Buffl

Esercizi 🔀

ET
by Emma T.

Esercizio 1.1 - Teorema di Carnot (Applicazione del prodotto scalare tra vettori)

Che cosa consente di fare il teorema di Carnot?

Come primo esercizio di applicazione del calcolo vettoriale, vediamo il Teorema di Carnot.

È un teorema della trigonometria, che riguarda i triangoli e che ci permette di calcolare la lunghezza del lato di un triangolo, conoscendo le lunghezze degli altri due lati del triangolo e l'angolo tra essi compreso.

Facendo una semplice applicazione di tutto ciò che abbiamo visto fino adesso, riusciamo a dimostrare velocemente il teorema di Carnot.

Supponiamo di avere un triangolo ABC; è un triangolo qualsiasi, supponiamo che il lato BC abbia lunghezza a, il lato AC abbia lunghezza b e il lato AB lunghezza c.

Se io considero il vettore B - C, lo posso scrivere come (B - A) + (A - C).

Questa è la nostra uguaglianza di partenza. Da questa partiamo per arrivare al teorema di Carnot. Questa uguaglianza la eleviamo al quadrato. Che cosa vuol dire fare B - C al quadrato?

Significa fare B - C, scalare B - C e al secondo membro avremo, allo stesso modo, (B - A) + (A - C), scalare (B - A) + (A - C). La prima parte è a², cioè il modulo di questo vettore al quadrato.

Al secondo membro invece dobbiamo fare questo prodotto scalare. Vediamo chi è (B - A)²,che è la lunghezza del vettore B - A, quindi è c².

Poi abbiamo il vettore (A - C)², che è b², poi + due volte il prodotto scalare tra (B - A) e (A - C), che per definizione vale il modulo del primo vettore (B - A), che è c, il modulo del secondo vettore (A - C), che è b e poi ci va il coseno dell'angolo compreso tra (B - A) e (A - C). Devono essere messi con l'origine in comune, quindi il vettore A - C deve essere traslato, e quindi necessariamente l'angolo è quello rosso che ho disegnato. Se gli angoli del triangolo li chiamiamo α l'angolo in a, β l'angolo in b, γ l'angolo in c, allora l'angolo tra (B - A) e (A - C) è π - α, quindi ci mettiamo il coseno di π - α. E siccome il coseno di π - α è  uguale a -cos α, quello che si ottiene è che a² è uguale a b² + c² - 2b per c, per il coseno di α.

E questa è la formula che viene dal teorema di Carnot, che abbiamo dimostrato come applicazione del prodotto scalare.

Esercizio 1.2 - Teorema dei seni (Applicazione del prodotto vettoriale tra vettori)

Che cosa fa il teorema dei Seni?

Per terminare, l'ultimo esercizio sarà ricavare sempre un altro teorema della trigonometria, che è il teorema dei seni. Ritorniamo sempre al triangolo, questo teorema lega la lunghezza del lato, per esempio del lato BC del triangolo, al seno dell'angolo opposto, così come c è collegato al seno dell'angolo opposto, e b al seno del suo angolo opposto. Quindi il teorema dei seni ci dice che a/sen α è uguale a b/sen β, è uguale a c/seno di γ, dove a, b, c, α, β e γ sono quelli che abbiamo visto prima nella figura.

Per dimostrare questo teorema dei seni, ripartiamo da questa formula segnata con l’asterisco, cioè B - C = (B - A) + (A - C) e questa formula la moltiplichiamo vettorialmente a destra per A - C.

Allora ottengo B - C, vettor A - C, uguale a (B - A) + (A - C), vettor A - C.

Siccome il teorema dei semi è una relazione tra funzione scalari, tra scalari, questo invece che abbiamo qui è un’equazione vettoriale, ci basta passare all’uguaglianza tra i moduli di questi vettori espressi nell'uguaglianza. Quindi scriviamo il modulo del vettore B - C, vettor A - C. Quanto vale il modulo?

Svolgiamo questi calcoli, per la proprietà distributiva del prodotto vettoriale rispetto alla somma, siccome A - C, vettor A - C sono lo stesso vettore, questo dà il vettore nullo, allora rimane solo la prima parte.

Adesso passiamo all’uguaglianza tra i moduli. Quindi abbiamo detto che il primo vettore al primo membro è a per b per il seno di γ e deve essere uguale al modulo del vettore B - C, vettor A - C. Il modulo di B - A vale c, il modulo di A - C vale b, e poi ci va il seno nell'angolo compreso che è sempre il seno, per il motivo che abbiamo visto prima, di π - α. E siccome è uguale al seno di α, allora quello che si ottiene è che, semplificando per b che compare ad ambo i membri, a/sin α è uguale a c/sin γ.

Per ottenere l'altra uguaglianza, quella con b/sin β, si moltiplica vettorialmente per il vettore B - A e si otterrà l’uguaglianza di b/sin β.

E in questo modo si dimostra il teorema dei seni.

Esercizio 2.1 - Distribuzione discreta

Calcolare il baricentro del sistema rigido, costituito da tre punti materiali (P₁, m), (P₂, 2m), (P₃, 2m) con P₁, P₂ e P₃ formanti un triangolo equilatero di lato 𝓁.

Partiamo dall'esercizio che sul testo è il 2.1, esercizio che ci chiede di calcolare il baricentro di un sistema rigido, costituito da tre punti materiali, che sono il punto P₁ di massa m, il punto P₂ di massa 2m, il punto P₃ di massa anch'esso 2m. P₁, P₂ e P₃ sono disposti sui vertici di un triangolo equilatero di lato 𝓁.

Per calcolare il baricentro è opportuno prendere un sistema di riferimento, quindi una terna cartesiana ortogonale, rispetto alla quale definire le coordinate e poi andare a calcolare dove si trova il baricentro. Quindi per fare questo, prendiamo un sistema di riferimento Oxyz, in cui O coincide con il punto P₁. L'asse x lo prendiamo passante per il punto P₂, e l'asse y lo prendiamo in modo tale che P₁, P₂ e P stiano nel piano Oxy, quindi l'asse z è ortogonale al piano della figura.

Congiungiamo poi P₁ con P₂, P₂ con P₃ e P₁ con P₃ e vediamo che P₁, P₂ e P₃ sono sui vertici di un triangolo equilatero di lato 𝓁.

Calcoliamo il baricentro. Questa è una distribuzione discreta di massa, per cui possiamo usare la formula che abbiamo visto per il calcolo dei baricentri nel caso discreto. Siccome P₁, nel sistema di riferimento che abbiamo organizzato ha coordinate 0,0. P₂ ha coordinate 𝓁, 0 e P₃ ha coordinate 𝓁/2 e (√3/2)𝓁.

Dobbiamo calcolare il baricentro G; dovremo calcolarci la xG e la yG g e possiamo metterci anche l'ultima coordinata, che è 0. Come facciamo? Utilizziamo la formula.

Questa formula ci dice che, se abbiamo 3 punti, uno di massa m₁, di massa m₂, di massa m₃, dovremo fare m₁ per la x del punto P₁, più m₂ per la x del punto P₂, più m₃ per la x del punto P₃ e tutto questo lo dobbiamo dividere per la somma delle masse m₁ + m₂ + m₃.

La x del punto P₁ vale 0, quindi questo termine non c'è. Poi abbiamo la massa del punto P₂ che vale 2m e la x del punto P₂ che vale 𝓁. Poi c'è la massa del punto P₃ che vale ancora 2m per la x del punto P₃ che vale 𝓁/2. E questo lo dobbiamo dividere per la somma delle masse che è 5m.

Raccogliendo la m al numeratore e semplificandola con la m al denominatore, facendo le opportune semplificazioni, quello che si ottiene è che la x del baricentro G vale ⅗ 𝓁.

Adesso ci calcoliamo invece la y del baricentro g. Questa vale m₁ per la y di P₁ + m₂ per la y di P₂ + m₃ per la y di P₃, tutto fratto m₁ + m₂ + m₃.

La y del punto P₁ vale 0, quindi il primo addendo non c'è, ma anche la y del punto P₂ vale 0, quindi non c'è neanche il secondo addendo, rimane il terzo addendo con la massa di P₃ che vale 2m, per la y di P₃, che è (√3/2)𝓁, al denominatore c'è un 5m. E quindi semplificando opportunamente, si ottiene il risultato per la yG che è (√3/5)𝓁 e questo quindi ci permette di dire dove si trova il baricentro di questa distribuzione di massa.

Esercizio 2.2 - Distribuzione continua

Calcolare il baricentro di un sistema, costituito da tre aste rigide omogenee, di uguale lunghezza 𝓁, ma di masse diverse: AB di massa 2m, BC di massa m, AC di massa 3m. Le tre aste sono disposte in modo da formare il triangolo equilatero ABC.

Abbiamo visto il calcolo di una distribuzione discreta di massa, adesso passiamo al calcolo di invece una distribuzione continua di massa, però con un leggero artificio. Quindi l'esercizio 2.2 ci dice che vogliamo calcolare il baricentro di un sistema, costituito da 3 aste rigide omogenee, di uguale lunghezza 𝓁, però di masse diverse. In particolare, avremo che l'asta AB ha lunghezza 𝓁 e massa 2m, l'asta BC ha lunghezza sempre 𝓁 e massa m, mentre l'asta AC ha lunghezza 𝓁 e massa 3m. Quindi sono 3 aste, disposte in modo da formare il triangolo equilatero ABC. Disegniamo questo triangolo.

Dobbiamo come sempre fissare un sistema di riferimento. Per comodità, prendiamo un sistema di riferimento Oxyz, in cui O coincide con A, l'asse x passa per B, l'asse y lo scegliamo in modo tale che il triangolo ABC stia nel piano Oxy, quindi l'asse z è ortogonale al piano della figura.

In questo caso, dovendo calcolare il baricentro di questa figura, che in realtà è formato da tre continui unidimensionali, ciascuno con la propria massa, disposti sui lati del triangolo.

Se le aste fossero omogenee e tutte di uguale massa, allora avremmo che il baricentro si trova nel punto di incontro delle mediane. Ma così non è, perché le masse delle tre aste sono diverse, quindi questa distribuzione di massa non è omogenea. A rigore dovremo calcolarci il baricentro, usando la definizione del continuo e quindi facendo il calcolo degli integrali. In realtà, quando si ha un sistema materiale formato da n componenti, in questo caso sono tre componenti omogenee e di ciascuna di queste componenti, sappiamo dire dove sta il baricentro, Allora si può far finta di avere, anziché la distribuzione continua di massa, di avere delle masse puntiformi, così come nell'esercizio precedente, dotare il punto baricentro dell'intera massa del continuo e poi lavorare come se fossimo nel discreto.

L'asta B è omogenea e sappiamo che il suo baricentro si trova nel punto medio, quindi il baricentro dell'asta AB si trova nel punto medio che indichiamo con G₁, che avrà coordinate 𝓁/2, 0.

L’asta BC avrà il suo baricentro nel punto medio dell'asta che sarà G₂ e avrà coordinate ¾ 𝓁, √¾ 𝓁.

L'asta AC avrà il baricentro nel punto medio, che indichiamo con G₃ e le sue coordinate saranno 𝓁/4, r√¾ 𝓁.

Per quanto riguarda il calcolo del baricentro G, che si troverà nel punto di coordinate xG, yG e zG, e z è 0 perché la distribuzione è piana. Per il calcolo della xG e della yG, possiamo far finta di avere tre masse puntiformi G₁, G₂ e G₃, ciascuna dotata della massa dell’intera asta corrispondente, quindi rispettivamente 2m, m e 3m, e fare il calcolo come abbiamo fatto nell'esercizio precedente, quindi eliminando il discorso dell’integrale.

La xG vale m₁ per la x di G₁ + m₂ per la x di G₂ + m₃ per la x di G₃, il tutto fratto 6m ,cioè la somma delle masse m₁ + m₂ + m₃.

Andando a sostituire, avremo che 2m, che è la massa dell'asta AB, per 𝓁/2, che è la x di G₁, poi ci va + la massa BC che vale m, per la x di G₂ che è ¾ 𝓁, poi ci va + 3m, per la x di G₃ che è 𝓁/4, tutto diviso 6m.

Il valore che otteniamo è 5/12 𝓁, perché possiamo raccogliere la massa al numeratore e semplificarla con quella al denominatore.

Adesso ci calcoliamo la yG, sempre nello stesso modo, quindi m₁ per la y di G₁ + m₂ per la y di G₂ + m₃ per la y di G₃, il tutto diviso per la somma delle masse.

Siccome la y di G₁ vale 0, questo primo addendo non c'è, mentre gli altri, il secondo e il terzo, abbiamo m₂ che vale m, per la y di G₂, che è radice di ¾ 𝓁 + 3m per √¾ 𝓁, tutto diviso per 6m e allora il risultato, facendo le semplificazioni, al numeratore raccolgo la m e divido per la m al denominatore, otteniamo √3/6 𝓁, che è la y del baricentro G.

Esercizio 2.3

Calcolare il baricentro di un arco omogeneo di raggio R ed ampiezza α.

Adesso vediamo l'esercizio 2.3 e questo esercizio ci chiede di calcolare il baricentro di un arco omogeneo di massa m, raggio r e angolo al centro α.

L'arco è un arco di circonferenza e gli estremi gli indichiamo con AB e si tratta di un continuo unidimensionale. Consideriamo un sistema di riferimento che abbia l'origine nel centro della circonferenza e l'asse y in modo tale che l'arco AB venga suddiviso in due parti uguali. Quindi l'asse y è un asse per quanto riguarda l'arco AB.

Per questioni di simmetria di geometrico-materiale, il baricentro di questa distribuzione di massa, per come abbiamo scelto il sistema di riferimento Oxyz, in cui l'asse z è ortogonale al piano che contiene l'arco, il baricentro G avrà coordinate 0, yG, 0. Il baricentro di questa distribuzione di massa, per ragioni di simmetria geometrico-materiale, si trova sull'asse delle y, questo perché l'asse y è un asse di simmetria geometrico-materiale. Per le proprietà dei baricentri, il baricentro deve trovarsi su quest’asse.

Dobbiamo calcolare la y del baricentro G e siccome l'arco è un continuo unidimensionale di massa, dovremo usare la definizione per i continui, fare l'integrale sull'arco AB della densità costante ρ₀, perché è un arco omogeneo, per la y del generico punto P, che si trova sull'arco per d𝒞, che è la lunghezza dell'archetto infinitesimo, quello che nella figura è indicato in verde e diviso per la massa dell'arco, quindi integrale su AB, della densità ρ₀, sempre in d𝒞.

Questa è la definizione della yG del baricentro.

Per poter svolgere questo integrale, che è un integrale semplice, dobbiamo parametrizzare in maniera opportuna l'arco. Le coordinate in cui scriviamo l'integrale, saranno le coordinate che mi dicono dove si trova il punto P sull'arco AB. L'unica cosa che ci serve è la coordinata ϑ, che il raggio vettore P - O forma con la direzione positiva dell'asse y. Quindi l'angolo che è stato disegnato in azzurro, quindi sarà un angolo che viaggia tra meno - α/2, quando il punto P si trova in A e α/2 quando il punto P si trova in B. L'angolo varrà 0 quando P si trova sull'asse delle y.

Chi è invece il d𝒞? Il d𝒞 è la lunghezza di arco infinitesimo. Quindi se R è il raggio della circonferenza, R è la variazione infinitesima dell'angolo ϑ, d𝒞 sarà R dϑ.

Se invece si vuole pensare alla parte analitica, quindi come si risolvono questi integrali, pensiamo di fare una trasformazione di coordinate, dalle coordinate cartesiane a quelle polari, e quindi questo R, nel passaggio dalle coordinate della y, alle coordinate polari, sarà lo Jacobiano della trasformazione.

Quindi l'integrale diventa un integrale tra - α/2 e α/2 della densità ρ₀, poi ci va la y del punto P, che sarà una R per il coseno di ϑ, poi ci va il d𝒞, che è R dϑ,  e tutto va diviso per la massa m, oppure di nuovo l'integrale tra - α/2 e α/2 della densità ρ₀ costante per R dϑ, perché la y del punto P è R cos ϑ.

Se avessimo messo la massa al denominatore, si poteva comunque mettere la massa m; siccome la distribuzione di massa è omogenea, la massa è la densità ρ₀ per la lunghezza dell'arco. E la lunghezza dell'arco di raggio R e ampiezza α, vale R α.

In ogni caso, adesso l'integrale lo calcoliamo. ρ₀ esce dal segno di integrale perché è costante, così come l’R² e rimane l'integrale tra - α/2 e α/2 del coseno di ϑ in dϑ. Al denominatore, ρ₀ esce dal segno di integrale, R esce dal segno di integrale, e rimane l'integrale tra - α/2 e α/2 in dϑ.

ρ₀ al numeratore se ne va con ρ₀ al denominatore, l'R² al quadrato al numeratore se ne va con R al denominatore e quello che rimane è l'integrale tra meno - α/2 e α/2 del coseno di ϑ in dϑ.

Al denominatore rimane soltanto l'integrale tra - α/2 e α/2 in dϑ e quindi ci sarà α.

Quello che otteniamo è 2R/α per il seno di α/2. Questo è il valore della yG e quindi il baricentro dell'arco omogeneo di raggio R e angolo al centro α ha coordinate 0, 2R/α per il seno di α/2 e 0 per quanto riguarda la coordinata z.

Esercizio 2.5

Calcolare il baricentro di un settore circolare omogeneo di raggio R e ampiezza α.

L'esercizio 2.5 chiede di calcolare il baricentro di un settore circolare omogeneo di raggio R e ampiezza α.

R è il raggio della circonferenza da cui è stato preso questo settore e l'angolo al centro è α, la massa m di questo settore circolare omogeneo.

Dobbiamo calcolare dove sta il baricentro. Fissiamo un sistema di riferimento cartesiano-ortogonale Oxyz, in cui l'origine viene presa nel centro del disco. L'asse y divide in due parti uguali, di uguale massa e uguale area. L'asse x lo prendiamo in modo tale che il settore circolare stia nel piano xy, quindi l'asse z è ortogonale al piano.

Per calcolare il baricentro G per ragioni di simmetria geometrico-materiale, l'asse y è un'asse di simmetria geometrico-materiale, quindi sappiamo che il baricentro sta sull'asse delle y, quindi l'unica coordinata che dobbiamo calcolare è la yG.

Siccome si tratta di un continuo bidimensionale, avremo l'integrale doppio della densità ρ₀ per la y del punto P, sempre in d𝒞 e questo fratto l'integrale doppio, sempre fatto sul settore circolare della densità ρ₀ per d𝒞.

Vediamo quali sono le grandezze in gioco. Per fare questi integrali, è opportuno passare dalle coordinate cartesiane, quindi dalle coordinate x, y, alle coordinate polari r e ϑ, allora r è la distanza di P da O e quindi r viaggia da 0 ad R. ϑ è l'angolo che il raggio vettore forma con la direzione positiva dell'asse y e di conseguenza ϑ, come abbiamo visto anche nell'esercizio precedente, viaggia tra meno - α/2 e α/2.

La yP quindi è la coordinata y del punto P, quindi vale r per il coseno di ϑ. Il d𝒞 è r dr dϑ, questo perché, o facciamo la trasformazione, cioè lo Jacobiano della trasformazione è questo r, e poi ci mettiamo i differenziali delle nuove variabili, altrimenti se lo vogliamo vedere geometricamente, possiamo pensare al settore circolare.

Prendiamo il punto P che si trova qui, questo è l'angolo ϑ, r è il raggio, cioè la distanza di P dall'origine O. Aumentiamo di una quantità dr, quindi questo è dr, il raggio r piccolo, a partire dal punto P. Poi facciamo una rotazione di ampiezza infinitesima dϑ.

A questo punto chiudiamo il tassello, quindi questo è un archetto di circunferenza, questo è un altro archetto di circonferenza. E quindi otteniamo che questa porzione è d𝒞. E allora questa porzione d𝒞 misura, dobbiamo fare la base, l'archetto azzurro e l'archetto azzurro avrà lunghezza r per l'arco dϑ e poi va moltiplicato per dr, quindi quello che si ottiene, per avere l'area di questo tassello, è fare r dr dϑ.

Torniamo al nostro integrale di partenza e facciamo l'integrale. Abbiamo l'integrale tra - α/2 e α/2, l'integrale tra zero ed R di ρ₀ r coseno di ϑ per r dr dϑ.

Al denominatore abbiamo l'integrale tra - α/2 e α/2, l'integrale tra zero ed R di ρ₀ r dr dϑ. Allora calcoliamoci l’integrale; innanzitutto possiamo portare fuori ρ₀ e avremo l'integrale tra - α/2 e α/2, l'integrale tra 0 ed R di r² coseno di ϑ in dr dϑ e al denominatore abbiamo ρ₀, l'integrale tra - α/2 e α/2 di r in dr dϑ.

Allora ρ₀ al numeratore se ne va con ρ₀ al denominatore e ci rimane l'integrale tra - α/2 e α/2 del coseno di ϑ in dϑ, l’integrale tra 0 ed R di r in dr .

Sotto ci viene l'integrale tra - α/2 e α/2 in dϑ per l'integrale tra 0 ed R di r piccolo in dr. Facendo i calcoli, ottengo 4R/3α per il seno di α/2.

Al denominatore, invece che fare direttamente l’integrale, avremmo potuto scrivere così, la yG con al denominatore la massa. Questo è un settore circolare omogeneo, raggio R e angolo α, per cui la massa m, la possiamo sempre scrivere come la densità ρ₀, visto che questo è omogeneo, il settore circolare, per l'area del settore circolare, che sarà il raggio R per la lunghezza della circonferenza esterna, quindi R α, quindi ci viene R²α e poi diviso per 2. Questo ρ₀ R²α/2 è il calcolo di questo integrale moltiplicato per ρ₀, quindi 4R/3α per il seno di α/2 e questo è il valore della yG del baricentro tanto l'abbiamo calcolato.

Esercizio 2.6

Calcolare il baricentro di un settore omogeneo di corona circolare, di raggi R₁ ed R₂ con R₁ < R₂ ed ampiezza α.

Adesso vogliamo calcolare un altro esercizio. Supponiamo di volere calcolare il baricentro di un settore omogeneo di corona circolare, di raggi R₁ ed R₂ con R₁ < R₂ e l'ampiezza dell'angolo al centro sempre α. Vogliamo calcolare il baricentro di questa distribuzione di massa, cioè della parte gialla, cioè abbiamo un settore omogeneo di corona circolare di raggi R₁, quello più piccolo.

Per calcolare questo baricentro, per il tipo di sistema di riferimento cartesiano-ortogonale che abbiamo scelto, quindi con l'origine nel centro delle due circonferenze, l'asse y che è ancora un’asse di simmetria geometrico-materiale e l'asse x scelto in modo tale che il settore di corona circolare stia nel piano Oxy, si dovrebbe fare un integrale doppio, cioè lavorare con gli integrali doppi.

Per fare questo, scriviamo come si farebbe e poi risolviamo il problema. Io dovrei dire che il baricentro G si trova sull'asse delle y, quindi coordinate 0, yG, 0, dopodiché l'integrale sarebbe analogo a quello fatto prima, nel caso del settore circolare omogeneo, solo che cambiano gli estremi di integrazione, per quanto riguarda l'r. In particolare la yG si deve calcolare in questo modo: l'integrale tra - α/2 e α/2, l'integrale tra R₁ e R₂ di nuovo di ρ₀ r² coseno di ϑ per dr dϑ e al denominatore l'integrale tra - α/2 e α/2, l'integrale tra R₁ e R₂ di ρ₀ r dr dϑ. Dovremmo ottenere quello che otterremo utilizzando un altro metodo.

Un altro metodo che mi serve, perché in generale varrà tutte le volte che abbiamo una distribuzione di massa, che viene ottenuta a partire da una massa piena a cui si toglie una parte.

Se guardiamo questo settore di corona circolare, lo possiamo pensare come formato da due settori circolari; un settore circolare più grande, l'angolo al centro è sempre α e poi c'è il raggio R₂, che se fosse pieno e omogeneo, in virtù dell'esercizio che abbiamo fatto prima, sapremo dire dove ha il baricentro.

In particolare, se andiamo a vedere l'esercizio precedente, ci dice che il baricentro sta sull'asse delle y, sempre come quello che abbiamo scelto qui, e la coordinata vale, 0 e poi 4R₂/3 α per il seno di α/2, 0 e poi questo avrebbe una certa massa m₂.

Per ottenere la nostra figura gialla, da questo settore circolare grande, dovremo togliere un settore circolare, sempre omogeneo, questa volta più piccolo, di raggio R₁, angolo al centro sempre α, che avrebbe il suo baricentro nel punto G₁, di coordinate 0, 4R₁/3 α per il seno di α/2 e 0 come coordinata z.

Se la massa della parte gialla di cui dobbiamo trovare il baricentro è m, allora è evidente che m si ottiene come M₂ - M₁ e, siccome questi sono tutti omogenei, allora m₂ non è altro che la densità ρ₀ costante, per il raggio R₂, per la lunghezza dell’arco, quindi R₂α/2, mentre la m₁ è la stessa densità ρ₀ per l'area della parte mancante, cioè R₁² per α/2.

Siccome la parte gialla la possiamo pensare come un settore circolare pieno di raggio R₂ e angolo al centro α e massa m₂, dal quale sottraiamo il settore circolare più piccolo di raggio R₁, angolo al centro α e massa m₁, per calcolare il baricentro G della nostra figura, cioè yG, facciamo come se avessimo due punti, uno di massa m₂ che si trova in G₂, uno di massa m₁ di posizione G₁, ma siccome la parte gialla è ottenuta per sottrazione, anziché fare una somma, facciamo una differenza. Non si parla di masse negative, perché le masse negative non esistono, la massa è una grandezza positiva, per come abbiamo definito noi in meccanica classica. Quindi facciamo una differenza, perché la figura gialla viene ottenuta facendo la figura questa grande, meno quella piccola.

Il calcolo lo facciamo in questo modo, m₂ per la y di G₂ meno m₁ per la y di G₁ e al denominatore facciamo m₂ - m₁. Sostituiamo, quindi ρ₀ R₂²  α/2 per la y di G₂, che è 4 R₂/3α per il seno di α/2 meno m₁, che è ρ₀ R₁²  α/2 per 4 R₁/3α per il seno di α/2, il tutto va diviso per la differenza ρ₀ R₂²  α/2, meno ρ₀ R₁²  α/2.

Adesso possiamo semplificare, quindi al numeratore possiamo raccogliere ρ₀ e semplificarlo con il ρ₀ raccolto al denominatore, poi possiamo raccogliere al numeratore un α/2, che si semplifica con l'α/2 che raccogliamo al denominatore e, a questo punto, si ottiene l'espressione che ci serve per la yG, che è 4 R₂³ - R₁³/(3 α per R₂² - R₁²) per il seno di α/ 2 e questa è l’espressione del valore della yG, stesso valore che si trova quando si va a risolvere l’integrale, che era stato lasciato da svolgere.

Esercizio 2.7

Calcolare il baricentro di un disco omogeneo di raggio R con un “buco" circolare di raggio R/2, con i due centri a distanza R/2.

Volendo applicare ancora una volta su un altro esercizio di calcolo di baricentri questa tecnica della differenza per ottenere il baricentro, vediamo l'esercizio 2.7 del testo, che chiede di calcolare il baricentro di un disco omogeneo di raggio R con una parte mancante, con un buco, circolare di raggio R/2, con i due centri a distanza R/2.

Abbiamo una distribuzione di massa, che è quella azzurra, quindi è come una moneta bucata e vogliamo calcolare il baricentro di questa moneta bucata, ottenuta da un disco grande di raggio R, a cui è stato tolto un disco più piccolo di raggio R/2, con i due centri dei dischi, grande e piccolo, che sono a distanza R/2 l'uno dall'altro e la parte mancante ha raggio R/2.

Utilizziamo la tecnica che abbiamo visto prima nell'esercizio precedente. Cioè diciamo che questa distribuzione azzurra di massa, la possiamo ottenere come un disco pieno, che indichiamo con 𝒟P, che se fosse pieno, avrebbe il suo baricentro nel punto G₁, che rispetto a questo sistema di riferimento che abbiamo scelto così, abbiamo scelto l'asse x passante per i centri dei due dischi, pieno e vuoto, l'asse y in modo tale che la moneta bucata stia nel piano Oxy. O coincide con il baricentro G₁ del disco pieno e l'asse z ortogonale al piano della moneta bucata.

Il disco, se fosse pieno, avrebbe il suo baricentro che si trova nel punto di coordinate 0, 0. E avrebbe una massa che indichiamo con m₁, data da ρ₀ per l'area del disco, quindi π R². La parte mancante, cioè il disco vuoto, che indichiamo con 𝒟V, avrebbe il suo baricentro nel punto di coordinate R/2, 0 e avrebbe una massa m₂, data da ρ₀ per l'area della parte mancante, quindi π R²/4. Per ragioni di simmetria geometrico-materiale, siccome l'asse x è un'asse di simmetria geometrico-materiale, allora il baricentro G si deve trovare sull'asse delle x.

Dovremo calcolare soltanto la xG, perché la yG sarà 0, così anche la zG sarà 0.

Come calcoliamo la xG? La calcoliamo in questo modo, la x del baricentro G sarà uguale, è come se noi avessimo un disco pieno di massa m₁, il cui baricentro si trova in G₁, a cui sottraiamo un disco di massa m₂, il cui baricentro si trova nel punto G₂ che ha come coordinata x la x di G₂.

Al denominatore dobbiamo mettere la differenza delle masse, perché è una massa grande, a cui togliamo una massa più piccola. La x del baricentro G₁ è 0, quindi questo termine non c'è, e allora rimane la massa del disco vuoto, quindi c'è un meno davanti, ρ₀ π R²/4 per la x di G₂ che è R/2, e al denominatore c'è la differenza tra le due masse, quindi ρ₀ π R² , meno ρ₀ π R²/4.

Facendo le opportune semplificazioni, quindi il π raccolto al numeratore, che si semplifica con il π al denominatore, il ρ₀ al numeratore che se ne va con il ρ₀ raccolto al denominatore, così anche si semplifica l' R²/4 al numeratore con l'R²/4 che viene dalla differenza al denominatore. Quello che si ottiene è -R/6.

Il fatto che venga un meno come coordinata x del baricentro G, ci deve stupire? Direi di no, potremmo anche avere fatto un errore di calcolo, anziché essere - R/6, il valore poteva essere - R/8, ecc.

Il fatto di controllare se il risultato è sensato oppure no, è sempre una cosa importante da fare. Nel momento in cui noi avessimo avuto un disco pieno, il suo baricentro sarebbe stato nel punto G₁, ma togliendo una parte alla destra di G₁, quello che ci aspettiamo è che il baricentro si sposti verso sinistra, così come avviene, infatti, ci aspettiamo una coordinata x negativa. Se avessimo trovato una coordinata x positiva, avremmo dovuto automaticamente pensare di avere fatto un errore di calcolo.

L'errore di calcolo è meno importante rispetto ad un errore di calcolo che porta a un risultato privo di significato.

Esercizio 2.9

Calcolare il momento d’inerzia di un’asta omogenea AB di massa m e lunghezza 𝓁 rispetto ad una retta baricentrica ed inclinata sempre di un angolo α, rispetto ad una retta rG parallela alla retta r.


Se avessimo avuto da calcolare, per esempio, il momento di inerzia dell'asta AB rispetto ad una retta baricentrica e inclinata sempre di un angolo α rispetto all'asta AB una retta rG parallela alla retta r.

Vogliamo calcolare il momento di inerzia di questa asta AB, rispetto ad una retta rG che è parallela ad r e passante per il baricentro G, che sta nel punto medio dell’asta, in quanto l'asta è omogenea.

Se vogliamo calcolare il momento di inerzia dell'asta AB rispetto alla retta rG, dobbiamo necessariamente rifarci tutti i calcoli, visto che rG è parallela ad r? Se ci ricordiamo il teorema di Huygens inverso, non occorre che rifacciamo tutti i calcoli.

In particolare, basta dire che il momento di inerzia dell'asta AB rispetto alla retta rG, lo possiamo calcolare utilizzando il momento di inerzia dell'asta AB rispetto alla retta r, che è parallela alla retta rG, quindi meno la massa per la distanza tra le due rette al quadrato. Quanto vale la distanza di tra le due rette al quadrato? La distanza la dobbiamo misurare, prendendo la perpendicolare alle due rette. Se la misuriamo, facendo la retta perpendicolare alla retta verde e alla retta blu, passante per G, è 𝓁/2 per il seno di α.

Ho ottenuto il momento di inerzia dell'asta AB rispetto ad una retta passante per il baricentro e inclinata di un angolo α rispetto all'asta AB. Anche in questo caso possiamo considerare un sistema di riferimento che ha origine in G e gli assi che sono uno parallelo all'asse x e l'altro, invece, lo facciamo così, questo è l'asse y. Se in questo modo vogliamo calcolare il momento di inerzia dell'asta AB, rispetto all'asse Gy, che è un asse passante per il baricentro e perpendicolare all'asta, questo sarà uguale anche al momento di inerzia dell'asta AB rispetto alla retta Gz, che è perpendicolare al piano dello schermo e passante per g, quindi comunque è perpendicolare all'asta AB e passante per G, quindi è il caso in cui dobbiamo guardare questa formula con α  = π/2. Di conseguenza, anche in questo caso abbiamo la formula che, una volta calcolata, la consideriamo nota, purché l'asta sia omogenea.

La stessa cosa sarà per il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Gx, che è anch'esso 0, così come era 0 prima.

In questo modo abbiamo calcolato i momenti di inerzia dell'asta AB omogenea di massa m e lunghezza 𝓁, rispetto a rette passanti per l'estremo A, oppure per il baricentro G e inclinati di un certo angolo α.


Avrei a questo punto una domanda. E se io invece volessi il momento di inerzia dell'asta AB, rispetto ad una retta perpendicolare all'asta AB e passante per l'altro estremo, per l'estremo B dell’asta?

Non ci sono preferenze tra l'estremo A e l’estremo B ed è esattamente uguale al momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Ay o all'asse Az. Quindi se io voglio calcolare il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse By, oppure il momento di inerzia dell'asta B rispetto all'asse Bz, questo è sempre il momento di inerzia di un'asta di massa m, lunghezza 𝓁, rispetto ad un'asse passante per un suo estremo e ortogonale all'asta, quindi è sempre m𝓁²/3. In questo modo, abbiamo ottenuto i momenti di inerzia, quelli notevoli per l'asta AB omogenea di massa m e lunghezza 𝓁.

Esercizio 2.10

Supponiamo di avere un'asta AB di lunghezza 𝓁 e massa m, e supponiamo che questa asta sia omogenea.

Calcolare il momento di inerzia di quest’asta , rispetto alla retta r, che supponiamo passi per l'estremo A e che sia inclinata di un angolo α, rispetto alla stessa asta AB, quindi come in figura.


Supponiamo di avere un'asta AB di lunghezza 𝓁 e massa m, e supponiamo che questa asta sia omogenea. Calcolare il momento di inerzia di questa asta AB, rispetto alla retta r, che supponiamo passi per l'estremo A e che sia inclinata di un angolo α, rispetto alla stessa asta AB, quindi come in figura.

A livello di notazione, i momenti di inerzia li indichiamo con la I, e come apice mettiamo il sistema materiale del quale stiamo calcolando il momento di inerzia, e come pedice mettiamo la retta rispetto alla quale vogliamo calcolare il momento di inerzia. Per fare il calcolo del momento di inerzia I dell'asta AB rispetto alla retta r, dobbiamo fissare un sistema di riferimento.

Prendiamo un sistema di riferimento Oxyz, in cui O coincide con l'estremo A, l’asse x passa per B, quindi coincide con l'asta AB, e l'asse y è preso in modo tale che la retta r e l'asta AB stiano nel piano Oxy. L'asse z sarà ortogonale al piano Oxy, quindi diretto perpendicolare allo schermo e con verso uscente, in modo tale da formare una terna destra.

Il momento di inerzia dell'asta AB rispetto alla retta r lo calcoliamo in questo modo. Sarà l'integrale fatto sull'asta AB. Siccome l'asta è omogenea, la densità la indichiamo ρ₀ ed è una densità costante. Poi per definizione ci vuole la distanza del generico punto P dalla retta r² e poi il d𝒞, cioè il generico elemento infinitesimo di, in questo caso, di continuo unidimensionale. ρ₀ è la densità costante e quindi, siccome la massa vale m, m sarà uguale a ρ₀ per la lunghezza dell'asta AB. Il punto P generico che si trova sull'asta AB, avrà una distanza dalla retta r, che sarà r(P). Distanza r(P) che noi dovremo mettere al quadrato e dipenderà dalla posizione che P assume sull'asta AB.

Adesso scriviamo quanto vale r(P). Se parametrizziamo l'asta AB con una variabile x con l’ascissa x che mi individua la posizione di P sull'asta, cioè con x che vale 0 quando P si trova in A e vale 𝓁 quando P si trova in B, quindi x viaggerà tra 0 ed 𝓁. Allora r(P) è x per il seno di α. La distanza r(P) del punto P dalla retta r non è x, perché x misura la coordinata di P sull’asse x e con x positivo misurerebbe solo la distanza di P da a, ma noi stiamo calcolando un momento assiale. Di conseguenza, la distanza r(P) di P dalla retta r è x seno di α.

La variabile di integrazione sarà x che viaggia tra 0 e 𝓁; il d𝒞 è il generico elemento infinitesimo di asta AB, quindi sarà dx.

Avremo quindi l'integrale tra 0 ed 𝓁 della densità ρ₀ x² sin²α in dx. Tutto ciò che non dipende dalla variabile di integrazione x può uscire dal segno di integrale, quindi avremo ρ₀ e sin²α che escono dal segno di integrale, integrale tra 0 e 𝓁 di x² in dx. L'integrale tra 0 e 𝓁 di x² in dx vale x³/3, da calcolare tra 0 ed 𝓁.

Sappiamo che i momenti di inerzia sono, dal punto di vista dimensionale, delle masse per delle lunghezze al quadrato. Di conseguenza, così con la densità ρ₀ non riusciamo a capire se il nostro momento di inerzia è sensato oppure no. Ci ricordiamo che dall'espressione di sopra, la massa e la densità ρ₀ sono legate da questa relazione, quindi posso scrivere che la densità ρ₀ è il rapporto tra la massa e la lunghezza.

Quindi tutte le volte che abbiamo un'asta AB, omogenea, di data massa e data lunghezza, se vogliamo calcolare il momento di inerzia dell'asta B rispetto ad una retta r, che passa per un estremo dell'asta ed è inclinata di un angolo α rispetto all'asta stessa, allora non dobbiamo rifare l'integrale, basterà prendere la massa, moltiplicarla per la lunghezza al quadrato, dividere per 3 e moltiplicare per il seno al quadrato di α.

Se la richiesta dell'esercizio fosse stata di calcolare il momento di inerzia, per esempio, dell'asta AB rispetto all'asse passante per un suo estremo, per esempio A, e perpendicolare all'asta stessa, quindi momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Ay. Questo sarebbe il caso in cui la retta r forma un angolo α uguale a π/2 con l'asta B. Di conseguenza, ponendo α uguale a π/2, abbiamo il momento di inerzia dell'asta B rispetto all'asse Ay o Oy.

A questo punto siamo anche in grado di dire quanto vale il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Az o Oz, In quanto l'asse Az, l'asse Ay, sono tutti assi che sono perpendicolari all'asta AB, passanti per un estremo e quindi tutti questi momenti di inerzia sono tutti uguali. Anche in questo caso possiamo concludere che, tutte le volte che dobbiamo calcolare il momento di inerzia di un'asta AB di data massa e data lunghezza, rispetto ad una retta che passa per il suo estremo ed è perpendicolare all'asta, bisogna fare massa per 𝓁² diviso 3.

Mi chiedo quanto vale il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Ax o Ox, cioè un asse che contiene l'asta stessa. Quindi se lo vogliamo rivedere attraverso il caso che abbiamo calcolato prima, basta porre α = 0 e siccome il seno di 0 vale 0, questo momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse delle x vale esattamente 0. Anche in questo caso è un risultato che possiamo considerare noto.

Esercizio 2.11

Calcolare il momento d’inerzia del corpo rigido a forma triangolare, costituito dalle tre aste dell’esercizio 2.2 rispetto all’asse normale e baricentrico e rispetto all’asse normale al triangolo e passante per il vertice A.


Adesso vediamo un altro esercizio invece, che riguarda il calcolo del momento di inerzia.

Vogliamo calcolare il momento di inerzia di un corpo rigido a forma triangolare, costituito dalle tre aste che avevamo già visto nell'esercizio 2.2. e vogliamo calcolare il momento di inerzia rispetto ad un asse baricentrico e normale alla distribuzione triangolare di massa, e il momento di inerzia rispetto ad un asse normale alla distribuzione triangolare e passante per il vertice A.

Allora facciamo un disegno, richiamiamo quello che già avevamo visto nell'esercizio che avevamo fatto per il calcolo dei baricentri. Prendiamo una distribuzione triangolare di massa, c’è un'asta AB, un'asta BC e un'asta AC. Abbiamo preso l'origine del sistema di riferimento coincidente con A e l'asse x passante per AB. L'asse y in modo tale che la distribuzione triangolare di massa stesse nel piano Oxy. L’asta AB ha lunghezza 𝓁 e massa 2m, l'asta AC ha lunghezza 𝓁 e massa 3m, e l'asta BC ha lunghezza 𝓁 e massa m.

Vogliamo calcolare il momento di inerzia della distribuzione triangolare di massa, rispetto all'asse Gz e poi vogliamo calcolare il momento di inerzia della distribuzione triangolare di massa rispetto all'asse Az, dove z è una retta perpendicolare al piano della figura, e diretta verso di noi.

Siccome il baricentro l'abbiamo già calcolato, scriviamo quali erano le coordinate del baricentro. Vogliamo calcolare il momento di inerzia di questa distribuzione triangolare di massa rispetto a due assi, l'asse baricentrico e normale al piano della figura, e l'asse passante per A e normale al piano della figura.

Qui si può procedere in due modi. Si può decidere di calcolare prima il momento di inerzia rispetto all'asse Gz, e poi col teorema di Huygens diretto, spostarlo rispetto all'asse Az, tanto i due assi sono paralleli, oppure viceversa, calcolare prima il momento di inerzia rispetto all'asse Az e poi con il teorema di Huygens inverso, calcolare quello rispetto all'asse parallelo Gz.

