullo.
Discendono poi diversi corollari da questo teorema, ma ne enunciamo soltanto uno per tutti. Se a e b sono due vettori qualunque e m₁, m₂, m₃ sono tre vettori non nulli e non complanari, allora se a scalare mi è uguale a b scalare mi, questo per i uguale a 1, 2, 3, allora necessariamente i due vettori coincidono, cioè a è uguale a b.
Che risultato ha l’operazione di prodotto vettoriale?
Dati due vettori non nulli, quand’è che a vettor b dà il vettore nullo?
Che cosa dice la condizione necessaria e sufficiente per il parallelismo?
Il secondo prodotto tra vettori che incontriamo è il prodotto vettoriale. Vediamo come si definisce il prodotto vettoriale tra il vettore a e il vettore b. Se il prodotto scalare tra due vettori era un numero, cioè uno scalare, il prodotto vettoriale invece è un vettore.
Si definisce prodotto vettoriale tra a e b, e si legge ‘a vettor b’, il vettore c.
Per definire il vettore dobbiamo dire qual è il suo modulo, qual è la sua direzione e qual è il suo verso:
Il vettore c è un vettore che ha per modulo il prodotto del modulo del primo vettore, per il modulo del secondo vettore, per il seno dell'angolo compreso tra i due vettori. Quindi, indicando con α l'angolo compreso, il modulo è a per b per seno di α, e siccome a è uno dei lati del parallelogrammo di lati vettore a e vettore b, b seno di α è l'altezza di questo parallelogrammo, allora diciamo che a per b seno di α lo possiamo indicare con S, ed è l’area del parallelogrammo di lati a e b.
La direzione sarà la direzione perpendicolare al piano π, generato da a e da b.
Il verso quello per cui a, b e c, formano una terna destra. La terna destra è quella per cui a, b e a vettor b nell’ordine, coincidono con pollice, indice e medio della mano destra. Oppure un'altra regola per il verso del prodotto vettoriale, è la regola di avanzamento dei cavatappi.
Data questa definizione di prodotto vettoriale, ci chiediamo se, dati due vettori non nulli a e b, sia possibile che a vettor b, dia il vettore nullo. La risposta è sì, e a vettor b uguale a 0, con a e b diversi dal vettore nullo, si ha se e solo se a è parallelo a b.
E allora l'annullarsi del prodotto vettoriale è condizione necessaria e sufficiente per il parallelismo fra due vettori a e b non nulli.
Di quali proprietà gode il prodotto vettoriale?
Vediamo le proprietà del prodotto vettoriale.
Il prodotto vettoriale non gode della proprietà commutativa. Questo perché fare a vettor b e fare b vettor a, dal punto di vista del modulo, il modulo di a vettor b e di b vettor a, è esattamente uguale, perché abbiamo modulo di a, modulo di b per il seno dell'angolo compreso. La direzione, che deve essere sempre quella perpendicolare al piano contenente a e b, è uguale nei due casi, ma il verso non è lo stesso. Perché a, b e a vettor b, se formano una terna destra, non è vero che b, a e b vettor a, formano anch’essi una terna destra. Di conseguenza, infatti, non vale la proprietà commutativa, ma vale la proprietà anti-commutativa, cioè a vettor b è uguale a meno b vettor a. Quindi la proprietà che vale è l’anti-commutativa.
Vale la proprietà invece distributiva, cioè fare a vettor b più c è uguale a fare a vettor b più a vettor c.
La proprietà associativa in generale non vale, però a differenza del prodotto scalare che non aveva senso, in questo caso, ha senso fare in sequenza i prodotti vettoriali, perché se io faccio a vettor b, questo produce un vettore, quindi ha poi senso chiedermi se posso moltiplicare questo vettore per il vettore c, però in generale non è vero che a vettor b, vettor b, è uguale a fare il prodotto vettoriale tra a, dopo aver fatto il prodotto vettoriale tra b e c. In generale non è vero. A questa operazione si dà il nome di doppio prodotto vettoriale. E tra poco vedremo che c'è una formuletta che ci dice che è possibile scrivere questo doppio prodotto vettoriale, utilizzando le operazioni che abbiamo già visto prima, in particolare la differenza e il prodotto scalare, ma questo lo vedremo dopo.
Che risultato ha il prodotto misto?
Con che cosa coincide il prodotto misto?
Perché si intende volume con segno?
È possibile che dati 3 vettori non nulli, il prodotto misto sia 0?
Qual’è la condizione necessaria e sufficiente per la complanarità tra i tre vettori?
Di quale proprietà gode il prodotto misto?
Un altro prodotto è il prodotto misto. Supponiamo di avere tre vettori a, b e c. Supponiamo che siano non complanari (nel caso del disegno). Allora si definisce prodotto misto questa scrittura: a vettor b, scalare c.
Il prodotto misto, che è un prodotto scalare del prodotto vettoriale tra a e b, moltiplicato scalarmente per c, dà come risultato uno scalare.
Quale scalare? Se io faccio il vettore a vettor b, per la definizione di prodotto vettoriale, a vettor b è un vettore e sarà il vettore che è ortogonale alla direzione di a e b, perché per poter fare questo disegno, bisogna mettere a, b e c con origine in comune. Se ci mettiamo nel caso generale in cui a, b e c sono non complanari, allora questi sono gli spigoli di un parallelepipedo.
Quindi a vettor b è il vettore che è ortogonale al piano individuato da a e da b, il modulo di a vettor b è a per b per il seno di α e indichiamo con S l'area del parallelogramma di base di spigoli a e b. E poi dobbiamo moltiplicare scalarmente questo vettore a vettor b per il vettore c, per il vettore verde. Allora se io adesso considero l’angolo γ, cioè l'angolo che il vettore giallo a vettor b forma con il vettore verde, allora avremo che il prodotto scalare tra a vettor b, e il vettore c, è il modulo del primo vettore, (a per b per seno di a), poi dobbiamo moltiplicare per c per il coseno di γ e c coseno di γ è l'altezza di questo parallelepipedo, quindi se io proietto c su a vettor b, ottengo questa, che è un’altezza, l'altezza h, e questa è h.
Ecco allora che il prodotto visto coincide con il volume del parallelepipedo, volume però con segno del parallelepipedo, che ha come spigoli i tre vettori, supposti tutti con l'origine in comune.
Perché volume con segno?
Perché il segno sarà positivo se il triedro ABC è un triedro destro, ABC nell'ordine, nell'ordine in cui vengono presentati nel prodotto misto.
Avrà invece segno negativo se il triedro ABC nell'ordine è un triedro non destro.
È possibile che dati 3 vettori non nulli, succeda che il prodotto misto sia 0? Sicuramente sì, a vettor b scalare c può essere 0, in presenza di 3 vettori non nulli, e questo succede se e soltanto se a, b e c sono complanari.
Allora se a, b e c sono tre vettori non nulli, l'annullarsi del prodotto misto è una condizione necessaria e sufficiente per la complanarità tra i tre vettori.
Vediamo un'altra applicazione del prodotto misto. Se a, b e c sono una terna destra, allora tutte le permutazioni cicliche che possiamo fare, ci daranno sempre terne destre, quindi sarà anche una terna destra b, c e a. E così pure sarà una terna destra c, a e b. E allora l'unica differenza che si ha facendo il prodotto misto a vettor b, scalare c, scambiando l'ordine dei tre vettori, si ha soltanto nel segno, siccome gli spigoli si mantengono inalterati. Allora se io faccio a vettor b scalare c, è uguale a fare b vettor c scalare a, che è uguale anche a fare c vettor a scalare b, perché le tre terne sono tutte destre.
Se io adesso mi concentro su questa seconda parte della catena di uguaglianze e guardo questo prodotto scalare, siccome il prodotto scalare è commutativo, allora io posso scambiare tra loro i vettori a e b vettor c, in virtù della commutatività del prodotto scalare. Il prodotto scalare è commutativo. Allora adesso io guardo di queste catene d’uguaglianze, considero la prima e l'ultima. E allora cosa leggo? Leggo che fare a vettor b scalare c, è uguale a fare a scalare b vettor c. Quindi che cosa ho fatto a destra e a sinistra dell'uguale? I vettori sono rimasti nella loro posizione, ma ho scambiato tra di loro il prodotto scalare con il prodotto vettoriale e infatti, in virtù di questa uguaglianza, in un prodotto misto è lecito scambiare il segno di prodotto scalare, con quello di prodotto vettoriale, senza spostare i vettori fattore.