Ne presentiamo uno dei metodi, e poi l'altro è come esercizio.

Comincio a calcolare il momento di inerzia della distribuzione triangolare di massa rispetto all'asse Az. Voglio utilizzare i risultati noti, perché queste sono tre aste omogenee e di massa diversa, ma di lunghezza 𝓁, e noi sappiamo calcolare i momenti di inerzia delle aste omogenee, rispetto ad assi particolari.

Il momento di inerzia di questa distribuzione triangolare di massa, rispetto all'asse Az, lo calcolo facendo così. Sommo il momento di inerzia dell'asta AB, rispetto all'asse Az + il momento di inerzia dell'asta AC rispetto sempre all'asse Az + il momento di inerzia dell'asta BC rispetto all'asse Az. Questo perché, se abbiamo una distribuzione di massa, formata da singole parti connesse, come ad esempio le tre aste, e di ciascuna delle parti connesse sappiamo calcolare il momento di inerzia, purché lo calcoliamo rispetto allo stesso asse, poi quei momenti di inerzia li possiamo sommare. Qui abbiamo sommato i momenti di inerzia di tre componenti diverse, ma rispetto allo stesso asse. Quindi i momenti di inerzia di sistemi materiali distinti si possono sommare, purché calcolati rispetto allo stesso asse.

Quanto vale il momento di inerzia dell'asta AB, rispetto ad una retta che passa per A, quindi per un estremo dell'asta, e normale all'asta stessa? Il momento di inerzia dell'asta AB, rispetto ad una retta normale all'asta e passante per un suo estremo, vale massa per lunghezza dell'asta al quadrato, diviso per 3.

Prendiamo la massa dell'asta AB, che vale 2m, la moltiplichiamo per la lunghezza dell'asta al quadrato e dividiamo per 3.

Poi dobbiamo concentrarci sul momento di inerzia dell'asta AC, rispetto all'asse Az. L’asse Az è sempre un asse che passa per un estremo dell'asta e perpendicolare all'asta, per cui dovremo prendere la massa dell'asta AC, 3m, moltiplicarla per la lunghezza dell'asta al quadrato e dividere per 3. Adesso però dobbiamo mettere il momento di inerzia dell'asta BC rispetto all'asse Az, ma l'asta BC sta qui e l'asse Az sta qui, A non è nemmeno un punto dell'asta BC.

Ci ricordiamo che c'è il teorema di Huygens. Se io conoscessi il momento di inerzia dell'asta BC rispetto all'asse G₂z, beh, allora potrei poi, con il teorema di Huygens, spostarlo rispetto all'asse Az. E allora, per avere questo termine, cosa faccio? Il momento di inerzia dell'asta BC rispetto all'asse Az, lo calcolo come il momento di inerzia dell'asta BC rispetto all'asse G₂z che è baricentrico per l'asta BC + la massa dell'asta BC, m, per la distanza tra le due rette Az e G₂z al quadrato.

Quanto vale il momento di inerzia dell'asta BC, rispetto a un asse baricentrico G₂ e ortogonale all'asta BC, G₂z? Ci ricordiamo che i momenti di inerzia rispetto a rette baricentriche e perpendicolari all’asta, valgono massa per lunghezza dell'asta al quadrato, diviso 12.

Scriviamo la massa dell'asta BC, che è m 𝓁²/12 + m per la distanza di A da G₂. G₂ che coordinate ha? Dall'esercizio che avevamo fatto sui baricentri, la distanza di A da G₂ è questa. Facciamo il calcolo.

Questo ⅚ m𝓁² è quello che va inserito qui. Quello che viene fuori è il momento di inerzia della distribuzione triangolare di massa rispetto all'asse Az che vale 5/2 m𝓁², quindi questo è il nostro primo risultato. Abbiamo trovato la risposta alla domanda verde.

Adesso vogliamo calcolare invece il momento di inerzia della distribuzione triangolare di massa, rispetto all'asse Gz e allora quello che facciamo è di usare il teorema di Huygens inverso, perché G è il baricentro della distribuzione triangolare di massa, e quindi abbiamo un momento di inerzia rispetto all'asse Az, meno la massa totale del triangolo, che 2m + 3m + m, e quindi abbiamo 6m, per la distanza tra le due rette al quadrato. Siccome G ha coordinate 5/12 𝓁 e √3/6 𝓁. Il risultato è 23/24 m𝓁². E così abbiamo risposto anche all'ultima domanda.

2° metodo

È possibile usare anche un altro metodo. Si calcola subito il momento di inerzia della distribuzione triangolare di massa rispetto all'asse Gz. Come si può fare? Si calcola il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Gz, più il momento di inerzia dell'asta AB, il momento d’inerzia dell’asta AC rispetto all'asse Gz, più il momento di inerzia dell'asta BC rispetto all'asse Gz.

Questi li possiamo sommare poi, perché sono momenti di inerzia di parti distinte, ma rispetto allo stesso asse. E per calcolare ciascuno di questi momenti di inerzia, cioè per esempio il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Gz, essendo G il baricentro del triangolo, ma non dell'asta AB, lo calcoliamo usando il teorema di Huygens; il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Gz vale il momento di inerzia dell'asta AB rispetto alla retta baricentrica, baricentrica per l'asta AB, e parallela alla Gz, + la massa dell'asta AB, che è 2m, per la distanza tra le due rette al quadrato. E così poi per tutti gli altri. Dopodiché, con il teorema di Huygens diretto, si ottengono gli stessi risultati.

Esercizio 2.4 + 2.12

Calcolare il momento d’inerzia dell’asta a densità variabile dell’esercizio 2.4 rispetto ad un asse normale e baricentrico e rispettp ai due assi normali e passanti per gli estremi.


Possiamo chiederci che cosa succede se per esempio l'asta fosse a densità variabile. Per fare questo, vediamo subito un esercizio che avevamo lasciato indietro quando abbiamo fatto il calcolo dei baricentri e l'esercizio è il 2.4.

Ci chiede di calcolare il momento di inerzia di un'asta a densità variabile. Abbiamo un'asta AB che ha sempre lunghezza 𝓁, però la densità è variabile. La massa la possiamo indicare sempre con m, però la densità è una densità variabile, la densità ρ(x) che vale k, una costante, per 𝓁 + x con k costante positiva, e x è la distanza del punto generico P sull'asta AB, misurata a partire da A.

Disegniamo l'asta AB. Se io prendo un sistema di riferimento in cui prendo l'origine, che coincide con A, l'asse x che passa per l'asta AB, e l'asse y ortogonale all'asta AB, allora x sarà la coordinata del generico punto P, misurata a partire da A. Quindi la densità ρ(x) è quella densità il prodotto di k per 𝓁 + x.

Il problema ci chiede di calcolare il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Ay, il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Gy, cioè baricentrico e normali all'asta AB e infine il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse By.

Non possiamo usare le formule che abbiamo visto prima, perché quelle formule riguardano un'asta omogenea. Nel caso dell'asta non omogenea il baricentro non possiamo dire che sta nel punto medio, quindi dobbiamo anche occuparci di dove si trova il baricentro. Quindi la prima cosa da fare è quella di stabilire dove si trova il baricentro. Deve stare per forza sull'asta AB per ovvie ragioni di simmetria. Di conseguenza il baricentro G avrà coordinate xG, 0 e 0 lungo l'asse delle y.

Devo calcolarmi la xG. Come faccio? Dovrò fare l'integrale sull'asta AB della densità ρ(x) per x in dx. Al denominatore avrò l'asta AB della densità ρ(x) in dx. Allora questo è il calcolo dell'integrale che dobbiamo fare per avere la xG.

Andiamo a sostituire, la x è una variabile di integrazione che viaggia tra 0 e 𝓁, quindi noi integreremo la densità ρ(x) che vale la costante k per 𝓁 + x, poi ci va x che è la coordinata del punto P in dx, perché il generico elemento infinitesimo di asta è dx, e al denominatore abbiamo l'integrale tra 0 ed 𝓁 di k per 𝓁 + x in dx. Il denominatore di questa frazione è la massa del sistema, cioè l'integrale tra 0 ed 𝓁 della costante k per 𝓁 + x in dx, quindi k può uscire dal segno di integrale, perché è una costante. Resta l'integrale tra 0 ed 𝓁 di 𝓁 + x in dx. Questo denominatore che sta qui, è la massa m, che è scritta in funzione della costante k e di 𝓁², sarà esattamente 3/2 k𝓁². Quando andiamo a fare i calcoli, otteniamo che al numeratore, il k esce dal segno di integrale, abbiamo l'integrale tra 0 ed 𝓁 di (𝓁x + x²) in dx e al denominatore c'è questo 3/2 k𝓁².

Il k al numeratore se ne va col k al denominatore. Facciamo l'integrale che sta al numeratore e questo diventa 𝓁 per x²/2 + x³/3, calcolato tra 0 ed 𝓁 e al denominatore c'è rimasto il 3/2 𝓁². Quindi questo diventa un ⅚ 𝓁³ per 2/3𝓁² e quindi otteniamo esattamente un 5/9 𝓁. La coordinata del baricentro G sta in 5/9𝓁 e quindi non è nel punto medio.

Adesso dobbiamo calcolare il momento di inerzia. Siccome la densità ρ(x) è in funzione di una coordinata x, misurata a partire da A, forse la cosa più semplice è calcolare il primo momento di inerzia.

Poi, siccome tutti gli altri momenti di inerzia sono rispetto a rette Gy e By che possiamo vedere come parallele ad Ay, potremo usare il teorema di Huygens diretto o inverso, a seconda di quello che vogliamo calcolare.

Partiamo dal calcolo del momento di inerzia dell'asta AB rispetto alla retta Ay. Questo sarà l'integrale tra 0 ed 𝓁 della densità ρ(x) per x² in dx, perché ci va la distanza del generico punto P dall'asse al quadrato per la densità ρ(x) e poi in dx, che è uguale all'integrale tra 0 ed 𝓁 di k per 𝓁 + x per x² in dx. k esce dal segno di integrale, integrale tra 0 ed 𝓁 di 𝓁x² + x³ in dx.

Facendo i calcoli, questo diventa 7/12 k𝓁⁴. Abbiamo trovato un momento di inerzia che dimensionalmente non ci dice se siamo arrivati a un risultato sensato oppure no, perché non è una massa per una lunghezza al quadrato. Questo perché? Sicuramente questa costante k può essere espressa in funzione della massa e della lunghezza dell’asta, in modo tale da far tornare tutto quello che serve.

Se andiamo a rivedere cosa c'è scritto qui, nella parte evidenziata in verde, la massa è 3/2 k𝓁² e, in virtù di questa uguaglianza, se ricavo k in funzione di m e di 𝓁, avrò che k vale 2m su 3𝓁². Se questa k, la vado ad inserire nel risultato, semplificando opportunamente, avrò 7/18 m𝓁².

Questo è il momento di inerzia dell'asta AB, calcolato rispetto alla retta Ay, quindi abbiamo ottenuto la prima informazione.

Adesso vogliamo calcolare invece il momento di inerzia rispetto all'asse Gy. Non dobbiamo rifarci tutto l'integrale, perché l'asse Gy è una retta parallela all'asse Ay, e quindi, come tale, possiamo calcolare con il teorema di Huygens inverso, che dice che il momento di inerzia rispetto alla retta Gy, vale il momento di inerzia rispetto alla retta Ay, che abbiamo appena calcolato, meno la massa per la distanza tra le due rette, quindi AG². 7/18 m𝓁² è il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Ay, -m per la distanza di A da G, siccome questa parte è 5/9 𝓁, la possiamo scrivere come 25/81 𝓁² e quindi, facendo i calcoli, 13/162 m𝓁² è il valore del momento di inerzia dell'asta AB, rispetto alla retta Gy e quindi abbiamo risolto e determinato anche questo valore.

Adesso ci manca il terzo valore. Così come avevamo visto nel caso precedente, quando abbiamo calcolato il momento di inerzia dell'asta omogenea, rispetto all'asse Ay, era uguale al momento di inerzia dell'asta AB omogenea, rispetto all'asse By, cioè passante per l'altro estremo. Il calcolo era stato fatto e il momento di inerzia rispetto all'asse By o rispetto alla retta Bz e m𝓁²/3, cioè è uguale al momento di inerzia rispetto alla retta Ay o Az. Avevamo trovato che erano uguali, ma in questo caso, nel caso dell'asta che è non omogenea, calcolare il momento di inerzia rispetto all'asse Ay e calcolarlo rispetto all'asse By non è la stessa cosa.

Se calcoliamo il momento di inerzia rispetto all'asse By, cioè ortogonale all'asta AB e passante per l'altro estremo dell'asta AB, lo calcoliamo col teorema di Huygens diretto, quindi momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Gy + la massa per la distanza di B da G al quadrato.

La distanza di B da G², se G si trova a distanza 5/9 𝓁 da A, la distanza di G da B sarà 4/9𝓁. Il risultato sarà 5/18 m𝓁². E questo fornisce l'ultimo elemento per finire il nostro esercizio. Questo momento di inerzia rispetto all'asse By è diverso dal momento di inerzia rispetto all'asse Ay.

Esercizio 2.13

Calcolare i momenti d'inerzia di un disco omogeneo 𝒟 di massa m e raggio R rispetto all’asse baricentrico e normale e rispetto ad un asse baricentrico complanare.


Questo esercizio ci chiede di calcolare i momenti d’inerzia di un disco 𝒟 omogeneo, di massa m, raggio R, rispetto prima all'asse baricentrico e normale al disco. Quindi, supponendo di aver scelto l'asse z ortogonale al disco in un sistema di riferimento Oxyz, in cui O coincide col centro del disco, in questa richiesta coincide con la determinazione del momento di inerzia del disco 𝒟, in alto come apice mettiamo il sistema materiale di cui vogliamo calcolare il momento di inerzia e come pedice invece mettiamo l'asse rispetto al quale vogliamo calcolare il momento di inerzia.

E poi vogliamo calcolare anche il momento di inerzia, sempre del disco 𝒟, rispetto agli assi Ox, che è un asse diametrale e il momento di inerzia rispetto all'asse Oy, sempre del disco 𝒟. Quindi queste sono le tre richieste, avendo supposto di scegliere un sistema di riferimento Oxyz in cui l’asse z è perpendicolare al disco, l'asse x e y sono due assi diametrali, cioè il disco sta nel piano Oxy.

La situazione è quella per cui, questo disco è pieno, cioè non è una circonferenza, ma è un cerchio. Questo è il disco di cui vogliamo calcolare questi momenti di inerzia.

Ci ricordiamo un teorema, un teorema che dice che se abbiamo una distribuzione piana di massa; supponiamo di prendere il piano della distribuzione di massa, per esempio il piano Oxy, il teorema ci dice che il momento di inerzia, in questo caso del disco 𝒟, rispetto all'asse Oz, che è quello perpendicolare al piano della figura, lo si può ottenere facendo la somma tra il momento di inerzia del disco rispetto all'asse x + il momento di inerzia del disco rispetto all'asse Oy.

Inoltre, siccome il disco è omogeneo, gli assi Ox e Oy sono due assi equivalenti, dal punto di vista del calcolo dei momenti di inerzia, in quanto questo disco ha una simmetria centrale, allora il momento di inerzia rispetto all'asse delle x per questo disco è uguale al momento di inerzia rispetto all'asse y.

Di conseguenza, andando a mettere questa relazione qui dentro, otteniamo che il momento di inerzia del disco rispetto all'asse Oz, perpendicolare al disco stesso, è uguale a due volte il momento di inerzia del disco rispetto all'asse Ox.

Per rispondere alle domande che ci sono state fatte, cioè il momento di inerzia rispetto all'asse Oz, il momento di inerzia rispetto all'asse Ox o rispetto all'asse Oy. Allora, innanzitutto rispetto all'asse Ox e rispetto all'asse Oy questi due momenti di inerzia sono uguali. E secondo, basta calcolarne uno di questi o il momento di inerzia rispetto all'asse Oz e automaticamente abbiamo, dividendo per 2 il momento d'inerzia rispetto all'asse Ox o viceversa, se vogliamo calcolare il momento di inerzia rispetto all'asse Ox, poi moltiplicando per 2 otterremo il momento di inerzia rispetto all'asse Oz. Quindi il calcolo in realtà diventa molto semplificato.

Per prima cosa calcoliamo il momento di inerzia rispetto all'asse Oz. Quindi questo momento di inerzia rispetto all'asse normale al disco e passante per l'origine. Per definizione, questo è l'integrale fatto sul disco 𝒟, il disco è omogeneo quindi ci vuole la densità ρ₀ e poi ci mettiamo la distanza del generico punto P dall'asse Oz al quadrato e poi in d𝒞. Vediamo quali sono le grandezze in gioco. Per fare questa integrale, conviene usare le coordinate polari. Quindi il punto P sarà identificato raggio r, cioè dalla distanza di P, quello arancio, quindi r, e dall'angolo ϑ, l'angolo di rotazione che il raggio vettore P - O forma con la direzione positiva dell'asse delle x. In particolare, r viaggerà tra 0 ed R, e ϑ sarà un angolo che invece viaggia tra 0 e 2π.

Quindi le variabili di integrazione del nostro problema saranno integrale tra 0 e 2π, integrale tra 0 e R, della densità ρ₀ per r² e poi ci va il d𝒞.

Ci mettiamo nel piano Oxy, quindi pensiamo al disco nel piano Oxy, r è la distanza di P da O, quindi è questa parte arancio.

Se facciamo compiere al punto P uno spostamento infinitesimo, che è per esempio questo dr quindi quello arancio o è dr. Poi facciamo compiere una rotazione infinitesima al raggio vettore P - O di ampiezza dϑ e quindi questo archetto varrà r per dϑ, poi chiudiamo con dr e con un altro archetto il tassello e allora avremo che il d𝒞, cioè l'area della porzione infinitesima di disco, vale r dϑ per dr, oppure con una trasformazione di coordinate dalle coordinate cartesiane a quelle polari, e allora ci viene r che è lo Jacobiano della trasformazione, per il differenziale delle variabili indipendenti.

Questo d𝒞 lo andiamo a sostituire nell'integrale e quindi otteniamo r dr dϑ, e quindi ρ₀ esce dal segno di integrale, per il teorema di Fubini possiamo spezzare l'integrale tra 0 ed R di r² in dr, poi c'è l'integrale tra 0 e 2π in dϑ.

A parte la semplificazione del 2 con il 4, il momento di inerzia non è scritto a livello dimensionale come una massa per un raggio, una lunghezza al quadrato. Questo ci manca perché dobbiamo ricordarci che la massa del disco, m, la possiamo scrivere sempre come la densità ρ₀ per l'area del disco π r². Da qui possiamo ricavare ρ₀, che è m/π r² e, andando a sostituire qui dentro, il risultato è m R²/ 2, che il risultato della prima richiesta. Questo risultato lo possiamo considerare come un risultato noto; tutte le volte che vogliamo calcolare il momento di inerzia di un disco di massa m raggio r, rispetto ad una retta perpendicolare al disco e passante per il suo centro, vale massa per raggio al quadrato diviso 2.

Adesso risulta facile calcolare quanto vale il momento di inerzia rispetto all'asse Ox, che sarà poi anche uguale al momento di inerzia rispetto all'asse Oy, perché tanto sono uguali per quello che abbiamo visto sotto. In particolare, avremo che, siccome il momento di inerzia del disco rispetto all’asse Oz vale mR²/2, il momento di inerzia del disco rispetto all’asse Ox sarà la metà, cioè ½, rispetto all'asse Oz e quindi diventa mR²/4.

Adesso questi risultati li consideriamo noti e tutte le volte che dobbiamo calcolare il momento di inerzia di un disco omogeneo di data massa e dato raggio, rispetto ad esempio a un asse diametrale, quindi sia l'asse Ox sia l'asse Oy, cioè un asse che passa per il centro del disco e appartiene al disco, dovremo fare la massa per il raggio al quadrato diviso 4. Se invece l'asse è ortogonale al disco e passa per il centro, faremo mR²/2.

Se avessimo voluto calcolare, partire dal momento di inerzia del disco rispetto all'asse Ox, allora si poteva fare in questo modo e poi calcolare il momento di inerzia rispetto all'asse Oz, moltiplicando semplicemente per 2. Avremmo dovuto fare il momento di inerzia del disco rispetto all’asse Ox è l'integrale sul disco 𝒟 della densità ρ₀ per la distanza del punto P dall'asse delle x e questa vale r per il seno di ϑ, al quadrato. E poi c'è sempre il d𝒞, quindi r dr dϑ. Quindi integrale tra 0 ed R, integrale tra 0 e 2π di ρ₀ r³ sin²ϑ in dr dϑ.

Dopo i calcoli, si otterrà che il risultato di questa operazione, vale mR²/4. Poi, per arrivare al momento di inerzia rispetto all’asse Oz, si utilizza la formula e, moltiplicando per 2 si ottiene il risultato.

Esercizio 2.15

Calcolare il momento d’inerzia rispetto all’asse baricentrico e normale di un disco omogeneo di raggio R e massa m, con un ‘buco’ circolare di raggio R/2 e i due centri a distanza R/2.


Vediamo adesso un altro esercizio. Vogliamo calcolare il momento di inerzia rispetto a un asse baricentrico e normale a questa moneta bucata, cioè questo disco omogeneo di raggio R e massa m, che ha un buco circolare di raggio R/2 con i due centri a distanza R/2, cioè quello di cui abbiamo già calcolato il baricentro.

Infatti m è la massa di questa parte azzurra che vedete, questa moneta bucata. La distanza tra il baricentro G₁ del disco se fosse pieno e il baricentro G₂ della parte mancante, questo G₁G₂ vale R/2, inoltre il raggio del disco grande è invece R e ci ricordiamo che abbiamo già fatto un calcolo del baricentro, baricentro G che si trova nel punto di coordinate -R/6, 0. Quello che ci chiede di calcolare il problema è il momento di inerzia di questa distribuzione di massa, rispetto all'asse Gz, quindi baricentrico e normale alla moneta bucata. Abbiamo scelto un sistema di riferimento Oxyz in cui la moneta bucata sta nel piano xy, l'origine l'abbiamo scelta in G₁, G₁ che è il centro del disco se fosse pieno, quindi O coincide con G₁, l'asse x è l'asse y, scelti in modo tale che la moneta bucata stia in questo piano, quindi l'asse z è perpendicolare al piano.

Per fare questo calcolo, potremmo usare la definizione e quindi calcolare il momento di inerzia della moneta bucata rispetto all'asse Gz, facendo l'integrale doppio, ma per fare questo dovremmo parametrizzare tutti questi bordi. Però ci viene in mente la tecnica che abbiamo usato per fare il calcolo dei baricentri, quando abbiamo delle distribuzioni di massa piene a cui si toglie una parte e anche l’esercizio 2.11 che abbiamo fatto, in cui abbiamo calcolato i momenti di inerzia, il momento di inerzia per esempio della distribuzione di masse, tra le aste risposte a forma di triangolo, rispetto a un asse Gz, abbiamo calcolato i momenti di inerzia delle singole parti rigide, calcolati rispetto allo stesso asse e poi li abbiamo sommati.

Prima abbiamo sommato i momenti di inerzia, perché le parti erano aggiunte. In questo esercizio possiamo fare la differenza tra i momenti di inerzia, perché ci sono delle parti piene, a cui viene tolta un'altra parte. Se sono in grado di calcolare il momento di inerzia di questa distribuzione di massa, rispetto all'asse Oz, O è questo, è il baricentro del disco se fosse pieno, dopo con il teorema di Huygens inverso, posso calcolare il momento di inerzia rispetto all'asse Gz, cioè se io riesco a calcolarmi questo momento di inerzia, poi faccio meno m per la distanza di O da G al quadrato e ottengo quello che mi serve.

Il mio problema adesso si focalizza su un calcolo di questo momento di inerzia rispetto all'asse Oz di questa distribuzione di massa, moneta bucata.

Lo calcolo come il momento di inerzia del disco pieno, rispetto all'asse Oz, meno il momento di inerzia del disco vuoto rispetto all'asse Oz. Così facendo, arrivo poi a sostituire quello che ottengo in questa formula qui sopra e quindi ho un risultato. Per calcolare il momento di inerzia del disco pieno rispetto all'asse Oz e del disco vuoto rispetto all'asse Oz, devo ricordarmi quanto valgono le masse.

Considero il disco pieno, che lo indico con 𝒟𝒫. Questo ha massa m₁, che è uguale a ρ₀ per l’area, cioè π R². Il disco vuoto invece ha massa m₂, che vale ρ₀ π R²/4. La massa m₁ - m₂ deve dare esattamente m. E allora questo vuol dire che ₀ π R², meno ₀ π R²/4 deve essere uguale ad m.

Se adesso leggo la prima e l'ultima di questa catena di uguaglianze, ottengo quanto vale ρ₀ in funzione della massa e del raggio, in particolare ρ₀ vale 4m/3πr². Adesso questo ρ₀ lo andiamo a sostituire qui e qui. Semplificando opportunamente, m₁ è 4/3 m, mentre m₂ è uguale a m/3, cioè la massa della parte mancante. Le masse negative non le conosciamo, ma possiamo fare delle differenze.

Adesso ci concentriamo sul calcolo del momento di inerzia del disco pieno, cioè del disco che se fosse pieno avrebbe massa 4/3 m. E vogliamo calcolare questo momento di inerzia del disco pieno rispetto all'asse Oz che è ortogonale al disco e passante per O, O che è G₁, che è quindi il baricentro della figura se fosse piena.

Il momento di inerzia del disco pieno rispetto all'asse Oz, non c'è bisogno che rifacciamo l’integrale, dobbiamo usare la formula dell'esercizio precedente. Dobbiamo prendere la massa, moltiplicarla per il raggio al quadrato e dividere per 2, perché l'asse Oz è perpendicolare alla moneta bucata.

Avremo massa che è 4/3 m per il raggio a quadrato, diviso 2 ed ecco che il risultato è 2/3 mR².

Adesso ci calcoliamo il momento di inerzia del disco vuoto sempre rispetto all'asse Oz. Mentre per il disco pieno, l'asse Oz, perpendicolare al disco, era un asse baricentrico, per il disco pieno. Per il disco vuoto, l'asse che passa per O ed è ortogonale al disco non è un asse baricentrico. Quindi dobbiamo usare il teorema di Huygens. Il momento d’inerzia del disco vuoto, rispetto al suo asse baricentrico G₂z + la massa del disco vuoto, m/3, per la distanza tra i due assi al quadrato. Quanto vale il momento di inerzia del disco vuoto, rispetto a un asse baricentrico e normale? Massa del disco vuoto, m/3, per il raggio del disco vuoto al quadrato, diviso 2 + m/3 e poi ci va la distanza di O da G₂ al quadrato, che vale R/2, quindi qui ci mettiamo R ²/4, cioè R/2 al quadrato. Quello che ci serve è tutto qui.

Andiamo a sostituire i risultati e facciamo la differenza. Il risultato è 13/24 mR². Questo è il momento di inerzia rispetto all'asse Oz. Questo risultato lo dobbiamo andare a sostituire nella formula di sopra e quindi avremo, il momento di inerzia rispetto all’asse Oz, meno la massa della moneta bucata, quindi m, per la distanza, di O da G al quadrato, che è R/6. 37/72mR² è il risultato che ci aspettavamo.

C'è anche un altro metodo che si potrebbe usare. Per risolvere gli esercizi spesso non ci sono dei metodi unici, ma ce ne sono diversi e uno fa quello che gli sembra meglio. Per calcolare il momento di inerzia rispetto all'asse Gz, avremmo potuto calcolarci il momento del disco pieno, rispetto all'asse Gz e poi sottrarre il momento di inerzia del disco vuoto, sempre rispetto all'asse Gz.

Quindi faccio la differenza tra il momento di inerzia del disco pieno rispetto all'asse Gz, meno il momento di inerzia del disco vuoto, rispetto all'asse Gz. E così facendo, se facciamo questo calcolo, si riesce ad ottenere esattamente lo stesso risultato.

Esercizio 2.16

Calcolare i momenti d’inerzia di una lamina rettangolare omogenea ℛ, di massa m e lati a e b.


Calcolare i momenti di inerzia di una lamina rettangolare. Supponiamo di avere una lamina rettangolare, la indichiamo con ℛ, che ha i lati di lunghezza a e b. Chiamiamo i vertici della lamina, li indichiamo con E, F, H e L. Prendiamo un sistema di riferimento in cui l'origine coincide con il vertice E, l'asse delle x lo prendiamo coincidente, scusate, con il lato EF e l'asse delle y coincidente con il lato EL, l'asse z ortogonale al piano della lamina. Vogliamo calcolare il momento di inerzia di questa lamina rettangolare rispetto alla retta r, che è la diagonale del rettangolo che passa per vertice E e per il vertice H.

Supponiamo anche che la massa di questo rettangolo sia m, quello che si vuole fare è calcolare questo momento di inerzia.

Se volessimo utilizzare la formula, la definizione per il calcolo di momento di inerzia di questa lamina rettangolare rispetto a questa retta r blu, che è la diagonale, allora dovremo scrivere opportunamente, nella definizione integrale, preso il punto P, poi bisogna calcolare la distanza del generico punto P che sta nella lamina, dalla retta rispetto alla quale si vuole calcolare il momento di inerzia.

E se scriviamo la distanza del punto da questa retta, di sicuro l'integrale non diventa di facile risoluzione. In questo caso ci viene in mente il teorema che abbiamo visto nella parte di teoria, che chiama in gioco l'equazione dell’ellissoide di inerzia. Il momento di inerzia, in questo caso, il momento inerzia rispetto ad una retta che passa per un punto, il punto O è 1/OL², dove L è uno dei due punti di intersezione tra l'equazione dell'ellissoide di centro O, che è un punto della retta r e la superficie dell'ellissoide, cioè i punti di intersezione tra la retta r e la superficie dell’ellissoide.

Siccome la lamina è una lamina piana e sta nel piano Oxy, per un teorema che abbiamo visto nella parte di teoria, l'asse Oz è un asse principale di inerzia e per questo motivo B' e C' sono 0, quindi questo termine e questo non ci sono.

Riusciamo a scrivere l'equazione dell’ellissoide, quindi significa calcolarsi A, B, C e A', per questa lamina rettangolare, quindi scriviamo l'equazione dell'ellissoide che è a centro in O, poi mettiamo a sistema questa equazione dell'ellissoide con l'equazione della retta r, facciamo il sistema, troviamo le coordinate dei punti L, distanza di L da O al quadrato, l'inverso e otteniamo il risultato.

Per prima cosa, dobbiamo calcolare A. A è il momento di inerzia del rettangolo rispetto all'asse Ox, cioè è l'integrale doppio fatto sul rettangolo ℛ della densità ρ₀ e poi dobbiamo prendere la distanza del generico punto P dall'asse delle x, se P è un punto di coordinate xy, sarà y e, siccome la distanza va al quadrato, y² e poi c'è il generico elemento infinitesimo di rettangolo, che sarà dx dy cioè il d𝒞.

x viaggia tra 0 e da, e y che viaggia tra 0 e b. Il d𝒞 che va nell'integrale è dx dy, perché è l'area del generico elemento infinitesimo, della porzione infinitesima di rettangolo. Allora, integrale tra 0 e a, integrale tra 0 e b, di ρ₀y² in dxdy. Ci serve anche trovare il legame tra la massa ρ₀ e i lati del rettangolo, in quanto ρ₀ è costante e esce dal segno di integrale. Integriamo tra 0 e a in dx e tra 0 e b y² in dy, ci ricordiamo che la densità ρ₀ è la massa, divisa per l’area, quindi andiamo a sostituire, al posto di ρ₀, m su ab e poi dobbiamo fare l'integrale tra 0 ed a in dx per l'integrale tra 0 e b di y² dy. Semplifichiamo opportunamente e quindi otteniamo che mb²/3 è il risultato che cercavamo.

Adesso dobbiamo calcolare B, B è uguale a momento di inerzia del rettangolo rispetto all'asse Oy, quindi per definizione è l'integrale su ℛ di ρ₀, questa volta la distanza di P dall'asse y vale x, Quindi il quadrato ci va per la x in dx, dy, e quindi questo è l'integrale tra 0 e a, integrale tra 0 e b di ρ₀ x² dx dy. Facendo i conti, si ottiene ma²/3.

Per avere C si possono seguire due strade. La prima strada è usare un teorema della parte di teoria e che abbiamo utilizzato anche nell’esercizio 2.13, cioè il fatto che il momento d’inerzia di una distribuzione di massa rispetto ad una retta perpendicolare alla distribuzione piana, è la somma dei due momenti di inerzia che stanno nel piano. Quindi, in questo caso, avremmo che C è A + B, questo perché la distribuzione è piana, e C è il momento di inerzia rispetto ad un asse perpendicolare al piano, quindi m/3 per a² + b². Anche C in questo modo l'avremmo calcolato.

Se vogliamo usare la definizione, si calcola C facendo di nuovo l'integrale su ℛ di ρ₀, poi ci va la distanza del generico punto P dall'asse Oz, asse Oz che è perpendicolare alla lamina e passante per O. Quindi la distanza di P da O al quadrato, per il teorema di Pitagora, è x² + y², poi ci va il d𝒞 che è dx dy. Dopo i calcoli, si ottiene quello che abbiamo già ottenuto prima.

Per concludere ci serve A’, per definizione, cioè il momento di deviazione A’, vale l'integrale doppio di ρ₀ per x per y in dx dy. ρ₀ esce dal segno di integrale, integrale tra 0 ed a, integrale tra 0 e b di x y in dx dy. Al posto di ρ₀ ci mettiamo l'espressione in funzione della massa, quindi m/ab, poi c'è l'integrale tra 0 ed a di x in dx, l'integrale tra 0 e b di y in dy e, quello che si ottiene facendo i calcoli, semplificando gli a al numeratore con l’a al denominatore e stessa cosa per b, ci viene m/4 a b e questo è l'ultimo dei risultati che ci servivano.

Adesso andiamo a sostituire tutte queste grandezze e scriviamo l'equazione dell'ellissoide. E questo lo dobbiamo mettere a sistema con l'equazione della retta r, che passa per l'origine e per il punto H di coordinate a, b. E quindi l'equazione di questa retta azzurra è y = b/a x e z = 0. Mettiamo a sistema l'equazione dell’ellissoide con l'equazione della retta, sostituiamo le espressioni di z = 0 e y = b/a x, quindi queste le andiamo a sostituire in quella sopra.

Possiamo raccogliere x². Facendo i calcoli di questa quantità tra parentesi, questo diventa ⅙ mb². La coordinata x del punto L di intersezione tra la retta r e la superficie dell'ellissoide, vale 6/mb², ricavando  la xL² da sopra. Per calcolare la yL², andiamo a sostituire qui dentro la xL² e ci calcoliamo la yL².

La zL², in virtù del fatto che deve stare sulla retta r, questa vale 0.

Allora OL² è xL² + yL² + zL², quindi, in questo modo, abbiamo ricavato il momento di inerzia che cercavamo. Abbiamo OL², ne facciamo l'inverso, otteniamo il risultato che volevamo, cioè il momento di inerzia del rettangolo, rispetto alla retta r e questo è il risultato cercato.

Esercizio 2.17 a)

Scrivere l’equazione dell’ellissoide centrale della lamina dell’esercizio precedente ed utilizzarla per calcolare i momenti d’inerzia rispetto alla retta r (bisettrice del quadrante Gxy) ed r’ (diagonale del rettangolo) disegnate nella figura dell’esercizio precedente.


Il vantaggio di utilizzare questo sistema con l'equazione dell’ellissoide di inerzia è il seguente.

Supponiamo adesso di volere calcolare il momento di inerzia di questa lamina rettangolare, rispetto alla retta r’, bisettrice del primo e terzo quadrante, cioè la retta r' che ha equazione x = y e z = 0.

Non dobbiamo rifarci tutto l’esercizio; dobbiamo semplicemente prendere l’equazione dell'ellissoide che ha centro sempre in O, perché la retta r' arancio passa di nuovo per il punto O. Quindi mettiamo a sistema l'equazione dell'ellissoide con l'equazione della retta arancio.

Questi momenti di inerzia che abbiamo calcolato per la lamina rettangolare, in particolare il momento di inerzia della lamina rettangolare rispetto all'asse Ox, che coincide con uno dei suoi lati, per esempio quello di lunghezza a, vale m, massa della lamina, per la lunghezza dell’altro lato, diviso 3. Questi li diamo per noti, così come il momento di inerzia del rettangolo rispetto alla retta Oy, che coincide con l'altro lato, quello di lunghezza b, varrà massa per il lato a, la lunghezza del lato EF², diviso 3. Il momento di inerzia della lamina rispetto all'asse Oz vale m/3 (a² + b²) e il momento A' è questo.

Esercizio 2.17 b)

Calcolare il momento d’inerzia rispeyy ad Ag, Bg e Cg, A’g.


Prendiamo un sistema di riferimento fatto in questo modo. Questa è l'origine che coincide con il baricentro, in questo caso. Prendiamo l'asse x parallelo al lato EF, E passante per il baricentro. Prendiamo l'asse y parallelo al lato EL, passante per il baricentro. L'asse Oz è ortogonale al rettangolo ℛ. Supponiamo sempre che il rettangolo ℛ abbia massa m e i due lati siano a e b.

Se io adesso volessi il momento di inerzia, diciamo AG, il momento di inerzia del rettangolo ℛ rispetto all'asse GX, perché se io volessi calcolare il momento di inerzia rispetto a questa retta r' sempre di equazione y = x e z = 0, dovrei scrivere l'equazione dell'ellissoide centrale, che è quello che ha per centro G.

Non mi devo rifare tutti i calcoli. Questo momento di inerzia del rettangolo rispetto all'asse GX, conoscendo il momento di inerzia del rettangolo, rispetto all’asse che abbiamo calcolato prima; l’origine era in O, quindi OX, quello di prima, conoscendo il momento di inerzia del rettangolo rispetto all'asse OX, basta usare il teorema di Huygens inverso e quindi ci va il momento di inerzia rispetto all'asse GX, quello che abbiamo calcolato prima, meno la massa del rettangolo, per la distanza tra l'asse OX e l'asse GX al quadrato.

Di nuovo questo è un risultato che prendiamo per noto, quindi tutte le volte che dobbiamo calcolarci il momento di inerzia fatto così, usiamo questa formula.

Analogamente, se voglio il momento di inerzia del rettangolo rispetto all'asse GY, farò il momento di inerzia rispetto all'asse quello che era prima OY, in questo caso è questo asse che passa per E e per L, meno la massa per la distanza tra i due assi al quadrato. Ancora una volta questo lo consideriamo un risultato noto.

In questo modo l'ultimo CG, cioè il momento di inerzia del rettangolo rispetto all'asse GZ, lo possiamo calcolare come somma, cioè come somma di AG + BG. Così facendo, riusciamo ad ottenere il risultato che volevamo.

Questo momento di inerzia rispetto all'asse GZ lo possiamo anche calcolare in questo modo, come il momento di inerzia del rettangolo rispetto all'asse Oz che abbiamo calcolato prima, meno la massa per la distanza tra i due assi GZ e Oz al quadrato.

Ci manca A'G, che lo possiamo calcolare col teorema analogo del teorema di Huygens per i momenti di deviazione; che dice che se abbiamo due sistemi di riferimento, un sistema di riferimento Gxyz e un sistema di  riferimento Oxyz che sono paralleli, come in questo caso. Allora A'G = A'O - m xG yG, per un teorema che abbiamo anche dimostrato come ultima cosa della parte di teoria. Andiamo a sostituire e il risultato vedete vale 0 e quindi, da questo, siccome B’G e C’G erano già 0, perché il rettangolo è piano e quindi l'asse GZ, è già principale di inerzia, in realtà qui abbiamo che la terna Gxyz è tutta una terna principale di inerzia.

Esercizio 3.1

Studiare il moto del punto che ha le seguenti equazioni cartesiane:

x = R cos ωt

y = R sin ωt


Supponiamo di voler studiare il moto di un punto che ha queste equazioni cartesiane.

L'esercizio 3.1 del testo ci dice questo. Studiare il modo del punto P, che ha le seguenti equazioni cartesiane del moto. Allora, x(t) = R coseno di ω t, y(t) = R seno di ω t, dove R e ω sono delle costanti positive.

Studiare il moto significa determinare, se possibile, l'equazione della traiettoria, determinare la velocità in forma cartesiana e in forma intrinseca, l'accelerazione in forma cartesiana e in forma intrinseca e determinare la legge oraria, ammesso che sia possibile.

Per determinare l'equazione della traiettoria, date le equazioni cartesiane del moto, si cerca di ricavare il tempo da una delle due equazioni e poi andarlo a sostituire nell'altra, in modo da trovare una relazione che lega, in questo caso, un problema di moto piano, che lega la x alla y senza la presenza del tempo. L'equazione della traiettoria è un fatto geometrico e non cinematico, di conseguenza dobbiamo cercare di trovare la relazione tra la x e la y che sia indipendente dal tempo.

In questo caso non si deve ricavare t facendo l'arco coseno, perché sarebbe inutile, ma quando si hanno espressioni in seno e coseno, la cosa da fare è elevare al quadrato membro a membro e poi sommare.

Siccome sin² + cos² fa 1, ottengo l’equazione della traiettoria. Ho ottenuto una circonferenza; dobbiamo fissare un sistema di riferimento cartesiano-ortogonale. Indichiamo con O il centro della circonferenza, gli assi x e y presi in modo tale che la circonferenza stia in questo piano, Oxy, allora il centro sta in O di coordinate 0, 0 e il raggio R. La traiettoria l'abbiamo determinata, di conseguenza quello che possiamo dire è che abbiamo a che fare con un moto circolare.

Adesso cerchiamo di vedere quanto vale il vettore velocità. Visto che abbiamo la forma cartesiana della velocità, è scrivere il vettore velocità in forma cartesiana. v sarà x punto i e y punto j, quindi i e j sono i versori della terna cartesiana i, j e k. k è un versore ortogonale al piano dello schermo.

Dobbiamo fare la derivata temporale, per la x punto e attento - R ω sin ω t e la y punto sarà R ω coseno di ω t.

Se adesso andiamo a sostituire queste x punto e y punto, otterremo l'espressione del vettore velocità in forma cartesiana. È facile scriversi anche il vettore accelerazione in forma intrinseca, perché basterà calcolarsi la x due punti. E in questo modo abbiamo calcolato anche l'accelerazione in forma cartesiana.