Come si svolge l’operazione di doppio prodotto vettoriale?
Un'altra operazione è quella del doppio prodotto vettoriale. È possibile dimostrare che il doppio prodotto vettoriale tra i vettori a, b e c, è la differenza tra un vettore che è diretto lungo b, e che ha come coefficiente lo scalare a scalare c, la differenza con un vettore che è diretto lungo il vettore a, con coefficiente il prodotto scalare tra b e c. Quindi diciamo che a vettor b vettor c, è dato dalla differenza tra a scalare c lungo b, meno b scalare c lungo a.
Come si svolge l’operazione di divisione vettoriale?
La divisione vettoriale mi restituisce un unico vettore?
L'ultima operazione è l'operazione della divisione vettoriale. Io mi chiedo se, dati due vettori a e b, è sempre possibile trovare un vettore x, che moltiplicato vettorialmente a destra per a mi dà b.
Questo ricorda il concetto di divisione tra numeri, ci siamo chiesti se prendendo due numeri, il 10 e il 2, abbiamo detto è possibile trovare un numero che è moltiplicato per 2, ci dia 10? E così abbiamo imparato a fare la divisione di 10:2.
La stessa cosa la facciamo con la divisione vettoriale. Dati due vettori a e b, mi chiedo se esiste un vettore x tale che questo vettore. L'operazione deve essere quella di prodotto vettoriale, perché altrimenti l'esito di un prodotto scalare sarebbe uno scalare, quindi non avrebbe nessun senso chiedere se a vettor x mi dà un vettore. Siccome il prodotto vettoriale, quindi b, nel momento in cui diventa l'esito di un'operazione di questo tipo, deve essere perpendicolare tanto ad a, quanto ad x. La divisione vettoriale è un'operazione sensata, non con a e b generici, ma è sensata, cioè ha senso farsi la domanda, soltanto se si considerano due vettori a e b che sono perpendicolari. Allora, dati a e b due vettori perpendicolari, ora mi posso chiedere, esiste un vettore x tale che a vettor x sia uguale a b?
Per trovare se questo vettore esiste, posso provare a chiedermi se, per esempio, il vettore x₀, dato da b vettor a, diviso per il modulo di a², può essere un buon candidato da inserire al posto di x. Allora facciamo la prova. Prendiamo a, vettor b, vettor a, diviso a². Adesso andiamo a applicare l’anti-commutatività di questo prodotto vettoriale. Se scambio l'ordine dei due vettori, otterrò meno, perché cambiano di segno, b vettor a, diviso a², vettor a. Adesso mi ricordo che 1/a² è un coefficiente.
La regola del doppio prodotto vettoriale, che ho indicato con asterisco, mi dice a vettor b vettor c, quindi primo, secondo e terzo vettore moltiplicati vettorialmente, come doppio prodotto vettoriale, devo fare primo vettore, b, scalare terzo vettore, a, lungo il secondo vettore, che è sempre a, poi ci va meno, il prodotto scalare tra il secondo vettore, cioè a, scalare terzo vettore, che è sempre a, questo lungo il primo vettore, b.
b scalare a fa 0, perché a e b sono ortogonali, quindi il primo addendo non c'è, il primo vettore. Chi è a scalare a? A scalare a è a². Allora otteniamo - 1/a² per -a² b. Quindi abbiamo dimostrato che quel vettore rosso x, che non è altro che 1/a² b vettore a, è un buon candidato da moltiplicare vettorialmente a destra per a per ottenere b.