Per scrivere la velocità in forma intrinseca dobbiamo fare s punto, versore tangente. Però dobbiamo vedere chi è s punto e chi è il versore tangente. Il punto P sulla circonferenza sta qui. Questo è il raggio R della circonferenza. Fissiamo il versore tangente t, fissiamo il versore normale n, il versore della binormale sarà sempre diretto come il versore k.

Chi è s punto? Ce lo dobbiamo calcolare; s punto è uguale a ± la radice quadrata di x² punto+ y² punto al quadrato. La questione del segno riusciremo a scioglierla non appena abbiamo fatto i calcoli opportuni,  attraverso le condizioni iniziali. Adesso facciamoci questo calcolo.

Siccome sin² + cos² fa 1, avremo ± R ω. Andiamo a vedere le condizioni iniziali: vediamo dove il punto P si trova all'istante iniziale. All'istante iniziale, cioè per t = 0, dove si trova il punto P? Dobbiamo dire quali sono le sue coordinate, quanto vale la x e quanto vale la y. Andiamolo a vedere nelle equazioni cartesiane.

All'istante t = 0, cioè se io qui metto 0, ottengo R coseno di 0 per la x che vale R, e R seno di 0 per la y che vale 0. Quindi all'istante iniziale il punto P si trova in R, 0, cioè all'istante iniziale il punto P si trova qui in P₀ all'istante iniziale.

Qual è la sua velocità? La sua velocità l'andiamo a calcolare qua; la sua velocità all'istante t = 0 vale, andiamo a sostituire 0 qui dentro, otteniamo che vale Rωj.

Se io adesso prendo il punto P, lo metto in P₀, allora se il punto P si trova in P₀ all'istante iniziale, il suo vettore velocità sarà questo, che vale R ω j, ma quando P è in P₀, il versore tangente t, coincide esattamente con il versore j, quindi t e j sono lo stesso versore. E in più, questa velocità scalare vale Rω e non - Rω. Quindi siccome all'istante iniziale la forma intrinseca del vettore velocità e la forma cartesiana devono coincidere, è evidente che non potrà essere - Rω, ma dovrà essere + Rω.

Quindi la questione del segno viene sciolta andando a fare il confronto tra il vettore velocità in forma cartesiana e in forma intrinseca, quando P si trova nella posizione iniziale.

Anche il vettore accelerazione lo possiamo scrivere in forma intrinseca come s due punti versore tangente + s² punto su ρc, versore normale. Siccome il moto è circolare, ρc è R.

s punto è uguale a costante, quindi un'altra informazione che abbiamo sul moto, siccome s punto è uguale a costante, allora il moto è uniforme, quindi oltre ad essere moto circolare è anche moto circolare uniforme.

La s due punti vale 0. Quindi questo termine non c'è, resta soltanto questo termine, che alla fine ci consegna il valore Rω² versore normale e questa è l'accelerazione di questo moto circolare uniforme.

Potrei anche cercare di scrivere come è fatto il versore tangente, in funzione dei versori i e j. Questo lo faccio scrivendo v, diviso per s punto. Metto il versore v in forma cartesiana, quindi il versore v in forma cartesiana è questo. s punto che è R ω e, di conseguenza, quello che ottengo, andando a semplificare un Rω che raccolgo al numeratore con un Rω che ho al denominatore, ottengo che l'espressione vale - sin ωt, versore i + cos ωt versore j. E quindi abbiamo l'espressione del versore tangente in funzione di i e j e la stessa cosa la possiamo fare con il versore normale n, che ricaviamo da questa relazione, facendo a in forma cartesiana, diviso per Rω². Facendo le opportune semplificazioni, c'è meno Rω² coseno di ωt lungo i, - Rω² seno di ωt lungo j e poi lo dividiamo per Rω², semplifichiamo l'Rω² raccolto al numeratore con un Rω² del denominatore, e quindi si ottiene - coseno di ωt lungo i, - seno di ω t lungo j e questa è l’espressione.

Esercizio 3.3

Di un corpo rigido sono noti, in un dato istante, la velocità di un punto O e la velocità angolare. Assunto un sistema di riferimento con origine in O, rispetto ad si abbia v(O) = 9 i + 18 j e ω = 2 i - j + 2k. Verificare che nell'istante considerato lo stato cinetico è rotatorio e calcolarne l'asse.


Dato un corpo rigido, supponiamo che siano noti, in un dato istante, la velocità del punto O del corpo rigido e il vettore velocità angolare ω. Questi vettori vanno rappresentati rispetto ad un sistema di riferimento cartesiano ortogonale. Prendiamo il sistema di riferimento con l'origine nel punto O, punto di cui conosciamo il vettore velocità e gli assi li chiamiamo x, y e z.

Rispetto a questi assi e quindi rispetto ai versori della terna fondamentale che chiameremo sempre i, j e k, la velocità del punto O del corpo rigido, vale 9ī più 18j. Il vettore velocità angolare ω vale - j + 2k.

Questi due vettori, velocità del punto O del corpo rigido e vettore velocità angolare, li abbiamo rappresentati con dei dati numerici. Questa è una semplificazione che abbiamo fatto, perché il vettore velocità di un punto deve avere anche un'unità di misura, quindi qui abbiamo solo il dato numerico, manca quella parte letterale che dovremmo mettere, che individuerebbe il fatto che il vettore velocità si misura in metri al secondo, così come nel vettore velocità angolare, la misura sono il tempo alla meno uno, quindi per esempio dei secondi alla meno uno. Qui li abbiamo omessi solo per alleggerire la notazione.

Ci viene richiesto di calcolare, nell'istante considerato, qual è lo stato cinetico del corpo rigido.

Senza fare nessun calcolo, vediamo che esiste, per il corpo rigido 𝒞, in questa fotografia istantanea, perché lo stato cinetico del corpo rigido è una situazione istantanea, sappiamo che c'è un punto del corpo rigido che ha velocità diversa da zero e il vettore velocità angolare, anch'esso diverso da zero. Questo subito ci permette di concludere che lo stato cinetico risultante non può essere lo stato cinetico nullo, e nemmeno lo stato cinetico traslatorio.

Non è lo stato cinetico nullo, perché c'è almeno un punto che ha velocità diversa da zero, in particolare anche il vettore velocità angolare non è uno stato cinetico traslatorio, perché deve avere vettore velocità angolare zero. Quindi già senza fare i calcoli abbiamo già escluso due dei quattro stati cinetici. Rimane da vedere se lo stato cinetico risultante sarà uno stato cinetico rotatorio o elicoidale. Per fare questo, dobbiamo calcolarci l'invariante. L'invariante è il prodotto scalare tra i vettori caratteristici, in questo caso, tra la velocità del punto O e il vettore velocità angolare ω. La notazione dO in dt e v(O) è equivalente. Possiamo scrivere l'una o l'altra e si individua comunque il vettore velocità del punto O.

Facciamo i calcoli in esplicito. Siccome ī scalare ī fa 1, 2 per 9 fa 18, poi abbiamo che ī scalare j sono ortogonali fa 0, come ī scalare k fa 0, poi abbiamo j scalare ī che fa ancora 0, j scalare j che fa 1 e quindi ci viene -18, e infine j scalare k, che essendo ancora ortogonali fa 0.

Quindi 18 - 18, otteniamo che l'invariante è 0 e questo, assieme al fatto che il vettore velocità angolare ω è diverso da 0 e invariante 0, ci dice che lo stato cinetico risultante è uno stato cinetico rotatorio. Dobbiamo dire qual è l'asse di istantanea rotazione, perché è evidente che nella consegna dell'esercizio, questo punto O non è un punto dell'asse di istantanea rotazione, perché ha velocità diversa da zero. E l'asse di istantanea rotazione, dobbiamo individuarlo attraverso un punto tale per cui la sua velocità sia nulla e poi la direzione è quella del vettore velocità angolare. Quindi per determinare l'asse di istantanea rotazione cerco punti P di coordinate generiche nello spazio x, y, z, tali che la loro velocità, cioè come punti del corpo rigido, abbiano velocità nulla. Questo ci permette di trovare l'equazione dell'asse di istantanea rotazione.

In particolare, siccome P deve essere un punto generico del corpo rigido, v(P) si scrive con la formula fondamentale della cinematica rigida, attraverso la conoscenza del vettore velocità del punto O.

Facciamo un po' di calcoli e usiamo il determinante simbolico per fare questo prodotto vettoriale tra ω e il vettore P - O, quindi nella prima riga mettiamo i versori ī, j e k. Nella seconda riga mettiamo le componenti del vettore velocità ω, cioè 2, -1 e 2 e nella terza riga mettiamo le componenti del vettore posizione P - O, che saranno x, y e z. Calcoliamo il determinante, facendo lo sviluppo secondo gli elementi della prima riga. Lungo il versore ī dobbiamo fare il minore principale, che è -1 per z -2 y. Adesso passiamo al versore j, che è di posto 1, 2 e dobbiamo cambiare il segno quando calcoliamo il minore, quindi 2x - 2z e infine lungo k, sarà 2 per y - x per - 1. Facendo i calcoli e raccogliendo tutti gli elementi, prima lungo ī poi lungo j, poi lungo k.

Affinché questo vettore sia il vettore nullo, devono annullarsi tutte e tre le sue componenti. Queste tre equazioni per individuare una retta sono troppe. Devono esserci due equazioni, la terza è sicuramente una combinazione lineare delle altre, infatti l'equazione numero 2 la possiamo ottenere facendo 2, moltiplicato per l’equazione ①, sommata all'equazione ③. Combinando linearmente la ① con la ③, si ottiene esattamente la ②, quindi la ② la possiamo togliere e allora l'equazione dell'asse di istantanea rotazione è la ① e la ③. Abbiamo ottenuto l’equazione dell'asse di istantanea rotazione. Quindi se prendiamo un punto P che appartiene all'asse di istantanea rotazione, applichiamo a questo punto P il vettore velocità angolare ω e otteniamo subito l'asse di istantanea rotazione.

Scegliamo per esempio un punto dell'asse di istantanea rotazione. Se prendo un punto M, dico che la x la prendo 0, tanto se assumo che x sia 0, ovviamente anche la y su questa retta è 0 e infine la z la ricaviamo e varrà 9. Quindi il punto 0, 0, 9 è un punto dell’asse d’istantanea rotazione. Se applico al punto M il vettore ω individuo subito, attraverso una notazione vettoriale, l'asse istantanea rotazione.

In ogni caso con l'equazione, se rappresentiamo nello spazio, in questo sistema di riferimento questa equazione, otteniamo l'asse istantanea rotazione.

Esercizio 3.4

Di un corpo rigido sono noti, in un dato istante, la velocità di un punto O e la velocità angolare. Assunto un sistema di riferimento con origine in O, rispetto ad si abbia v(O) = 25 i - 50 j e ω = 3 i + 4 j. Verificare che nell'istante considerato lo stato cinetico è elicoidale e calcolarne l'asse di Mozzi e la velocità di scorrimento del corpo.


Abbiamo sempre una situazione in cui abbiamo un sistema di riferimento Oxyz, abbiamo un corpo rigido 𝒞 e di questo corpo rigido 𝒞 sono noti, in un dato istante, la velocità, sempre come prima, del punto O che abbiamo assunto come origine del sistema di riferimento Oxyz e la velocità angolare. In particolare, la velocità del punto O vale 25ī - 50j + 50k e il vettore velocità angolare ω invece vale 3i + 4j. Quello che ci chiede il problema, come prima, è di determinare lo stato cinetico del corpo rigido in quell’istante.

Come prima, possiamo escludere lo stato cinetico nullo per gli stessi motivi di prima, perché il punto O ha velocità diversa da zero, quindi sicuramente lo stato cinetico non è nullo. Non è nemmeno lo stato cinetico risultante quello traslatorio, perché se fosse quello traslatorio avremmo il vettore ω uguale al vettore nullo. Dobbiamo calcolarci l'invariante e per stabilire se in quell'istante il corpo rigido è soggetto rotatorio o elicoidale, dobbiamo calcolare il prodotto scalare, dO in dt scalare ω, cioè v(O) scalare ω.

ī scalare ī fa 1, j scalare j fa 1, tutti gli altri prodotti sono nulli. 25 per 3 più fa 75 e poi abbiamo - 50 per 4 che fa - 200. Quindi -125 è l'invariante, quindi trovo che l'invariante è diverso da 0 e questa è la condizione necessaria e sufficiente affinché lo stato cinetico rigido sia elicoidale.

Quindi lo stato cinetico rigido è elicoidale.

Per terminare l’esercizio, dobbiamo essere in grado di dire dove si trova e che equazione ha l'asse di Mozzi e quanto vale la velocità dei punti dell'asse di Mozzi. Per calcolare l'equazione dell'asse di Mozzi, cerchiamo i punti M dello spazio che hanno velocità per definizione parallela al vettore velocità angolare ω. Mentre nell'esercizio precedente, lo stato cinetico era rotatorio e noi cercavamo i punti dell'asse di istantanea rotazione che avevano velocità nulla, infatti andavamo a prendere il generico punto, il punto di coordinate 0, 0, 9 e lo andiamo a sostituire nel vettore velocità di P, otteniamo che il vettore velocità è effettivamente il vettore nullo. In questo caso, nel caso dello stato cinetico elicoidale, la definizione di asse di Mozzi è questa. Quindi così troviamo l'equazione dell'asse di Mozzi. Vogliamo scrivere il vettore velocità del punto M generico del corpo rigido, lo scriviamo con la formula fondamentale della cinematica rigida.

Dobbiamo scrivere il prodotto vettoriale e usiamo il determinante simbolico, quindi metto i, j e k nella prima riga. Nella seconda riga metto le componenti di ω, quindi 3, 4 e 0. Nella terza riga metto le componenti del vettore M - O, e siccome ho coordinate 0, 0, 0 qui ci viene x, y, z. Facciamo i calcoli.

Dobbiamo sviluppare secondo gli elementi della prima riga, quindi secondo i, j e k. La prima è 25 lungo ī, e poi quando facciamo questo prodotto vettoriale, abbiamo 4z - 0, quindi + 4z. Lungo j abbiamo già il -50 e poi dobbiamo calcolare j per il minore principale 3, 0, x, z, ma ha cambiato di segno, quindi qui ci viene 0 per x, -3z. Lungo k mettiamo il 50 che viene da qui, e poi utilizzeremo questo minore, 3 per y -4 per x.

Adesso dobbiamo imporre la condizione di parallelismo tra questo vettore e il vettore ω. Per imporre la condizione di parallelismo tra due vettori le componenti omologhe devono avere il rapporto che è uguale. Quindi la componente lungo ī del vettore velocità del punto M, divisa per la componente lungo ī del vettore velocità angolare, deve essere uguale alle analoghe omologhe componenti lungo j e lungo k.

Il vettore velocità angolare ω non ha componente lungo k. La prima cosa da fare affinché questi due vettori v(M) e ω siano paralleli è che la componente lungo k di v(M) si annulla.

Abbiamo ottenuto l'equazione dell'asse di Mozzi. La prima equazione sarà 4x - 3y = 50. Se facciamo i calcoli, facendo il denominatore comune portando z al primo membro e i termini noti al secondo membro, troviamo che z = -10 è la seconda equazione, questa è l'equazione dell'asse di Mozzi rispetto al sistema di riferimento che abbiamo chiamato Oxyz.

Se adesso prendiamo un punto che sta sull'asse di Mozzi, quindi un punto le cui coordinate soddisfano queste equazioni, poi le sostituite qui dentro, otteniamo il vettore velocità del punto M. Per esempio, diciamo che la x è uguale a 0, poi ricaviamo la y che vale -50/3 e la z che vale -10 e la andiamo a sostituire qui dentro, e vediamo quanto viene la velocità dei punti dell'asse di Mozzi.

Oppure scriviamo la formula che abbiamo visto nella parte di teoria, che dà il vettore velocità dei punti dell'asse di Mozzi attraverso il legame con l'invariante e il vettore velocità angolare, e allora così otterremo il vettore velocità dei punti dell'asse di Mozzi. L’invariante vale -125, diviso per il vettore velocità ω². Il quadrato del modulo di ω vale 3² + 4², quindi 9 + 16 che fa 25 e poi qui ci va il vettore ω. che è 3ī + 4j, quindi - 5 per 3ī + 4j è il vettore velocità del punto M dell'asse di Mozzi.

Facciamo la prova, prendendo prima un qualunque punto che soddisfi questa equazione, quindi fissiamo una coordinata, la x o la y, calcolate l'altra da questa equazione, la z vale per forza - 10, sostituiamo qui dentro e avrete esattamente questo valore.

Con questi due esercizi, possiamo considerare conclusa la parte degli esercizi di cinematica del corpo rigido. È assegnato da risolvere l’esercizio 3.5, inoltre su Dolly ci sono altri due esercizi di cinematica del corpo rigido.

Esercizio 3.6

Vediamo l'applicazione della parte che abbiamo visto in teoria di teorema di composizione delle velocità e teorema di composizione delle accelerazioni.

Il testo di questo esercizio dice, supponiamo di avere Oxyz e O₁x₁y₁z₁, rispettivamente un sistema fisso, quindi Oxyz fisso o assoluto, mentre  O₁x₁y₁z₁, un sistema di riferimento mobile o relativo, in cui ci sia O₁ coincidente con O, gli assi O₁z₁ e Oz che sono coincidenti. Inoltre, supponiamo che il sistema mobile ruoti attorno all'asse z, quindi all'asse Oz, con una legge ϑ = ϑt.

L’angolo ϑ è l'angolo che l'asse x₁ forma con l'asse x. Poi c'è un punto materiale P che si sta muovendo sull'asse O₁x₁ con una legge nota, che è x₁ = x₁(t), dove x₁ è la coordinata del punto P, misurata su quest'asse x₁, e la sua coordinata x₁ la misuriamo a partire da O₁ sull'asse x₁. Anche questa è una legge nota.

Il problema ci chiede di determinare velocità e accelerazione del punto P rispetto all'osservatore fisso utilizzando i teoremi della cinematica relativa.

Calcoliamo v(P), usando il teorema di composizione delle velocità. Il teorema di composizione delle velocità dice che la velocità assoluta del punto P, misurata dall'osservatore Oxyz è uguale alla velocità relativa del punto P + la velocità di trascinamento del punto P. Questo è un problema di cinematica relativa, in quanto la cinematica relativa risolve questo problema, cioè dati due sistemi di riferimento che sono in moto l'uno rispetto all'altro e qui ci siamo, perché abbiamo il sistema di riferimento Oxyz fisso e il sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁ che sta ruotando attorno all'asse fisso z₁ e poi inoltre c'è un punto P, che si muove sia sull'asse x₁, quindi si muove sia rispetto al sistema di riferimento mobile, sia rispetto al sistema di riferimento fisso. Quindi la legge con cui P si muove sull'asse x₁, quindi rispetto al sistema di riferimento mobile, è una legge nota, quindi è noto il moto del punto P rispetto all'osservatore mobile. È noto il moto del punto P rispetto all'osservatore mobile, è noto il moto dell’osservatore mobile rispetto a quello fisso, perché la legge con cui l'osservatore mobile si muove rispetto all'osservatore fisso, è una legge nota.

Quello che vogliamo fare è determinare velocità e accelerazione del punto P rispetto all'osservatore fisso e quindi possiamo usare il teorema di composizione delle velocità. Lo possiamo usare ed è anche la richiesta che ci viene fatta dalla consegna dell’esercizio.

Cominciamo ad occuparci di v₁(P), che è la velocità relativa del punto P, quindi è la velocità che ha il punto P, misurata dall’osservatore mobile. Si tratta di scrivere il vettore P - O₁, che nel sistema di riferimento mobile possiamo rappresentare come x₁, y₁. Ci ricordiamo che ci sono i versori y₁, j₁ e k₁ rispetto all'osservatore mobile, mentre i e j e k sono quelli dell'osservatore fisso. Se adesso io sono l'osservatore mobile e derivo questo secondo membro, l'unica cosa che dipende dal tempo è x₁, perché se io sono l'osservatore mobile, per me i₁ non dipende dal tempo, perché è il versore, sono io stesso come osservatore e non vedo la variazione del tempo di questo i₁.

Adesso vediamo il calcolo di v𝛕. Per calcolare P - O₁ abbiamo due possibilità:

  1. Utilizzare la formula che ci dice che la velocità di trascinamento del punto P vale dO₁ in dt + ω vettor P - O₁. dO₁ in dt è la velocità dell’origine del sistema di riferimento mobile, ed essendo questa origine coincidente con O che è un punto fisso, questo vettore velocità vale 0, quindi questo non c'è. Rimane soltanto il contributo di ω vettor P - O₁. P - O₁ l'abbiamo già visto, è il vettore posizione di P sull'asse x₁. ω, in questa formula della velocità di trascinamento, è il vettore velocità angolare del sistema di riferimento mobile. Quindi ω, in questo problema, sarà ϑ punto k o k₁. Non importa, perché k è uguale a k₁. Quindi questo è il vettore velocità angolare del sistema di riferimento mobile e quindi andiamo a sostituire. Siccome k, vettor ī₁ fa j₁ , avremo x₁, ϑ punto, j₁. In questo modo abbiamo calcolato sia la velocità relativa del punto P, sia la velocità di trascinamento del punto P. Possiamo scrivere l'espressione del vettore velocità del punto P. Per calcolare la velocità di trascinamento, ci sono due possibilità. Una è quella di usare proprio la formula.

  2. L'altra è quella di fare riferimento al significato fisico del vettore v𝛕(P). Devo ricordarmi che la velocità di trascinamento del punto P è la velocità che il punto P avrebbe, se pensato rigidamente connesso al sistema di riferimento mobile. Quindi dovrei pensare di congelare P su quest'asse, quindi di inchiodare per esempio P sull'asse x₁ e mentre l'asse x₁ si muove nel suo moto di rotazione attorno all'asse z₁, andare a calcolare la velocità con cui P partecipa al moto dell'asse x₁. Per fare questa operazione, dobbiamo vedere qual è la curva di trascinamento descritta dal punto P e vediamo che se P viene congelato e inchiodato su quest'asse x₁, mentre l'asse x₁ ruota attorno all'asse z₁, allora la curva descritta dal punto P sarà una circonferenza, curva di trascinamento, non è una curva reale, perché P in realtà non si muove sull'x₁, ma è una curva che il punto P descriverebbe, quindi fittizia, se fosse congelato, fissato sull'asse x₁. Quindi la curva sarebbe una circonferenza di centro O₁, raggio x₁, e quindi facendo un disegno nel piano x, y. Facciamo un grafico nella proiezione nel piano xy o x₁ y₁.C'è l'angolo ϑ di rotazione con cui l'asse x₁ ruota rispetto all'asse x. Il punto P è fissato in questa posizione. La curva di trascinamento, quella curva fittizia che indichiamo con γ𝛕, è una circonferenza che ha centro in O₁, raggio x₁, la coordinata di P sull'asse x₁, e l'angolo con cui P descrive questa circonferenza è proprio l'angolo ϑ. Fissiamo quindi un sistema di asciutte curvilinee, quindi dobbiamo fissare una s𝛕, perché sta sulla curva γ𝛕, e quindi avremo che la v𝛕(P) sarà s𝛕 punto, versore t𝛕, dove il versore t𝛕 è il versore tangente alla γ𝛕 nel punto P. Il versore n𝛕 sarà il versore normale alla curva γ𝛕 e poi avremo sempre il versore della binormale, quello che chiamiamo b𝛕, che sarà coincidente con sempre k, k₁, che tanto sono già coincidenti. Calcoliamoci la s𝛕 punto. Se γ𝛕 è la circonferenza di centro O₁ e raggio x₁, la s𝛕 sarà il parametro lunghezza d’arco, quindi il raggio x₁ per l'angolo ϑ di rotazione, quindi a meno di costanti additive, sarà x₁ per ϑ, più delle costanti che al momento non ci interessano, perché dipendono da come abbiamo fissato l'origine degli archi, l'origine degli angoli e così via. Allora la derivata s𝛕 punto; nel modo di trascinamento, la x₁ è una costante, perché P è stato vincolato rigidamente al sistema di riferimento mobile, quindi x non varia nel tempo, l'unica cosa che varia è ϑ. Le costanti non vengono derivate, inoltre il versore t𝛕, che è sempre tangente alla circonferenza nel punto P, nel moto di rotazione di quest’asse, t𝛕 è sempre uguale a j₁. E quindi abbiamo ricavato tutto quello che ci serviva, perché v𝛕(P) vale x₁ ϑ punto j₁ ed è esattamente uguale a quello che avevamo calcolato prima, utilizzando la formula. In questo modo abbiamo ottenuto l’espressione per il vettore velocità v(p).

Adesso dobbiamo calcolare l'accelerazione del punto P. Con il teorema di composizione dell'accelerazione avremo che a(P) è uguale ad a₁(P) + a𝛕(P), che è l'accelerazione di trascinamento del punto P + ac(P) che è l'accelerazione di Coriolis del punto P.

Partiamo dall'accelerazione relativa del punto P, che sarà la derivata temporale, fatta dall'osservatore mobile di questo vettore, dove se io sono l'osservatore mobile e faccio la derivata di questo oggetto c'è solo x₁ punto che dipende dal tempo, perché ī₁, se io sono l'osservatore mobile non lo vedo variare nel tempo.

Calcoliamo prima l'accelerazione di Coriolis che, per definizione, vale 2 ω vettor v₁(P). ω è il vettore velocità angolare del sistema di riferimento mobile e quindi vale ϑ punto k₁. v₁(P) lo avevamo calcolato prima e quindi andiamo a scriverlo. E siccome k₁ vettor ī₁ fa j₁, si ottiene 2 x₁ punto, ϑ punto, j₁ e questa è l'accelerazione di Coriolis del punto P.

Adesso ci manca l'accelerazione di trascinamento a𝛕(P). Ancora una volta, l'accelerazione di trascinamento si può calcolare in due modi. O con la formula che dice che l'accelerazione di trascinamento del punto P è uguale all'accelerazione del punto O₁ + la derivata di ω fatta rispetto al tempo vettor P - O₁ + ω vettor P - O₁.

Il punto O₁ è un punto fisso, di conseguenza la sua accelerazione è il vettore nullo. Vediamo quanto vale la derivata di ω fatta rispetto al tempo. Se ω vale ϑ punto k, la derivata di ω fatta rispetto al tempo sarà ϑ due punti k, vettor x₁ ī₁. Dobbiamo fare k₁ vettor ī₁, che per la regola del prodotto vettoriale, vale j₁ e adesso dobbiamo fare questo doppio prodotto vettoriale.

Il prodotto vettoriale è un vettore, poi a sinistra moltiplichiamo per un vettore che è perpendicolare a questo e poi ancora a sinistra per un vettore che è sempre perpendicolare, quindi moltiplichiamo ogni prodotto vettoriale di questo vettore per un vettore che è ad esso perpendicolare, produce una rotazione di π/2 di questo vettore in verso antiorario. Il vettore P - O₁ viene ruotato di π/2 in verso orario con la prima moltiplicazione e poi ruotato di nuovo di π/2 in verso antiorario con il secondo prodotto vettoriale. Quindi questo doppio prodotto vettoriale, a meno di queste componenti scalari, diventa il vettore P - O₁, cambiato di segno.

Se invece proviamo a fare, passo passo, i prodotti vettoriali, se facciamo k₁ vettor ī₁, questo fa x₁ ϑ punto j₁, e k₁ vettor j₁ fa - ī₁, poi c'è x₁ per ϑ punto per ϑ punto e abbiamo ottenuto esattamente il risultato. Adesso dobbiamo mettere assieme i tre termini che abbiamo calcolato.

Mettiamo assieme i termini che sono lungo ī₁, poi mettiamo insieme i termini lungo j₁. Abbiamo ottenuto l’accelerazione assoluta del punto P, l’espressione che ho racchiuso dentro al riquadro.

L’accelerazione di trascinamento l'avrei potuta calcolare anche in un altro modo, ripensiamo alla curva γ di trascinamento, di fatto è l'accelerazione con cui P descrive questa curva γ𝛕, così come la v𝛕 era la velocità con cui P descriveva la curva γ𝛕. E allora deve essere l'accelerazione a𝛕, scritta in forma intrinseca.

Dobbiamo calcolare s𝛕 , n𝛕 e ρc𝛕. s𝛕 due punti è la derivata, quindi siccome siamo in un moto di trascinamento, x₁ è costante, varia soltanto questo, quindi sarà x₁ ϑ due punti. n𝛕 è il versore normale alla curva γ, quindi è questo versore verde, che è l'opposto del versore lungo l'asse x₁, cioè esattamente uguale a - il versore ī₁. Poi ρc𝛕 sarà il raggio del cerchio osculatore e, visto che il cerchio osculatore è la circonferenza stessa e quindi il suo raggio è esattamente x₁. Quindi ora abbiamo tutto.

Quello che avevamo ottenuto con la formula, l'abbiamo riottenuto anche pensando al significato fisico.

Con il teorema di composizione delle accelerazioni e delle velocità, abbiamo ottenuto l'accelerazione assoluta del punto P e la velocità assoluta del punto P che avevamo calcolato prima. Non deve destare preoccupazioni il fatto che una velocità assoluta e un'accelerazione assoluta siano scritte usando questi versori, che sono i versori del sistema di riferimento mobile. Questo è dovuto soltanto al fatto che abbiamo rappresentato il vettore velocità assoluta, che come significato fisico è una velocità rispetto all'osservatore fisso, ma per comodità l'abbiamo rappresentato nella base del sistema di riferimento mobile, che è quella più comoda in cui scrivere i vettori. È sempre possibile scrivere il vettore velocità, rappresentato nel sistema di riferimento fisso. Se io adesso guardo qual è la relazione tra ī₁, j₁ e i versori i e j.

Il versore i e il versore j sono questi versori neri. Invece prendiamo i versori del sistema di riferimento mobile i₁ e j₁. Se scriviamo la relazione che c'è tra i₁, j₁ e i versori i e j, in funzione di ϑ. ī₁, se lo proiettiamo su ī₁ e su j, ci viene il coseno di ϑ lungo ī + il seno di ϑ lungo j.

Se invece proiettiamo il versore j₁ su ī e su j, sci viene che j₁ vale - seno di ϑ ī + coseno di ϑ j. Andando a sostituire, se al posto di ī₁ e j₁ in questa formula v(P), queste due espressioni, otteniamo esattamente l'espressione del vettore velocità assoluta del punto P, scritta in funzione dei versori ī e j. La stessa cosa la possiamo fare per il vettore accelerazione. Se non avessimo avuto nella consegna l'obbligo, la richiesta di calcolare velocità e accelerazione di P rispetto all'osservatore fisso, facendo uso dei teoremi della cinematica relativa, all'inizio dell'esercizio, avremmo potuto dire che la coordinata x del punto P vale x₁ per il coseno di ϑ e y vale x₁ per il seno di ϑ, dove ϑ è una funzione del tempo.

Possiamo dire che x è uguale a x₁ per il coseno di ϑ, y è uguale a x₁ per il seno di ϑ, di conseguenza, siccome queste sono delle x₁(t) per il coseno di ϑ(t) e la y(t) una x₁(t) per il seno di ϑ(t), posso scrivere il vettore velocità assoluta del punto P come x punto versore ī + y punto versore j, dove la x punto è la derivata temporale di questo oggetto, che è data da x₁ punto, perché la x₁ dipende dal tempo, per il coseno di ϑ non derivato, e poi lascio x₁ non derivato e derivo il coseno di ϑ(t), e derivando il coseno, ci viene - seno di ϑ e siccome ϑ dipende dal tempo, ci viene un ϑ punto. Analogamente, la y punto. Se adesso andiamo a mettere queste componenti, questa x punto qui dentro, questa y punto qui, e scriviamo l'espressione di v(P), otteniamo la stessa espressione che abbiamo ottenuto con il teorema di composizione delle velocità, dopo aver sostituito ī₁ con questo vettore e j₁ con quest’altro.

L'esercizio lo potevamo considerare terminato, visto che la consegna era quella di usare a teorema di composizione delle velocità e delle accelerazioni, considerare terminato a questo punto.

Esercizio 3.7

C'è un punto materiale P che percorre il bordo di un disco di raggio R con legge nota, che è una legge assegnata che è ϑ uguale a ϑ(t). A sua volta, il disco ruota con una legge nota, α = α(t), attorno all'asse ortogonale, passante per il centro O del disco. Quindi anche questa è una legge nota con cui il disco ruota attorno all’asse O₁z. Voglio determinare velocità e accelerazione assoluta del punto P.

Prendiamo un sistema di riferimento Oxyz, con O che coincide con il centro del disco, sistema di riferimento fisso. Poi prendiamo un altro sistema di riferimento, O₁x₁y₁z₁ che consideriamo solidale al disco con O₁ coincidente con O. Inoltre l'asse Oz lo prendiamo coincidente con l'asse O₁, z₁. La legge nota con cui il disco ruota attorno all'asse O₁, z₁ è data da α = α(t), perché l'asse x₁ e y₁ sono solidali al disco e quindi questa è la legge con cui il disco ruota attorno all'asse Oz, quindi α sarà l'angolo che l'asse x₁ forma con l'asse x. Invece la legge nota ϑ = ϑ(t) con cui il punto P descrive il disco, è la ϑ(t), perché questa legge nota è relativa al disco. Queste sono le informazioni che ci sono date dal problema, quindi è come al solito conosciamo, il moto di P rispetto al sistema di riferimento mobile O₁x₁y₁z₁, mobile solidale al disco e poi c'è questo sistema di riferimento mobile che si muove con una legge nota α = α(t).E invece la ϑ = ϑ(t) è quella con cui P si muove rispetto all'asse x₁.

Dobbiamo calcolare la velocità assoluta di P. Usiamo il teorema di composizione delle velocità e poi per l'accelerazione useremo il teorema di composizione delle accelerazioni. La velocità assoluta di P è uguale alla velocità relativa del punto P + la velocità di trascinamento di P.

Partiamo dalla velocità relativa del punto P. Il punto P descrive una circonferenza, allora la cosa più semplice è quella di fissare una sistema di ascisse curvilinee, una terna intrinseca versore tangente, versore normale, che è questo verde e poi ci sarà il versore della binormale, lo indichiamo come sempre in viola, che coincide con il versore k, nonché col versore k₁ che è il versore ortogonale al piano dello schermo e diretto verso di noi.

Conviene scrivere la velocità relativa del punto P in forma intrinseca, s₁ punto, versore tangente. Ci metto 1 nella scissa curvilinea, perché questa è la scissa curvilinea del punto P, misurata sul bordo del disco, quindi rispetto al sistema di riferimento x₁y₁z₁. A meno di costanti additive, vale R ϑ. Quindi la s₁ punto sarà R ϑ punto.

R ϑ punto t è la velocità relativa del punto P.

Adesso veniamo alla velocità di trascinamento v𝛕(P). La possiamo scrivere sempre con la formula dO₁ in dt + ω, e in questo caso ci mettiamo l'ω di trascinamento, ω𝛕, vettor P - O₁. ω𝛕  è la velocità angolare del sistema di riferimento mobile. Siccome O₁ è un punto fisso, è sull’asse di rotazione, questo è il vettore nullo.

ω𝛕 è la velocità angolare del sistema di riferimento mobile e quindi sarà α punto, versore k₁, vettor P - O₁, che sarà -R per il versore n. Perché n è il versore che punta verso O₁, quindi P - O₁ sarà - R per n.

Facendo i calcoli, siccome k₁, vettor n fa -t, con il meno davanti diventa +t, quindi R α punto, versore tangenti ed è la velocità di trascinamento del punto P.

Se volessimo calcolare la velocità di trascinamento usando il significato fisico e non la formula, dovremmo scrivere v𝛕(P), che è uguale ad s𝛕 punto, versore tangente. Il versore tangente è sempre lo stesso, perché la curva γ𝛕 e la curva a bordo del disco, in questo caso, coincidono. Pensiamo il punto fissato sul bordo del disco, quindi questo pezzo ϑ non varia più, mentre il disco ruota varia soltanto α, e quindi sarebbe un R α + delle costanti. Di conseguenza l’s𝛕 punto è R α punto e quindi abbiamo di nuovo l’espressione che abbiamo calcolato prima.

Quello che possiamo concludere è che la velocità assoluta del punto P, è la somma di questo termine e questo. E quindi, siccome il versore è comune, questo diventa R ϑ punto + α punto, versore tangente.

Adesso veniamo al calcolo dell’accelerazione assoluta del punto P. Questa vale a₁, l’accelerazione relativa del punto P, + l'accelerazione di trascinamento del punto P, + l'accelerazione di Coriolis del punto P.

L'accelerazione relativa del punto P sarà s₁ due punti, versore tangente + s₁² punto su ρc, versore normale. Il raggio del cerchio osculatore è il raggio del disco stesso, perché il cerchio osculatore coincide con il bordo del disco e il versore n ce l’abbiamo. Questa è l'accelerazione relativa del punto P.

Adesso calcoliamo l'accelerazione di Coriolis. L'accelerazione di Coriolis di P vale 2ω, che coincide con ω𝛕,  che è la velocità angolare del sistema di riferimento mobile.

Siccome k₁, vettor t, fa il versore n, abbiamo 2R ϑ punto e α punto versore normale. Abbiamo calcolato l'accelerazione di Coriolis.

Adesso calcoliamo l'accelerazione di trascinamento. Usiamo la formula. O₁ sta sull’asse d’istantanea rotazione, quindi O₁ è fermo e la sua velocità e la sua accelerazione sono zero.

Adesso dobbiamo calcolare la derivata di ω fatta rispetto al tempo, siccome ω vale α punto, versore k, che coincide con questo ω𝛕. P - O₁ è sempre - R per il versore n. Se k è ortogonale, k vettor n fa - t.

Il doppio prodotto vettoriale fa una rotazione di π/2 in verso antiorario ad ognuno di questi prodotti vettoriali e quindi quello che si ottiene è + R α² punto versore normale e così abbiamo calcolato l'accelerazione di trascinamento.

Se vogliamo calcolarla con il significato fisico la calcolate, viene esattamente la stessa cosa. Adesso possiamo andare a vedere quanto vale finalmente l'accelerazione assoluta del punto P, perché sarà la somma di questi contributi. Adesso prendiamo tutte le componenti lungo il versore tangente. Quindi tutte le componenti lungo il versore tangente mi danno R, che raccogliamo. Adesso andiamo a prendere tutte le componenti lungo il versore normale.

Questo possiamo vederlo come se fosse una giostra, quella con i cavallini, in cui c'è uno spettatore che è esterno. La giostra ruota attorno al suo asse fisso, c'è un bambino che corre sul bordo della giostra e lo spettatore esterno rappresenta il sistema di riferimento fisso. Quindi abbiamo calcolato la velocità con cui il bambino percorre il bordo della giostra, rispetto all'osservatore fisso, la mamma che sta fuori che osserva quello che succede. In particolare, se la velocità angolare con cui la giostra ruota, quindi questo α  punto, è uguale e opposta alla velocità angolare scalare con cui il bambino percorre il bordo della giostra, lo spettatore esterno vede il bambino come se fosse fermo, perché la velocità di P, se α punto è uguale a - ϑ punto, allora la velocità assoluta è uguale a zero e inoltre, anche l’accelerazione è 0.

Nonostante ci sia in effetti moto relativo tra il disco e il punto P, quindi tra la giostra e il bambino, la velocità assoluta e l'accelerazione assoluta sarebbero nulle in questa ipotesi, altrimenti le espressioni sono quelle calcolate nel corso dell’esercizio.

Se invece volessimo risolvere questo problema, senza usare il teorema di composizione delle velocità e delle accelerazioni, basta vedere che la coordinata x del punto P e la y del punto P; la x vale R per il coseno di ϑ + α e la y vale R per il seno di ϑ + α. Quindi possiamo ritrovare esattamente le espressioni ricavate prima, anche se bisogna prima trovare la relazione che c'è tra il versore tangente, come funzione dei versori i e j, e del versore normale come funzione dei versori i e j, e dopodiché otteniamo esattamente le espressioni che abbiamo visto prima.

Esercizio 4.1

Supponiamo di avere un sistema di forze Ps, Fs, con s = 1, 2, 3, cioè abbiamo un sistema di tre forze. Supponiamo di avere un sistema di riferimento Oxyz di versori fondamentali Ii, j e k e rispetto a questo sistema di riferimento, supponiamo che il punto P₁ abbia coordinate (3, 2, 1) e il vettore F₁ della prima forza sia il vettore 2 ī - 2j + 6k poi il punto P₂ supponiamo che abbia coordinate (5, 0, 7) e il vettore della forza F₂ vale meno - 3 ī - 4j - k. Infine, il punto P₃, punto d'applicazione della terza forza, ha coordinate (2, 4, -6) e come vettore F₃ sarà ī + 6j - 5k. Questo è il sistema delle tre forze che consideriamo e vogliamo classificare questo sistema di forze.

La prima cosa che facciamo è calcolare il vettore risultante. Il vettore risultante è un vettore libero, dobbiamo fare la somma dei vettori delle forze, quindi s che va da 1 a 3, sommatoria degli Fs, quindi in particolare faremo F₁ + F₂ + F₃, sommiamoli per componenti omologhe e quindi lungo la prima componenti abbiamo 2 - 3 + 1, questa lungo la componente ī, che è 2 ī - 3 ī + ī e poi andiamo lungo la componente j, abbiamo -2 - 4 + 6 e infine, lungo la componente k, avremo +6 - 1 - 5.

La prima componente è nulla, come tutte le altre, quindi troviamo che il vettore risultante è il vettore nullo. Quali sono i sistemi di forze che hanno vettore risultante 0? Sono il sistema nullo e la coppia. Quindi, per capire se questo sistema di forze è equivalente al sistema nullo o ad una coppia, dobbiamo calcolare il momento risultante. Quindi dobbiamo calcolarci Ω(O), che sarà la sommatoria per s che va da 1 a 3, di Fs vettore O - Ps. O è l'origine del sistema di riferimento e quindi è il punto di coordinate (0, 0, 0). Usiamo i determinanti simbolici, quindi mettiamo ī, j, k per il primo prodotto vettoriale, cioè quando facciamo F₁, vettor O - P₁, mettiamo ī, j e k. Poi ci mettiamo le componenti del primo vettore, quindi 2 - 2 e 6. Nella terza riga mettiamo le componenti di O - P₁ e quindi metteremo - 3, - 2 e - 1. E questo è il primo prodotto vettoriale.

Nel secondo prodotto vettoriale, ci sarà F₂ vettore O - P₂, quindi -3, -4, -1, che sono le componenti lungo ī, lungo j, lungo k di F₂, vettor O - P₂, quindi -5, 0, -7. Infine l'ultimo prodotto vettoriale, ī, j, k, come componenti di F₃ ci sono 1, 6 e - 5, e O - P₃ sarà - 2, - 4 e + 6. Facciamo i calcoli.

Lungo ī abbiamo - 2 per - 1 che fa +2, +12, quindi fa + 14 ī. Adesso dobbiamo vedere lungo j questo primo prodotto vettoriale, è il posto 1, 2, quindi cambia segno, per cui sarà -18 + 2, che fa - 16, quindi - 16j. Infine lungo k, questo sarà il minore, quindi 2 per - 2 che fa - 4, - 6 che fa - 10. Quindi questo è un - 10k. E così abbiamo terminato il primo prodotto vettoriale.

Adesso passiamo al secondo. Lungo ī abbiamo - per - più, quindi 28 ī, quindi + 28 ī. lungo j abbiamo + 5 - 21, che fa - 16 lungo j, e infine lungo k questo fa 0 e diventa - 20k.

Adesso resta l'ultimo prodotto vettoriale, che lungo ī ci fornisce + 16 ī, lungo j ci viene + 4j e lungo k ci viene + 8k. Adesso dobbiamo sommare assieme le componenti omologhe, quindi partiamo dagli elementi lungo ī, + 14 + 28 + 16, fa 58 ī e poi prendiamo gli elementi lungo j, che sono - 16j - 16 j + 4 j e questo fa - 28 j. Infine abbiamo le componenti lungo k, che sono - 10k, - 20 k e + 8 k e questo da - 22 k.

Il momento risultante del sistema di forze è diverso dal vettore nullo, quindi cosa possiamo concludere? Il vettore risultante nullo, il momento risultante è diverso dal vettore nullo è allora questo ci permette di concludere che il sistema di forze è equivalente ad una coppia. Una qualunque coppia di momento Ω(O) = 58 ī - 28j - 22k e le coppie che hanno questo momento sono infinite.

Esercizio 4.2

Dato un sistema di forze piane, quindi tutte le forze stanno in un piano, e supponiamo che il piano in cui si trovano le forze sia il piano Oxy di un sistema di riferimento Oxyz.

Se un sistema di forze è piano, questo sistema di forze ha sempre l'invariante nullo. Se un sistema di forze ha tutte le forze che stanno in un piano, sicuramente il vettore risultante sta in quel piano. E quando calcoliamo il momento risultante, per definizione di momento risultante, sono questi prodotti vettoriali, otteniamo che il momento risultante ha una direzione perpendicolare al piano e quindi vettore risultante nel piano delle forze, momento risultante ortogonale al piano, l'invariante è sicuramente 0.

Senza neanche sapere qual è il sistema di forze piane con cui dobbiamo lavorare, ma soltanto per il fatto che abbiamo l'informazione che tutte le forze stanno in un piano, siamo sicuri che il sistema di forze non potrà essere equivalente ad una forza + una coppia, quindi potrebbe essere o equivalente al sistema nullo, o equivalente ad una sola forza, o equivalente ad una coppia.

Prendiamo in considerazione qual è il sistema di forze Ps, Fs, supponiamo che siano tre le forze, e vediamo di andare a fare i calcoli.

Il punto P₁ nel sistema di riferimento in esame ha coordinate 5, -2, evitiamo di mettere la z, perché sta nel piano. Il vettore della forza F₁ è ī + j. Il punto P ha coordinate 3, 0, e il vettore F₂ della forza è 3 ī - 4j. Infine il punto P₃ ha coordinate nel piano 1, -3 e il vettore F₃ della forza è ha coordinate -2 ī + 6j.

Questo è il sistema delle tre forze; calcoliamo il vettore risultante. Siccome già sappiamo che l'invariante è 0, se troviamo che il vettore risultante è non nullo, allora possiamo già concludere, perché la condizione necessaria e sufficiente affinché un sistema di forze sia equivalente ad una sola forza, è che l'invariante sia  zero e che il vettore risultante sia diverso dal zero. In quel caso, senza far ulteriori calcoli, diciamo che il sistema di forze è equivalente a una forza. Se invece trovassimo che il vettore risultante è 0, allora dobbiamo calcolare anche il momento risultante e poi se il momento risultante è nullo, allora il sistema di forze ha R = 0, Ω = 0, quindi è equivalente al sistema nullo. Se invece troviamo che il vettore momento risultante fosse diverso da 0, allora sarà equivalente ad una coppia.

Facciamo i calcoli. La componente lungo ī sarà 1 + 3 - 2 e la componente lungo j sarà + 1 - 4 + 6. 1 + 3 - 2 fa 2 ī, 1 - 4 + 6 fa + 3j, il vettore risultante è diverso dal vettore nullo, possiamo concludere che attraverso questa informazione, che l'invariante è 0, e il vettore risultante è diverso da 0, concludiamo che il sistema di forze è equivalente ad una sola forza. Dobbiamo dire come è fatta la forza. Quell'unica forza a cui il sistema di forza è equivalente sarà data dal punto A di applicazione e il vettore della forza sarà proprio R, cioè 2 ī + 3j. Ma chi è A? A è un punto qualunque dell'asse centrale. Come è definito l'asse centrale, nel caso in cui il sistema di forze sia equivalente ad una forza? E’ il luogo geometrico dei punti A dello spazio, tali che il momento del sistema di forze, calcolato con polo in A sia nullo. Quindi questo rappresenta la definizione dell'asse centrale. Andiamo a calcolare l'asse centrale. Dobbiamo imporre che Ω(A), sommatoria per s che va da 1 a 3 di Fs, vettor A, dove A è questo punto, - Ps, questo sia uguale al vettore nullo.

Calcoliamo Ω(A) e poi imponiamo questa uguaglianza a 0. Facciamo i prodotti vettoriali ī, j, k, poi ci va F₁, che ha componenti 1, 1, 0, vettor A, -P₁. A ha coordinate x, y, z, P₁ ha coordinate 5, - 2 e 0. Diventa x - 5 lungo ī, poi y + 2 e z - 0. Facciamo il secondo prodotto vettoriale, ī, j e k. Le componenti di F₂ sono 3 -4 e 0 e poi avremo A - P₂, quindi avremo x - 3, y - 0 e z - 0. Infine l'ultimo prodotto vettoriale è F₃ vettor A - P₃ avrà - 2, 6, 0 nella seconda riga, che sono le componenti del vettore F₃ e A - P₃ sarà x - 1, y + 3 e z - 0, cioè z.

Prima metto tutte le componenti lungo ī e poi tutte quelle lungo j e poi infine tutte quelle lungo k. Prima componente lungo ī, ci sarà 1 per z, - 0, quindi z, - 4z e infine + 6z come ultimo contributo lungo il versore ī.

Lungo j abbiamo 0 per questo che fa 0, - z. Quindi - z, poi abbiamo 0 per x - 3 che fa 0, - 3z e infine c'è il + 2z, che viene da questo 0 per x - 1 + 2z e questa è la componente lungo j, infine abbiamo la componente lungo k questa è un po' più laboriosa, abbiamo y + 2 - x + 5, poi abbiamo 3y + 4, che moltiplica x - 3, infine l'ultima ci viene - 2y, - 6 - 6x + 6, questa lungo k.

Facciamo le somme, lungo ī abbiamo z - 4z + 6z, che ci viene 3z, lungo j ci viene - 2z. E infine, lungo k abbiamo - 3x, perché abbiamo messo assieme questa, questa e questa, poi lungo y c'è questo termine, questo termine, questo termine, e infine lungo i termini noti, abbiamo questo, questo questo e questi due che si elidono. Quindi avremo - 3x + 2y - 5, questo lungo k. Questo momento dev'essere il vettore nullo.

Affinché questo sia il vettore nullo, deve vedere nulle le sue componenti, quindi z = 0 che permette di annullare sia la componente lungo ī, sia la componente lungo j e infine questa componente che deve essere nulla, - 3x + 2y - 5 = 0. Quindi questa è l’equazione dell'asse centrale.

L'asse centrale è una retta che appartiene al piano in cui stanno tutte le forze, e il generico punto A, avrà coordinate per esempio, decidiamo che la prima è una x, allora la y la andiamo a ricavare da qui, e quindi la y viene fuori che vale 3/2 x + 5/2 e infine la z vale 0.

Quindi se prendiamo questi punti A, aventi queste coordinate, il sistema di forze è equivalente ad una sola forza, dove i punti d'applicazione hanno queste coordinate, cioè stanno sull'asse centrale, e il vettore R della forza è 2 ī + 3j.

Se abbiamo un corpo rigido, su cui agiscono questo sistema di tre forze, se a questo sistema di forze, sostituiamo quest'unica forza, gli effetti meccanici sono i medesimi. Questo non è vero, che gli effetti meccanici siano gli stessi se il corpo non è rigido.

Altro metodo

Per arrivare al risultato, avremmo potuto usare anche un altro metodo, che è quello di calcolare, come abbiamo fatto, il vettore risultante, poi calcolare il momento risultante con polo in O, senza fare il discorso che abbiamo fatto all’inizio, del fatto che l'invariante è nullo perché il sistema di forza è piano, quindi il metodo che abbiamo visto nell'esercizio precedente, poi calcoliamo l'invariante e a quel punto, una volta che abbiamo l'invariante nullo e il vettore risultante è diverso da 0, questo non diventa uguale a 0 e quindi dobbiamo trovare quei punti A di coordinate x, y, z tali che Ω(A) sia uguale a 0, ma siccome abbiamo già calcolatoΩ(O), basterà scrivere che Ω(A) = Ω(O) + R vettor A - O e imporre che questo sia uguale a zero.

Facciamo i calcoli e si arriva allo stesso risultato.

Esercizio 4.3

Supponiamo di avere un sistema di tre forze, che è un numero tale da permettere di non fare troppi calcoli e avere un sistema sufficientemente generale da poterlo classificare.

Supponiamo che, rispetto a un sistema di riferimento Oxyz di versori fondamentali ī, j e k, il punto P₁ abbia coordinate 1, 0, 0 e il vettore F₁ sia il vettore 3 ī + j - 2k.

l punto P₂ supponiamo che abbia coordinate 1, 1, 1. Il vettore F₂ invece è - ī + 2k. Infine, il punto P₃ ha coordinate 1, 2, - 3 e il vettore F₃ è il vettore ī + j -k.

Vogliamo classificare il sistema di forze così fatto.

In questo caso il sistema è generico, ci chiediamo a quale dei sistemi elementari di forze questo sistema di forze sia equivalente. Ci calcoliamo il vettore risultante, sommiamo 3 ī - ī + ī, quindi 3 - 1 + 1 lungo ī,  lungo j vedete + 1+1 lungo j e infine, lungo k abbiamo - 2 +2 - 1.

-1 + 1 se ne vanno, rimane un 3 ī + 2 j, questi - 2 + 2 se ne vanno, - k e abbiamo trovato un vettore risultante diverso dal vettore nullo.

Quindi, vettore risultante diverso dal vettore nullo, o il sistema di forze è equivalente ad una sola forza o è equivalente ad una forza + una coppia. Dobbiamo andare a calcolare, per vedere se siamo in questo caso o in questo caso, dobbiamo calcolarci il momento Ω(O), dove O è l'origine del sistema di riferimento, quindi il punto di coordinate 0, 0, 0.

Calcoliamo Ω(O) e facciamo i prodotti vettoriali, abbiamo ī, j e k, poi mettiamo il vettore F₁ con le sue componenti che sono 3, 1 e - 2, poi mettiamo O - P₁, che sarà -1, 0, 0.

Adesso dobbiamo fare F₂ vettor O - P₂, quindi avremo il vettore F₂, quindi - 1, 0 e 2 e poi O - P₂ che è - 1, - 1, - 1. L'ultimo prodotto vettoriale è 1, 1, - 1, che sono le componenti del vettore F₃ e infine O - P₃, - 1, -2 e 3.

Prima mettiamo tutte le componenti lungo ī, poi quelle lungo j, poi quelle lungo k. Componente lungo ī, il primo contributo, siccome questi sono zero, non c'è, è zero. Secondo contributo, 0 per - 1 che fa 0 e poi - per  fa +, quindi 2 ī. Contributo lungo ī di quest'ultimo prodotto vettoriale è 3 - 2, che fa 1, quindi 2 + 1, questa è la componente lungo ī. Adesso siamo alla componente lungo j, abbiamo - 2 per - 1, che fa + 2, poi abbiamo 2 per - 1 che fa - 2 - 1, che fa - 3. Infine la componente lungo j di questa parte è 1 - 3, che fa - 2.

Adesso andiamo alla componente lungo k, che ci viene 1 + 1 -1. 3 ī, poi questo e questo se ne vanno, - 3j, questo e questo se ne vanno, + k. Troviamo un momento risultante che è diverso da zero, e allora ancora non possiamo concludere, non sappiamo se ci troviamo qui o qui. Perché la condizione necessaria e sufficiente affinché il sistema di forze sia equivalente ad una forza è che R sia diverso da zero e l'invariante sia nullo, in questo caso non possiamo saperlo, perché abbiamo trovato un Ω(O) diverso da zero, e invece condizione necessaria e sufficiente affinché il sistema di forze sia equivalente ad una forza + una coppia, è che l'invariante sia diverso da zero. Quindi dobbiamo calcolare l’invariante.

L'invariante sarà R scalare Ω(O), cioè  3 ī + 2j - k, scalare 3 ī - 3j + k. ī scalare ī fa 1, j scalare j fa 1, k scalare k fa 1 fa 1, mentre tutti gli altri prodotti, ī scalare j, j scalare k, ī scalare k sono tutti 0, quindi quello che otteniamo è 3 per 3 che fa 9, - 2 per 3 che fa - 6 e - 1 per + 1 che fa - 1, quindi 2 diverso da 0 è

Il fatto che l'invariante sia diverso da zero ci permette di concludere che il sistema di forze è equivalente ad una forza + una coppia, perché abbiamo trovato l'invariante diverso da zero. Se avessimo trovato invariante nullo e vettore risultante diverso da zero, allora avremmo concluso che il sistema di forza è equivalente ad una sola forza. Ma abbiamo trovato invariante diverso da zero, perché vale 2, quindi il sistema di forze è equivalente ad una forza + una coppia. Quale forza? La forza di punto d'applicazione A, e vettore R cioè 3 ī  + 2j - k, cioè vettore risultante. La coppia quale? Una qualunque coppia che deve avere momento, il momento deve essere quello parallelo al vettore risultante, quindi non può essere questo, che non è parallelo a questo. E allora per trovare il momento, siccome questi punti A di applicazione della forza stanno sull'asse centrale, cioè sono A di coordinate x, y, z, tali che Ω(A) sia parallelo al vettore risultante, cioè quindi questo è l'asse centrale, allora la coppia deve essere una qualunque coppia che ha momento Ω(A), che è per forza parallelo ad R.

Si tratta quindi, per finire l'esercizio, di capire come sono fatti i punti A, di trovare l'equazione dell'asse centrale e quindi di determinare il momento Ω(A). Ω(A) sarà Ω(O), che l'abbiamo già calcolato, + R vettor A - O. Ω(O) è 3 ī - 3j + k, +, mettiamoci il prodotto vettoriale, ī j k, poi qui ci dobbiamo mettere le componenti del vettore R che sono 3, 2, -1 e infine A meno O, A è il punto di coordinati x, y, z, O è l'origine, quindi x, y, z.

Facciamo i calcoli per questo Ω(A). La prima componente lungo ī è 3, e la componente lungo ī che viene da qua è 2z + y, poi c'è la componente lungo j che è - 3 e lungo j abbiamo quindi - x - 3z, infine lungo k c'è + 1 + 3y - 2x. Questo vettore deve essere parallelo al vettore R. Affinché due vettori siano paralleli, devono avere le componenti omologhe che stanno in rapporto costante. Quindi diciamo che 3 + 2z + y, che è la componente lungo ī del vettore Ω(A), divisa per 3, deve essere uguale alla componente lungo j - 3 - x - 3z, questa componente, fratto 2. E analogamente, 3 + 2z + y, diviso 3 deve essere anche uguale al rapporto tra questa componente e questa, quindi 1 + 3y - 2x, diviso per - 1.

Si fanno i calcoli e quello che si ottiene è 3x + 2y + 13z + 15 = 0, 3x - 5y - z - 3 = 0 e questa è l'equazione dell'asse centrale. Cioè se prendiamo i punti su questa retta, per esempio su questo asse centrale, allora i punti A, per esempio la x del punto A vale 0, e calcoliamo da qua la y e la z, mettendo x = 0, troviamo i punti A, che sono i punti d'applicazione di questa forza. Dopodiché il vettore Ω(A), andando a sostituire il valore di un punto, x = 0 e la y e la z che troviamo, otteniamo quanto vale Ω(A).

Se invece lo vogliamo con la formuletta Ω(A), è dato dall’invariante, diviso R² per il vettore R. L'invariante vale 2. il modulo del vettore R al quadrato vale 3 per 3, 9, + 2 per 2, 4, 9 + 4, che fa 13, + 1, 14, quindi qui abbiamo diviso 14, per il vettore R, che è 3 ī + 2j, - k. E quindi semplificando, ci viene un 7 e qui un 1, 1/7 per 3 ī + 2j - k e questo è il momento Ω(A), quel momento che rappresenta il momento della coppia, cioè la coppia è quella che ha momento 3/7 ī + 2/7 j - 1/7 k, quindi una forza più una coppia. Questa è la forza e la coppia è quella che ha questo momento.

E così abbiamo terminato l'esercizio.

Esercizio 4.4

Data la forza piana di punto d’applicazione P e vettore F della forza y ī + 2x j, dove x e y sono le coordinate del punto P nel piano dove, come piano, prendiamo il piano coincidente al piano Oxy di un sistema di riferimento Oxyz.

Ci viene richiesto di calcolare il lavoro finito compiuto da questa forza, P, F quando il punto P si sposta dall'origine O del sistema di riferimento, di coordinate 0, 0, al punto A, che ha coordinate 1, 2, percorrendo le seguenti curve:

  1. La retta che congiunge O con A

  2. La parabola di equazione y = 2x²

  3. La spezzata costituita dai tratti rettilinei OB BA con B ≡ (1, 0)

  4. La spezzata costituita dai tratti rettilinei OC CA con C ≡ (0, 2)

Ci viene richiesto di calcolare il lavoro compiuto da questa forza P, F, forza piana, quando il punto P si sposta da O fino al punto A. La prima cosa da fare è rappresentare questo piano, quindi qui abbiamo il piano Oxy. Il punto O ha coordinate 0, 0. Il punto A ha coordinate 1, 2.

Dobbiamo considerare la retta che congiunge il punto O al punto A. Poi avremo la parabola che congiunge sempre il punto O al punto A. E infine avremo le due spezzate, quella che va da O a B e poi da B ad A. Il punto B ha coordinate 1, 0 e poi ci sarebbe anche l'altra spezzata, che è quella che va da O a C e poi da C a A, dove C sarebbe il punto di coordinate 0, 2.

Per calcolare questo lavoro, per andare da O a A, siccome tutte le curve, quella nera, quella rossa, azzurra e quella verde, hanno lo stesso punto di partenza e lo stesso punto d'arrivo, se la forza fosse conservativa, allora ammetterebbe potenziale; il lavoro finito, compiuto dalla forza conservativa per andare da un punto iniziale ad un punto finale è la differenza di potenziale tra il potenziale nella posizione finale e il potenziale nella posizione iniziale. Se la forza fosse conservativa, per rispondere a queste 4 domande, si risponderebbe con un unico passaggio, cioè calcolando la funzione potenziale e facendo la differenza di potenziale tra il potenziale in A e il potenziale in B.

La prima cosa che osserviamo è che questa forza è posizionale, in quanto il vettore della forza dipende solo dalla posizione del punto P, quindi in quanto forza posizionale, se non è conservativa, questi 4 lavori dovrebbero avere 4 espressioni diverse, andrebbero calcolati ciascuno sulla curva che ci viene indicata, perché in questo caso se la forza è solo posizionale, ma non conservativa, il lavoro dipende dalla traiettoria che congiunge la posizione iniziale alla posizione finale.

Come facciamo a vedere se una data forza è conservativa? La forza deve essere posizionale e questo è, la forza è posizionale perché se pensiamo al vettore F della forza, scritto con le componenti Fx ī + Fy j, abbiamo che la componente Fx del vettore della forza è vale y, la componente Fy del vettore della forza vale 2x e quindi questa forza è posizionale.

A questo punto dobbiamo verificare se esiste una funzione potenziale U, tale che il dL, cioè il lavoro reale infinitesimo compiuto da questa forza, che vale Fx dx + Fy dy, è il differenziale esatto della funzione potenziale. Quindi mi chiedo se questo lavoro reale infinitesimo possa essere scritto come il differenziale esatto di una funzione.

L'analisi matematica ci insegna che affinché questo lavoro reale infinitesimo sia esprimibile come un differenziale esatto, allora dobbiamo avere che il dominio deve essere semplicemente connesso e la semplice connessione del dominio in ℝ², come è questo caso, cioè nel piano, significa che il dominio non deve avere buchi e inoltre dobbiamo verificare l'ipotesi di chiusura della forma differenziale, cioè si tratta di verificare che la derivata parziale di Fx fatta rispetto a y sia uguale alla derivata parziale di Fy fatta rispetto a x. Se si verifica che il dominio è semplicemente connesso; assieme all’ipotesi di chiusura, c'è anche la semplice connessione del dominio, allora possiamo concludere che la forza è conservativa.

Il dominio è semplicemente connesso perché è tutto ℝ², perché la y viaggia su tutto ℝ, la x su tutto ℝ, quindi il dominio è semplicemente connesso. Adesso verifichiamo cosa succede quando faccio la derivata della Fx fatta rispetto ad y. La derivata parziale fa 1. Vediamo cosa succede quando faccio la derivata parziale della Fy fatta rispetto a x, vale 2. Le due derivate parziali in croce hanno due valori diversi, quindi la derivata parziale della Fx fatta rispetto a y è diversa dalla derivata parziale della componente Fy fatta rispetto a x, e questo mi permette di concludere che la forza P, F, pur essendo posizionale, non è conservativa.

Dobbiamo quindi calcolarci questi quattro lavori, caso a), b), c) ed d), utilizzando le curve, facendo gli integrali curvilinei.

a) La curva è una retta, questa retta nera, che congiunge il punto O con il punto A. La retta che congiunge l'origine con il punto A di coordinate 2, 1 è la retta di equazione y = 2x.

Dobbiamo calcolare il lavoro, indicato con pedice A, che significa che stiamo calcolando il lavoro lungo la curva nera. Questo è l'integrale fatto sulla curva che congiunge O con A, quindi scrivo il segmento OA, integrale curvilineo del dL. Il dL è y dx + 2x dy, quindi avremo che questo è l'integrale sul segmento OA di y in dx + 2x in dy; vediamo di parametrizzare la retta y = 2x; quando x viaggia tra 0 e 1, allora la y vale 2x. Inoltre avremo che quindi il dy, se y è uguale a 2x, vale 2dx. Questo integrale diventa l'integrale parametrizzato in x, l'integrale tra 0 e 1 di y dx, ma questa y vale 2x. Quindi ci mettiamo 2x in dx, e inoltre questo dy è 2dx, e quindi qua ci viene + 2x per 2dx.

Questo diventa l'integrale tra 0 e 1 di 6x in dx, che fa 3. Quindi il lavoro compiuto dalla forza P, F per andare dall'origine O al punto A, lungo la retta, vale 3.

b) Dobbiamo calcolare il lavoro compiuto dalla forza P, F per andare da O ad A, lungo la parabola che ha equazione y = 2x². Quindi dobbiamo fare l’integrale, calcolato sulla curva, che è una parabola, del dL. Vale ydx + 2x in dy, dove la y vale 2x² e quindi la x è sempre il parametro su cui integreremo che viaggia tra 0 e 1. Dobbiamo differenziare questa relazione e quindi avremo 4x in dx e quindi, andando a sostituire al posto di y, 2x² al posto del dy, 4x in dx, e integrando tra 0 e 1, avremo 2x² in dx + 2x per 4x in dx. Abbiamo l'integrale tra 0 e 1 di di 10x² in dx e quindi facendo questo integrale definito, si ottiene 10/3 come risposta. Quindi per andare da O ad A lungo la retta, il lavoro vale 3, per andare da O ad A lungo l'arco di parabola, questo lavoro vale 10/3, quindi che è più grande di 3.

c) Dobbiamo calcolare il lavoro compiuto dalla forza P, F per andare da O ad A, però percorrendo prima un segmento parallelo all'asse x, che congiunge O con B, B che ha coordinate 1, 0 e poi un segmento parallelo all’asse y, che congiunge B con A. Il lavoro, L con pedice C, sarà l'integrale sulla spezzata OB unito BA e dovremo integrare sempre il dL. Questo lo possiamo fare, andato a sostituire y di x + 2x dy su OB unito BA. Si tratta di fare l'integrale sul tratto OB di y dx + 2x dy + l'integrale sull'altro tratto rettilineo, sempre di y dx + 2x dy. Quello che bisogna fare è parametrizzare i due tratti. Sul tratto OB, prendiamo le due variabili x e y, la x viaggia tra 0 e 1, mentre la y vale 0. x sarà la variabile d’integrazione e viaggia tra 0 e 1. La y è identicamente nulla e quindi il dy sarà 0. Lungo il tratto BA invece, che è questo tratto parallelo all'asse y, abbiamo che la x è costantemente uguale ad 1 e quindi il dx è 0, la y invece varia tra 0 e 2 e sarà questa la nostra variabile di integrazione, il parametro su cui fare l'integrale. Otteniamo x = 1 nel tratto BA e di conseguenza il dx è 0 e la y, che sarà la nostra variabile di integrazione, che viaggia tra 0 e 2. Andiamo a sostituire nell'integrale, quindi lungo il tratto OB, y vale 0 e così anche il dy. Quindi il dy è 0, questo tratto non c'è, ma anche y è 0, e quindi neanche questo c'è. Quindi tutto l'integrale, questo integrale fatto sul tratto OB, non c'è lavoro su questo tratto, il contributo è nullo. Resta solo questo contributo; il dx è 0, quindi il primo addendo dell'integrale non c'è, ci rimane x che vale 1 e il dy che è la variabile di integrazione, quindi noi integriamo tra 0 e 2, che sono le variabili di integrazione, 2 in dy e questo fornisce come risultato 4. Il lavoro compiuto da questa forza per congiungere lo stesso punto iniziale e lo stesso punto finale dei punti precedenti, è ancora aumentato, vale 4.

d) E’ lasciato da calcolare come esercizio quello che succede, facendo l'integrale lungo la spezzata OC e CA.

Esercizio 4.5

In questo esercizio sono assegnate tre forze piane, tutte aventi lo stesso punto d'applicazione. La forza P, F₁, la forza P, F₂ e la forza P, F₃. P è un punto di coordinate x, y nel piano che chiamiamo Oxy, che è un piano di un sistema di riferimento Oxyz, in cui le forze abbiamo un supposto che stiano in questo piano x, y.

Supponiamo che il vettore della prima forza F₁ sia x ī + y j, il vettore della seconda forza sia invece y ī + x j, il vettore della terza forza sia invece x + 2xy lungo ī + x² lungo j.

Quello che ci viene chiesto è di verificare se le tre forze siano o meno conservative e in caso affermativo determinare il potenziale di ciascuna forza. Inoltre, calcolarne il lavoro, quando il punto d'applicazione P si muove dall'origine del sistema di riferimento, quindi dal punto di coordinate 0, 0, al punto A di ascissa 2 lungo la curva, che è una parabola di equazione y = x².

La prima cosa da fare è quella di vedere qual è l'ordinata del punto A. Se dobbiamo andare dall'origine O al punto A di ascissa 2 lungo la parabola y = x², l’ordinata del punto A sarà 4, perché quando x vale 2, la coordinata y deve valere 4. Questo è quello che dobbiamo calcolare.

1) Partiamo con la prima forza, la forza P, F₁, quindi F₁ è il vettore x ī + y j e andiamo a verificare se questa forza è conservativa oppure no. Scriviamo il dL₁, sarà x dx + y dy. F₁x, la componente del vettore della forza F lungo x, vale x, e F₁ y, componente del vettore della forza F₁ lungo l'asse y, vale esattamente y.

Queste tre forze sono tutte forze posizionali. Quindi la condizione necessaria per vedere se le forze possano essere conservative è verificata, perché ciascuna di queste forze ha il vettore che dipende solo dalle coordinate del punto P di applicazione, che sono x, y, quindi per questo siamo a posto.

Per vedere se P, F₁ è conservativa, devo vedere se il dL₁, che è il lavoro reale infinitesimo compiuto dalla forza, P, F₁ è il differenziale esatto di una funzione. Per fare questo devo vedere se il dominio è semplicemente connesso; la risposta è sì, perché siamo in un piano e il dominio non ha buchi, e in questo caso è tutto ℝ², perché come la x viaggia su tutto ℝ, la y su tutto ℝ.

Adesso verifichiamo l'ipotesi di chiusura, cioè andiamo a vedere se la derivata parziale di F₁x fatta rispetto a y è uguale, oppure no, alla derivata parziale di F₁y fatta rispetto a x. Cominciamo a calcolare quanto vale la derivata parziale di F₁x fatta rispetto a y. Siccome F₁x vale x, la derivata parziale di x fatta rispetto a y è 0. La derivata parziale di F₁y vale y, fatta rispetto ad x, anche questa vale 0. Abbiamo calcolato che le due derivate parziali sono uguali, quindi la forma differenziale è chiusa; la semplice connessione del dominio, unita all'ipotesi di chiusura, ci dice che la forza è conservativa. Esiste una funzione potenziale U₁ di x, y tale che il dL₁ è uguale al dU₁.

Per determinare quella funzione U₁ di x, y, tale che il dL₁ sia uguale al differenziale di U₁, ci sono due metodi. C'è un metodo più intuitivo che permette di passare attraverso le integrazioni direzionali in qualche modo. Poi c’è un metodo meno intuitivo, più di calcolo, che utilizza la definizione per calcolare la funzione potenziale.

Allora li vediamo tutte e due, iniziando dal primo metodo. Il primo metodo chiama in gioco il fatto che la funzione potenziale, U₁ di x, y è, per definizione, l'integrale tra P₀ e P del dL. Supponiamo di avere il piano ξ, η, il punto P₀ ha coordinate x₀, y₀ e io devo arrivare fino al punto P di coordinate x, y. Per fare questo calcolo, questo è un integrale curvilineo che congiunge P₀ con P, integrale curvilineo del dL, ma siccome la forza è conservativa, il lavoro finito, e quindi la funzione potenziale anche, non dipenderà dalla curva che congiunge P₀ con P, quindi dalla curva che io utilizzo per fare questo integrale. Per fare questo calcolo, mi metto nella condizione più semplice possibile e dico che come curva per fare l'integrale curvilineo, prendo la spezzata, fatta dai due tratti rettilinei che sono il tratto γ₁, he è parallelo all'asse delle ξ e il tratto γ₂ che è parallelo all'asse delle η con queste condizioni per la γ₁: la ξ viaggia tra x₀ e x. La η è costante, uguale al valore y₀, valore che è la seconda coordinata del punto P₀ di partenza, l'estremo della curva. E siccome η è costante, uguale al valore y₀, avremo che il dη è nullo.

Lungo γ₂, invece, si ha una situazione analoga, però con la ξ che è costantemente uguale al valore x, che è la prima coordinata del punto di arrivo, quindi la ξ è identicamente uguale ad x e di conseguenza il dξ, siccome la ξ non può variare, vale 0 e la η sarà la variabile di integrazione che viaggerà tra y₀ e y. Faremo l'integrale tra P₀ P del dL₁; la x diventa una ξ e la y diventa una η, in modo tale da poter fare poi quell'integrale definito. Quindi avrò ξ in dξ + η in dη e quindi questo sarà l'integrale fatto su ₁ ∪ γ₂ di ξ in dξ + η in dη. Questo è l'integrale che facciamo portare il punto P dalla posizione iniziale P₀, alla generica posizione, dove P ha le coordinate x, y e quindi avremo la funzione di x e y. Integriamo su γ₁ ξ in dξ + η in dη +, integriamo su γ₂ la stessa cosa, ξ in dξ + η in dη.

Concentriamoci sul primo integrale. Lungo γ₁ abbiamo detto che il dη vale 0, quindi lo togliamo, la variabile di integrazione è la ξ, che varia tra x ₀e x. Facciamo l'integrale tra x₀ e x di ξ in dξ. Adesso veniamo invece a questo secondo integrale, lungo γ₂. È la dξ ad essere 0, quindi questo termine non c'è. La variabile di integrazione è la η, che varia tra y₀ e y e quindi faremo l'integrale tra y₀ e y di η in dη.

A meno delle costanti che vengono dai termini; i termini in x₀, y₀ vengono considerati delle costanti, qui avremo ½ x² - ½ x₀² + ½ y² - ½ y₀². I termini puri in x₀ e y₀ vengono inglobati nelle costanti additive, a meno delle quali è sempre definito il potenziale. Quindi, ½ x² + ½ y² + un termine, U₁*, costante, questa è l'espressione della funzione potenziale. Questo era il primo metodo che ci ha permesso di ricavare quanto vale la funzione potenziale U₁, che vale ½ x² + ½ y².

Adesso invece vediamo il secondo metodo. Cerco una funzione U₁ di x, y, tale che il dL₁ deve essere uguale al differenziale esatto della funzione U₁, e allora in particolare cerco una funzione U₁ di x,y tale che quando questa viene derivata rispetto ad x, mi deve dare la prima componente F₁x del vettore della forza. Quando invece la derivo rispetto a y, devo ottenere l'altra componente F₁y. In questo esercizio, la derivata parziale di U₁, fatta rispetto a x, mi deve dare x e la derivata parziale di U₁ fatta rispetto a y mi deve dare y.

Parto dalla prima condizione, cerco una funzione U₁ di x, y che quando viene derivata parzialmente rispetto a x, mi deve dare x. In questa funzione ci sarà un termine x²/2, che quando lo derivo parzialmente rispetto ad x, mi fornisce x. Poi eventualmente ci sarà un termine che non può più dipendere da x, ma o è costante o dipende solo da y. Considero questa seconda condizione, cerco una funzione U₁ di x, y che quando è derivata rispetto a x mi dà x²/2, ma quando la deriviamo parzialmente rispetto ad y, mi deve dare y, e allora questo termine dovrà essere un termine che sarà y²/2. Poi eventualmente, se c'è un altro termine, questo può essere solo un termine costante. Senza fare troppi calcoli, ho ricavato esattamente quello che avevamo ricavato qui. In questo modo ho trovato come è fatta la funzione potenziale.

Quello che bisognava fare era calcolare il lavoro L₁ compiuto dalla forza P, F₁ per andare dal punto di coordinate 0, 0 al punto di coordinate 2, 4. Il fatto che questo punto si dovesse muovere sulla parabola di equazione y = x², nel momento in cui la forza conservativa, diventa irrilevante. Si tratta solo di fare una differenza di potenziale e quindi avremo 2, che è la funzione potenziale calcolata nel punto di coordinate; dobbiamo calcolare U₁ in 2, 4, quindi c’è 2 + 8 e questo 10 e poi dobbiamo sottrarre il valore della funzione potenziale in 0, 0. Siccome i termini costanti ci sono da tutte e due le parti e sono sempre uguali, questo rimane esattamente 10 e questo è il risultato, perché 1, 0, 0 è esattamente U₁*, il termine U₁* c’era anche in questa parte e quindi questo è il risultato.

2) Adesso vediamo la seconda forza, P, F₂. La seconda forza ha il vettore F₂ che è dato da yi ī + x j. La componente F₂x del vettore della forza è y. E invece la F₂y vale x. Allora il dL in questo caso vale y dx + x dy.

La forza che sia posizionale lo abbiamo già detto, il dominio è semplicemente connesso, perché è tutto ℝ², perché la y viaggia in ℝ, la x viaggia in ℝ. Adesso verifichiamo se la derivata parziale di F₂x fatta rispetto a y sia uguale alla derivata parziale di F₂y fatta rispetto ad x. Quanto vale la derivata parziale di F₂x, che è y, fatta rispetto a y? Questa vale 1. Quanto vale la derivata parziale di F₂y che è x, fatta rispetto a x? Vale 1 anch'essa. E quindi, anche in questo caso, abbiamo verificato l'ipotesi di chiusura e quindi questo ci permette di dire che la forza P, F₂ è conservativa. Esisterà una funzione U₂ di x, y tale che il dL₂ deve essere uguale al dU₂. Quindi io cerco una funzione U₂ tale che la derivata parziale di U₂ fatta rispetto a x valga F₂x, cioè y, e che la derivata parzialmente rispetto a y mi dia F₂y, cioè mi dia x.

Come sarà fatta questa funzione U₂ di x, y? Quando la derivo rispetto ad x, mi deve dare y. Ci sarà un termine del tipo x, y, e quando la derivo rispetto ad y, mi deve dare x. C’è già qui, perché questa funzione U₂ quando la derivo rispetto ad x, mi dà y e quando la derivo rispetto ad y, mi dà x. Non ci può essere altro. Eventualmente, se c'è qualcosa altro, sarà un termine costante, che non dipende né da x né da y. E quindi ho determinato la funzione potenziale della forza P, F₂. In questo caso, per la forza P, F₂ abbiamo usato il primo secondo. Noi potremmo anche calcolare l'integrale e quindi usare il primo metodo.

Cioè calcolare U₂ di x, y, facendo l'integrale su γ₁ ∪ γ₂, del dL₂. Dobbiamo usare le variabili mute, al posto di y ci mettiamo la η, al posto di x ci mettiamo la ξ. Avremo l'integrale su γ₁ di η in dξ + ξ in dη + l'integrale su γ₂ di η in dξ + ξ in dη.

Andiamo ad analizzare i due integrali separatamente. Lungo γ₁, che è il tratto rettilineo, parallelo all'asse delle ξ, che congiunge P₀ con questo punto, abbiamo che η vale y₀ ed è costante, quindi il dη è 0 e la ξ è la variabile di integrazione. Quindi questo termine non c'è, e la variabile di integrazione è la ξ tra x₀ e x, quindi integriamo tra x₀ e x, y₀ in dξ +, adesso andiamo su questo integrale. Il dξ, quindi questo, è 0 perché la ξ è costantemente uguale al valore x. La η sarà la variabile di integrazione che viaggia tra y₀ e y. Dobbiamo solo mettere costante la ξ uguale ad x e allora questo + lo riportiamo qui sotto, e qui avremo l'integrale tra y₀ ed y della x in dη.

Devo integrare tra x₀ e x, y₀ in dξ. y₀ è una costante, quindi esce dal segno di integrale, e poi dobbiamo integrare tra x₀ e x il dξ. Quindi ci sarà la ξ, calcolata tra x₀0 e x. Adesso veniamo al secondo integrale, x non dipende dalla variabile di integrazione, quindi esce dal segno di integrale e io rimanere soltanto η tra y₀ e y. Quando si fa il calcolo in questo modo, tutti i termini misti, cioè che hanno dentro x e x₀, oppure y e y₀, si devono elidere; i termini misti che contengono sia le x, y, sia le x₀, y₀, si devono elidere, altrimenti vuol dire che abbia sbagliato qualcosa.

I termini misti x, y₀ e x, y₀ si elidono e poi rimane questo che è un termine costante, che è quello che ci permette di dire che la funzione potenziale è definita a meno di una costante additiva. Abbiamo ritrovato quello che avevamo ricavato qui. Il lavoro L₂ per andare dall'origine al punto di coordinate 2, 4 vale U₂ in 2, 4 - U₂ in 0, 0, questo perché la forza è conservativa e questo fa 8.

3) L’ultimo caso è il caso della forza P, F₃, dove la forza di vettore F₃ ha componenti x + 2xy lungo ī + x² lungo j, quindi vuol dire che la componente F₃x è x + 2xy e la componente F₃y invece vale x². Il dL₃ è x + 2xy in dx. + x² in dy.

Il dominio è sempre semplicemente connesso, è sempre ℝ², perché la x e la y viaggiano su in tutto ℝ. Non ci sono limitazioni. Vediamo l'ipotesi di chiusura. Vediamo se la F₃x, derivata parzialmente rispetto a y, è uguale alla derivata parziale di F₃y, fatta rispetto a x. La derivata parziale di F₃x fatta rispetto a y, non dà contributo e questa dà il contributo di 2x. Facciamo la derivata di F₃y fatta rispetto a x, F₃y vale x² e quindi questa vale 2x. E anche in questo caso abbiamo trovato l'uguaglianza, quindi la forza P, F₃ è conservativa, perché la semplice connessione del dominio, assieme all'ipotesi di chiusura, questa è una condizione necessaria e sufficiente. Adesso cerchiamo se esiste la funzione potenziale U₃ di x, y, tale che il dL₃ sia il differenziale esatto di U₃.

Usiamo il secondo metodo; derivata parziale di U₃, fatta rispetto a x, deve dare F₃x e quindi deve darmi x + 2xy e quando la derivo parzialmente rispetto a y, devo ottenere F₃y, cioè devo ottenere x². Vediamo per integrazione direzionale come può essere fatta. Cerco una funzione U₃ che quando derivo parzialmente rispetto a x mi deve dare x. E quindi ci sarà di sicuro un termine x²/2 e poi mi deve dare anche 2xy, quando la derivò parzialmente rispetto a x, e quindi ci sarà un termine x² per y. Poi, se c'è qualcos'altro, questo non può dipendere da x, ma eventualmente dipenderà solo da y. E se questo termine ci sarà o meno, dipende da questa condizione che non abbiamo ancora considerato. Cioè, quando derivo parzialmente la funzione U₃ rispetto a y, devo ottenere x². La x² la ottengo già da questo termine, quindi questa U tilde di y non compare, eventualmente compare soltanto un termine costante. Quindi la funzione U₃ di x, y è x²⁻ + x²y + un termine costante U₃*.