Ci viene da pensare però che questo vettore non sia unico. Adesso facciamo un un disegno e mettiamo il vettore a e il vettore b, che sono ortogonali, con l'origine in comune. E poi fissiamo un sistema di riferimento cartesiano-ortogonale con l'origine in comune coi due vettori, l'asse x coincidente con il vettore a, l'asse z coincidente col vettore b e quindi l'asse y sarà ortogonale. Per definizione di x₀, che era b vettore a, diviso a², sarà il vettore rosso che abbiamo disegnato in figura. Se io adesso prendo un vettore per esempio, lo chiamiamo x, che ottengo sommando al vettore rosso x₀, sommiamo h volte il vettore a, dove h è un numero positivo, negativo, oppure anche nullo, nel qual caso il vettore x coincide esattamente con x₀. Allora se io prendo questo vettore x₀ + h a e lo vado a moltiplicare vettorialmente a destra per a, voglio vedere che cosa ottengo. Se ottengo ancora b, allora anche il vettore blu. Se io faccio x₀ + h volte a, con h negativo, ottengo, per esempio, questo vettore x.
Se faccio x₀ + h volte a con h positivo, questo è x, e quindi al variare di h, ottengo tutti questi vettori, che stanno nel piano Oxy, con l'origine in comune con tutti i vettori e il secondo estremo del vettore blu si trova su una retta che è parallela al vettore a e passante per il punto P₀, che ha coordinate 0, b/a, 0, cioè il secondo estremo del vettore x₀. Andiamo a fare i calcoli per vedere se a, vettor x, ci dà b.
Andiamo a sostituire. Questo diventa per la proprietà distributiva del prodotto vettoriale rispetto alla somma, a vettore x₀ + a vettor h a. Abbiamo dimostrato prima, che facendo a vettore x₀ ottenevamo b.
Questo è un numero, lo possiamo mettere davanti a tutto, h per a vettore a. Ma a vettor a è il vettore nullo e quindi abbiamo dimostrato che fare a vettor x, ci dà b. Quindi abbiamo visto che la divisione vettoriale non dà un unico vettore, non c'è un unico vettore che moltiplicato vettorialmente a destra per a, mi dà b, cioè sono infiniti e sono tutti quelli che hanno il primo estremo in O (in questo caso), e il secondo estremo sulla retta parallela al vettore a e passante per il punto P₀ di coordinate 0, b/a, 0.
Come si ottengono le componenti cartesiane di un vettore?
Che tipo di corrispondenza esiste tra il vettore e le sue componenti cartesiane?
Abbiamo visto fino adesso che la notazione usuale per i vettori era quella di avere una lettera latina minuscola, sormontata dal trattino, oppure come differenza di punti geometrici.
Adesso supponiamo di fissare un sistema di riferimento cartesiano-ortogonale, possiamo indicarlo con Oxyz, supponiamo di prendere i versori che hanno la stessa direzione degli assi, quindi i sarà il versore relativo all'asse ox, j relativo all'asse oy e k relativo all'asse oz. E questa sarà la terna di versori fondamentali.
In virtù del teorema che abbiamo analizzato, possiamo dire che un qualunque vettore a può essere scomposto nella somma di tre vettori a direzioni assegnate, distinte e non complanari. Siamo esattamente in questa situazione, quindi possiamo dire che se le direzioni sono ox, oy, oz, allora sicuramente il vettore a lo possiamo scrivere come somma del vettore a₁, che è quello che ha la direzione dell'asse x, sommato al vettore a₂, che è quello che ha la direzione dell'asse y, e infine a₃, che ha la direzione dell'asse z.
In questo modo quindi abbiamo scritto il nostro vettore scomposto nella somma di tre vettori.
Possiamo però ricordare anche che se noi adesso consideriamo il vettore a₁, quello che ha la direzione dell'asse x, poi consideriamo il versore i, allora il vettore a₁ e il versore i sono due vettori paralleli. Allora, per un teorema che abbiamo visto precedentemente, esiste sicuramente uno scalare che indichiamo con ax, tale che il vettore a₁ può essere scritto come ax per il versore i.
Analogamente, se consideriamo il vettore a₂ e il versore j, anch’essi sono paralleli, e per lo stesso motivo esisterà un’ay tale che a₂ è uguale ad ay j, e infine la stessa cosa con a₃ e il versore k. Quindi esisterà un’az, tale che il vettore a₃ può essere scritto come az versore k.