Se vogliamo usare il primo metodo, quello del calcolo, che permette sempre di evitare di fare errori, lo impostiamo e poi lo terminiamo noi. Bisogna integrare sempre su γ₁ ∪ γ₂. Dobbiamo fare il dL₃ con le variabili mute, quindi la x è la ξ, la y è la η, quindi dobbiamo integrare  + 2ξ + 2η in dξ + ξ² in dη. Andiamo a fare tutti i calcoli e dobbiamo riottenere, usando sempre questa struttura. Io ho scelto questa spezzata perché è comoda, avrei potuto scegliere anche la spezzata in cui il primo tratto era parallelo all'asse delle η, il secondo parallelo all'asse delle ξ, il risultato era esattamente analogo. Questa è una parametrizzazione che risulta comoda. In questo modo si ottiene lo stesso risultato.

Volendo calcolare il lavoro L₃, compiuto dalla forza P, F₃ per andare dal punto di coordinate 0, 0 al punto di coordinate 2, 4 si fa la differenza di potenziale, e in questo caso si va a sostituire, viene 2 + 16 che fa 18 e questo è il risultato.

Poi c’è la parte relativa al punto 2 dell'esercizio 4.5, che dice: considerate la forza risultante, quindi punto d'applicazione P e vettore F₁ + F₂ + F₃ che vale 2x + y + 2xy lungo ī, + x + y + x² lungo j. Verificare che è conservativa, calcolare la funzione potenziale U(x, y), verificando anche che è la somma dei tre potenziali U₁, U₂, U₃, calcolati nella parte precedente dell'esercizio e infine calcolare il lavoro finito, sempre come differenza di potenziale, ammesso che verifichiamo anche la forza conservativa, come differenza di potenziale tra la posizione finale 2, 4 e la posizione iniziale 0, 0, verificando sempre che anche questo lavoro è la somma dei tre lavori precedenti L₁ + L₂ + L₃.

Esercizio 5.1

Questo esercizio riguarda il moto di un proiettile nel vuoto. Si vuole determinare il moto di un proiettile, che rappresentiamo schematicamente come un punto materiale P di massa m, soggetto alla sola forza peso e che sia in moto nel vuoto. Supponiamo inoltre che le condizioni iniziali siano che il punto P all’istante, che assumiamo come istante 0, si trovi nella posizione P₀, con una certa velocità che sia v₀.

Quando si deve studiare il moto di un punto materiale, bisogna fissare un sistema di riferimento. Prendiamo un sistema di riferimento Oxyz, in cui prendiamo l'asse Oy verticale ascendente, poi prendiamo l’asse Ox orizzontale e in particolare prendiamo il punto O coincidente con la posizione P₀ del punto, all'istante iniziale. Inoltre, il piano Oxy lo prendiamo in modo tale che il vettore velocità v₀ appartenga a questo piano verticale Oxy. Di conseguenza l'asse z risulta un asse perpendicolare allo schermo e con verso uscente, cioè diretto verso di noi.

Per studiare il moto del punto P useremo la legge di Newton, che è m per = F + φ. a è l'accelerazione del punto P, F è il vettore risultante delle forze attive, in questo caso c'è solo la forza peso, e φ il vettore delle reazioni vincolari. Siccome il punto materiale è libero, questa φ. Il punto materiale è libero, quindi φ è uguale a zero.

F è il vettore risultante delle forze attive agenti sul punto. L'unica forza attiva che agisce sul punto è la forza peso m per g e, siccome abbiamo scelto l'asse y verticale ascendente, il cui versore è il versore j, questo sarà - mg versore j. Quindi il vettore F risultante delle forze attive + -m, versore j.

Quanti gradi di libertà ha questo problema? È un punto materiale libero di muoversi nello spazio e allora 3 è il numero di gradi di libertà e i parametri lagrangiani che scegliamo saranno le coordinate cartesiane q₁ = x, q₂ = y e q₃ = z del punto materiale. Allora il vettore accelerazione a, che è l'ultima grandezza che ci manca nell'equazione di Newton, sarà x due punti versore ī + y due punti versore j, + z due punti versore k.

Possiamo andare a scrivere la legge di Newton, quindi m x due punti ī + y due punti j +  z due punti k = - mgj. Questa è l'equazione vettoriale di Newton che possiamo proiettare lungo le tre direzioni scalari che sono ī, j e k e questo ci permette di ottenere mx due punti = 0, proiettando lungo il verro ī, quando moltiplichiamo scalarmente per j, ī scalare j fa 0, k scalare j fa 0, mentre j scalare j fa 1, quindi si ottiene m y due punti = - mg. E la terza equazione è quella proiettata lungo l'asse z, quindi lungo k, m z due punti = 0. Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni in tre incognite, in particolare andando a semplificare avremo la prima equazione x due punti = 0, la seconda equazione y due punti = - g, la terza equazione z due punti = 0. In questo sistema di tre equazioni in tre incognite, questa è la prima e la terza equazione, sono le più semplici in assoluto, equazioni differenziali del secondo ordine lineari a coefficienti costanti e omogenee, perché è derivata seconda, fatta rispetto al tempo, della funzione uguale a zero.

Queste si integrano per integrazione diretta, quindi si fa un passaggio di integrazione che porta a x punto, uguale ad una costante C₁ e z punto, uguale ad una costante, C₅. La seconda equazione, invece, è un'equazione differenziale del secondo ordine, lineare a coefficienti costanti e completa. Anche questa è la più semplice equazione differenziale del secondo ordine lineare a coefficienti costanti completa che si possa incontrare. Il termine che rende completa l’equazione è un termine costante. Anche questa, per integrazione diretta, mi fornisce - g per t + C₃. Con un altro passaggio di integrazione, avrò che la x(t) + C₁t + C₂, la y(t) per integrazione diretta viene -½ g t² + C₃ + C₄ e la z(t) per integrazione diretta è C₅ per t + C₆. Questo è l'integrale generale del sistema delle tre equazioni differenziali nelle tre incognite x(t), y(t) e z(t) e questo è l'integrale generale che dipende dalle sei costanti arbitrarie, C₁, C₂, C₃, C₄, C₅ e C₆, costanti arbitrarie che determineremo attraverso le condizioni iniziali. Queste condizioni iniziali che qui sono espresse in termini vettoriali, si esprimono in termini scalari in questo modo.

Dire che all'istante t = 0, il punto P si trova in P₀, dove P₀ l'abbiamo scelto come origine del sistema di riferimento, questo significa che la x all'istante 0 vale 0, che la y all'istante 0 vale 0 e che la z all'istante 0 è 0. Poi l'informazione sulle velocità è che il vettore velocità all'istante iniziale è questo vettore, che possiamo rappresentare con le sue componenti e se diciamo che questa è la componente v₀x lungo ī, questa v₀y lungo j, perché la componente lungo k non c’è, perché abbiamo scelto il piano Oxy, in modo tale che il vettore P₀, v₀ e il vettore forza peso stessero in questo piano, quindi avremo che la x punto all'istante 0 sarà v₀x, la y punto all'istante 0 sarà v₀y, mentre la z punto sarà 0. Queste è la rappresentazione scalare delle condizioni iniziali. Queste ci serviranno, queste condizioni iniziali, per determinare le 6 costanti che sono nell'integrale generale. Andiamo ad imporle, x all'istante t = 0, deve valere 0, quindi rimane C₂ = 0. La y all'istante 0 deve valere 0, quindi vado a calcolare la y in t = 0, questo termine non c'è, rimane solo C₄ = 0. Analogamente per la z, mi dice che C₆ deve essere uguale a 0, affinché la z all'istante 0 valga 0.

Adesso passiamo alle velocità, le velocità le leggiamo da qui, quindi la x punto, che istante per istante è costante ed è uguale a C₁, anche all'istante iniziale deve valere v₀x, quindi C₁ è uguale a v₀x. Poi la y un punto all'istante 0, da qui vedo essere uguale a C₃, impongo che valga v₀y e infine la C₅ deve valere 0. Questo è il sistema delle sei equazioni nelle sei incognite, questo è già risolto perché è banale, quindi qui abbiamo ottenuto i valori delle sei costanti, che sostituite in questo infinito alla sei moti possibili, mi forniscono il moto del sistema. Avrò che la x(t) è v₀x t, la y(t) è uguale invece a - ½ gt² +  v₀y t e la z(t) invece è identicamente nulla. Da questa analisi si evince innanzitutto, dal fatto che z (t) = 0. La prima informazione che abbiamo è che il moto è un moto piano e il piano del moto è il piano Oxy. Quindi il punto si mantiene nel piano verticale che contiene, all'inizio la forza peso, e il vettore velocità v₀. Come ci insegna poi la cinematica, adesso abbiamo le equazioni cartesiane del moto, possiamo calcolare quale sia la traiettoria del punto. Possiamo chiederci qual è la distanza percorsa in orizzontale dal punto P, nel momento in cui P cade di nuovo sul piano orizzontale, quindi sul terreno, quella che si chiama gittata. Poi ci possiamo chiedere quale sia l'altezza massima raggiunta dal proiettile in questo suo moto.

Ad esempio, per calcolare la traiettoria basta ricavare t dalla prima equazione, che è x, diviso tv₀x e poi questo lo andiamo a sostituire nella equazione 2 e otteniamo che y vale -½ g/ v₀x² x² + v₀y / v₀x per x. Questa è l'equazione cartesiana della traiettoria percorsa dal punto P, punto P che noi abbiamo creato come modello per il proiettile, in moto nel vuoto.

Questa è una parabola con la concavità rivolta verso il basso.

Esercizio 5.2

Si occupa dello studio del moto del proiettile con la resistenza dell'aria. Introduciamo anche una forza viscosa, creiamo il modello un pochino meno astratto.

La consegna dell'esercizio è determinare il moto di un punto materiale P di massa m, soggetto alla forza peso e ad una forza resistente, cioè una forza viscosa, che simula la resistenza dell'aria e con condizioni iniziali che sono esattamente le stesse di prima. Quindi sono sempre la P all'istante t₀ vale P₀ e la velocità all'istante t₀ vale sempre v₀.

Questa volta l'unica differenza è che la F non è data dalla sola forza peso, ma c'è l'aggiunta anche della resistenza dell'aria. Come rappresentiamo la resistenza dell'aria? Dobbiamo rappresentarla come una forza che si oppone al moto. Una forza che si oppone al moto la possiamo rappresentare con un vettore - λ v, dove v è la velocità del punto P e invece λ è il coefficiente di viscosità che indichiamo come positivo, quindi x punti ī + y punto j + z punto k e l'ipotesi è, affinché sia veramente una forza resistente, facciamo l'ipotesi λ > 0, perché se non mettiamo questa ipotesi, la forza non è definita come forza resistente. Questa è una forza che ha un vettore che si oppone al moto, perché è - λ.

La legge di Newton, m per a = F + φ, ha sempre φ che è uguale a zero, perché il punto è libero. F che è la somma del vettore della forza peso e del vettore della forza viscosa e l'accelerazione che è quella che abbiamo calcolato prima. Quindi avremo m x due punti ī + y due punti j + z due punti k = -mg j - λ per  x punti ī + y punto j + z punto k e questa è la legge di Newton scritta per il moto del proiettile con la resistenza dell'aria. Questa legge la andiamo a proiettare lungo le tre direzioni scalari, che sono sempre ī, j, e k.

Quindi moltiplichiamo scalarmente, membro a membro, questa equazione vettoriale per il versore ī, versore j e il versore k. Cosa si ottiene? mx due punti al primo membro, quando moltiplichiamo scalarmente per ī, l'unico contributo è questo, poi moltiplicando scalarmente per il versore ī al secondo membro, questo non dà contributo, questo e questo non danno contributo, resta solo il contributo di - λ x punto. Adesso moltiplichiamo per scalarmente per j, m y due punti, - mg -λ y punto. E infine, proiettiamo lungo k, m z due punti = - λ z punto. Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite x(t), y(t) e z(t). Adesso portiamo tutto al primo membro e dividiamo per m.

Se indichiamo con h la costante λ su m e per le ipotesi che abbiamo fatto qui, m è la massa positiva, λ è positivo e questo coefficiente sarà sicuramente positivo. Allora si ottiene x due punti + h x punto = 0, y due punti + h y punto = -g e z due punti + h z punto = 0. Ecco qui le nostre tre equazioni differenziali del moto. Sono tutte equazioni differenziali del secondo ordine, lineari a coefficienti costanti, la prima e la terza omogenee, la seconda completa.

Concentriamoci prima sulla prima equazione e sulla terza. Dall'analisi matematica sappiamo che dobbiamo scrivere l'equazione caratteristica associata a questa equazione differenziale, che diventa α² + hα = 0, le cui soluzioni sono due e sono α₁ = 0 e α₂ = -h, quindi l'equazione caratteristica ammette due soluzioni, di conseguenza dobbiamo fare una combinazione lineare di esponenziali in cui il coefficiente della variabile temporale è α₁ in un caso, α₂ nell’altro.

Di conseguenza, la x(t) diventa C₁ per e alla α₁, che è 0t + C₂ per e alla meno ht. Questa è la prima equazione, il primo integrale generale, poi lasciamo spazio un attimo per la y, qua ci mettiamo la z(t) che sarà C₅ + C₆ per e alla -ht.

Adesso veniamo invece all'integrale generale della seconda equazione. L’integrale generale di un'equazione differenziale come questa, è una y(t) che è fatta da una y₀(t) che è l'integrale generale dell'omogenea associata, che è esattamente uguale a questa, quindi sarà una C₃ + C₄ per e alla - ht e poi ci va una soluzione particolare della completa. La soluzione particolare della completa, siccome la parte che rende completa l'equazione è una funzione costante, l'analisi matematica ci insegna che la soluzione particolare, l'integrale particolare, va cercata tra i polinomi di grado 1 in t. In realtà questa equazione differenziale non contiene termini derivati all'ordine 0, ma solo all'ordine 1 e 2, questo termine β₂ lo si può elidere, cioè considerare 0. Adesso dobbiamo imporre che questa y*(t) sia soluzione di questa equazione, allora avremo che la y* punto è uguale a β₁ e la y* due punti è uguale a 0. Andiamo a imporre che la y*(t) sia soluzione di questa equazione, cioè facciamo y* due punti + h y* punto = -m. Andiamo a sostituire, la prima è 0, la y* punto vale β₁, quindi abbiamo h β₁ = mg, da cui ricaviamo che β₁ vale -g/h.

La funzione che dobbiamo aggiungere qui, sarà - g / h per t. Questi sono gli integrali generali delle equazioni differenziali, quindi questi tre integrali generali, che dipendono dalle 6 costanti arbitrarie.

Adesso dobbiamo determinare queste costanti e per determinarle dobbiamo imporre le condizioni iniziali. Quindi dobbiamo imporre che all'istante iniziale il punto si trovi nell’origine del sistema di riferimento, con una velocità che è v₀. La prima cosa da fare è calcolare le derivate. La x(t) punto, siccome C₁ è una costante, abbiamo C₂ per e alla -h e poi dobbiamo derivare l'esponente, quindi - h. La y(t) punto, C₃ è una costante e non dà contributo, viene -C₄ h per e alla - ht, -o g su h e la z(t) punto è uguale a - C₆ h per e alla meno ht. E questo è il sistema delle derivate. Adesso andiamo a imporre le condizioni iniziali.

La x all'istante t uguale a 0 deve valere 0, quindi C₁ + C₂ deve fare 0. Anche la y all'istante 0 deve valere 0, quindi C₃ + C₄ deve valere 0, perché questo termine per t = 0 se ne va, e infine la C₅ + C₆ deve valere 0. Adesso veniamo alle derivate prime, la x punto per t = 0, deve valere v₀x, quindi - C₂h deve valere v₀x. La y punto all'istante 0 deve valere v₀y, quindi -C₄h -g/h deve valere v₀y e infine la z punto, all'istante 0 ,deve valere 0. Abbiamo imposto le condizioni iniziali.

Risolviamo l'ultima equazione, che mi fornisce C₆ = 0, da cui, andando a sostituire nella terza equazione, ottengo che anche C₅ è uguale a 0. Poi guardo la quarta equazione, mi dice che C₂ vale - v₀x fratto h. E quindi, andando a sostituire nella prima equazione, ottengo che C₁, che è uguale a - C₂, varrà v₀x fratto h. Nella quinta equazione ho che C₄ vale - v₀y su h - g/h² e quindi, quando vado a sostituire nella seconda equazione, dove C₃ so che è uguale a - C₄, quello che ottengo è v₀y su h + g su h². E questo ci dà le 6 costanti, che sostituite in questo sistema degli integrali generali, ci dà esattamente il moto del sistema.

La x(t) vale C₁ + C₂ per e alla - ht. E siccome C₁ vale v₀x / h e C₂ vale - v₀x / h, avrò che la x(t) è uguale a v₀x su h per 1 - e alla meno ht. Devo calcolare invece la y(t), andando a sostituire le C₃ e C₄ che ho trovato. Quindi la y(t) sarà uguale v₀y / h + g su h² per 1 - e alla - ht - g / h per t.

C₆ e C₅ sono 0, si ottiene che la z(t) è 0 e quindi anche in questo caso il moto è piano. Queste sono le equazioni del moto del proiettile con la resistenza dell’aria.

Se si guarda come è fatta la x(t), per t sufficientemente grandi, il limite per t che tende a più infinito della x(t) è uguale a v₀x / h. Quindi la x(t) dopo un tempo transitorio sufficientemente lungo, tende a diventare costante. Questo non si può dire per la y(t), perché quando t cresce, ha questo termine che comunque continua a crescere. Se prendiamo la y(t) punto e ne facciamo il limite per t che tende a + infinito alla fine domina soltanto questo termine, quindi diventa costante, - g/h. Per t sufficientemente grandi, quindi dopo un tempo transitorio sufficientemente lungo, il moto del proiettile, con la resistenza dell'aria tende a diventare un moto verticale, perché la x(t) tende a diventare costante, quindi tende a diventare un moto verticale e uniforme, perché la y(t) punto per tempi sufficientemente lunghi tende a diventare costante, quindi la x(t) tende a non variare dopo un transiente sufficientemente lungo e la y(t) punto, dopo quel transiente, tende a diventare costante. Quando si dice equazioni del moto, si intende sempre le equazioni differenziali del moto. Questo invece, al finito, è il moto, perché abbiamo determinato anche le costanti. Questo è il moto del punto P, soggetto a quel tipo di forze, cioè alla forza peso e alla resistenza dell’aria.

Esercizio 5.3 - (5.4 - 5.5)

Adesso studiamo il problema, questa volta sia di statica sia di dinamica, quindi ci poniamo il problema di determinare equilibrio e moto di un punto materiale P di massa m, che si è soggetto alla forza peso e inoltre anche ad una forza elastica di vettore k²(O - P) dove O è l’origine del sistema di riferimento che prenderemo in considerazione. In particolare, questo punto è vincolato a percorrere una retta orizzontale liscia, passante per questo punto O, che prenderemo anche come origine di un sistema di riferimento cartesiano ortogonale. Assunta questa retta come asse delle x. Poi prendiamo un asse y in questo modo, l'asse z sarà ortogonale al piano dello schermo e diretto verso di noi. Allora prendiamo l'asse y, verticale, ascendente e se il punto P è soggetto alla forza peso, si avrà che il vettore della forza peso vale - mg j e quindi P - mg j è la forza peso e poi il testo ci dice anche che sul punto agisce una forza elastica di costante elastica k² che richiama il punto P verso O. Quindi la possiamo rappresentare come una molla ideale di lunghezza nulla a riposo, che rappresenta la forza elastica di richiamo di P verso O.

La coordinata del punto P su quest'asse la possiamo indicare con x. Questo problema avrà un grado di libertà e come parametro lagrangiano possiamo scegliere la coordinata x del punto P sull'asse su cui il punto si muove, che abbiamo assunto come asse del x.

La prima ipotesi è un'ipotesi che la retta su cui si muove il punto sia una retta liscia, cioè che non ci sia attrito e allora noi vogliamo studiare dapprima l'equilibrio e il moto di questo punto materiale in assenza di attrito, ma poi nell'esercizio 5.4 e 5.5 rifacciamo lo stesso problema, supponendo che la retta sia scabra. Vediamo come si modifica lo studio dell'equilibrio e del moto, però in presenza di attrito.

Il sistema delle forze attive che agisce sul punto si ha in tutti e due i casi, con attrito e senza attrito, le forze in gioco sono - mgj per la forza peso e k²(O - P), quindi -k² x versore ī per quanto riguarda la forza elastica. Poi dobbiamo anche pensare che sul punto agisce anche una reazione vincolare. Come è fatta la reazione vincolare dipende dal fatto che ci sia o meno attrito. Distinguiamo le due situazioni, quindi prima studiamo l'equilibrio del punto materiale e lo studiamo dapprima senza attrito, quindi ci mettiamo nel caso in cui il vincolo sia liscio e poi studieremo il caso in cui invece c'è attrito.

Studio dell’equilibrio con vincolo liscio

Qual è l'equazione dell'equilibrio del punto. L'equazione dell'equilibrio del punto materiale vincolato con vincolo liscio è l'equazione F + φ = 0. Questa occorre e basta per studiare l'equilibrio del punto materiale. Nel caso in cui il vincolo sia liscio, l'ipotesi di vincolo liscio ci dice che la reazione vincolare, che è applicata nel punto P, si esplica in direzione normale al vincolo. E normale al vincolo significa, siccome il punto si muove su una retta, significa in un piano, che viene individuato dall'asse delle y e dall'asse delle z, che qua non vediamo, perché siamo in una proiezione nel piano Oxy. Quindi si avrà che la reazione vincolare applicata in P avrà vettore φy j + φz k. La reazione vincolare si esplica in direzione normale al vincolo perché c'è l'ipotesi di vincolo liscio.

F è la somma di - mg j e - k² x ī e φ è il vettore che abbiamo scritto qui. Quindi questa equazione diventa - mg j - k² x ī + φy j + φz k = 0. Questa equazione va proiettata lungo le tre direzioni scalari ī, j e k e così facendo si ottengono le tre equazioni scalari. La prima equazione, quando proietto lungo ī, mi viene soltanto - k² x, ī scalare ī fa 1, mentre j scalare ī e k scalare ī fanno 0, quindi - k² x = 0. Poi moltiplico scalarmente per j, viene - mg + φy = 0. E infine, proiettando lungo k, φz = 0. Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni scalari nelle tre incognite che sono x, che ci fornisce le eventuali posizioni di equilibrio, φy e φz.

L'equazione dell'equilibrio è quella che non contiene le reazioni vincolari è la prima equazione del sistema, che fornisce x = 0. Le soluzioni sono tutte e sole le soluzioni dell'equazione x = 0, quindi x = 0. C'è una sola posizione di equilibrio, che è l’origine.

Dalla seconda equazione ricaviamo l'espressione della φy all'equilibrio e nella terza l'espressione di φz all'equilibrio. C’è, in assenza di attrito, una sola posizione di equilibrio, che è l'origine degli assi, cioè x* = 0 ed è il punto che ha coordinate 0, 0, 0 sull’asse e la reazione vincolare φ* in questa posizione di equilibrio vale, mg versore j. Questo è lo studio del problema dell'equilibrio senza attrito, cioè col vincolo liscio.

Studio dell’equilibrio con vincolo scabro (5.4)

Adesso invece ci chiediamo come si modifica il problema dell'equilibrio se supponiamo che la retta sia scabra. Quindi se mettiamo l'attrito, cioè il caso del vincolo scabro, (5.4).

Quando c'è l'attrito, allora quello che cambia. La forza peso e la forza elastica ci sono sempre, ma questa volta il vincolo non è più liscio, quindi la reazione vincolare non è più fatta così, non si esplica più in direzione normale al vincolo, cioè lungo j e lungo k, cioè senza la componente tangente al vincolo. Questa volta la reazione vincolare, che comunque è sempre incognita in intensità, è incognita anche in direzione e verso, mentre prima, almeno in presenza di vincolo liscio, sapevamo che la reazione vincolare stava in un piano. Inoltre, la sola equazione F + φ = 0 non basta più per studiare l'equilibrio, ma per studiare l’equilibrio, in presenza di attrito, bisogna aggiungere la relazione di Coulomb sull'attrito statico che dice che la φt in modulo deve essere minore o uguale del coefficiente di attrito statico per il modulo della φn, cioè la prima relazione di Coulomb. E inoltre, ciò che viene modificato è il vettore della reazione vincolare, che ora è totalmente incognito, quindi è un φx ī + φy j + φz k, cioè un vettore totalmente incognito. Non c'è più solo la componente, come nel caso di vincolo liscio, lungo j e lungo k, ma c'è anche una componente lungo l'asse delle x.

φt, dove la t sta per tangente al vincolo, qui c'è φn, dove la n rappresenta la normale al vincolo. Dobbiamo capire cosa vuol dire φt e cosa vuol dire φn in questa rappresentazione cartesiana. φt sta per tangente al vincolo e la parte di φ tangente al vincolo è la componente φx ī, mentre la componente di φ normale al vincolo, sarà quella lungo j e lungo k. Adesso si tratta di andare a sostituire. Il vettore F è sempre quello che avevamo già visto prima, cioè il vettore F è - mg j - k² x ī, quindi andiamo a scrivere il nostro sistema. Quindi - mg j - k² che è la costante elastica della molla, x versore ī e poi c'è la reazione vincolare, φx ī + φy j + φz k che è uguale al vettore nullo. Il modulo della componente tangenziale dell’attrito, quindi il modulo di φx e allora qui andiamo a rappresentare il modulo di φx, che deve essere minore o uguale del coefficiente di attrito statico per il modulo di questo vettore. Il modulo di φn va scritto in componenti cartesiane e il modulo di un vettore che ha queste due componenti cartesiane è la radice quadrata di φy² + φz². Spesso scrivere il modulo di un vettore attraverso le sue componenti cartesiane genera delle difficoltà.

Questo sistema misto, è fatto da un'equazione vettoriale e una disequazione. Proiettiamo lungo le tre direzioni scalari ī, j e k l'equazione vettoriale e poi aggiungiamo nel sistema misto la disequazione. Proiettando lungo ī  avremo - k² x + φx = 0, - mg + φy = 0, φz = 0, e poi c'è la relazione di Coulomb, quindi modulo della φx, minore o uguale di fs, coefficiente di attrito statico, per φy² + φz². Abbiamo ottenuto un sistema misto fatto da tre equazioni e una disequazione. Le incognite di questo sistema sono la x, il parametro lagrangiano, e le tre componenti scalari del vettore della reazione vincolare, φx, φy e φz, all'equilibrio. Qual è l'equazione dell'equilibrio? Prima l'equazione dell’equilibrio era quella che non conteneva le reazioni vincolari. E qui, in caso di attrito, qual è l'equazione dell'equilibrio? Di queste tre equazioni, una disequazione, non ce n'è nessuna che non contenga le reazioni vincolari scalari. Se dalla prima equazione φx che vale k² x, dalla seconda equazione ricavo φy, che vale m per g. Dalla terza equazione ho già che φz è uguale a 0 all'equilibrio, andando a sostituire queste tre espressioni nella disequazione, ottengo una disequazione che non contiene più le reazioni vincolari scalari, quindi questa sarà la disequazione che mi dà tutte e sole le configurazioni di equilibrio. La risolviamo e abbiamo che il modulo di x deve essere minor uguale di fs per m per g, diviso per k². Se questa grandezza la chiamiamo ad esempio d, allora avremo che le posizioni di equilibrio sono tutte e sole le x* che sono comprese tra - d e + d. Quindi se questo è l'asse delle x e questo è O, supponiamo che d sia questo valore e quindi meno d è questo. Tutti i punti che stanno dentro a questo intervallo che ha ampiezza 2d, sono tutte posizioni di equilibrio per il punto. Cioè vuol dire che se io prendo il punto P e lo metto in una qualunque di queste posizioni, all'istante t₀ con velocità 0, cioè con velocità nulla, il punto resta in questa posizione per ogni t maggiore di t₀. E quanto vale la reazione vincolare nelle posizioni x*?

Reazione vincolare, nelle posizioni x* che sono infinite, tutte quelle di un intervallo, la φx è k² per x, quindi k² x* lungo ī + m per g lungo j. Ci sono infinite posizioni di equilibrio. L’aggiunta dell'attrito, cioè il fatto che la retta sia scabra, ci fa passare da una sola posizione di equilibrio, che è l'origine, ad un intervallo di posizioni di equilibrio, in cui l'origine è contenuta, un'infinità di posizioni di equilibrio, tutte quelle dell'intervallo -d, d.

Studio del moto con vincolo liscio

Adesso invece vogliamo occuparci del problema del moto e ritorniamo a studiare il moto prima in assenza di attrito, quindi vincolo liscio, che vuol dire senza attrito e poi studieremo con l’attrito.

L'equazione del moto è la legge di Newton, m per a = F + φ, abbiamo sempre la forza peso, - mg j, abbiamo la forza elastica e abbiamo la reazione vincolare φy j + φz k. Siamo tornati di nuovo al caso in assenza di attrito. Il problema ha sempre due gradi di libertà, questa parte l'avevamo già calcolata ed è questo vettore. L'accelerazione del punto che percorre l'asse delle x varrà x due punti, versore ī e al secondo membro dobbiamo andare a mettere F + φ e quindi - mg j - k² x ī + φy j + φz k. Proiettiamo l'equazione lungo le tre direzioni scalari che sono ī, j e k, e allora avremo mx 2 punti uguale = - k² x. Poi avremo 0 = -mg per g + φy e 0 = φz. Quindi la prima equazione, la seconda, la terza. Sistema di tre equazioni nelle tre incognite che sono x(t), φy e φz durante il moto, perché siamo nel caso dinamico.

L’equazione differenziale del moto è la prima, che riconosciamo subito se poniamo ω² = k²/m, l’equazione differenziale del moto, la 1, diventa x due punti + ω²x = 0 e questa è l'equazione differenziale dell'oscillatore armonico che abbiamo già visto come si risolve, ha come integrale generale la x(t) = C cos(ωt + γ) e,  assegnate le condizioni iniziali, C e γ vengono determinate, così come abbiamo visto nel caso delle oscillazioni libere, avendo assegnato le condizioni iniziali x all'istante 0 e la x punto all'istante 0.

Poi la reazione vincolare si determina dall'equazione 2 e dall'equazione 3, perché questa viene dall'equazione 1 poi prendiamo l'equazione 2 che mi fornisce φy = m per g, l'equazione 3 che mi fornisce φz = 0 e quindi durante il moto, la reazione vincolare vale mg j, identicamente durante il moto. Questi C e γ dipenderanno da quell’x₀ e v₀ che abbiamo visto in questo caso. Questo è uno studio del moto del punto materiale vincolato, soggetto alla forza peso, alla forza elastica di richiamo e con vincolo liscio.

Studio del moto con vincolo scabro

Adesso invece vediamo lo studio nel caso in cui il vincolo sia scabro, cioè in cui ci sia attrito e quindi questo è il tema dell'esercizio 5.5. Quindi moto con attrito, cioè col vincolo scabro. Ora sappiamo già che come sono fatti la F e la φ, le riprendiamo esattamente dal caso che abbiamo visto qui, la φ è fatta in questo modo, e la differenza dello studio del moto con attrito, cioè in presenza di una retta scabra. Avremo la legge di Newton che però da sola non basta più a studiare il moto, a questa dobbiamo aggiungere la relazione di Coulomb sull'attrito dinamico che dice che la φt, la componente tangente dell’attrito, vale - fd, coefficiente di attrito dinamico, per il modulo di φn, per il vettore v, quindi per il modulo di velocità del punto P, diviso per il suo modulo.

L'espressione della reazione vincolare è sempre φx ī + φy j + φz k, con la φt che è la φx ī e invece la φn è φy j + φz k. Andiamo a scrivere il nostro sistema con la legge di Newton e la relazione di Coulomb, quindi m, l’accelerazione vale x due punti ī, poi il vettore F risultante delle forze attive agenti sul punto è ancora - mg j, -k² x ī e poi c'è φx ī + φy j + φz k. Infine la relazione di Coulomb ci dice che la  φx ī non è altro che -fd per il modulo di φn in coordinate cartesiane vale φy² + φz², tutto sotto radice e poi ci va la velocità del punto P, ma la velocità del punto P è x punto, versore ī e va divisa per il modulo del vettore velocità e il modulo del vettore velocità è questo, è il modulo di x punto. Queste equazioni vanno tutte proiettate lungo le direzioni scalari, questa ha l'unica direzione non banale che è quella lungo l'asse x e quindi è proprio lungo l'asse x che la proiettiamo. Moltiplicando scalarmente, membro a membro, la prima equazione per il versore ī, ottengo mx 2 punti = -k² x + φx, proiettando lungo j ottengo 0 = - mg +  φy, proiettando lungo k ho 0 = φz.

Proiettando lungo ī, quindi moltiplicando scalarmente per il versore ī, membro a membro, la relazione di Coulomb, ottengo che φx vale -fd per la radice quadrata di φy² + φz² x punto, diviso per il modulo di x punto. Abbiamo ottenuto un sistema di quattro equazioni, in quante incognite? La x(t), la φx, la φy e la φz. Anche qui l'equazione differenziale del moto al momento non ce l'abbiamo, perché tutte le equazioni contengono le φ, quindi non c'è un'equazione che non contenga le φ. Però possiamo rielaborare e dalla prima equazione ho che la φx vale mx 2 punti + k²x e dalla seconda ottengo che φy vale m per g, dalla terza che φz vale 0.

Se adesso queste che ho ottenuto, le vado a sostituire nella quarta equazione, ottengo m x 2 punti + k² x = - fd, la φz è 0, la φy vale m per g al quadrato sotto radice, m per g e poi ci va x punto, diviso il modulo di x punto. Posso porre ω² = k² / m e quindi se questa equazione la vado a dividere tutta per m, quindi divido membro a membro per m, quello che ottengo è x 2 punti + ω²x = - fd per g per x punto, diviso il suo modulo. Posso chiamare questo fd per g, lo posso chiamare a. Inoltre, osservo che x punto, diviso il modulo di x punto, è una funzione che, quando x punto è maggiore di 0 vale + 1, quando x punto è minore di 0, vale - 1. E allora questa è la funzione segno di x punto, quella che vale + 1 quando il suo argomento è positivo e vale - 1 quando il suo argomento è negativo. Allora l'equazione con cui abbiamo a che fare, cioè l'equazione differenziale del moto, è x due punti + ω² x = - a meno per il segno di x punto e quindi in particolare avremo x due punti + ω² x uguale = -a se la x punto è positiva, e avremo invece x due punti + ω² x = a, quando la x punto è minore di zero. Quindi, a seconda che il punto stia percorrendo l'asse delle x nel verso delle x crescenti, o nel verso delle x decrescenti, l'equazione differenziale sarà un'equazione completa con l'uguaglianza a - a, o ad a, a seconda dei due casi. Questo ci dice che avremo un'equazione differenziale del moto che cambia il termine noto che rende l'equazione completa in funzione del fatto che che il punto stia percorrendo la retta nel verso delle x crescenti o nel verso delle x decrescenti. Questa parte di risoluzione del moto non la facciamo, cioè vediamo solo qualitativamente che cosa succede al moto di questo punto.

La soluzione di questi due tipi di equazioni differenziali è l'oscillatore armonico, che non è centrato nell’origine, in 0, ma sarà centrato in a / ω² e in - a / ω². Quindi a seconda delle condizioni iniziali, a seconda che all'istante iniziale il punto si stia muovendo nel verso delle x crescenti o in quello delle x decrescenti, avremo una successione di oscillazioni.

Supponendo per esempio che all'istante iniziale il punto si trovi in questa posizione x₀, con questa velocità v₀, il nostro punto materiale comincia a muoversi in questa direzione, arriva fino a un certo punto, il punto di inversione del moto, il moto si inverte e ricomincia ad oscillare, però mentre in andata il centro dell'oscillazione, se x punto è > 0, il centro è - a / ω², quindi se a è positivo da questa parte, quando andiamo in questa direzione, il centro dell'oscillazione diventa a / ω² e quindi è un susseguirsi di oscillazioni che hanno il centro in + a / ω², in - a / ω², a seconda che stiamo andando nel verso delle x crescenti o nel verso delle x decrescenti. Se all'istante t = 0, per esempio, abbiamo che la x di zero = x₀ è positiva e anche la x punto di 0 = v₀ è positiva, allora la x(t) è altro che C cos(ωt + γ) poi c’è il termine -a/ω² e questa vale fino a che il moto non si inverte, quindi questa vale fino a che si arriva a una massima distanza del punto dal centro dell'oscillazione, che dipenderà da C e C dipende dalle condizioni iniziali, poi il moto si inverte.

Nel momento in cui il moto si inverte, l'equazione differenziale diventa questa, non è più quella di sopra, per cui la soluzione sarà x₁(t) = C₁ cos(ωt + γ₁) + a/ω², avendo come condizioni iniziali quelle in cui il punto è arrivato qui, nella massima elongazione, con velocità nulla e quindi sta tornando indietro con questa legge. Il punto continua a muoversi fino a che arriva in un istante di arresto, re-inverte il moto e a questo punto l'equazione differenziale diventa questa e prosegue, e quindi è una successione di oscillazioni che hanno l'ampiezza che via via va diminuendo e questo moto continua fino a che non si arriva ad avere un punto di inversione del moto interno a questo che è l'intervallo delle configurazioni di equilibrio, delle posizioni di equilibrio. Allora arriviamo con velocità nulla, in un dato istante in questa posizione, che è una posizione di equilibrio, per definizione il punto qui rimane e il moto si arresta. Quindi è possibile calcolare, a seconda delle condizioni iniziali, quanto tempo impiega il punto ad arrestare il suo moto, è possibile vedere quante oscillazioni fa e così via. Dal nostro punto di vista è importante arrivare a trovare una situazione, un'equazione differenziale con due espressioni, che ammettono le due soluzioni, a seconda che il moto stia procedendo nella direzione del verso delle x crescenti, come in questo caso, o nel verso delle x decrescenti, come in questo caso.

Esercizio 5.6 (5.8)

Questo esercizio ci permette di studiare l'equilibrio e il moto, quindi facciamo sia statica, sia dinamica del punto materiale. Poi vedremo invece l'esercizio 5.8, che si mette nelle stesse condizioni della consegna dell'esercizio 5.6 con l'unica differenza che l'esercizio 5.6 è in presenza di vincolo liscio, l'esercizio 5.8 invece prevede il vincolo scabro.

Vogliamo determinare equilibrio e moto di un punto materiale P di massa m, che è soggetto alla forza peso e ad una forza elastica, il cui vettore è k², costante elastica della molla, O - P. Punto vincolato a percorrere un piano orizzontale liscio che passa per il punto O e per comodità prendiamo questo piano a cui il punto è vincolato, come piano Oxy di un sistema di riferimento Oxyz, in cui l'asse z è verticale ascendente. La direzione della forza peso è esattamente la direzione dell'asse z.

Supponiamo che siano assegnate le condizioni iniziali, cioè il punto P all'istante iniziale, cioè in 0 si trova nel punto di coordinate x₀, y₀, con una velocità che ha componenti v₀x e v₀y, rispettivamente lungo l'asse x e lungo l'asse y. Allora il punto è un punto vincolato al piano Oxy e il piano è liscio.

La prima cosa che facciamo è studiare il moto. Ci occupiamo dello studio del moto, quindi stiamo risolvendo l'esercizio 5.6, in presenza di vincolo liscio, cioè senza attrito.

La legge di Newton ci viene in soccorso, m per a = F + φ, questa è l'equazione. del moto. Qual è il sistema di forze che agisce sul punto materiale? Abbiamo scelto l’asse oz verticale ascendente, quindi la forza peso è data da P, -mg k, g è l'accelerazione scalare di gravità, m la massa e k è il versore dell'asse z, ovviamente i soliti versori ī, j e k fondamentali della terna Oxyz. Poi, tra le forze attive, abbiamo anche la forza elastica, che è applicata in P e di vettore k²(O - P). Allora, quanti gradi di libertà ha questo punto materiale? È un punto materiale vincolato ad un piano, quindi 2 è il numero di gradi di libertà e come parametri lagrangiani q₁, q₂, possiamo scegliere le due coordinate spaziali, le due coordinate cartesiane x e y nel piano. Quindi il vettore della forza peso, k²(O - P), sarà il vettore - k²(x ī + y j). Infine, ci manca il vettore della reazione vincolare. Siccome il vincolo è liscio, la reazione vincolare si esplica in direzione normale al vincolo e il vincolo è il piano Oxy. Quindi normale al vincolo significa lungo la direzione dell'asse z. Quindi φz k è il vettore della reazione vincolare. La legge di Newton, m per a = F + φ, dove a è l'accelerazione del punto P, che in coordinate cartesiane scriveremo come x due punti ī + y due punti j, è la derivata seconda fatta rispetto al tempo del vettore P - O, quindi a è questo vettore. F è la somma del vettore della forza peso con il vettore della forza elastica e φ è esattamente questo vettore, che rappresenta la reazione vincolare.

Scriviamo l'equazione vettoriale mx due punti ī + y due punti j e questo è il primo membro della legge di Newton, uguale al vettore F, che è dato da - mg k - k² x ī - k² y j, quindi abbiamo messo assieme questi due vettori delle forze attive agenti sul punto P e poi c'è + φz k. E questa è l'equazione di Newton che noi andremo a proiettare, cioè a moltiplicare scalarmente per i tre versori fondamentali ī, j e k.

Proiettando lungo il versore ī si ottiene mx due punti al primo membro e al secondo membro l'unico contributo non panale è quello di - k² x e basta. Poi lungo j otteniamo la seconda equazione scalare m y due punti = -k² y e infine, lungo k, avremo 0 al primo membro = - mg + φz. Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite x(t), y(t) e φz, la reazione vincolare scalare dinamica, cioè durante il moto. Se noi guardiamo le equazioni differenziali del moto, che ci aspettiamo siano due, perché due è il numero di gradi di libertà del sistema, vediamo chele equazioni differenziali del moto, sono le prime due, perché sono quelle che non contengono la reazione vincolare scalare. Se noi poniamo ω² = k² / m. Le prime due equazioni ci forniscono, portando tutto al primo membro e dividendo per m, otteniamo x due punti + ω²x = 0, y due punti + ω²y = 0. Queste sono le equazioni differenziali del moto del punto e forniscono l'integrale generale del nostro sistema meccanico e poi, assegnate le condizioni iniziali, ci daranno il moto, cioè quell'unico moto possibile per il punto materiale vincolato a stare nel piano liscio Oxy e soggetto alla forza peso e alla forza elastica. Queste nel riquadro rosso sono le condizioni iniziali. Queste sono due equazioni dell'oscillatore armonico, cioè la proiezione del punto P sull'asse x si muove di modo oscillatorio armonico, la proiezione di P sull'asse y si muove di modo oscillatorio armonico, ma il moto del punto materiale in questo piano non è un moto oscillatorio armonico. Risolviamo la prima equazione, otteniamo x(t) = A cos(ωt + α) e la seconda, come integrale generale y(t) = B cos(ωt + β). Dobbiamo imporre le condizioni iniziali, cioè dobbiamo imporre quanto vale la x all'istante iniziale, che vale x₀, e quanto vale la y e la stessa cosa per le velocità. Prima di andare a imporre queste che potremmo già farlo, calcoliamoci anche la x punto e la y un punto e poi andremo ad imporre le condizioni. La x(t) punto, vale -Aω sin(ωt + α), la y(t) vale -Bω sin(ωt + β) e questo è il sistema delle derivate temporali.