Se torniamo all'uguaglianza di prima, in cui a era scritto come somma dei tre vettori a₁, a₂ e a₃, è possibile, utilizzando le componenti scalari ax, ay e az, scrivere il vettore a.
In questo modo abbiamo scritto il vettore a con le sue componenti cartesiane. Infatti, agli scalari ax, ay e az, diamo il nome di componenti cartesiane del vettore. Quindi un qualunque vettore a, risulta identificato dalle sue componenti cartesiane, cioè, fissato il sistema di riferimento oxyz, ad ogni vettore a, resta associata la terna ax, ay e az, di componenti cartesiane, e viceversa, date le componenti cartesiane ax, ay e az, in quello specifico sistema di riferimento, resta associato univocamente al vettore a. Quindi il vettore a e le sue componenti cartesiane sono in corrispondenza biunivoca.
Come si fa il prodotto di uno scalare per un vettore con le componenti cartesiane?
Come si fa la somma e la differenza tra vettori con le componenti cartesiane?
Definita questa rappresentazione cartesiana dei vettori, è possibile anche esprimere tutte le operazioni che abbiamo visto precedentemente, quindi l'operazione di somma, di differenza e di vari prodotti, in funzione delle componenti cartesiane. Vediamo come si esprimono queste operazioni, in funzione delle componenti, e partiamo dall'operazione più semplice che abbiamo presentato, cioè quella del prodotto di un numero, di uno scalare, quindi prendiamo un m ∈ R, consideriamo il vettore a di componenti ax, ay e az.
Se io considero il vettore m per a, sarà il vettore che ha per componente m ax lungo i, e poi m ay lungo j, m az lungo il versore k.
Se abbiamo due vettori, per esempio abbiamo il vettore a con le sue componenti ax, ay e az e poi prendiamo un vettore b con le sue componenti che saranno bx, by e bz, allora possiamo esprimere anche la somma e la differenza tra i vettori a e b.
Partiamo dalla somma. Per esempio, facciamo a + b, quindi questo sarà il vettore che ha per componenti lungo i ax + bx , per componente lungo j, ay + by, per componente lungo k, az + bz. Se facciamo la differenza, quindi se considero a - b, allora il vettore differenza sarà il vettore che ha per componenti le differenze tra le componenti omologhe. Quindi il vettore somma ha per componenti la somma delle componenti omologhe, il vettore differenza ha per componenti la differenza delle componenti omologhe.
Come si fa il prodotto scalare tra due vettori con le componenti cartesiane?
Come si ottiene la moltiplicazione scalare di un vettore per se stesso con le componenti cartesiane?
Come si ottiene il modulo di un vettore con le componenti cartesiane?
Passiamo quindi al prodotto scalare. Dobbiamo fare a scalare b.
Per poter fare questa operazione, bisogna che noi sappiamo quanto vale il prodotto scalare del versore i con se stesso, del versore i con gli altri due, quindi i scalare j e i scalare k, e la stessa cosa per il versore j e per il versore k. Allora i scalare i, che è uguale anche a j scalare j, ed è uguale anche a k scalare k, vale 1, perché vale il quadrato del modulo del vettore, ed essendo questo vettore un versore, 1 è il risultato di quel prodotto scalare.
I versori i, j, k, formando una terna cartesiana ortogonale, quindi essendo ortogonali, genereranno che i scalare j, j scalare k, e k scalare i, danno come risultato 0, in quanto i versori sono tra loro ortogonali.
Ricordando queste relazioni, possiamo affrontare il calcolo del prodotto scalare in componenti cartesiane.
Poiché i scalare i fa 1, questo dà ax bx. Siccome di questi prodotti, gli unici ad avere il risultato diverso da zero, sono i prodotti i scalare i, j scalare j e k scalare k, saranno questi gli unici termini che sopravvivono.
Quindi avremo che a scalare b non è altro che ax bx + ay by + az bz.
Il prodotto scalare di a per b non è altro che la somma dei prodotti delle componenti omologhe. Come caso particolare avremo che, se io moltiplico il vettore a per se stesso, questo non è altro che a², e quindi in componenti cartesiane sarà ax² + ay² + az ². E quindi il modulo di a, sarà esattamente uguale alla radice quadrata di ax² + ay² + az ².
Inoltre, se io prendo il vettore a e il versore i; allora il vettore a è quello che ha come componenti cartesiane ax, ay e az. Quali sono le componenti cartesiane del versore i? Saranno 1, 0, 0.
Avremo che a scalare i sarà uguale, allora possiamo calcolarci a scalare i usando la definizione di prodotto scalare, quindi avremo che vale il modulo del primo vettore a, per il modulo del secondo vettore, che è 1 per il coseno dell'angolo compreso, diciamo α, l'angolo tra a e i.
E lo stesso vale per a scalare j, e a scalare k. Quindi a scalare j vale a coseno di β, a scalare k vale a coseno di γ, avendo indicato con α, β e γ gli angoli che il vettore a forma con l'asse delle x, con l'asse delle y e con l'asse delle z, rispettivamente.
Usando invece non la definizione di prodotto scalare, ma la rappresentazione cartesiana del prodotto scalare, allora avremo che a scalare i è che ax, a scalare j è ay e a scalare k è az. In questo modo abbiamo trovato una relazione tra le componenti cartesiane del vettore e il vettore a con il suo modulo e gli angoli che questo vettore forma con gli assi del sistema di riferimento cartesiano ortogonale.
Come si ottiene il prodotto vettoriale con le componenti cartesiane?
Dobbiamo calcolare a vettor b, cioè il prodotto vettoriale tra i vettori a e b, ciascuno con le proprie componenti cartesiane. Così come abbiamo visto con il prodotto scalare, bisogna sapere qual è il risultato del prodotto vettoriale tra i versori. La cosa più semplice da fare è quella di chiedersi quanto vale i vettor i?
i vettor i, siccome sono lo stesso vettore, quindi sono in particolare paralleli, varrà 0, così come vale 0 il prodotto vettoriale di j vettor j, così come per k vettor k, è il vettore nullo. Se invece voglio fare i vettor j, per la regola del prodotto vettoriale, i vettor j fa k. Se poi faccio j vettor k, questo fa i, e infine, se faccio k vettor i, questo fa j. Ricordando queste relazioni, otteniamo che il prodotto vettoriale di a vettor b; siccome i vettor k vale - j, per la regola dell’anti-commutatività del prodotto vettoriale. Adesso passiamo a ay j, da moltiplicare vettorialmente per il vettore b. j vettor i fa - k. Rimane l'ultimo az k da moltiplicare vettorialmente per il vettore b e analogamente a quanto abbiamo detto fino ad ora, k vettori i fa j; k vettore j fa -i.
Adesso siamo pronti per raccogliere tutti gli addendi lungo i, lungo j e lungo k, e quindi vediamo che il risultato è questo.
Questa è un'espressione che può risultare un po' difficile da ricordare. Un modo per poterla ricordare è questo. Si usa il determinante di una matrice simbolica fatta in questo modo. Il prodotto vettoriale tra a e b lo si ottiene pensando, allora scriviamo una matrice in cui la prima riga è fatta dagli elementi i, j e k, cioè dai versori fondamentali della terna di riferimento. La seconda riga invece contiene le componenti cartesiane ax, ay e az del primo vettore che sta nel prodotto vettoriale.
L’ultima riga contiene bx, by e bz, che sono le componenti cartesiane del secondo fattore del prodotto vettoriale. Per ottenere il risultato, cioè per ottenere questa espressione cartesiana per il prodotto vettoriale, dobbiamo sviluppare il determinante di questa matrice simbolica, secondo gli elementi della prima riga. La componente del vettore lungo i, abbiamo i moltiplicato per questo minore, che è ay bz - az by.
Analogamente, se dobbiamo trovare la componente lungo j, si deve sviluppare secondo j, che è un elemento di posto 1, 2 e di conseguenza il segno cambia, e quindi avremo az bx - ax bz.
E così via, anche per la componente lungo k, che sarà ax by - ay bx.
Come si fa il prodotto misto con le componenti cartesiane?
Qual’è un altro modo per indicare il vettore P - O, utilizzando le componenti cartesiane?