Le condizioni iniziali servono per trovare le costanti A, α, B e β per determinare il moto, perché al momento abbiamo infinito alla quattro moti possibili e andremo, imponendo le condizioni iniziali, a determinare quell'unico moto possibile. Imponiamo che la x all'istante 0 valga x₀, quindi A cos α = x₀ e poi avremo anche che B cos β = y₀, in quanto la x all'istante 0 deve valere x₀ e la y all’istante 0 deve valere y₀. Adesso mettiamo le condizioni sulle derivate prime e quindi dobbiamo calcolare la x punto e la y punto a distante 0 e imporre che la prima valga i v₀x e la seconda v₀y. Quindi avremo -Aω sin α = v₀x e - Bω sin β = v₀y. Abbiamo ottenuto un sistema di quattro equazioni nelle quattro incognite A, α, B, β. Quindi dobbiamo determinare queste costanti, sulla base di questi che sono i dati del nostro problema x ₀, y₀, v₀x e v₀y.

Per risolvere questo sistema, io considero A cos α = x₀ e - Aω sin α = v₀x, cioè considero la prima e la terza equazione. Faccio quadrati e poi li sommo. Le elevo al quadrato, membro a membro e sommo, la classica cosa che abbiamo visto per l'oscillatore armonico. Guardiamo che la terza si può scrivere come A sin α = - v₀x / ω, quindi quello che facciamo è prendere questa prima equazione ed elevarla al quadrato e sommare questa terza equazione ed elevata al quadrato. Siccome sin² + cos² = 1, si otterrebbe A² = x₀² + v₀x / ω, tutto al quadrato.

Analogamente, nella quarta equazione, avere ricavato B sin β = - v₀y / ω, si prende la seconda equazione, B cos β = y₀, si eleva al quadrato membro a membro e la si somma con la quarta equazione, scritta in questa forma, al quadrato, in modo tale da ottenere B². Quindi faremo la seconda equazione al quadrato più la quarta equazione al quadrato e allora questo mi dice che B² sarà uguale a y₀² + v₀y / ω, tutto al quadrato. Adesso, per ricavare α, prendo la terza equazione e, membro a membro, la divido per la prima equazione. Questo lo possiamo fare a patto di supporre che il cos α, quindi che x₀ sia diverso da 0. Prendiamo la terza equazione e la dividiamo per la prima equazione e in questo modo troviamo subito che tangente di α, perché facendo A sin α / A cos α, A e A se ne vanno, rimane la tangente di α, è uguale a - v₀x / ω x₀. Quindi questo presuppone che x₀ sia diverso da 0. Analogamente, supponendo y₀ diverso da 0, se noi facciamo la quarta equazione per la seconda, quello che otteniamo è la tangente di β = - v₀y / ω y₀.

La A la possiamo prendere come + la radice quadrata di x₀² + v₀x ²/ ω². B sarà la radice quadrata di y₀² + v₀y ²/ ω² e α avrà come soluzione l'arcotangente di - v₀x / ω x₀ e β sarà l'arcotangente di - v₀y / ω y₀.

Questi valori A, α, B e β, sostituiti qui dentro, ci daranno il moto. Attraverso le condizioni iniziali, avremo determinato il moto del sistema.

Ci possiamo chiedere qual è la traiettoria descritta dal punto P nel piano Oxy. Per trovare la traiettoria, dobbiamo lavorare su questa equazione, dobbiamo cercare di capire, a seconda delle condizioni iniziali, quindi dei valori di A, α, B e β, determinati da x₀, y₀ e da questi v₀x e v₀y, qual è la traiettoria descritta dal punto P. Per fare, andiamo a scrivere il moto, quindi diciamo che la x(t) = A cos(ωt + α), la y(t) = B cos(ωt + β), dove ci ricordiamo che, siccome queste α e β sono degli angoli, sono le fasi iniziali dell'oscillazione in x e dell'oscillazione in y, possiamo scrivere il β come somma di α + l'angolo che serve per arrivare a β. Se scriviamo β come α + un certo ε, allora la y(t) la possiamo scrivere come B cos(ωt + α) + l'angolo ε, che è quello che serve per ottenere β partendo da α. Se per esempio l'angolo α vale π/6 e l'angolo β vale π/2, possiamo ottenere β, cioè il π/2, facendo π/6, che è α, + quello manca per arrivare al π/2, cioè il π/3. Cioè se β è 90° e α invece è 30°, allora il 90° lo scriviamo come 30 + 60. Siccome abbiamo il coseno di ωt + α, adesso abbiamo anche qui dentro questa espressione.

Quando abbiamo il moto espresso in forma cartesiana, dove le funzioni sono delle funzioni trigonometriche, a rigore bisognerebbe ricavare t da una e andarlo a sostituire nell'altra, ma quando si hanno delle funzioni trigonometriche, conviene lavorare, così come abbiamo fatto in questo caso con la 1 e con la 3, elevare al quadrato membro a membro e poi sommare. in modo tale da sfruttare le identità trigonometriche fondamentali. Stiamo cercando di determinare la traiettoria del punto P nel piano. Riscriviamo la prima equazione dividendo per A, intanto A è una quantità diversa da zero, quindi x / A = cos(ωt + α) e poi consideriamo questa seconda equazione, y(t) = a questa, dove dividiamo membro a membro per B e applichiamo il coseno della somma di angoli. Quindi avremo y / B = cos(ωt + α) cos ε - sin(ωt + α) sin ε.

Adesso ci accorgiamo che a questo secondo membro, c'è un coseno di ωt + α, che per l'equazione di sopra, può valere x/A. Posso andare a sostituire, al posto del coseno di ωt + α questo x/A. Ma prima di fare questa cosa facciamo, vediamo un paio di ipotesi.

Se siamo nell'ipotesi che il seno di ε, cioè se l'angolo ε è tale che il suo seno è 0, cioè se α e β differiscono tra loro o per π oppure sono lo stesso angolo, quindi se ε è o zero o π, se ε è 0 significa che α e β, le due fasi, sono uguali, cioè le condizioni iniziali sono tali per cui α e β sono lo stesso angolo. Oppure se ε è π, cioè se α e β differiscono per π,, se seno di ε è 0, questo termine non c'è, quindi questo termine sparisce, il coseno di ε è uguale a 1, oppure a - 1. y/B = x/A per il coseno di ε che è ± x/A, quindi avremo che y - B/A x se ε = π, avremo y = B/A x se ε = 0.

In questo caso particolare, cioè quando le condizioni iniziali sono tali per cui α e β, cioè le fasi iniziali differiscono o per 0 o per π, la traiettoria risulta un tratto di retta o questa o questa. Il moto di questo punto è sicuramente confinato, per come sono scritte queste equazioni, dentro al rettangolo di lati 2A e 2B. Questo è il piano Oxy, quindi il moto del punto avviene dentro a questo rettangolo. In questo caso, in cui siamo nel caso seno di ε = 0, allora l’equazione della traiettoria è questa, nel caso in cui ε sia uguale a 0, oppure questa, nel caso in cui espiano sia π. Quindi per esempio, se ε = 0, il punto si muoverà su questa retta e invece se ε è uguale a π, il punto oscillerà su questa retta, cioè si muoverà qui sopra. Quindi questa è la traiettoria del punto nel caso ε = 0 o ε = π. Quindi la traiettoria è una retta.

Questa era la prima ipotesi, cioè se il seno di ε = 0 e quindi se ho annullato questo termine qui dentro, ci abbiamo messo y / B = x / a per il coseno di ε, coseno di ε che è o più o meno. Adesso invece veniamo al caso in cui seno di ε è diverso da 0, cioè vuol dire ε non è né 0 né π. Se ε non è né 0 né π, andiamo a sostituire questo x / A dentro e l'equazione è y / B = x / A cos ε e poi c’è - sin(ωt + α) sin ε.

Adesso dividiamo tutto per il sin ε, cosa che si può fare, perché seno di ε è diverso da 0, ci viene - y / B + x / A coseno di ε e questo l'abbiamo diviso per il seno di ε e qui rimane un seno di ωt + α, cioè vogliamo ricavare seno di ωt + α, perché poi assieme a quest'altra equazione, vedremo che possiamo quadrare e sommare. Se prendiamo questa che è x / A = cos(ωt + α). Adesso se eleviamo al quadrato, membro a membro e poi sommiamo, sin² + cos² = 1, di conseguenza, quello che si ottiene è x²/A² + (-y/B) + x(A cos ε, tutto al quadrato e poi c’è 1/sin² ε = sin² + cos² che fa 1. Svolgiamo i calcoli.

Moltiplichiamo membro a membro per sin² di ε, lo possiamo fare perché tanto la nostra ipotesi è sempre questa, di sin² ε, diverso da 0.

Dopo i calcoli, otteniamo l'equazione della traiettoria del punto P che si muove sempre nel rettangolo. Siamo sempre dentro a questo rettangolo di lati 2A e 2B e questa è l'equazione della traiettoria. Se se il coseno di ε è diverso da 0, cioè quindi questo termine è diverso da 0, e inoltre A è diverso da B, allora, questa è l'equazione di un'ellisse che ha i semiassi sono ruotati rispetto ai semiassi x e y che individuano il quadrato.

Se invece il coseno di ε è uguale a 0, significa che questo che è il termine rettangolo in questa equazione è 0, e quindi qui siamo nel caso ε = ± π /2, vuol dire che α e β differiscono per ± π/2, sono sfasati in questo modo, allora l'equazione della traiettoria è un’ellisse, però quella riferita ai suoi semiassi, quindi x²/A² + y²/B² = 1. Infine, se abbiamo il coseno di ε = 0, cioè vuol dire sempre ε = ± π /2 e inoltre abbiamo A = B, quindi qua eravamo nell'ipotesi anche A ≠ B, allora abbiamo una circonferenza di centro l'origine e il raggio A o B, non importa, cioè la circonferenza è x² + y² = A².

Riassumendo, le traiettorie possibili, sono nel caso in cui il seno di ε sia uguale a 0, cioè le due fasi iniziali differiscono o per 0 o per π, l'equazione della traiettoria è una retta o questa o questa, a seconda che ε sia 0 o π.

Nel caso invece in cui i due angoli α e β differiscono per un valore ε che non è né 0 né π, allora l'equazione della traiettoria sarà un’ellisse che è coi semiassi ruotati, oppure un'ellisse riferita ai suoi assi, quella in forma normale, o infine una circonferenza. Queste sono tutte le possibilità. In questo modo, abbiamo studiato il moto del punto P.

Studio dell’equilibrio

Adesso veniamo invece allo studio dell'equilibrio. Siamo sempre nell'esercizio in assenza di attrito, quindi adesso ci studiamo il problema dell’equilibrio, sempre con vincolo liscio, cioè senza attrito.

L'equazione è F + φ = 0, questa è l'equazione dell’equilibrio. Tutto quello che ci serve ce l'abbiamo già, perché F ce l'abbiamo e φ ce l'abbiamo, quindi - mgk, il vettore della forza peso, - k²(x ī + y j), che era il vettore della forza elastica e il vettore della reazione vincolare che è φz k, uguale al vettore nullo.

Adesso di nuovo proiettiamo lungo ī, lungo j e lungo k, ormai questo l'abbiamo capito. Proiettando lungo ī si ottiene - k² x = 0, proiettando lungo j si ottiene - k² y = 0 e infine, proiettando lungo k, - mg + φz = 0. Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite che sono x, y, non x(t), adesso siamo all’equilibrio, quindi x, y e poi la reazione vincolare scalare all'equilibrio. Le prime due equazioni sono le equazioni dell'equilibrio e allora queste ammettono soluzione, una sola soluzione, x* = 0, y* = 0, cioè una sola posizione di equilibrio che è l’origine O di coordinate 0, 0. La reazione vincolare all'equilibrio ci viene fornita dalla terza equazione che vale m per g, e di conseguenza, all’equilibrio, la reazione vincolare vale φ* = mg k. Quindi questa è la situazione.

Esercizio 5.8

Ci mettiamo nelle stesse condizioni di vettori delle forze attive che avevamo visto per l'esercizio 5.6, però supponiamo che questo piano sia un piano scabro, cioè ci sia attrito tra il punto e il piano a cui è vincolato. Studiamo il problema dell'equilibrio in presenza di attrito.

Non dobbiamo più usare la sola equazione F + φ = 0, ma dobbiamo aggiungere anche la relazione di Coulomb sull'attrito statico, la prima relazione di Coulomb, che dice che il modulo della componente tangenziale al vincolo del vettore della reazione vincolare è minor uguale di fs, coefficiente di attrito statico, per il modulo della componente normale al vincolo del vettore della reazione vincolare. Mentre il vettore delle forze attive, cioè il vettore risultante delle forze attive F è sempre uguale a prima, quindi - mgk - k² x ī + y j, cioè forza peso + forza elastica, il vettore della reazione vincolare questa volta è cambiato, perché questa volta, in presenza di attrito, cioè con vincolo scabro, il vettore della reazione vincolare è un vettore che è totalmente incognito in intensità e questa volta è incognito anche in direzione e verso.

Dobbiamo aggiungere φx ī + φy j + φz k = 0. Qui si tratta qual è la relazione tra questi φt e φn con φx, φy e φz. Siccome φt vuol dire tangente al vincolo, φn vuol dire normale al vincolo. Il vincolo è questo, tangente al vincolo, siamo nel piano. Normale al vincolo vuol dire lungo l'asse z. Di conseguenza, avremo che in questa reazione vincolare questa parte sarà la φt e invece questa sarà la φn. Il modulo di φt sarà la radice quadrata di φx² + φy², che dovrà essere minore o uguale di fs per il modulo di φz, perché in questo caso il modulo di φn, siccome φn è questo, coincide con il modulo di φz. Invece il modulo della φt, φt che ha componenti φx ī + φy j, è la radice quadrata della somma dei quadrati di quelle componenti.

Proiettiamo questa equazione lungo le tre direzioni scalari ī, j e k e quindi otteniamo - k² x + φx = 0, -k² x + φy = 0. -mg + φz = 0 e infine la relazione di Coulomb sull’attrito statico, radice quadrata di φx² + φy² ≤ fs per il modulo di φz. In questo caso abbiamo ottenuto un sistema misto, fatto da tre equazioni e una disequazione. Apparentemente qui le equazioni dell'equilibrio non ci sono, perché non c'è nessuna delle equazioni e neanche la disequazione che sono libere dalle reazioni vincolari. Quindi dobbiamo lavorare un po' sulle equazioni. Dalla prima possiamo ricavare φx, perché questo è un sistema misto, in cui ci sono tre equazioni e una disequazione, e le incognite sono i due parametri lagrangiani all'equilibrio, cioè la x e la y, e le reazioni vincolari scalari all'equilibrio, cioè φx, φy e φz. Ricaviamo dalla prima equazione φx che vale k²x, dalla seconda equazione φy che vale k²y, dalla terza equazione ricaviamo φz, che vale m per g. Infine, andiamo a sostituire nella quarta disequazione, dove ricaveremo radice quadrata di (k² x)² + (k²y)², minor o uguale di fs e il modulo di φz che vale mg, che tanto è positivo. Abbiamo ricavato dove sta l'equilibrio. La disequazione ci dà l’equilibrio è questa, perché non contiene più le reazioni vincolari. Lavoriamo un attimo su questa equazione, e siccome sono tutte quantità positive, possiamo elevare al quadrato membro a membro, quindi k⁴ x² + k² y² ≤  fs mg x, tutto al quadrato, da cui, raccogliendo al primo membro un k⁴ e dividendo per k⁴, si ottiene x² + y² ≤  fs mg, diviso k² e tutta questa quantità al quadrato.

Questa disequazione ci dà tutti e soli i punti di equilibrio, cioè le posizioni di equilibrio del punto materiale vincolato al piano scabro, soggetto alla forza peso e a una forza elastica, che richiama P verso O.

Sono infiniti, sono una qualunque coppia x*, y* che soddisfi questa disequazione y*² + y*² ≤ fs mg / k² al quadrato e questi sono tutti i punti del piano Oxy non esterni alla circonferenza di centro l'origine O e raggio fs mg, diviso k². Rispetto al caso in cui il vincolo era liscio, o senza attrito, in cui avevamo trovato una sola posizione di equilibrio con questa reazione vincolare, nel caso in cui il vincolo è scabro, abbiamo ottenuto infinite posizioni di equilibrio, cioè tutti i punti del piano non esterni alla circonferenza.

La reazione vincolare la otteniamo andando a sostituire le posizioni di equilibrio qui dentro. Quindi la φx sarà k² x*, la φy k² y*, la φz è sempre uguale ad m per g, indipendentemente dalla posizione di equilibrio.

Per mantenere la posizione di equilibrio, la reazione vincolare deve essere fatta in questo modo. La presenza dell'attrito favorisce l'equilibrio, perché si passa da una posizione di equilibrio quando l'attrito non c'era, a infinite posizioni di equilibrio.

Esercizio 5.7

Dato un sistema di riferimento Oxyz con l'asse Oz verticale ascendente. Si vuole determinare l'equilibrio e il moto di un punto materiale P di massa m, che è appoggiato al piano Oxyz, che supponiamo per comodità liscio. Sul punto agisce la forza peso e, allora visto che abbiamo scelto l'asse Oz verticale ascendente, il vettore della forza peso sarà - mgk. Inoltre, oltre alla forza peso, supponiamo che sul punto agisca anche una forza elastica che richiama di vettore k²(A - P) che richiama il punto P verso il punto A, punto A che ha coordinate (0, 0, h), con h maggiore di 0. Piano orizzontale, perché se l'asse z è verticale ascendente, il piano è orizzontale. Il punto P viene richiamato dalla forza elastica verso A.

È un punto materiale appoggiato ad un piano liscio, 2 è il numero di gradi di libertà. Quindi prendiamo le coordinate cartesiane q₁ e q₂, q₁ = x e q₂ = y.

Questo è l'analogo dell’esercizio 5.6, in cui il punto P era vincolato a stare sul piano. L'unica differenza è che, mentre la forza elastica nell'esercizio che stiamo guardando adesso richiama P verso un punto che non sta nell'origine del sistema di coordinate, ma sta in alto, nella parte positiva dell’asse z, qui invece P era richiamato verso O e inoltre questo vincolo era un vincolo di appartenenza al piano, mentre quello che stiamo considerando ora è un vincolo di appoggio. Dal punto di vista di come si svolge l’esercizio, rimane sempre tutto molto simile.

Il punto P ha coordinate x, y e 0, di conseguenza A - P sarà il vettore dato da - x ī - y j + h k. h è una costante positiva, che mi dice che il punto A si trova su questo semiasse z positivo. Questo è il sistema delle forze attive.

La reazione vincolare che agisce sul punto P, in virtù del fatto che il piano a cui il punto è appoggiato è un piano liscio, la reazione vincolare φ si esplica in direzione normale al vincolo e, inoltre deve avere stessa direzione e verso opposto di uno spostamento totalmente proibito. La reazione vincolare sarà una φz versore k con la componente scalare φz che deve essere maggiore o uguale di 0, perché gli spostamenti totalmente proibiti sono tutti e soli quelli di ingresso nel piano e quindi perpendicolari al piano, quindi ce n'è uno solo, quindi la reazione vincolare, che deve avere stessa direzione e verso opposto dello spostamento totalmente proibito, sarà diretta con direzione e verso compatibile con l'asse z.

Studio dell’equilibrio

Partiamo dal problema dell'equilibrio, quindi vediamo di studiare l'equilibrio. L'equazione dell’equilibrio del punto è F + φ = 0. F è il vettore risultante delle forze attive agenti sul punto, quindi sarà la somma del vettore della forza peso + il vettore della forza elastica, che richiama P verso A. E φ invece sarà esattamente quello che abbiamo scritto lì. Quindi andando a declinare quest'equazione nel nostro caso, avremo - mg k - k² che è la costante elastica della molla x lungo ī - k² y j + k² h k + φz versore k = 0.

Quindi questa è l'equazione dell'equilibrio per questo problema. Adesso l'equazione dell'equilibrio la proiettiamo lungo le tre direzioni scalari che sono ī, j e k, quindi moltiplichiamo scalarmente, membro a membro, l'equazione prima per il versore ī, poi per il versore j, poi per il versore k e qui otteniamo - k² x = 0, proiettando lungo j, -k² y = 0, proiettando lungo k - mg + k² h + φz = 0. Inoltre ci ricordiamo che la φz componente scalare del vettore della reazione vincolare, affinché sia rispettato il vincolo, deve essere maggiore o uguale a zero. E allora qui aggiungiamo che, assieme a quelle equazioni che abbiamo scritto sopra, deve valere anche la disequazione φz maggiore o uguale a zero. Due sono le equazioni dell'equilibrio che ci aspettiamo di trovare, e in effetti qui ci sono le due equazioni che non contengono la reazione vincolare e queste sono le due equazioni dell'equilibrio. Queste risolte ci danno x* = 0, y* = 0, che è come avevamo visto nel caso dell'esercizio della volta scorsa, c'è un'unica posizione di equilibrio che è l'origine, però a patto che sia soddisfatta questa disequazione. Come facciamo a vedere se è soddisfatta? Ricaviamo dalla terza equazione il valore della φz che vale m per g - k² e questa deve essere maggiore o uguale di 0. Esiste una sulla posizione di equilibrio per questo problema che è data dall'origine, quindi l'origine è posizione di equilibrio per il punto P se è rispettata questa disequazione, cioè se h è minor uguale di m per g / k². Quindi se siamo in questa condizione, allora il vincolo di appoggio è rispettato e P si trova qui e c'è una sola posizione di equilibrio e se h è minore o uguale di m per g / k², questa è la sola posizione di equilibrio con il vincolo che viene rispettato.

Se invece h, il punto di sospensione, quindi il punto in cui si trova A, è tale per cui h è maggiore di m per g / k², allora non c'è nessuna posizione di equilibrio, nel senso che il vincolo non è rispettato, il punto si stacca dal piano e quindi bisogna riconsiderare il problema, diventa un problema a 3 gradi di libertà e quindi dobbiamo ricominciare da capo.

Studio del moto

Dobbiamo studiare il moto del punto materiale e la legge del moto è m per a = F + φ. F e φ li abbiamo già scritti, sono quelli di prima, ci manca soltanto l'accelerazione del punto. E siccome il punto è vincolato, è appoggiato al piano, la sua accelerazione nel sistema di coordinante che abbiamo scelto, vale x due punti ī + y due punti j. Ecco allora che possiamo scrivere la legge di Newton, m per x due punti ī + y due punti j è uguale, il vettore F delle forze attive è - mg k - k² x ī - k² y j + k² h k + φz versore k e φ sarà φz k, sempre con la stessa condizione, ricordiamoci che è un vicolo da appoggio. k² è la costante elastica della molla. Questo sistema di due equazioni permette di risolvere il problema del moto.

Abbiamo bisogno di considerare le tre equazioni scalari che ci vengono dalla proiezione della legge di Newton lungo le tre direzioni scalari, quindi avremo m x2 punti = - k² x, poi lungo j, m y due punti = - k² y e infine 0 = -mg + k² h + φz e la presenza del vincolo d’appoggio, φz ≥ 0. Un sistema di tre equazioni e una disequazione. Le incognite sono la x(t), la y(t) e la φz durante il moto.

Queste due equazioni che non contengono le reazioni vincolari sono le equazioni differenziali del moto. Sono due, perché due è il numero di gradi di libertà del sistema. Ma queste le riconosciamo. sono le equazioni differenziali dell'oscillatore armonico e quindi ponendo ω² = k² / m, otteniamo le due equazioni, x due punti + ω²x = 0 y due punti + ω²y = 0, che sono le due equazioni differenziali del moto che avevamo trovato anche nel caso del punto vincolato a stare nel piano con la forza peso e la forza elastica che richiamava P verso l’origine.

Dalla terza equazione ricaviamo di nuovo φz che vale m per g - k² h. Questa deve essere maggiore o uguale di 0, quindi le equazioni differenziali del moto sono queste, a patto che durante il moto, cioè che h sia minor uguale di m per g / k², quindi questo è per avere rispettato il vincolo di appoggio.

L’equazione differenziale del moto, quindi il moto, sarà tale per cui la proiezione di P sull'asse delle x si muove di moto oscillatorio armonico, la proiezione di P sull'asse y si muove di moto oscillatorio armonico e il vincolo di appoggio è rispettato se h è minor o uguale di m per g / k². Il problema resta a gradi di libertà con tutte le caratteristiche che aveva nel caso in cui il punto P era già vincolato al piano e con la molla che richiamava P verso O anziché verso A, cioè il caso con questo valore di h = 0.

Esercizio 5.11

Questo esercizio prevede la presenza di un punto materiale P di massa m che è vincolato a percorrere una retta orizzontale liscia che noi prendiamo come asse O₁x₁, il versore è il versore ī₁ e questa retta orizzontale su cui il punto P si muove, a sua volta sta ruotando con velocità angolare costante, quindi ω₀ è costante, k₁ è costante, attorno appunto all'asse fisso, ecco perché k₁ è costante, all'asse fisso e O₁z₁. Sul punto agisce la forza peso e anche una forza elastica che richiama P verso il punto O₁, che è l'origine del sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁, che abbiamo detto essere un sistema di riferimento ruotante, ruota uniformemente attorno a quest'asse fisso.

Indichiamo con x₁ l'ascissa del punto P su questa retta orizzontale. Assegniamo le condizioni iniziali, quindi assegniamo la posizione di P sull'asse x₁ all'istante 0, che indichiamo con x₁₀ e la sua velocità scalare all'istante iniziale, che è v₁₀. Il problema ci chiede di determinare il moto relativo e l'equilibrio relativo di P. Il sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁ è un sistema di riferimento mobile. Quindi P si muove su questa retta, retta che a sua volta ruota con velocità angolare costante attorno all'asse fisso z₁.

Studio dell’equilibrio relativo

L’equazione dell'equilibrio relativo è F + φ - m a𝛕 = 0. Perché usiamo l'equazione dell'equilibrio relativo? Perché il sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁, rispetto al quale vogliamo trovare l'equilibrio, è un sistema di riferimento mobile. Le posizioni di equilibrio relativo del punto P, sono le posizioni di equilibrio di P sull'asse x₁, però che si sta muovendo, quindi le posizioni di equilibrio relativo non sono posizioni di equilibrio assolute, cioè rispetto ad un osservatore Oxyz che si trova qui, fisso nello spazio. Di conseguenza, per l'osservatore inerziale o assoluto, le posizioni di equilibrio di P su questa retta che poi sta ruotando non sono posizioni di equilibrio, mentre noi cerchiamo le posizioni di equilibrio relativo di P, rispetto a questo osservatore mobile.

Andiamo a vedere quali sono i vettori che entrano in gioco in questa equazione, quindi chi è F, chi è φ e chi è questo meno m a𝛕 che è il vettore della forza di trascinamento, forza di trascinamento che entra in gioco quando si scrivono le equazioni o dell'equilibrio o del moto rispetto a un osservatore mobile.

Il problema ha 1 grado di libertà, parametro lagrangiano, è la coordinata x₁, l’ascissa di P sull'asse x₁.

Le forze sono la forza peso, - mg lungo k₁, la forza elastica k²(O₁ - P), è rappresentata da una molla ideale di lunghezza nulla a riposo, che richiama P verso O₁, quindi - k² x₁ ī₁. ī₁ è il versore dell'asse x₁. Quindi questo è il vettore della forza elastica e adesso c’è da mettere a posto il vettore della reazione vincolare. Quindi la reazione vincolare, siccome l'asse è un asse liscio, il vincolo è liscio, la reazione vincolare si esplica in direzione normale al vincolo, quindi lungo y₁ e lungo z₁, quindi φy₁ j₁ + φz₁ k₁.

Adesso ci manca invece a𝛕, che è l'accelerazione di trascinamento del punto P. Si può scrivere o usando la definizione, quindi derivata seconda di O₁ fatta rispetto a t², + la derivata del vettore velocità angolare del sistema di riferimento mobile, quindi in questo caso ω₀, vettor P - O₁ + ω₀, vettor ω₀, vettor P - O₁. Innanzitutto O₁ è l'origine del sistema di riferimento mobile che ruota uniformemente attorno all'asse fisso z₁. Questo O₁ è un punto fisso e quindi la sua accelerazione vale 0. Derivata temporale del vettore velocità angolare ω₀, ma ω₀ è un vettore costante, perché la rotazione dell'asse x₁ attorno all'asse z₁ è uniforme, quindi la derivata di ω₀ è 0, perché la rotazione è uniforme, quindi questo termine non c'è, resta soltanto l'ultimo termine, l'ultimo addendo della somma, è dato dal doppio prodotto vettoriale. Abbiamo ω₀ k₁ vettor ω₀ k₁ vettor P - O₁, che è x₁ ī₁. O facciamo i calcoli facendo proprio tutti i vari passaggi, cioè ω₀ k₁ vettor x₁ ī₁, siccome k₁ vettore ī₁ fa j₁, questo è altro che x₁ ω₀ j₁. È rimasto ω₀ k₁ vettor x₁ ω₀ j₁ e siccome k₁ vettor j₁ fa - ī₁, qui rimane - x₁ ω₀² versore i₁. Quindi così, facendo i calcoli, si ottiene l'espressione di a𝛕.

Quando si ha un doppio prodotto vettoriale di un vettore che è P - O₁ che viene moltiplicato vettorialmente a destra per due volte per lo stesso vettore che è perpendicolare a P - O₁, cioè ω₀ k₁ è perpendicolare a x₁ ī₁, è ortogonale e allora ciascuno di questi prodotti vettoriali, porta una rotazione, i questo vettore, di π/2 in verso anti-orario. Quindi il primo prodotto vettoriale mi porta P - O₁ a ruotare di π/2 in verso anti-orario con un fattore ω₀. Dopodiché l’altro prodotto vettoriale porta una seconda rotazione di π/2 in verso antiorario, quindi questo vorrebbe dire che questo prodotto vettoriale è - ω₀²(P - O₁), cioè -ω₀² x₁ ī₁, che è esattamente quello che avevamo trovato qui facendo i calcoli.

L'accelerazione di trascinamento si può calcolare anche pensando alla curva di trascinamento. Che cos'è l'accelerazione di trascinamento? È l'accelerazione che il punto P avrebbe se pensato rigidamente connesso al sistema di riferimento mobile. Quindi possiamo pensare di inchiodare P su quest'asse. Quest'asse nel frattempo ruota attorno all'asse fisso z₁. E allora qual è la curva di trascinamento descritta dal punto P? È una circonferenza di centro O₁ e raggio, considerato fisso, x₁. Questo punto P descriverà la circonferenza con una velocità angolare scalare che è ω₀. Facciamo una proiezione nel piano O₁x₁y₁, il punto P si trova su x₁ fissato,  per cui il suo raggio è esattamente x₁. Il punto P descrive questa circonferenza, che è la curva di trascinamento, questa è quella che noi chiamiamo la γ𝛕 è la circonferenza di centro O₁ e raggio x₁. Se fissiamo una terna intrinseca, avremo il versore tangente, t𝛕, poi ci mettiamo il versore normale, n𝛕 e inoltre avremo il versore della binormale, il versore b𝛕 che è il versore k₁. Se vogliamo scrivere a𝛕 utilizzando la formula, che è l'accelerazione con cui il punto punto P descrive la curva di trascinamento γ𝛕. Questa è una curva fittizia, non è una curva vera, è la curva che il punto P descriverebbe se noi lo fissassimo rigidamente all'asse x, ma in realtà il punto P si muove sull'asse x₁, quindi è solo un modo per fare i calcoli. Quindi a𝛕 sarebbe s due punti 𝛕, versore t𝛕 + s𝛕² punto / ρc𝛕, versore n𝛕. Dobbiamo vedere chi sono s𝛕, ρc𝛕, t𝛕 e n𝛕.

s𝛕 è l’ascissa curvilinea del punto P che descrive la circonferenza di centro O₁ e raggio x₁, quindi è il parametro lunghezza d’arco. La velocità angolare scalare ω sarà quella che compare nella s𝛕 punto, perché la s𝛕 è il raggio x₁ per l'angolo di rotazione. s𝛕 punto sarà x₁, il raggio, per la ω₀ che è la velocità angolare scalare con cui il punto P nel moto di trascinamento descrive la curva. E siccome nel moto di trascinamento x₁ è costante e la rotazione è uniforme, quindi anche ω₀ è costante, la s𝛕 due punti sarà uguale a 0.

ρc𝛕 è il raggio del cerchio osculatore, che in questo caso coincide con la circonferenza stessa, con la traiettoria γ𝛕, quindi è x₁. t𝛕 è il versore tangente alla circonferenza di centro O₁ e raggio x₁ e, istante per istante, siccome P è fissato sull'asse x₁, questo t𝛕  è altro il versore j₁. Invece n𝛕 è l'opposto del versore ī₁, quindi n𝛕 è uguale a - ī₁. Ecco allora che abbiamo tutto a questo punto, perché la s𝛕 due punti è uguale a 0, quindi questo termine non c'è, rimane soltanto questo termine in cui s𝛕 punto vale x₁ω₀, ρc𝛕 vale x₁ e n𝛕 è - ī₁ e andando a sostituire, otteniamo esattamente - x₁ω², versore ī₁, che è esattamente quello che avevamo trovato qui.

Adesso dobbiamo andare a sostituire tutto quello che abbiamo, quindi abbiamo trovato F che è la somma di questo vettore + questo e poi + φ, poi prendere a𝛕 e moltiplicarlo per - m. Andiamo a sottolineare tutte le cose che ci servono per avere F, ricordando che a𝛕 lo dobbiamo moltiplicare per - m.

Andiamo a mettere tutto insieme e otteniamo l'equazione dell'equilibrio relativo e questa la proiettiamo come sempre lungo ī₁, j₁ e k₁ per ottenere le equazioni scalari che poi ci daranno l'equazione dell'equilibrio relativo e le espressioni delle reazioni vincolari scalari all'equilibrio. Proiettiamo lungo ī₁, -k² x₁, perché i termini lungo ī₁ sono questo e questo, + m x₁ ω₀² e questo è uguale a 0. Poi proiettiamo lungo j₁, c'è soltanto questo termine e quindi ci viene φy₁ = 0, lungo k₁ - mg perché c'è questo termine e questo termine, quindi - mg k₁ + φz₁ = 0. Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite x₁ all'equilibrio, φy₁ e φz₁. La prima equazione che non contiene le reazioni vincolari scalari, è l'equazione dell'equilibrio relativo. Raccogliamo x₁, rimane - k² + m ω² = 0. Questa è l'equazione dell'equilibrio relativo di P sulla retta. Adesso la dobbiamo risolvere e vediamo quante sono e quali sono le posizioni di equilibrio relativo del punto. Quante soluzioni ammette? C'è un coefficiente moltiplicativo davanti a x₁, quindi questo coefficiente moltiplicativo non è sempre diverso da 0. facciamo un’ipotesi, se k² è diverso da mω₀², quindi vuol dire se questo coefficiente moltiplicativo è diverso da 0, allora c'è una sola soluzione x₁* = 0, quindi una posizione di equilibrio relativo del punto P, che è l'origine. In questa posizione la φ₁ è uguale a 0. La φz₁ vale all'equilibrio m per g. Quindi la reazione vincolare che realizza il vincolo all'equilibrio è la φ* che vale mg k₁.

Cosa succede invece se k² è uguale ad mω₀² quadro? Se questo fattore moltiplicativo, questo coefficiente davanti a x₁ è identicamente nullo, allora questa equazione è soddisfatta per qualunque x₁ e allora una qualunque posizione x₁* asterisco sull'asse O₁x₁ è posizione di equilibrio relativo del punto. E in particolare, la reazione vincolare in quella posizione sarà sempre mg k₁. Quindi in questo caso ci sono infinite posizioni di equilibrio, quindi siamo nel caso k² = ω₀², se io prendo il punto P, lo metto nella posizione P₀ all'istante t₀ in quiete, in una qualunque di queste posizioni, nell’ipotesi k² = ω₀², il punto resta nella posizione P₀ per ogni t maggiore di t₀. Ci sono tutti i punti su questa retta se mω₀² = k² sono posizioni di equilibrio. Se k² / m, che rappresenta la pulsazione propria della eventuale oscillazione del punto P, è uguale alla velocità angolare scalare con cui l'asse x₁ ruota attorno all'asse z₁, allora il punto si trova costantemente in equilibrio con la reazione vincolare scalare che è uguale a m g k₁.

Studio del moto relativo

Per studiare il moto relativo del punto P abbiamo bisogno dell'equazione del moto relativo, che è m a₁, dove a₁ è l'accelerazione relativa del punto P, uguale ad F + φ - m a𝛕 - m ac. F, φ e - m a𝛕 li abbiamo già calcolati, sono quelli che abbiamo evidenziato in verde. Evidenziamo anche questo - m, che ce lo ricordiamo, che ci va. Adesso dobbiamo invece aggiungere quello che ci manca qui in questa equazione, e cioè dobbiamo dire chi è a₁ e chi è - m ac, cioè scrivere il vettore della forza di Coriolis e il vettore accelerazione relativa del punto P.

L’accelerazione relativa del punto P sarà x₁ due punti ī₁ e quindi questo sarà il termine aggiuntivo che ci serve. Poi ci vuole - m ac, allora l'accelerazione di Coriolis è data da 2ω₀ vettor v₁,  quindi 2ω₀k₁, la velocità v₁ è la velocità relativa del punto P, quindi sarà x₁ punto ī₁. E allora siccome k₁ vettor ī₁ fa j₁, questo ci dà 2ω₀x₀ punto lungo j₁. - m ac sarà - 2mω₀x₁ punto j₁. Adesso andiamo a mettere questi vettori che avevamo già evidenziato in verde, li mettiamo nella equazione differenziale del moto, quindi m x due punti ī₁ è uguale, il vettore F avrà la forza peso - mg k₁, la forza elastica - k² x₁ ī₁, poi c'è la forza di trascinamento, - m a𝛕, che è - m per - x₁ω₀² ī₁, quindi + mx₁ ω₀² ī₁ lungo ī₁ e poi ci va - m ac, quindi - 2m ω₀x₁ punto j₁, poi ci va la reazione vincolare + φy₁ j₁ + φz₁ k. In questo modo abbiamo l'equazione vettoriale, che adesso andremo a proiettare lungo le direzioni scalari ī₁, j₁ e k₁. Prendiamo i termini lungo ī₁ che sono 3, quelli verdi. Poi prendiamo i termini invece in j₁ e quindi avremo 0 al primo membro, uguale a -2m ω₀x₁ punto + φy₁.

Infine l'ultimo termine, che è quello lungo k₁, cioè l'ultima proiezione, che darà 0, uguale a - m per g + φz₁. In questo modo ho ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite, che sono x₁(t), φy₁, φz₁. La prima equazione che non contiene le reazioni vincolari scalari è l'equazione differenziale del moto. E se dividiamo tutto per m e portiamo tutto al primo membro, avremo x₁ due punti, poi poniamo anche ω² = k² / m, facciamo questa ipotesi, diventa x₁ due punti + ω² - ω₀² x₁ = 0. E questa è l'equazione differenziale del moto che dal punto di vista analitico è un'equazione differenziale del secondo ordine, è lineare a coefficienti costanti, omogenea. Questa equazione differenziale noi la sappiamo risolvere. Questa non è l'equazione differenziale dell'oscillatore armonico, perché questo coefficiente non è sempre positivo. Se questo coefficiente è positivo, allora questa è l'equazione differenziale dell'oscillatore armonico. Ma se questo coefficiente è nullo, oppure negativo, le cose cambiano. Questa che è l'equazione differenziale del moto, che è un'equazione unica, però prevede tre tipi di soluzione diversa:

  • A seconda che si abbia ω² > ω₀²

  • Oppure che si abbia, secondo caso, ω² = ω₀²

  • Oppure che si abbia ω² < ω₀²

Queste due equazioni invece, la φy₁ e la φz₁, risolte, ci daranno l'espressione delle reazioni vincolari scalari durante il moto. Qua c'era l'equazione 1, che risolta mi dà l'equazione differenziale del moto. L'equazione 2 e l'equazione 3, la 2 mi dice che la φy₁ vale 2m ω₀x₁ punto. La 3 mi dice che durante il moto la φz₁ è uguale ad m per g. Una volta determinato il moto in questi 3 casi, uno ciascuno, avremo anche l'espressione del vettore della reazione vincolare.

Analizziamo separatamente i tre casi.

  1. Caso 1, ω² > ω₀². ω² è k² / m. ω₀² è il quadrato della velocità angolare scalare di rotazione dell'asse x₁. Questo coefficiente è maggiore di 0, quindi indico con ω² proprio questa differenza, ω² - ω₀². E allora l'equazione differenziale diventa veramente quella dell'oscillatore armonico. La soluzione, cioè l’integrale generale è x₁(t) = C cos(Ωt + γ) la pulsazione è la radice quadrata di questo coefficiente, quindi ci va Ω. C e γ si determineranno attraverso le condizioni iniziali, che sono date qui, x₁(0) deve valere x₁₀ e x₁(0) punto deve valere v₁₀. Quindi fissate le condizioni iniziali, questo comporta C cos γ = x₁₀ e sulla derivata - C Ω sin γ = v₁₀. Abbiamo il sistema delle due equazioni in C e γ e otteniamo, attraverso le condizioni iniziali, che C è uguale alla radice quadrata di x₁₀² + v₁₀²,  diviso Ω² e di nuovo γ è tale per cui la tangente di γ, ammesso che x₁₀ sia diverso da zero, vale - v₁₀ / x₁₀ Ω. Quindi in questo caso il moto è un moto oscillatorio armonico.