E il vettore P₂ - P₁?
Un altro prodotto che avevamo considerato, era il prodotto misto, quindi a vettor b, scalare c. È molto semplice, perché il prodotto vettoriale è questo che abbiamo scritto di sopra, è quello che ha queste tre componenti cartesiane lungo i, lungo j e lungo k.
Il prodotto scalare tra a vettor b e c, è la somma dei prodotti delle componenti omologhe, per cui, siccome le componenti del vettore c saranno cx i, cy j e cz k, quindi il vettore c si scrive in questo modo, allora avremo che il prodotto misto vale cx per la componente ay bz - az by, poi ci sarà + cy per az bx - ax bz e infine ci sarà + cz che moltiplica ax by - ay b.
Con questo terminiamo la parte del calcolo di questi prodotti, prodotto scalare, prodotto vettoriale e prodotto misto.
Un'altra notazione per i vettori, può essere questa, se ad esempio io penso di avere un sistema di riferimento cartesiano-ortogonale, che indichiamo con oxyz e prendiamo un punto P dello spazio punto, per esempio di coordinate x, y e z, allora possiamo considerare il vettore P - O scritto in questo modo.
P è un punto di coordinate x, y, z. O è l'origine del sistema di riferimento; pensiamo di mettere anche i tre versori, che sono sempre i versori della terna fondamentale, i, j e k.
E allora il vettore P - O si scriverà come xi + y j + z k. Se invece prendiamo per esempio un punto P₁ di coordinate x₁, y₁, z₁, un punto P₂ di coordinate x₂, y₂, e z₂, allora il vettore P₂ - P₁ sarà il vettore che ha per componenti x₂ - x₁ lungo i, y₂ - y₁ lungo j e z₂ - z₁ lungo k.
In questo modo abbiamo un qualunque vettore nello spazio che ha come primo estremo P₁, come secondo estremo il punto P₂.
Come si scrive un vettore funzione del tempo, con le componenti cartesiane?
Come si scrive la derivata di un vettore rispetto al tempo?
Come si scrive la derivata di uno scalare, moltiplicato per un vettore?
Come si scrive la derivata del prodotto scalare (vettoriale) tra due vettori?
Che cosa succede a questa ultima derivata, se i due vettori sono uguali? E se il vettore ha modulo costante?
Supponiamo di avere un vettore u, che sia funzione del tempo. In generale, questo vettore, funzione del tempo, potrà variare in funzione del tempo la sua direzione, il suo verso, ma anche l’intensità, quindi il modulo. Può essere una freccia che si muove nello spazio, variando, istante per istante, tutte e tre le grandezze caratterizzanti, quindi intensità, direzione e verso. Si può pensare a una freccia telescopica, quindi che si muove nello spazio, variando anche la sua lunghezza.
Se questo vettore u è funzione del tempo, in un sistema di riferimento cartesiano-ortogonale oxyz, con versori fondamentali i, j e k, questo vettore lo potremo scrivere con le sue componenti cartesiane ux(t) versore i , + uy(t) versore j + uz(t) versore k.
Nel momento in cui abbiamo vettori funzione del tempo, per questi vettori valgono tutte le definizioni per date per le usuali funzioni, per cui il concetto di limite, di derivata, di differenziale, quindi possiamo fare riferimento a tutto quello che è stato visto in analisi matematica I per le definizioni che sono state date per le funzioni. In particolare, richiamiamo qualcosa. Ad esempio la derivata del vettore u, fatta rispetto al tempo, e calcolata per t = t₀, sarà il limite per h che tende a zero.
Supponiamo ad esempio di avere un vettore u che dipende dal tempo, lo moltiplichiamo per uno scalare, anch'esso dipendente dal tempo. Che cosa significa fare la derivata del vettore m per u, rispetto al tempo?
Valgono le usuali regole di derivazione, quindi dovremo fare la derivata della funzione scalare m, fatta rispetto al tempo, moltiplicata per il vettore u, più la funzione m non derivata, per la derivata della funzione u, fatta rispetto al tempo.