  2. Il caso 2 è il caso in cui ω² = ω₀². In questo caso l'equazione differenziale, se questo coefficiente è 0, rimane x₁ due punti = 0. Questa è l'equazione banale del moto uniforme. Le condizioni iniziali ce le abbiamo, quindi il moto, assegnando anche le condizioni iniziali, diventa v₁₀t + x₁₀.

  3. Il terzo caso, quando questo coefficiente è negativo ω² < ω₀². Chiamiamo h² = ω₀² - ω² > 0, questa è una quantità sicuramente positiva, per questo che la chiamiamo h², perché così non abbiamo dubbi che sia positiva. Allora l'equazione differenziale diventa x₁ due punti - h² x₁ = 0. Questa è diventata l'equazione differenziale del moto nel caso terzo. L’analisi matematica ci insegna che noi scriviamo l'equazione caratteristica associata a questa equazione differenziale del secondo ordine lineare a coefficienti costanti e omogenea e vediamo che questa ammette due soluzioni, λ₁ = - h e λ₂ = h. Ecco allora che l'integrale generale è C₁ per e alla - ht + C₂ per e alla ht. Dobbiamo imporre le condizioni iniziali. Quindi imponendo le condizioni iniziali ricaviamo C₁ e C₂ e vediamo cosa viene fuori. Calcoliamoci anche la x punto, così ce l'abbiamo già, quindi la x₁(t) punto vale - C₁h per e alla - ht + C₂ h per e alla ht. Quindi imponiamo le condizioni iniziali, la x₁ all'istante 0 vale C₁ per e alla 0 + C₂ per e alla 0, quindi C₁ + C₂ e questo deve essere uguale a x₁₀. Poi la seconda condizione iniziale è che la x₁(0) punto deve valere v₁₀, quindi andiamo qui e la calcoliamo in 0. E quindi avremo che - C₁h + C₂h deve essere uguale a v₁₀. Questo è il sistema delle due equazioni nelle due incognite C₁ e C₂ che andiamo a risolvere. Moltiplico la prima equazione per - h e poi le sommo, quello che ottengo è - 2hC₁, + un termine - C₂h + C₂h che se ne va, uguale a - h x₁₀ + v₁₀. In questo modo ottengo C₁, che vale h x₁₀ - v₁₀, tutto fratto 2h. Adesso invece ricavo C₂, moltiplico la prima equazione per + h e poi sommo membro a membro. Quello che si ottiene è che + hC₁ - hC₁ si elidono, poi rimane + 2 hC₂ = x₁₀ + v₁₀. Quindi C₂ vale h x₁₀ + v₁₀, diviso 2h. Ecco che così abbiamo determinato le due costanti che mi servono, C₁ e C₂ da andare a sostituire qui dentro per avere il moto. Quindi x₁(t), mettiamo h x₁₀ - v₁₀ / 2h, perché ci dobbiamo mettere C₁ qua, che è questa, per e alla - ht, + il C₂ che è h x₁ + v₁₀, diviso 2h per e alla ht. Questo è il moto del punto P, nel caso che abbiamo visto, ω² < ω₀². In questo caso c'è questo termine che essendo positivo, e alla - ht dopo un certo transiente svanisce e questo invece che ha il termine dominante che realizza il moto nell'ultimo caso, che era il terzo caso.

Esercizio 5.12

Supponiamo di avere un punto materiale P di massa m, che è vincolato a muoversi su di un piano orizzontale e supponiamo che questo piano orizzontale sia il piano O₁x₁y₁ che supponiamo inoltre liscio, cioè senza attrito e supponiamo inoltre che questo piano si stia muovendo, ruotando uniformemente, cioè con velocità angolare costante ω₀ k₁ attorno all'asse fisso O₁z₁, che avrà versore k. Questi sono i versori ī₁ e j₁.

Sul punto agisce la forza peso, che per la scelta che abbiamo fatto dell'asse z₁ verticale ascendente, la forza peso sarà diretta lungo k₁ e inoltre è soggetto anche ad una forza elastica che richiama il punto P verso il punto O₁, quindi forza elastica che ha vettore k²(O₁ - P).

Quello che ci viene richiesto è determinare le posizioni di equilibrio relativo del punto P e inoltre le equazioni differenziali del moto di P rispetto al sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁.

Quando si richiede di determinare il moto del punto, significherebbe scrivere l'equazione differenziale del moto e risolverla, quindi trovare il moto finito del punto. Quando invece si chiedono le equazioni del moto, o in maniera più specifica, le equazioni differenziali del moto, proprio queste equazioni differenziali.

In questo esercizio, per quanto riguarda il moto, non ci viene richiesto di calcolare l'integrale generale e quindi di risolvere il problema di Cauchy, ma semplicemente di fermarsi alle equazioni differenziali del moto.

Studio dell’equilibrio relativo

Partiamo dal problema di equilibrio relativo. ω₀, il vettore velocità angolare con cui il piano O₁x₁y₁ ruota attorno all'asse fisso O₁z₁ è costante, quindi la rotazione è uniforme. Quindi ω₀ è una costante e k₁ è una costante.

C’è la forza peso, -mg k₁ e poi c'è la forza elastica k²(O₁ - P), dove k² è la costante elastica della molla.

Il nostro problema è quello di studiare l'equilibrio relativo del punto P. L'equazione dell'equilibrio relativo del punto è F + φ - m a𝛕 = 0. Questa è l'equazione dell'equilibrio relativo del punto P, e quindi quando dobbiamo scrivere un problema di equilibrio rispetto ad un osservatore immobile, l’equazione a cui dobbiamo fare riferimento è questa, quindi prendere il vettore risultante delle forze attive, agenti sul punto, il vettore risultante delle reazioni vincolari e infine bilanciarlo con il vettore della forza di trascinamento- m per l'accelerazione di trascinamento è il vettore della forza di trascinamento. Vediamo quali sono le forze in gioco. Questo è un problema a due gradi di libertà, perché è un punto che è vincolato a muoversi nel piano, quindi possiamo prendere come parametri lagrangiani q₁, q₂, che sono le coordinate cartesiane x₁ e y₁ nel piano ruotante O₁x₁y₁. Il vettore F sarà il vettore della forza peso, - mg k₁, + il vettore della forza elastica, k²(O₁ - P). E siccome (O₁ - P) dipenderà dai parametri lagrangiani x₁, y₁, questo diventa - k² x₁ ī₁ + y₁ j₁ e questo è il vettore F delle forze attive. Adesso vediamo come è fatto il vettore della reazione vincolare. Il vettore della reazione vincolare, siccome il punto è vincolato al piano orizzontale e il piano è liscio, questo piano su cui si muove il punto P è un piano liscio, allora il vettore della reazione vincolare si esplica in direzione normale al vincolo, quindi sarà un φz k₁, dove non è un vincolo d'appoggio per cui il segno di φz non sappiamo se è positivo o negativo o nullo. Abbiamo sistemato quindi il vettore F, il vettore φ, adesso dobbiamo calcolare l'accelerazione di trascinamento a𝛕.

Per calcolare l'accelerazione di trascinamento a𝛕 si può usare sia la formula, sia il significato fisico, cioè il fatto che l'accelerazione di trascinamento è l'accelerazione che il punto P avrebbe, se pensato rigidamente connesso al sistema di riferimento mobile, quindi in questo caso dovremmo vincolare P su questo piano orizzontale, mentre il piano ruota.

Adesso lo calcoliamo solo con la formula, derivata a seconda di O₁ fatta rispetto a t due volte + la derivata del vettore velocità angolare del sistema di riferimento mobile, che è ω₀, vettor P - O₁ + ω₀ vettor ω₀ vettor P - O₁. Siccome il punto O₁ di cui qua dobbiamo mettere l’accelerazione è un punto dell'asse di rotazione, sarà un punto fisso, di conseguenza questo è uguale a 0 e non c'è. ω₀ è un vettore costante in intensità, direzione  e verso, di conseguenza questa derivata sarà zero e quindi anche il contributo di questo termine non c'è. Rimane solo ω₀k₁, vettor ω₀k₁, vettor P - O₁, che è x₁ ī₁ + y₁ j₁. O facciamo i calcoli, quindi questi prodotti vettoriali e poi il risultato viene moltiplicato vettorialmente a destra per questo vettore, ma quando c'è un vettore P - O₁ ortogonale ad un vettore che viene moltiplicato per due volte da questa parte rispetto a questo, allora si ottiene il vettore di partenza, ruotato per due volte di π /2 in verso antiorario e quindi a meno poi di questo fattore, che è l’ω₀, si ottiene - ω₀² per il vettore P - O₁, cioè x₁ ī₁ + y₁ j₁.

In maniera esplicita, k₁ vettore ī₁ fa j₁, k₁ vettor j₁ che fa - ī₁ e poi di nuovo questo prodotto vettoriale. Sottolineiamo quali sono i vettori che ci interessano, allora abbiamo il vettore F, poi c'è φ che è questo e poi c'è a𝛕 che va moltiplicato per - m e lo uguagliamo a zero. Andiamo a scrivere l'equazione che ci serve, quindi mettiamo - mg k₁ - k² x₁ ī₁ - k² y₁j₁ e poi abbiamo la φ che è + φz k₁, infine dobbiamo fare il -m per a𝛕, quindi ci viene + mω₀² x₁ ī₁ e un + mω₀² y₁ j₁ e questo va uguagliato a 0. Questa è l'equazione dell'equilibrio relativo del punto P e quindi la possiamo proiettare adesso lungo le tre direzioni scalari ī₁, j₁ e k₁, allora lungo ī₁ c'è questo termine e questo termine, e quando moltiplico scalarmente lungo ī₁, ci viene - k² x₁ + m ₀² x₁ = 0. Quando proietto lungo j₁ abbiamo questo termine e questo, quindi ci viene - k² y₁ + m ω₀² y₁ = 0 e infine i termini lungo k₁ che sono - m per g + φz e questo deve essere uguale a 0. Abbiamo ottenuto quindi un sistema di tre equazioni nelle tre incognite che sono x₁, y₁ e φz. Le prime due equazioni che non contengono la componente scalare del vettore della reazione vincolare, cioè non contengono la φz sono le due equazioni dell'equilibrio relativo. Quindi le posizioni di equilibrio che ha il punto P sul piano, piano che però si sta muovendo, perché ruota qui attorno.

Le equazioni le possiamo riscrivere raccogliendo x₁ come mω₀² - k² x₁ = 0 e m ω₀² - k² y₁ = 0 e queste sono le due equazioni dell'equilibrio relativo. La terza equazione invece mi fornisce la reazione vincolare scalare all'equilibrio. Vediamo quante sono e quali sono le posizioni di equilibrio del punto P. In questo sistema di due equazioni nelle due incognite x₁ e y₁ c'è un coefficiente che non è detto che sia sempre diverso da 0 e quindi. a seconda del valore di queste costanti. si avranno due situazioni diverse.

Se m ω₀² è diverso dalla costante elastica della molla, cioè la k², allora l'unica possibilità perché questo prodotto si annulli è che ci sia x₁* = 0 con y₁* = 0 e quindi c'è una sola posizione di equilibrio relativo che è l'origine e in questa posizione la reazione vincolare φ* vale m per g k₁. Se invece il coefficiente che sta davanti a x₁ e y₁ nel sistema, cioè questa costante è nulla, cioè m ω₀² è uguale alla costante elastica della molla, allora avremo che una qualunque coppia di valori nel piano, quindi una qualunque coppia di coordinate x₁*, y₁* nel piano, è posizione di equilibrio relativo. Ci sono infinite posizioni di equilibrio relativo, un qualunque punto nel piano è posizione di equilibrio relativo, se siamo in questa particolarissima condizione in cui la costante elastica della molla uguaglia il prodotto della massa del punto per il vettore velocità angolare al quadrato. In questo caso, il vettore della reazione vincolare, all’equilibrio, è indipendente dalla posizione e quindi vale sempre m per g k₁.

Quindi se siamo nel caso mω₀² = k², se io metto il punto P in questa posizione all'istante t₀ con velocità nulla, il punto qui rimane per ogni istante t maggiore di t₀ nel caso in cui la costante elastica della molla uguagli m per ω₀².

Studio del moto relativo

Adesso studiamo invece il moto relativo. L’equazione del moto relativo è m a₁ = F + φ - m a𝛕 - ac. Quindi il vettore accelerazione relativa del punto P, moltiplicato scalarmente per m, deve uguagliare la somma del vettore risultante delle forze attive, del vettore risultante delle reazioni vincolari, vettore della forza di trascinamento e vettore della forza di Coriolis. Mentre F, φ e - m a𝛕 li abbiamo già calcolati, che sono quelli che abbiamo sottolineato in verde, adesso ci manca da calcolare a₁ e l'accelerazione di Coriolis. E allora questo è proprio quello che faremo. L’accelerazione a₁ è la derivata seconda del vettore P - O₁, quindi x₁ due punti ī₁ + y₁ due punti + j₁. L'accelerazione di Coriolis vale 2 volte il vettore velocità angolare del sistema di riferimento mobile, moltiplicato vettorialmente, quindi vettor v₁, velocità relativa del punto P. Quindi 2ω₀k₁, vettore x₁ punto ī₁ + y₁ punto j₁. E allora facciamo il prodotto vettoriale, k₁ vettor ī₁ fa j₁, quindi 2 ω₀ x₁ punto j₁. k₁ vettor j₁ fa -ī₁, quindi viene -2₀ y₁ punto ī₁. Adesso lo moltiplichiamo già per - m così dopo abbiamo tutto quello che ci serve, - m ac, questo diventa - 2m ω₀x₁ punto j₂ + 2mω₀ y₁ punto ī₁.

a₁ e - m ac  vanno aggiunti alle cose che avevamo sottolineato in verde prima, quindi il vettore F, il vettore φ  e -m a𝛕. Quindi adesso scriviamo la nostra equazione del moto relativo, m a₁ = F + φ - m a𝛕 - ac. Mettendo tutto insieme, otteniamo l'equazione differenziale del moto. E adesso questa la proiettiamo lungo le tre direzioni scalari. Prendiamo prima i termini in ī₁, che sono questo, questo, questo e questo in giallo. Adesso invece dobbiamo proiettare lungo j₁, moltiplichiamo scalarmente per j₁ membro a membro, quindi i termini che mi servono sono questi in azzurro.

Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni in tre incognite. Due sono equazioni differenziali, l'altra no. Le tre incognite sono x₁(t), y₁(t) e la φz, reazione vincolare durante il moto. Le prime due equazioni che non contengono la reazione vincolare scalare sono le equazioni differenziali del moto del punto P che si sta muovendo su questo piano mobile. La terza equazione invece è quella che ci fornisce la reazione vincolare scalare durante il moto, quindi durante il moto la reazione vincolare vale identicamente m per g. Questo è un sistema di due equazioni differenziali del secondo ordine che sono lineari, a coefficienti costanti, ma non sono disaccoppiate. La prima equazione contiene la x₁ e le sue derivate, ma contiene anche la derivata di y₁. Analogamente, la seconda equazione contiene y₁ e le sue derivate, ma contiene anche la derivata di x₁. La consegna dell'esercizio ci chiedeva di arrivare alle equazioni differenziali del moto, ma siccome non essendo le due equazioni del sistema indipendenti, l'integrale generale non è immediato, cioè bisogna passare attraverso alcune sostituzioni, noi consideriamo il problema finito a questo punto, cioè diciamo che il nostro problema finisce qui, abbiamo determinato quello che ci veniva richiesto.

Esercizio 5.15

Vediamo il problema del satellite geostazionario, ossia della prima velocità astronautica. Vogliamo determinare la velocità scalare v(r) di un punto materiale P di massa m pesante che descrive un’orbita circolare nel piano equatoriale ad una distanza r dalla superficie terrestre. La Terra possiamo rappresentarla schematicamente, come una sfera che ha il centro in questo punto O₁ e prendiamo l’asse O₁z₁ come asse terrestre sud-nord. Poi prendiamo un sistema di riferimento degli assi nel piano equatoriale e prendiamo l'asse x₁ che passa per il punto P, quello di massa m, di cui vogliamo calcolare la velocità tale per cui questo punto va da descrivere un'orbita nel piano equatoriale, ad una distanza r dalla superficie terrestre, quindi r è la distanza che separa P in direzione radiale dalla superficie terrestre, R è il raggio della Terra che abbiamo supposto essere una sfera. Abbiamo indicato appunto con O₁ il baricentro della Terra e O₁x₁y₁z₁ è una terna di riferimento, che è solidale con la Terra.

La velocità angolare di rotazione della Terra, la rotazione della Terra possiamo supporla uniforme, e quindi la velocità angolare di rotazione della Terra è il vettore ω₀, dato dallo scalare ω₀, che è una costante, per il versore k₁. Ci viene richiesto di risolvere un problema di equilibrio relativo, perché se vogliamo determinare la velocità con cui il punto materiale descrive questa orbita circolare nel piano equatoriale, a questa distanza r dalla superficie terrestre, ci stiamo chiedendo di determinare la velocità v(r) con cui un punto P si mette in movimento, in modo tale da essere in equilibrio rispetto all'osservatore mobile O₁x₁y₁z₁. Quindi così come avevamo visto nel caso della definizione del peso del punto, dobbiamo risolvere un problema di equilibrio relativo.

L’equazione dell'equilibrio relativo è F + φ - m a𝛕 = 0. Adesso vediamo chi sono questi vettori in questo caso particolare. Partiamo da φ, che è il vettore della reazione vincolare, ma siccome il punto materiale è libero di muoversi, deve muoversi in questo piano equatoriale, rimanendo ad una distanza r dalla superficie terrestre, φ è uguale a 0 e quindi questo lo togliamo.

Il vettore F è il vettore della forza di attrazione gravitazionale tra il punto P, quello rosso, e la Terra. La massa del punto P è m, se indichiamo con M la massa della Terra, avremo che il vettore della forza di attrazione gravitazionale punto - Terra vale - G, costante di gravitazione universale, per m M, diviso per R + r, tutto al quadrato, lungo il versore ī₁. La trazione gravitazionale che agisce sul punto è nella direzione di x₁ e tende a portare P verso O₁, di conseguenza è il - ī₁, che è il versore dell'asse x₁.

Adesso ci manca - m a𝛕. Siccome la rotazione della Terra attorno all’asta è una rotazione uniforme, questa è la forza centrifuga. La forza centrifuga sarà data da m per R + r, perché ci dobbiamo mettere la distanza di P dal centro della Terra, dall'asse di rotazione, poi ci va la velocità angolare al quadrato per il versore ī₁, forza centrifuga, questa agisce concordemente al versore ī₁. Ecco allora che tutti i versori li abbiamo sistemati.

Andiamo ad inserire i vettori in questa equazione  uguagliata a zero e quindi avremo - G m M su R + r, tutto al quadrato, versore ī₁ + m R + r per ω₀² e questo lungo ī₁, uguale al vettore nullo. Questa equazione è un’equazione vettoriale, è tutta lungo il versore ī₁, quindi basterà moltiplicarla scalarmente, membro a membro, per ī₁ per ottenere una relazione scalare che è - G, costante di gravitazione universale, per m M, diviso R + r, al quadrato, + m(R + r)ω₀² = 0 e questa è quella che viene chiamata la condizione di imponderabilità del punto P e rappresenta quella relazione che ci serve per ricavare quella v(R) che stiamo cercando. La v(R) con cui P descrive quell’orbita circolare nel piano equatoriale è il raggio di questa circonferenza, quindi R + r per il vettore velocità angolare ω₀ con cui la terra ruota. Tenendo presente questo, considero la condizione di imponderabilità e, per poter vedere dov’è v(r) qui dentro, moltiplico e divido qui per R + r, quindi io qui scrivo nella condizione di imponderabilità, - g m M, diviso R + r  al quadrato + m per R + r e moltiplico e divido per R + r e quindi al numeratore ci viene un R + r al quadrato, al denominatore un R + r e poi c'è ω₀² e questo deve essere uguale a 0. Il vettore circondato è v(r)² e quindi possiamo ricavare v²(r), che è uguale a G M, diviso, perché la massa qui si semplifica e questo si può togliere, e quindi abbiamo G M, fratto R + r e quindi, siccome queste sono delle quantità positive, possiamo scrivere che v(r), cioè quella che cercavamo è la radice quadrata di G M, diviso per R + r.

Abbiamo trovato quello che stavamo cercando, cioè la risposta, qual è la prima velocità astronautica, quella che serve per mantenere in orbita il satellite, per avere un satellite geostazionario, questa è esattamente la radice quadrata della costante di gravitazione universale G per la massa della Terra, fratto questa distanza di P dal centro della Terra. Quindi se adesso poniamo g’ primo uguale a G M su R + r, tutto al quadrato, allora la v(r) diventa la radice di g’ di R + r.

Siccome G M, fratto R² è l'accelerazione di gravità, che è circa 9.8 metri su secondo quadro, quella che di solito approssimiamo con il 9.81 m/s², questa è l'approssimazione che di solito viene fatta e in questo modo possiamo calcolare anche quanto vale la g’, per esempio se vogliamo calcolare la prima velocità astronautica per un r che valga circa 160 km, allora il raggio R lo possiamo approssimare circa con 6.370 km, per cui R + r sarà circa uguale a 41/40 di R. La g’, che è GM su R + r al quadrato, diventa G M, poi moltiplichiamo e dividiamo per R², R + r al quadrato e questo diventa uguale a circa 40/41 al quadrato per g, che è circa 9.3 metri su secondo al quadrato. Di conseguenza, quello che si ottiene è che v, che è la radice di g’ per R + r diventa circa 28.000 km all'ora, avendo trasformato. Quindi il satellite geostazionario è un satellite che si muove nel piano equatoriale, però rimanendo fisso rispetto ad un osservatore solidale con la Terra. Ecco perché abbiamo trovato la condizione di imponderabilità e abbiamo utilizzato l’equazione del moto relativo.

Esercizio 6.1


Cominciamo da un esercizio di statica, in cui supponiamo il sistema per ipotesi in equilibrio e quello che ci viene richiesto è il solo calcolo delle reazioni vincolari. Per determinare queste reazioni vincolari all'equilibrio, utilizzeremo, se abbiamo a che fare con un sistema meccanico, le equazioni cardinali della statica che per i corpi rigidi, che sappiamo essere necessariamente soddisfatte nelle configurazioni d’equilibrio.

Supponiamo di avere un'asta AB che sia omogenea, di massa 3m e lunghezza 6d e supponiamo che quest’asta sia in equilibrio, appoggiata su due supporti lisci nei punti C e D, dove C dista da A, d, e invece D dista da A, 4d. Poi all'estremo B dell'asta è appesa mediante un filo una massa puntiforme P di massa m.

Quello che ci viene richiesto è di determinare le reazioni vincolari all'equilibrio, che saranno in C e in D. Qua non c'è appoggio, è solo che ho rappresentato un sistema di riferimento cartesiano ortogonale in cui x passa per la base dei supporti e y, che è perpendicolare ad x e perpendicolare all'asta AB, in quanto x sarà parallelo all'asta AB, passa per l'estremo A, ma non c'è nessun vincolo.

Quello che ci viene richiesto è di calcolare le reazioni vincolari in C e in D e useremo le equazioni cardinali della statica. Per semplicità, conviene pensare che il punto P, e in questo caso di equilibrio è possibile, anziché tenerlo appeso, tanto le tensioni del filo si trasmetteranno inalterate, possiamo pensare che il punto P coincida con l'estremo B. E quindi risolveremo l'esercizio in questa situazione particolare.

La prima domanda è calcolare all'equilibrio il valore della reazione vincolare in C e della reazione vincolare in D, in quanto gli unici vincoli, che sono vincoli di appoggio, si hanno in questi due punti. Innanzitutto scriveremo per questo sistema, asta e punto insieme, che è diventato un unico corpo rigido, e quindi per questo sistema che avrà massa 3m + m, possiamo scrivere le equazioni cardinali della statica, allora avremo che Fe, vettore risultante delle forze attive esterne, + φe, vettore risultante delle reazioni vincolari esterne, è uguale a zero e Ωe calcolato in un certo polo, + ѱe, calcolato nello stesso polo, dovrà essere uguale a zero. Queste sono necessariamente soddisfatte all’equilibrio.

Quali sono le forze attive che agiscono sul punto materiale. Questa è un'asta pesante e quindi c'è sicuramente la forza peso, forza peso dell'asta AB che supponiamo applicata nel baricentro G, quindi la forza peso avrà vettore - 3m per G e supponiamo che l'asse y sia verticale ascendente e l'asse x sia orizzontale, allora - 3 mgj è la forza G, - 3 mgj è il vettore della forza peso. E siccome l'asta ci viene detto che è un'asta omogenea, allora possiamo dire che il baricentro si trova nel punto medio.

Inoltre c'è la forza peso del punto materiale, quindi P, questa massa m, quindi - mgj e poi ci sono le reazioni vincolari. Le reazioni vincolari sono in C e in D, e quindi avremo applicata in C la φC, che ha la componente scalare φC lungo j e in D la reazione vincolare φD che ha la componente scalare φD lungo j. Questo è un vincolo liscio, di conseguenza la reazione vincolare si esplica in direzione normale al vincolo e siccome tutte le forze, che sono soltanto le forze peso, stanno tutte nel piano Oxy, anche la reazione vincolare dovrà stare nel piano e quindi l'unica componente che dovremo considerare è la componente lungo j e quindi possiamo dire che nel punto C agisce questa reazione vincolare, φC j e in D, la φD j.

Adesso vediamo qual è il polo da scegliere per l'equazione dei momenti. Il polo è arbitrario, arbitrario significa che il risultato non dipende dalla scelta del polo. In C è applicata una reazione vincolare, forse conviene scegliere come polo per il calcolo di questi momenti, proprio uno dei due. Quindi, per esempio, C, in modo tale che questa reazione vincolare non dia contributo. Scriviamo le coordinate dei punti in esame. Il punto A ha coordinate 0, il punto C ha la coordinata xC che vale d, il baricentro G si troverà a metà dell'asta, quindi coordinata 3d sull'asse delle x. L'altro punto di appoggio D si trova ad una scissa uguale a 4d e la xP del punto P che coincide con la x dell'estremo B si trova nella posizione 6d. Vediamo di calcolare i momenti e decidiamo di mettere il polo in C. Ωe con polo in C è il momento risultante delle forze attive esterne, quindi il momento risultante di queste forze, delle due forze peso, quella in G e quella in P. Allora faremo -3 mgj, vettor (C - G) e poi c’è -mgj polo C - P. Siccome C - G, la coordinata di C è d, la coordinata di G è 3d, il vettore C - G diventa -2d ī, invece quando facciamo C - P, siccome la coordinata di C è d, la coordinata di P è 6d, questo varrà -5d ī.

Facciamo i prodotti vettoriali, quindi j vettor ī fa -k, - per - per - otteniamo - 6 mgd k +, adesso facciamo il calcolo di j vettor ī, che fa -k, - per -, + per -, -, quindi avremo - 5mgd k e questo fa -11 mg d k.

Adesso calcoliamo la ѱe con polo in C, quindi il momento risultante delle reazioni vincolari esterne. La φC, essendo applicata in C, che abbiamo scelto come polo, non dà contributo. Resta solo il contributo della φD lungo j, vettor polo C - D. Quindi φD j, vettor C - D, che è -3d ī, quindi j vettor ī fa - k, - per - fa +, quindi 3 φD d versore k e questa è la ѱe di C. Quindi se adesso andiamo a riportare i vettori nella prima equazione e nella seconda, avremo - 3mgj, poi ci va - mgj, poi + φC j + φD j e questo sarà il vettore nullo. Per la seconda equazione dobbiamo sommare Ωe con polo in C a ѱe con polo in C e questa somma uguagliarla a zero, quindi quello che otteniamo è - 11mgd + k + 3 φD d versore k e questo deve essere uguale a 0.

Questo è il sistema delle equazioni cardinali della statica che andremo a proiettare, in questo caso lungo l'unica direzione non banale che è quella dell'asse y, perché non c'è altro, quindi moltiplichiamo scalarmente per j e uguagliamo a 0. E questa, lungo k, la moltiplichiamo scalarmente lungo k e la uguagliamo a 0.

- 3 mg - mg + φC + φD uguale a 0 e infine - 11 mgd + 3 φD d uguale a 0. Queste sono le due equazioni, questa volta sono solo nelle due incognite φC e φD perché questo sistema è in equilibrio, è supposto in equilibrio. Ricaviamo dalla seconda equazione la φD, quindi φD è uguale a 11/3 mg e poi andiamo a sostituire questa qui dentro e quindi quello che si ottiene è che la φC è uguale, questo diventa - 4 mg, portato al secondo membro è un 4 mg - φD, quindi - 11/3 mg e il risultato è ⅓ mg. La φD vale 11/3 mg e la φC vale ⅓ mg. E così abbiamo risposto alla prima domanda che ci chiedeva di determinare le reazioni vincolari in C e in D.

Adesso ci viene richiesto di calcolare in quale punto dell'asta occorre appoggiare un punto materiale, Q di massa 2m, affinché le reazioni vincolari in C e in D abbiano lo stesso modulo. Io vorrei mettere un punto Q di massa 2m in una certa posizione sull'asta, quindi cerco una xQ, in modo tale che la φC sia uguale alla φD. Dobbiamo essere ancora in equilibrio, riscriveremo queste equazioni, dove però dobbiamo tenere presente che c'è l'aggiunta di un altro punto Q, la cui coordinata è un'incognita, perché la coordinata del punto Q la possiamo indicare con xQ e vogliamo trovare quella coordinata in modo tale che la φC e la φD abbiano lo stesso modulo. Riscriviamo le equazioni, Fe + φe uguale al vettore nullo, Ωe, possiamo sempre riscriverla con il polo in C + ѱe in C uguale al vettore nullo.

Oltre alle forze attive che c'erano prima, dobbiamo aggiungerci anche questo in Q, - 2mgj, però li dobbiamo riscrivere, utilizzando anche quest'ulteriore condizione. La prima equazione questa volta diventa - 3mgj, - mgj, ci aggiungiamo - 2mgj e poi c'è + φC j + φD j e questa è uguale a 0. La Ωe di C che c'era già prima ce l'abbiamo ancora, dobbiamo aggiungerci anche il contributo dato da questa forza, quindi la nuova Ωe con polo in C è la vecchia, quindi - 11 mgd versore k, che è il contributo che avevamo trovato qui, della forza peso del punto P e a questa dobbiamo aggiungere questo contributo, - 2 mgj vettor C polo - Q. Q quindi questo diventa - 11 mgd versore k. C - Q è la coordinata x di Q, - la coordinata di C, che vale d, lungo il versore ī. Quindi questo vettore sarà d - x versore ī e quindi, siccome j vettor ī fa - k, per - fa +, qui ci viene + 2mg per d - x versore k.

La ѱe con polo in C è rimasta esattamente uguale, non cambia rispetto a prima, perché le reazioni vincolari non sono aumentate, quindi ci viene 3 φD d per il versore k ed ecco che allora possiamo scrivere la nuova equazione qui, che sarà data da - 11 mg d versore k + 2 mgd - x versore k + 3 φD d versore k uguale a 0. Proiettiamo la prima equazione lungo j e quindi abbiamo - 3mg, - mg - 2mg + φC + φD uguale a 0. Poi la seconda equazione la proiettiamo lungo k, - 11 mg d, + 2 mg d - x, + 3 φD d, uguale a 0. Poi ci dobbiamo ricordare però che c'è una condizione, vogliamo imporre che φC sia uguale a φD.

Imponiamo subito che φC sia uguale a φD, di conseguenza ci viene 2 φC, che è uguale, - 3 - 1 - 2 che fa - 6mg, quindi + 6mg e quindi quello che si trova, e lo andiamo a mettere qui, è che φC uguale a φD deve essere uguale a 3mg. Siccome quello che dobbiamo trovare è la x, adesso andiamo a sostituire al posto di questa φD, questo 3mg, quindi questa la andiamo a mettere qui dentro e quello che si ottiene è - 11mg d + 2 mg d, - 2 mgx e qui ci viene + 9 mg d, uguale a 0. Andando a sostituire, ottenete che questo + questo + questo fa 0 e quindi quello che si ottiene è che x = 0 è la posizione che deve avere il punto Q affinché le due reazioni vincolari si uguaglino in modulo. Quindi dove dobbiamo mettere questo punto Q affinché le due reazioni vincolari siano uguali in modulo? Questo punto Q va messo in A. Se mettiamo il punto Q in A, allora le due reazioni vincolari in C e in D saranno equilibrate. E questo risponde alla seconda domanda e con questo termina l’esercizio.

Esercizio 6.5


L'esercizio del glifo prevede che ci sia un piano verticale Oxy con Oy verticale ascendente. In questo piano è mobile un'asta rigida omogenea AB di massa m e lunghezza 𝓁 che ha gli estremi A e B vincolati a percorrere senza attrito rispettivamente l'asse x, l'estremo A, e l'asse y, l'estremo B. Quindi x è orizzontale, y l'abbiamo scelto verticale ascendente e supponiamo che sull'asta agisca la forza peso, e inoltre una forza costante nel punto A, quindi nel punto A agisce una forza di vettore - F ī con F che è una costante positiva. Quello che ci viene richiesto nella consegna è di determinare le configurazioni di equilibrio e l'equazione differenziale del moto per questo glifo.

Il problema è un problema ad un grado di libertà. Il parametro lagrangiano che possiamo scegliere per determinare le configurazioni del glifo è l'angolo ϑ, che il raggio vettore A - B forma con la direzione negativa dell'asse y e lo scegliamo positivo in verso antiorario, in modo tale che il vettore velocità angolare dell'asta AB sia dato da ϑ punto versore k. I versori saranno i versori fondamentali ī, j e k, quindi ī è il versore dell'asse x, j è dell'asse y e k sarà il versore ortogonale al piano dello schermo e diretto verso di noi, in modo tale che ī, j e k formino una terna destra.

La prima cosa da fare è quella di cercare di scrivere le coordinate dei punti del sistema meccanico in esame in funzione del parametro lagrangiano. Questo ci sarà utile nel seguito, qualunque tipo di metodo noi utilizzeremo, per studiare l'equilibrio. La coordinata x del punto A, che è questo estremo del glifo, dell'asta che scorre lungo l'asse x, varrà 𝓁 per il seno di ϑ, mentre la coordinata y del punto A sarà 0. Il punto B avrà una x che è 0, mentre la y del punto B sarà 𝓁 per il coseno dell'angolo ϑ. Se consideriamo il baricentro G dell'asta, visto che l'asta è omogenea, il baricentro coincide con il punto medio. Allora la x del baricentro G sarà uguale a 𝓁/2 seno di ϑ e la y del baricentro G sarà 𝓁/2 per il coseno di ϑ.

Adesso ci poniamo il problema di studiare l’equilibrio del glifo e abbiamo visto nella parte di teoria che per studiare l'equilibrio di un sistema meccanico, cioè per determinare le configurazioni di equilibrio di un sistema meccanico, abbiamo a disposizione tre metodi. Questi tre metodi sono l'equazione cardinale della statica, il metodo del potenziale e il principio dei lavori virtuali. Ciascuno di questi metodi ha le proprie condizioni di applicabilità. Pensiamo alle equazioni cardinali della statica, che si applicano come condizione sufficiente, quindi per determinare le configurazioni di equilibrio, se si ha un corpo rigido, in questo caso l'asta è un corpo rigido, soggetto a vincoli perfetti. E qui abbiamo anche i vincoli perfetti, perché in A e in B i vincoli sono lisci, infatti l’ipotesi è che A e B siano vincolati a percorrere senza attrito l'asse x e l'asse y, quindi vincoli lisci, di conseguenza vincoli perfetti, e quindi si possono applicare le equazioni cardinali della statica. E infatti questo sarà il primo metodo che vedremo applicato.

Ci sono anche il metodo del potenziale e il principio dei lavori virtuali. Il principio dei lavori virtuali è una condizione necessaria e sufficiente per determinare l'equilibrio per un sistema meccanico a vincoli perfetti e qui i vincoli perfetti ci sono, quindi possiamo applicare anche, per determinare l’equilibrio, il principio dei lavori virtuali. Per quanto riguarda il metodo del potenziale, la determinazione delle configurazioni di equilibrio interne per il sistema meccanico meccanico e in questo caso tutte le eventuali configurazioni di equilibrio saranno per forza interne, perché non ci sono configurazioni di confine, per applicare il mezzo del potenziale dobbiamo avere un sistema meccanico conservativo. Il sistema meccanico in questione è conservativo, perché è un sistema meccanico olonomo, scleronomo, ha vincoli perfetti e inoltre è soggetto ad un sistema conservativo di forze attive, perché le forze in gioco sono la forza peso, che è una forza costante, e quindi è conservativa, cioè la forza applicata in G di vettore - mgj, e inoltre la forza applicata in A, anch’essa è una forza costante e quindi sono entrambe due forze conservative, se applicate ad un sistema meccanico olonomo, scleronomo, a vincoli perfetti, danno luogo a un sistema meccanico conservativo. Quindi possiamo utilizzare tutti e tre i metodi, equazioni cardinali della statica, principio dei lavori virtuali e metodo del potenziale. E quindi adesso li vedremo in sequenza.


Equazioni cardinali della statica

Partiamo dalle equazioni cardinali della statica, quindi Fe + φe uguale al vettore nullo Ωe, poi vedremo qual è il polo che ci converrà a scegliere, + ѱe, sempre rispetto allo stesso polo che al momento non mettiamo in evidenza, uguale al vettore nullo. Fe è il vettore risultante delle forze attive esterne, quindi le forze attive esterne per l'asta AB sono il vettore della forza peso e il vettore della forza costante in A. Quindi Fe sarà - mgj - F ī.

Poi abbiamo il vettore delle reazioni vincolari, che sono quelle che devono rappresentare i due vincoli che sono solo in A e in B. Il vincolo è liscio, pertanto la reazione vincolare, per esempio in A, si esplica in direzione normale al vincolo e in questo caso vuol dire, visto che il vincolo è una retta e l'asse delle x, normale al vincolo vorrebbe dire, nel piano individuato da y e da z, cioè nel piano perpendicolare all'asse x. Ma siccome tutte le forze attive sono nel piano, una è lungo l'asse x, una lungo l'asse delle y, allora possiamo limitarci a considerare la reazione vincolare nel piano, anche se a rigore dovremo mettere anche la componente φAz lungo k, ma facendo i calcoli troveremmo che è 0. Quindi se vogliamo non mettere in evidenza anche il termine φAz k, dobbiamo prima fare questo discorso dicendo che la direzione vincolare sarebbe nel piano yz, quindi con una componente φAy lungo j e una componente φAz lungo k, ma siccome tutte le forze agiscono nel piano e questo è un corpo rigido che si muove nel piano Oxy, la componente lungo z la possiamo pensare identicamente nulla.

Analogamente per la reazione vincolare in B, la reazione vincolare in B sarà diretta lungo l'asse delle x e quindi sarà una φBx lungo il versore ī, per lo stesso motivo, la componente φBz lungo k la consideriamo nulla per quello che abbiamo detto prima. Di conseguenza il vettore risultante delle forze attive esterne sarà la somma di φAy lungo j + φBx lungo il vettore ī e questo sistema la prima equazione, sommeremo poi questo Fe a questo φe e imporremo l'uguaglianza al vettore ī.

Adesso dobbiamo occuparci della seconda equazione cardinale, cioè quella dei momenti. Vettore risultante delle forze attive esterne + il vettore risultante delle reazioni vincolari esterne, devono essere uguali a 0. Qual è il polo che ci conviene scegliere? Questa equazione è indipendente dal polo, cioè il risultato lo otterremo comunque, qualunque sia il polo che andiamo a scegliere, ma sicuramente la scelta di un polo o di un altro, farà cambiare la complessità delle operazioni algebriche. Siccome abbiamo il punto A a cui è applicata una forza attiva esterna e una reazione vincolare, se scegliamo come polo il punto A, sicuramente faremo meno calcoli e così faremo. Infatti Ωe con polo in A sarà dato da -mgj vettor A - e poi dovremo metterci - F ī vettor A polo - A, punto l'applicazione e questo termine non c’è, perché Il punto di applicazione e il polo coincidono. Quindi questo termine non dà contributo, rimane soltanto il contributo della forza peso, - mgj vettore A - G.

A - G sarà xA - xG lungo il versore ī, + yA - yG lungo il versore j. Quindi sarà il vettore 𝓁/2 sin ϑ ī e poi ci sarà - 𝓁/2 cosϑ j. E allora facendo il calcolo, siccome j vettor ī fa - k, e - per - fa +, qui ci viene mg 𝓁/2 seno di ϑ versore k e infine j vettor j fa 0, quindi il contributo termina qui con mg 𝓁/2 seno di ϑ k.

Adesso calcoliamo il momento ѱe con polo in A, dove il contributo di φA lo trascuriamo, perché polo e punto d'applicazione coincidono, quindi φAy j vettor polo A - punto d'applicazione A da 0, rimane + φBx versore ī, vettor polo A - punto d'applicazione B. E siccome le coordinate dei punti A e B le abbiamo scritte qui, A - B sarà xA - xB lungo il versore ī + yA - yB lungo il verso j. Quindi 𝓁 sinϑ lungo ī e poi avremo invece - 𝓁 coseno di ϑ lungo j. E per lo stesso motivo di prima, ī vettor ī fa 0, ī vettor j fa k, questo diventa - φBx 𝓁 coseno di ϑ versore k. Abbiamo tutto per scrivere le equazioni cardinali della dinamica. La prima equazione verrà proiettata lungo le due direzioni non banali, che sono ī e j, e la seconda equazione verrà proiettata lungo l'unica direzione non banale che è k. La Fe + φe ha solo componenti lungo ī e lungo j. La Ωe(A) + ѱe(A) ha solo componenti lungo k. Abbiamo - mgj - F ī, poi c'è + φAy j + φBx lungo ī e questo deve essere il vettore nullo.