Analogamente, se dobbiamo fare la derivata del prodotto scalare tra il vettore u, funzione del tempo, e il vettore v, funzione del tempo, quindi se supponiamo di avere, oltre al vettore u, funzione del tempo, anche un altro vettore v, funzione del tempo, quindi con le stesse caratteristiche che ha il vettore u, la derivata di u scalare v, fatta rispetto al tempo è la derivata di u fatta rispetto al tempo, scalare v + u scalare la derivata di v, fatta rispetto al tempo. E se anziché al posto del prodotto scalare ci fosse per esempio un prodotto vettoriale, la formula vale allo stesso modo, a patto di sostituire il prodotto scalare con il prodotto vettoriale, quindi valgono i segni azzurri contemporaneamente e i puntini neri contemporaneamente.
Pensando a questa formula che ho appena scritto, quella con i prodotti scalari, facciamo un'osservazione e vedere che cosa succede in questa formula, per esempio, se il vettore u è uguale al vettore v.
Al primo membro, avremo che la derivata di u scalare u, fatta rispetto al tempo, che vuol dire la derivata del modulo di u², sarà uguale, passando a questo secondo membro, a due volte u scalare du in dt, questo in virtù del fatto che il prodotto scalare è commutativo.
Se poi il vettore u ha modulo costante, allora vuol dire che la derivata temporale di u², cioè del modulo del vettore al quadrato, siccome il modulo è costante, sarà 0. Sappiamo che, in virtù di questa uguaglianza, questa è anche uguale a 2u scalare du in dt e allora se adesso noi leggiamo la prima e l'ultima di questa catena di uguaglianze, cioè diciamo che 2 volte u scalare du in dt è uguale a 0, allora cosa si evince? Necessariamente u, se ha modulo costante, deve essere ortogonale alla derivata di u, fatta rispetto al tempo. Questo in generale non è vero se i vettori non hanno modulo costante. Quindi questa è una relazione che è vera per i vettori di modulo costante, ma non in generale.
Come si fa la derivata di una funzione di funzione?
Come si può esprimere anche una derivata, fatta con le componenti cartesiane?
Supponiamo di avere un vettore u, che sia funzione del tempo, attraverso una funzione scalare che indichiamo con s(t), quindi u è funzione del tempo attraverso s. Cosa succede se io voglio fare la derivata di u, fatta rispetto al tempo? Valgono le regole della derivata di funzione di funzione, vuol dire che io devo fare la derivata di u, fatta rispetto ad s e poi derivare la funzione scalare S, rispetto al tempo. In questo modo, con la derivata di funzione di funzione, ho trovato l'espressione della derivata di u in dt.
Se, in generale, noi abbiamo che nello spazio, quindi in un sistema di riferimento cartesiano-ortogonale, abbiamo un punto P che si muove, P che è funzione del tempo, allora il vettore P - O che sarà un P = P(t) - O, allora se i versori della terna oxyz sono sempre i, j e k, avremo che P - O sarà una x(t) versore i + y(t) versore j + y(t) versore k, allora se vogliamo fare la derivata di P, fatta rispetto al tempo, si definisce derivata di P fatta rispetto al tempo, la derivata del vettore P - O, fatta rispetto al tempo e quindi sarà il limite per h che tende a zero.
Pensando all’espressione del vettore P - O, il vettore dP in dt, lo possiamo scrivere come la derivata della componente scalare x, fatta a rispetto al tempo lungo il versore i, più la derivata di y, fatta a rispetto al tempo lungo il versore j, più la derivata della funzione z, fatta a rispetto al tempo per il versore k, e quindi con una notazione che diventa standard in meccanica, tutte le volte che in meccanica si fa una derivata temporale di una funzione scalare, quindi come in questo caso, per esempio, dx in dt, questa si indica con un x punto, cioè con la lettera latina minuscola che stiamo derivando, sormontata da un puntino.
Quindi la dy in dt sarà una y punto e la dz in dt, una z punto. Per concludere, la dP in dt sarà x punto, versore i + y punto, versore j , + z punto, versore k.
Quindi tutte le volte che troviamo la notazione di una lettera latina minuscola con sopra un puntino, significa che quella funzione è stata derivata rispetto al tempo, solo rispetto al tempo.
Last changed7 months ago