E l'altra è mg 𝓁/2 seno di ϑ versore k - φBx 𝓁 coseno di ϑ versore k. Queste sono le equazioni cardinali della dinamica che proiettate, ci forniranno le equazioni scalari, in cui avremo una che è l'equazione dell’equilibrio e le due equazioni scalari che ci danno le reazioni vincolari scalari all'equilibrio. Proiettiamo la prima equazione lungo il versore ī. Otteniamo - F + φBx uguale a zero. Proiettiamo lungo j, - mg + φAy, questo è uguale a zero. E adesso proiettiamo la seconda equazione, quella dei momenti lungo il versore k, otteniamo mg 𝓁/2 sinϑ -  φBx 𝓁 cosϑ = 0. Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite che sono ϑ, φBx e φAy. Al momento non c'è nessuna delle tre equazioni che non contenga le reazioni vincolari scalari, quindi al momento non ce l'abbiamo l'equazione dell'equilibrio, ma la possiamo trovare ricavando dalla prima equazione φBx  che è uguale ad F, e andando a sostituire poi nella terza equazione, che produce mg 𝓁/2 sinϑ -, al posto di  φBx ci mettiamo F, quindi - F𝓁 coseno di ϑ uguale a 0. E questa, opportunamente semplificata, fornirà l'equazione dell'equilibrio, cioè mg/2 seno di ϑ - F coseno di ϑ uguale a 0. E questa è l'equazione dell'equilibrio del glifo, soggetto alla forza peso e alla forza costante in A.

La seconda equazione l'avevamo tralasciata, sarà invece quella che mi fornisce la φAy all'equilibrio. Abbiamo risolto il nostro problema, abbiamo ottenuto che la φBx all'equilibrio vale F, la φAy all'equilibrio vale m per g, e questa è l'equazione dell'equilibrio del glifo. Questa equazione va risolta per vedere quante sono e quali sono le configurazioni di equilibrio del glifo. È un'equazione trigonometrica, siccome i valori di ϑ che annullano il coseno non sono soluzione di questa equazione, perché i valori di ϑ che annullano il coseno, portano ad avere mg/2 uguale a zero e quindi non possono essere soluzione, allora possiamo dividere per il coseno di ϑ, si ottiene un'equazione in tangente di ϑ e quindi questa equazione fornisce tangente di ϑ uguale a 2F/ m per g, che è come dire tangente di ϑ uguale a una costante, perché F è una costante positiva, mg sono costanti positive, poi c'è un 2, e quindi trovare le soluzioni di questa equazione è molto semplice, perché se pensiamo alla circonferenza trigonometrica, quella di raggio 1.

Questo termine è 2F/ mg, allora tangente di ϑ uguale a 2F/ mg, fornisce questi due angoli, ϑ₁ e ϑ₁. Quindi la soluzione ci dice che le configurazioni d’equilibri sono ϑ₁ uguale all'arco tangente di 2F/ mg e questa è la soluzione che sta tra 0 e π/2. E poi c'è la seconda, ϑ₂, che è ϑ₁ + π e di conseguenza è quella che sta tra π e 3/2 π. Quindi le configurazioni di equilibrio sono due, perché l’angolo ϑ è varia tra 0 e 2π, cioè quando A si trova nell’origine, ϑ è uguale a 0, dopodiché piano piano B scende e quindi ϑ può variare, perché A si può spostare a destra e sinistra dell’origine sull’asse x e B può scendere e salire sopra e sotto l'origine. Quindi ϑ è un parametro che viaggia tra 0 e 2π. Quindi le configurazioni d'equilibrio del glifo sono due, sono ϑ₁ e ϑ₂, e in particolare avremo che in ϑ₁ arcotangente di 2F/mg la reazione vincolare in A sarà mg j e in B sarà F ī e quando invece prendiamo la ϑ₂,  che è ϑ₁ + π, allora avremo che in A la reazione vincolare sarà esattamente uguale, perché le reazioni vincolari scalari in questo problema non dipendono dalle configurazioni d'equilibrio, quindi sono sempre dello stesso tipo.

Nello spazio fisico, come sono queste configurazioni? Il glifo supponiamo sia in questa configurazione, qui abbiamo A e qui abbiamo B e qua c'è la configurazione ϑ₁ e la seconda configurazione, quando c'è ϑ₂, sarà questa. Questa volta l’angolo ϑ₂ è ϑ₁ + π. Abbiamo le due situazioni, la reazione vincolare in A che è messa così. In A ci sarà la reazione vincolare φA e qui in B ci sarà la reazione vincolare φB. Questa è la soluzione del problema. Avendo scelto in questa equazione dei momenti come polo A, siamo arrivati a una situazione in cui le tre equazioni dell'equilibrio contenevano tutte la componente scalare delle reazioni vincolari e quindi abbiamo dovuto fare dei calcoli per ottenere l'equazione dell’equilibrio.

Se invece avessimo scelto un altro polo e in particolare avessimo scelto come polo il centro d’istantanea rotazione, che in virtù del fatto che questo è un moto rigido piano, sappiamo che esiste e che è il punto di incontro di queste due perpendicolari. Se avessimo scelto C come polo dell’equazione dei momenti, avremmo ottenuto direttamente l'equazione dell’equilibrio, perché le due reazioni vincolari, quella in A e quella in B, per come sono fatte, hanno la linea d'azione che passa per C e quindi non danno contributo all'equazione dei momenti. Infatti se usiamo C, se calcoliamo Ωe con polo in C, avremo - mgj vettor polo C - punto d'applicazione G e - F ī vettor polo C, - il punto d'applicazione A. Qui la forza a peso è applicata in G, quindi ci viene - mgj vettor C - G e - F ī, vettor C - A. Dobbiamo scrivere anche le coordinate di C. La x del punto C vale 𝓁 seno di ϑ, la y del punto C vale 𝓁 coseno di ϑ. E allora adesso siamo in grado di scrivere C - G e C - A per calcolarci l'equazione dei momenti, in modo tale da ottenere subito l'equazione dell’equilibrio.

I calcoli li dobbiamo fare noi, alla fine otterremo mg 𝓁/2 seno di ϑ versore k, - F 𝓁 coseno di ϑ versore k. La ѱe con polo in C diventerebbe φAy j vettor polo C - punto d'applicazione A + φBx ī vettor polo C - punto d'applicazione B e in questo caso C - A è diretto lungo j e C - B è diretto lungo ī e quindi questo viene il vettore nullo. In questo modo, otteniamo direttamente, quando andiamo a proiettare lungo il versore k, perché c’è rimasto solo Ωe(C) uguale a 0, otteniamo mg𝓁 sinϑ - F𝓁 cosϑ uguale a 0, che è esattamente questa equazione.


Metodo del potenziale

Vediamo l'equilibrio con il metodo del potenziale e cerchiamo di riottenere l'equazione dell’equilibrio, utilizzando il metodo del potenziale. Si può applicare, perché il sistema meccanico è conservativo. Bisogna calcolare innanzitutto il potenziale, che sarà una funzione del parametro lagrangiano ϑ e per determinare le configurazioni di equilibrio, dobbiamo cercare i punti di stazionarietà della funzione potenziale, che adesso scriveremo. La funzione potenziale è data dal potenziale della forza peso, -mg per la y del baricentro G - il potenziale della forza costante, che è - F per la x del punto A di applicazione e poi c'è un termine costante, U*, quindi andiamo a vedere quanto vale la yG, vale 𝓁/2 coseno di ϑ e la xA, che ci serve dopo, è 𝓁 sinϑ. Questa funzione potenziale è - mg 𝓁/2 coseno di ϑ - F 𝓁 seno di ϑ, + il termine costante; la funzione potenziale è sempre definita a meno di una costante additiva. Quindi questa U* convoglia tutti i termini costanti. Per determinare le configurazioni di equilibrio dobbiamo risolvere l'equazione U’(ϑ), dove U’ significa la derivata di U fatta rispetto a ϑ uguale a zero.

Deriviamo rispetto a ϑ questa funzione e quindi la derivata del coseno è - seno, quindi mg 𝓁/2 seno di ϑ, la derivata del seno è il coseno, quindi - F𝓁 coseno di ϑ uguale a 0. Abbiamo riottenuto in due passaggi l'equazione dell'equilibrio che avevamo ottenuto qui, attraverso le equazioni cardinali della statica. L'equazione si risolve esattamente allo stesso modo, quindi non la risolvo di nuovo.

Usando la funzione potenziale, possiamo anche vedere se le configurazioni di equilibrio che abbiamo ottenuto, cioè l'arcotangente di 2F/mg, che era la soluzione che stava tra 0 e π/2, e ϑ₂, cioè ϑ₁ + π, che è la soluzione che sta tra π e 3/2 π, sono configurazioni di equilibrio stabile o instabile. Per far questo dobbiamo vedere se sono dei punti di massimo o di minimo per il potenziale. Dobbiamo calcolare la derivata seconda. Quindi siccome la U’ di ϑ è questa, dobbiamo derivare di nuovo e calcolare la derivata seconda, quindi diventa mg 𝓁/2 cosϑ e poi la derivata del cos è - seno, quindi + F𝓁 senϑ. Adesso calcoliamo la derivata seconda in ϑ₁. Dovremmo fare mg 𝓁/2 cosϑ₁  +  F𝓁 sinϑ₁. ϑ₁ è l'arco la cui tangente è 2F/mg. Se vogliamo calcolare esattamente il valore, in funzione dei dati, quindi di mg, di 𝓁, di F, dobbiamo esprimere la tangente di ϑ₁ in funzione del seno e del coseno, quindi usare le formule.

Ma quello che a noi serve non è l'esatto valore della derivata seconda in ϑ₁, ci serve il segno e per stabilire il segno, non abbiamo bisogno di esprimere effettivamente il coseno di ϑ₁ e il seno di ϑ₁ in funzione di 2F e di m per g. Ci basta sapere che ϑ₁ è un angolo che sta tra 0 e π/2, quindi il suo coseno e il suo seno sono delle grandezze positive e quindi, come somma di due quantità positive, la derivata seconda di ϑ₁ è positiva e quindi questo ci permette di concludere che ϑ₁ è una configurazione di equilibrio instabile per il glifo, perché la derivata seconda maggiore di 0, significa che ϑ₁ è un minimo per la funzione potenziale e quindi la teoria ci dice che ϑ₁ è una configurazione di equilibrio instabile. Calcoliamo ora la derivata seconda in ϑ₂ e questa è mg 𝓁/2 coseno di ϑ₂ + F 𝓁 seno di ϑ₂ e siccome ϑ₂ è un angolo che sta tra π e 3/2 π, avremo che il seno e il coseno di questi due angoli sono entrambi negativi e come somma di due quantità negative questa derivata seconda sarà negativa e questo ci basta per dire che ϑ₂ è una configurazione di equilibrio stabile per il glifo, in quanto ϑ₂ sarà un massimo per la funzione potenziale.

Quindi con il metodo del potenziale, oltre a determinare le equazioni dell'equilibrio e le configurazioni dell'equilibrio, abbiamo anche studiato la stabilità. L'altra cosa che si evince è che il metodo del potenziale è sicuramente un metodo molto più veloce rispetto a quello delle equazioni cardinali della statica, perché prescinde dalle reazioni vincolari. Chiama in gioco soltanto le forze attive, che sono quelle che contribuiscono al potenziale.


Principio dei lavori virtuali

Adesso vediamo come si calcola l'equilibrio per il glifo, usando il principio dei lavori virtuali che può essere applicato, è una condizione necessaria e sufficiente per l'equilibrio di un qualunque sistema meccanico a vincoli perfetti. Il principio dei lavori virtuali dice che condizione necessaria e sufficiente affinché C₀ sia configurazione di equilibrio per un sistema meccanico a vincoli perfetti è che il lavoro virtuale compiuto da tutte le forze attive agenti su sistema meccanico sia minore o uguale di 0, per ogni spostamento virtuale δC, a partire dalla configurazione C₀. Se poi gli spostamenti virtuali sono tutti invertibili, come in realtà è in questo caso, visto che le configurazioni sono tutte di tipo interno, non ci sono configurazioni di confine, allora il principio dei lavori virtuali vale con il segno di uguaglianza e quindi sarà un δL = 0 per ogni δC a partire dalla configurazione C₀.

Scriviamoci il lavoro virtuale compiuto dalle forze attive. Di forze attive in questo caso ne ho due, quindi conviene scrivere il lavoro virtuale compiuto dalle forze attive come somma dei due lavori virtuali delle singole forze. Quindi δL lo scriviamo come - mgj scalare punto d'applicazione che è δG, spostamento virtuale del punto d'applicazione - F ī scalare δA, dove A è il punto d'applicazione. Questo deve essere uguale a zero. -mgj scalare, δG è lo spostamento virtuale del punto dell'applicazione G, quindi sarà δxG versore ī + più δyG versore j. Poi c'è - F ī, scalare δxA versore ī + δyA versore j. j scalare ī fa 0, perché sono ortogonali, j scalare j fa 1, quindi - mg δyG e di nuovo ī scalare ī fa 1, ī scalare già j fa 0, quindi abbiamo -F δxA e questo deve essere uguale a 0 qualunque sia lo spostamento virtuale δC. Allora adesso il nostro problema si sposta nel calcolo di questi spostamenti virtuali.

Siccome la xG sappiamo che è 𝓁/2 sinϑ e la xA è 𝓁/2 cosϑ, dobbiamo scrivere δxG e δyG, quindi dobbiamo differenziare queste due quantità. E quindi otterremo il differenziale di questo è 𝓁/2 coseno di ϑδϑ e il differenziale di questo è -𝓁/2 sinϑ δϑ. Quindi avremo δxG che è uguale a 𝓁/2 cosϑ δϑ, δyG è uguale a 𝓁/2 sinϑ δϑ. Analogamente, per δxA e δyA, avremo δxA che vale 𝓁/2 cosϑ δϑ e siccome la yA è 0, il δyA vale 0. E quindi qui avremo che - mg per δyA viene - mg per - 𝓁/2 seno di ϑ δϑ e poi c'è - F per δxA che è 𝓁 coseno di ϑ δϑ. Questo dovrà essere uguale a 0, cosa vuol dire in questo caso per ogni spostamento virtuale δC? Vorrà dire per ogni δϑ diverso da 0.

Lavoro virtuale δL sarà, - per -, + quindi mg 𝓁/2 seno di ϑ δϑ, che però lo raccogliamo a fattore comune, - F𝓁 coseno di ϑ, tutto per δϑ, uguale a zero per ogni δϑ. Affinché questo δL sia uguale a 0 per ogni δϑ non nullo, si avrà necessariamente che la quantità tra parentesi, mg 𝓁/2 seno di ϑ - F𝓁 coseno di ϑ, dovrà essere necessariamente uguale a 0 e questo ci permette di ritrovare di nuovo l'equazione dell'equilibrio che avevamo determinato prima con il metodo del potenziale e qui con le equazioni cardinali della statica.

In questo modo abbiamo ricavato anche con il terzo metodo sempre la stessa equazione. Il principio dei lavori virtuali potrebbe essere usato, un’estensione, per calcolare anche le reazioni vincolari scalari all'equilibrio, ma questo non lo faremo.


Moto (Equazioni cardinali della dinamica)

C'è quest'asta AB omogenea, di lunghezza 𝓁 e massa m, che è vincolata con i due estremi A e B a percorrere rispettivamente l'asse x e l'asse y, soggetta alla forza peso e a una forza costante applicata nel punto A. Per studiare questo problema di moto, visto che si tratta di un sistema meccanico, in particolare è un corpo rigido soggetto a vincoli perfetti, allora abbiamo a disposizione le equazioni cardinali della dinamica che possiamo applicare come condizione sufficiente, visto che abbiamo l'ipotesi di corpo rigido soggetto a vincoli perfetti e inoltre un altro metodo che possiamo utilizzare per studiare il moto sono le equazioni di Lagrange. In particolare abbiamo visto che questo è un sistema meccanico conservativo, quindi potremo studiare il moto con le equazioni di Lagrange, scritte per i sistemi meccanici conservativi, quindi o con la lagrangiana oppure con energia cinetica e funzione potenziale.

Per adesso partiamo dalle equazioni cardinali della dinamica e quindi consideriamo il teorema del moto del baricentro, quindi massa per accelerazione del baricentro G, uguale a Fe + φe, vettore risultante delle forze attive esterne, vettore risultante delle reazioni vincolari esterne, dove Fe è - mgj meno F ī e invece φe è uguale a φAy j + φBx ī. Per questa prima equazione ci mancherebbe soltanto da calcolare l'accelerazione del baricentro G. E allora ricordiamo che la xG è 𝓁/2 seno di ϑ e la yG è invece 𝓁/2 coseno di ϑ. E quindi per avere l'accelerazione G del baricentro dovremo calcolarci le derivate seconde di xG e yG rispetto al tempo. Quindi xG punto, sarà data da 𝓁/2 ϑ punto, coseno di ϑ; xG è funzione del tempo attraverso ϑ, cioè seno di ϑ di t, quindi quando facciamo la derivata temporale, dobbiamo fare la derivata di funzione di funzione.

E poi c'è la yG punto, che sarà - 𝓁/2 ϑ punto, seno di ϑ. Adesso dobbiamo fare la derivata seconda e quindi la xG due punti, si tratta di fare questa volta una derivata di un prodotto, perché ϑ punto dipende dal tempo e coseno di ϑ dipende dal tempo. Qui avremo 𝓁/2 ϑ due punti per il coseno non derivato e poi dovremo lasciare ϑ punto in un derivato e derivare il coseno di ϑ, che è funzione di funzione, quindi ci viene - seno di ϑ e poi c'è un altro ϑ punto. Quindi, 𝓁/2 ϑ due punti, - 𝓁/2 ϑ² punto, seno di ϑ. Per la yG due punto avremo di nuovo - 𝓁/2 ϑ due punti e lasciamo il seno non derivato e poi - 𝓁/2 ϑ² punto, quando deriviamo il seno, ci viene il coseno; quando deriviamo il ϑ ci viene un altro ϑ punto.

Per quanto riguarda questa equazione, gli elementi in gioco sono questo, questo e questi due termini. Questo xG due punti sarà lungo il versore ī e yG due punti lungo il versore j.


Adesso dobbiamo occuparci della seconda equazione, che prevede la scelta di un polo. Per le equazioni cardinali della statica avevamo usato come polo prima A, perché al punto A erano applicate una forza attiva e una reazione vincolare, quindi semplificava un po' il calcolo. Poi abbiamo usato il centro all'istantanea rotazione C, perché la scelta di C portava all'eliminazione del vettore momento risultante delle reazioni vincolari. Adesso però, nel caso della dinamica, abbiamo la presenza di questo termine aggiuntivo e quindi conviene scegliere o un punto fisso, in questo caso non c'è, oppure conviene scegliere il baricentro.

Quindi scriviamo l'equazione dei momenti in cui la scelta del polo cade su G, quindi significa che questo termine non c'è e inoltre il K di G, momento angolare con polo in G, cioè il momento delle quantità di moto con polo in G è uguale al momento relativo delle quantità di moto con polo in G e in questo caso cosa significa che vogliamo il momento delle quantità di moto rispetto ad un osservatore baricentrico e traslante, quindi veniamo al grafico del glifo, cercheremo di scrivere il momento delle quantità di moto, rispetto a questo osservatore, con origine nel baricentro, quindi Gx’y’z’, dove l'asse z' è perpendicolare al piano dello schermo e diretto verso di noi e gli assi Gx' e Gy' sono traslanti, così come Gz', e rimangono Gx' parallelo ad Ox, Gy' parallelo ad Oy e Gz' parallelo ad Oz. Il moto del corpo rigido rispetto ad un suo punto è rotatorio, istante per istante, e quindi la rotazione è attorno all'asse Gz’, l’asta AB è nel moto rispetto all'osservatore relativo che è traslante, è come se stesse ruotando attorno all'asse fisso Gz' con velocità angolare ϑ punto k e quindi nel calcolo del momento, possiamo pensare ad un corpo rigido con asse fisso, che sarebbe l'asse Gz’.

Quindi il momento d’inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Gz’ per il vettore velocità angolare, come quando si deve calcolare il momento delle quantità di moto del corpo rigido con asse fisso. Il momento d’inerzia dell'asta AB rispetto all'asse baricentrico e ortogonale all’asta, vale massa per lunghezza dell’asta al quadrato, diviso 12 e il vettore velocità angolare è ϑ punto k.

Dobbiamo fare la derivata temporale, quindi la derivata di K di G fatta rispetto al tempo diventa m𝓁²/12 ϑ due punti versore k. E quindi abbiamo sistemato questo primo termine dell'equazione, quella del momento delle quantità di moto.

Adesso invece ci occupiamo di Ωe con polo in G. Siccome il polo è nel baricentro, la forza peso non dà contributo, mentre la forza applicata in A dà contributo con il termine - F ī, vettor G - A. Dobbiamo fare la coordinata xG meno la coordinata xA e questo fa - 𝓁/2 sin ϑ versore ī e la yG - yA lungo j, che fa 𝓁/2 cosϑ j e siccome ī vettor ī fa 0, mentre ī vetro j fa k, quello che si ottiene è - F 𝓁/2 cosϑ versore k.

Adesso dobbiamo calcolare la ψe con polo in G, che sarà data da φAy j, vettor G - A + φBx ī, vettor G - B. E quindi avremo φAy j, vettor, G - A sarà xG - xA, quindi di nuovo quello di prima, - 𝓁/2 sinϑ ī + 𝓁/2 cosϑ j.

Adesso dobbiamo fare G - B, + φBx ī vettor G - B che è 𝓁/2 sinϑ ī - 𝓁/2 cosϑ j.

Abbiamo j vettor ī fa - k e - per - fa +, quindi φAy 𝓁/2 sinϑ k, poi j vettor j fa 0, abbiamo ī vettor ī che fa 0, ī vettor j che fa k, quindi viene - φBx 𝓁/2 cosϑ k e questo è l’altro termine che ci serve da mettere al secondo membro della equazione dei momenti. Quindi adesso proiettiamo la prima equazione lungo ī e lungo j. Quando proiettiamo lungo j avremo massa per la yG due punti, al secondo membro - mg + φAy. Quindi abbiamo m(𝓁/2 ϑ due punti cosϑ - 𝓁/2 ϑ² punto sin) = - F + φBx poi m(-𝓁/2 ϑ due punti sinϑ - 𝓁/2 ϑ² punto cosϑ) = -mg + φAy. E quindi così abbiamo sistemato la prima equazione proiettata lungo ī e lungo j. Adesso dobbiamo prendere questa equazione, che ha soltanto le componenti lungo k. Quindi avremo m𝓁²/12 ϑ due punti, che è uguale a - F 𝓁/2 cosϑ + φAy 𝓁/2 sinϑ - φBx 𝓁/2 cosϑ.

In questo modo abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite che sono la ϑ(t), la φAy e la φBx, quindi tre equazioni in tre incognite. Essendo un problema ad un grado di libertà, ci aspettiamo di trovare una equazione differenziale del moto. Al momento non c'è nessuna delle tre equazioni che non contenga le reazioni vincolari scalari dinamiche. Quindi si tratta di ricavare dalla prima equazione, ricaviamo la φBx, che sarà uguale a F + m 𝓁/2 ϑ due punti cosϑ + m 𝓁/2 ϑ² punto sinϑ e questa è l'espressione della reazione vincolare scalare dinamica, cioè durante il moto, per quanto riguarda la reazione vincolare applicata in B. Poi dalla seconda equazione ricaviamo φAy, che vale m per g - m𝓁/2 ϑ due punti sinϑ - m𝓁/2 ϑ² punto cosϑ e questa rappresenta la reazione vincolare scalare dinamica applicata in A. Adesso andando a sostituire φBx e φAy, dentro nella terza, e queste calcoli li facciamo noi, si ottiene l'equazione m𝓁²/3 ϑ due punti = mg 𝓁/2 sinϑ - F𝓁 cosϑ e questa è l'equazione differenziale del moto del glifo, soggetto alla forza peso, applicata nel baricentro e soggetto anche ad una forza costante applicata nel punto A.

Un glifo è un sistema meccanico molto semplice, ma un sistema semplice così fatto ha un'equazione differenziale che è non lineare, così come nel caso del pendolo semplice è un'equazione che non si risolve in maniera analitica con i metodi, quelli per esempio come somma finita di funzioni elementari.


Moto (Equazioni di Lagrange)

Si può arrivare allo stesso risultato, utilizzando le equazioni di Lagrange. Questo sistema meccanico è un sistema meccanico conservativo, quindi le equazioni di Lagrange si possono scrivere in questa forma. Inoltre, è un problema ad un grado di libertà, quindi derivata temporale della derivata parziale di T, fatta rispetto a ϑ punto, - la derivata parziale di T fatta rispetto a ϑ, uguale alla derivata parziale di U fatta rispetto a ϑ. Queste è l'equazione di Lagrange, ce n’è una sola perché, uno è il numero di gradi di libertà. Ci serve l'energia cinetica per il glifo e la funzione potenziale, ma la funzione potenziale ce la siamo già calcolata quando abbiamo utilizzato il metodo del potenziale per lo studio dell'equilibrio.

Quindi la riportiamo qui. La funzione potenziale U di ϑ è questa, da cui la derivata parziale di U fatta rispetto a ϑ sarà U' di ϑ, mg 𝓁/2 sinϑ - F 𝓁 cosϑ, questo è quello che andrà al secondo membro dell'equazione di Lagrange. Adesso ci dobbiamo concentrare sul primo membro, in particolare sull'energia cinetica che poi provvederemo a derivare. L'energia cinetica del glifo, la possiamo calcolare col teorema di König, per esempio, quindi dire che l'energia cinetica del glifo è l'energia cinetica del baricentro G, pensando concentrata in esso tutta la massa del sistema, + la TG, cioè l'energia cinetica rispetto al baricentro, che vuol dire l'energia cinetica del glifo, rispetto all'osservatore Gx’y’z’, quindi baricentrico e traslante.

Andiamo a calcolare l'energia cinetica con il teorema di König, ½ m vG² + TG. vG² è la velocità del baricentro G al quadrato, quindi varrà ½ m xG² punto + yG² punto. Queste le abbiamo già calcolate, perché la xG punto e la la yG punto ce le abbiamo qui.

La TG è l'energia cinetica del corpo rigido, rispetto all'osservatore Gx’y’z’ baricentrico e traslante. E rispetto a questo osservatore, l'asta, l'abbiamo detto anche nel calcolo del momento relativo delle quantità di moto, è animata da un moto di rotazione, cioè istante per istante, lo stato cinetico è rotatorio, attorno all’asse Gz’, quindi per calcolare la TG è come se avessimo un corpo rigido con l'asse fisso Gz' e velocità angolare scalare ϑ punto. E allora questa è l'energia cinetica del corpo rigido con asse fisso Gz' per ϑ' al quadrato. Andiamo a fare i calcoli, ci vuole ½ m (𝓁²/4 ϑ² punto cos² ϑ + 𝓁²/4 ϑ² punto sin² ϑ) + ½, il momento d’inerzia dell’asta Ab di lunghezza 𝓁 e massa m, rispetto ad una retta baricentrica e ortogonale all’asta, vale m𝓁²/12 per ϑ² punto. Siccome sin² + cos² fa 1, allora questo diventa m𝓁²/8 ϑ² punto + m𝓁²/24 ϑ² punto e quindi l’energia cinetica vale m𝓁²/6 ϑ² punto. Quindi la funzione potenziale che abbiamo calcolato era questa, l'energia cinetica è questa.

C'è anche un metodo alternativo per calcolare questa energia cinetica, che non prevede l'utilizzo del teorema di König. Ed è semplicemente pensare che il glifo, siccome si muove di modo rigido piano, ammette questo centro d’istantanea rotazione, quindi istante per istante, il glifo si muove, è una successione di stati cinetici rotatori, con asse d’istantanea rotazione Cz, quindi l'asse perpendicolare al piano del moto che passa per C, e la velocità angolare è ϑ punto k. Di conseguenza, l'energia cinetica del glifo è quella di un corpo rigido con asse Cz' fisso e velocità angolare ϑ punto k. Per cui si può scrivere la sua energia cinetica come cinetica di un corpo rigido con l'asse Cz' fisso e velocità angolare scalare ϑ punto e quindi ½, il momento d’inerzia rispetto all'asse Cz' per ϑ² punto. ½, quanto vale il momento d’inerzia del glifo rispetto all'asse Cz’? Per il teorema di Huygens vale il momento d'inerzia rispetto all'asse parallelo e baricentrico Gz’ + la massa del glifo per la distanza tra i due assi al quadrato. Questo diventa ½(m𝓁²/12 +, la distanza da C a G è 𝓁/2, quindi m𝓁²/4) ϑ² punto. Questo fa m𝓁²/6 ϑ² punto e questo ci permette di ricavare l’energia cinetica che abbiamo visto prima.

Adesso abbiamo tutto, abbiamo questo secondo membro sistemato che è questo, dobbiamo ricavarci il secondo membro. Derivata totale, fatta rispetto al tempo, della derivata parziale dell'energia cinetica, fatta rispetto a ϑ punto, che vale m𝓁²/3 ϑ punto. Poi ci sarebbe - la derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto a ϑ, ma l'energia cinetica dipende da ϑ punto, e quindi ϑ non c'è, c'è solo ϑ punto, non dipende quindi da ϑ, per cui la derivata parziale di T fatta rispetto a ϑ è 0. Quindi qua ci viene uguale alla derivata parziale di U fatta rispetto a ϑ che è mg𝓁/2 sinϑ - F𝓁 cosϑ - F𝓁 cosϑ.

Questa quantità va derivata rispetto al tempo e quindi avremo m𝓁²/3 ϑ due punti = mg 𝓁/2 sinϑ - F𝓁 cosϑ e questa è l'equazione differenziale del moto del glifo, che è la stessa che avevamo trovato prima con le equazioni cardinali della dinamica.

Con le equazioni di Lagrange si ottiene l'equazione differenziale del moto, però non si ottengono le espressioni delle reazioni vincolari scalari durante il moto e infatti sono passaggi più semplici, perché prescindono dalle reazioni vincolari.

Esercizio 6.6


Supponiamo di avere un disco che rotola senza strisciare, su di una guida orizzontale rettilinea. Il disco è omogeneo di massa m e raggio R, è vincolato a muoversi in questo piano in cui l'asse Ox è orizzontale, su cui il disco rotola senza strisciare e l'asse Oy è verticale ascendente. Sul disco agisce, oltre alla forza peso, G, -mg j. L’asse Oz è ortogonale al piano dello schermo e diretto verso di noi, verso lo spettatore. Sul corpo 𝒟, oltre alla forza peso, agisce anche una coppia di forze che ha momento Ω uguale ad mg R coseno di ϑ k, dove m è la massa del disco, g è l'accelerazione scalare di gravità, R è il raggio del disco e ϑ è l'angolo di rotazione del disco, positivo in verso antiorario. k è il versore dell'asse z, quindi ortogonale al piano dello schermo e diretto verso di noi.

Vogliamo determinare le configurazioni di equilibrio del disco e le equazioni differenziali del moto del disco. Questo è un problema ad un grado di libertà, come parametro lagrangiano scegliamo l'angolo ϑ, che non è un parametro periodico. Questo perché a variazioni di ϑ di 2π, come ci si aspetterebbe dalla periodicità di un angolo di rotazione, non corrispondono le stesse posizioni nello spazio fisico. A variazioni di ϑ di 2π corrispondono configurazioni nello spazio fisico che sono diverse tra loro. Quindi ϑ è una variabile angolare periodica che viaggia su tutto ℝ, cioè vada - ∞ a + ∞. Adesso ci serve scrivere come sono fatte le coordinate x e y, scritte in funzione del parametro lagrangiano, quindi le coordinate x e y dei punti notevoli, quindi per esempio in questo caso del punto G e del punto H, abbiamo chiamato con H il punto di contatto.

La x del baricentro G, visto che il disco rotola senza strisciare, a meno di una costante additiva, questo vale - R ϑ + un termine costante che può essere qualunque, dipenderà dalle condizioni iniziali, e la y del baricentro G invece vale R. Analogamente la x del punto H è sempre - R per ϑ + il termine costante e la y di H vale 0. Quindi queste sono le coordinate dei punti. Cominciamo dallo studio dell’equilibrio del disco che rotola senza strisciare. A disposizione per lo studio dell'equilibrio abbiamo i tre metodi, che sono le equazioni cardinali della statica, il metodo del potenziale e il principio dei lavori virtuali e ciascuno avrà le proprie condizioni di applicabilità.


Le equazioni cardinali della statica si possono applicare come condizione sufficiente, quindi per la determinazione delle configurazioni di equilibrio, se si ha un corpo rigido soggetto a vincoli perfetti. Il corpo rigido c'è, perché il disco è un corpo rigido, omogeneo, di massa m, ecc. Il vincolo di puro rotolamento è un vincolo perfetto, quindi non solo si possono applicare le equazioni cardinali della statica come condizione sufficiente, ma in virtù del fatto che c'è un vincolo perfetto, si può applicare il principio dei lavori virtuali. Quanto al metodo del potenziale, abbiamo bisogno di un sistema meccanico conservativo e allora di quello ce ne occuperemo nel momento in cui affronteremo lo studio con il metodo del potenziale.


Equilibrio (Equazioni cardinali della statica)

Partiamo dalle equazioni cardinali della statica che sono Fe + φe = 0. Ωe e il polo per il momento non lo scriviamo + ѱe = 0. In questo caso, il vincolo non è liscio, ma il vincolo è un vincolo scabro, perché affinché ci sia puro rotolamento, il vincolo in H deve essere un vincolo scabro. Quando c'è attrito, non si può lavorare come nel caso del vincolo liscio, cioè in assenza di attrito, ma bisognerà aggiungere le relazioni di Coulomb sull'attrito statico, che dice che il modulo della componente tangenziale del vettore della reazione vincolare, tangenziale al vincolo. Quindi il modulo di φt, dove φt è la componente della reazione vincolare tangente al vincolo, deve essere minore o uguale di fs, coefficiente di attrito statico, per il modulo della componente normale al vincolo della reazione vincolare nel punto in cui c'è il vincolo. Queste saranno le due equazioni vettoriali e la disequazione con cui avremo a che fare nello studio di questo problema.

Concentriamoci sulla prima equazione vettoriale, Fe + φe = 0. Fe è il vettore risultante delle forze attive esterne, le forze attive che agiscono su questo sistema sono la forza peso e poi una coppia di cui conosciamo il momento. Il vettore Fe sarà- mgj, c'è soltanto questo, perché ci va il vettore risultante della forza peso, che è questo, e poi ci andrebbe il vettore risultante della coppia, ma in una coppia il vettore risultante è zero. Quindi Fe è quel vettore. Adesso guardiamo chi è invece φe. In H c'è una reazione vincolare, che in virtù del fatto che c'è attrito, è totalmente incognita, quindi vale φHx ī + φHy j. Ci sarebbe anche la componente lungo k, lungo l'asse z, ma siccome questo problema è un problema di moto piano, le forze sono tutte nel piano, perché la forza peso sta lungo j, e siccome la coppia ha un momento lungo k, di necessità la coppia sarà una coppia nel piano, di conseguenza in questa reazione vincolare possiamo omettere φHz k, che tanto sarà uguale a 0.

La reazione vincolare in H è scritta con le due componenti φHx e φHy, mentre nella relazione di Coulomb compaiono una φt e una φn. La φt è la componente di φ tangente al vincolo, e la φn sarà la componente, quella normale al vincolo, quindi la φHy sarà la φn e così abbiamo sistemato questa la questione di avere troppe incognite. φe sarà φHx ī + φHy j. Nella prima equazione cardinale della statica avremo - mg j + φHx ī + φHy j, uguale al vettore nullo.

Adesso veniamo all'equazione dei momenti. Le forze attive sono applicate nel baricentro G. La reazione vincolare, ce n'è una sola, è applicata in H. Se in questa equazione usiamo come polo H, allora sicuramente questo termine, la ѱe di H, sarà zero. Usando come polo H, che è il punto d'applicazione dell'unica reazione vincolare che c'è, si vede che la ѱe di H, essendo l'unica reazione applicata in H, vale 0 e allora si tratta di fare il calcolo soltanto della Ωe di H, quindi - mgj vettor H - G e poi ci va il momento della coppia di forze, che è indipendente dal polo, perché una condizione necessaria e sufficiente, affinché un sistema di forze abbia il momento indipendente dal polo, è che il vettore risultante sia 0 e nella coppia il vettore risultante è 0. Quindi qualunque fosse il polo che potevamo scegliere, i ci va comunque il contributo di questo momento, mg Rcoseno di ϑ k. Oltre a questo, ci mettiamo + mg R coseno di ϑ versore k. E siccome H - G è il vettore - R lungo j, siccome queste due forze sono parallele, perché questo è - Rj, allora questo termine non c'è e rimane solo mg R cosϑ versore k.

Quindi qui avremo mg R cosϑ versore k uguale a 0, che è l'equazione dei momenti. La relazione di Coulomb ci dice che il modulo di φHx deve essere minor o uguale di fs per il modulo di φHy. Adesso proiettiamo la prima equazione lungo i versori ī e j, gli unici non banali, questa lungo il versore k. La disequazione è già tra le componenti scalari e allora avremo φHx uguale a 0, che viene dall’avere moltiplicato scalarmente per ī questa prima equazione. Poi proiettiamo lungo j, -mg + φHy, questo è 0.

Infine, mgR cosϑ = 0 è l'equazione dei momenti, e infine la relazione di Coulomb φHx minor uguale di fs per il modulo di φHy. Abbiamo ottenuto un sistema misto, in cui ci sono tre equazioni e una disequazione. L'equazione dell'equilibrio è quella che non contiene le reazioni vincolari, quindi questa è l'equazione dell'equilibrio. Quindi, tre equazioni e una disequazione. Le incognite sono la  ϑ, φHx, φHy e inoltre c'è questa disequazione, che deve essere soddisfatta affinché il vincolo di puro rotolamento sia rispettato all'equilibrio. Dalla prima equazione abbiamo che φHx deve essere uguale a 0 all'equilibrio. Dalla seconda equazione troviamo che φHy deve essere uguale ad m per g e anche questo all'equilibrio deve valere, perché queste equazioni scalari riguardano l’equilibrio.

La terza equazione è l'equazione dell'equilibrio, possiamo eliminare tutte queste costanti, coseno di ϑ uguale a 0 è l'equazione dell'equilibrio. Andando a sostituire nella quarta equazione, si trova 0 minore o uguale di fs per m per g, che è identicamente soddisfatta. Vuol dire che una volta risolta l'equazione dell’equilibrio, le configurazioni di equilibrio saranno tali perché il vincolo di puro rotolamento è rispettato. Da coseno di ϑ uguale a 0 ricaviamo ϑk. Qui la variabile ϑ viaggia su tutto ℝ, di conseguenza qui otteniamo ϑk = π/2 + k π, con k intero, quindi queste sono tutte le configurazioni di equilibrio del disco che rotola senza strisciare; ce ne sono infinite di configurazioni di equilibrio, perché ad ogni variazione da π/2 + multipli interi di π, quindi π/2 e poi 3/2 π, oppure - π/2 e così via, questi sono tutte configurazione dell'equilibrio, perché una volta che abbiamo un ϑ, quando lo spostiamo di 2π per la periodicità, otteniamo una posizione diversa nello spazio. E di conseguenza, ce ne sono infinite e non come nel pendolo semplice, che all'equazione dell'equilibrio invece corrispondevano soltanto due soluzioni nell'intervallo 0 - 2π.

All'equilibrio la reazione vincolare è questa. La φH vale mg j in ogni configurazione di equilibrio.


Equilibrio (Metodo del potenziale)

Abbiamo visto l'equilibrio con le equazioni cardinali della statica, adesso ci chiediamo di determinare l’equilibrio con il metodo del potenziale. Allora vediamo come si fa col metodo del potenziale. In questo caso, per poter applicare il metodo del potenziale, il sistema meccanico deve essere conservativo. È un sistema meccanico olonomo, scleronomo, a vincoli perfetti e soggetto a un sistema conservativo di forze attive? Le prime caratteristiche, olonomo, scleronomo, vincoli perfetti ci sono. Le forze attive sono la forza peso e la coppia di forze di momento Ω, la forza di peso è conservativa, la coppia di forze di momento Ω, diretto lungo k, dove k è parallelo all'asse d’istantanea rotazione del corpo rigido, nella parte di teoria, abbiamo visto che luogo la coppia di forze che ha quel momento, dà luogo ad una coppia di forze che è conservativa.

Possiamo calcolare il potenziale, quindi il potenziale esiste e ha senso considerarlo. Sarà una funzione di ϑ e sarà in particolare la somma del potenziale della forza peso + il potenziale della coppia di forze, poi c'è più + famoso termine costante. Il potenziale della forza peso quanto vale? - m g per la quota y del baricentro, che è costante, vale R, questo potenziale della forza peso è costante e quindi verrà inglobato in questo termine. Il potenziale della coppia invece, sarà l'integrale di Ω funzione di ϑ in dϑ dove Ω è la componente del vettore del momento, quello che è diretto come l'asse d’istantanea rotazione, quindi sarà mgR coseno di ϑ e questo è uguale all'integrale mgR coseno di ϑ in dϑ ed è mg R seno di ϑ, + sempre il termine costante.

Da dove viene questo? Questo viene dal fatto che il dL della coppia sarà uguale al vettore risultante della coppia, scalare dO₁ + Ω(O₁) scalare a dϑ. Ma siccome il vettore risultante della coppia è 0 questo termine non c'è. Qui rimane soltanto il momento della coppia, che è mg R cosϑ k, e questo, che è lo spostamento infinitesimo reale, può essere soltanto un dϑ k, non ci può essere una rotazione attorno ad un altro asse, perché questo deve rimanere nel piano Oxy. Quindi questo spostamento infinitesimo è dϑ k, quindi scalare dϑ k, ed ecco che il dL della coppia vale mg R cosϑ dϑ, che è proprio quello che abbiamo messo qui, cioè Ω di ϑ in dϑ, perché qua ci va l'integrale del dL. E quindi abbiamo visto che il potenziale U sarà dato soltanto da questo, dal potenziale della coppia. Quindi mR seno di ϑ, poi tutte le costanti le inglobiamo qui. Quindi + l’U*. Quindi questa è la funzione potenziale U che adesso andiamo a mettere qui, la incaselliamo.

Adesso dobbiamo fare la derivata prima. Quindi derivata prima uguale a zero, per cui vuol dire mgR cosϑ uguale a zero. Ed ecco che abbiamo ritrovato l'equazione cosϑ uguale a zero, cioè l'equazione dell’equilibrio, che avevamo ricavato con le equazioni cardinali della statica. Visto che abbiamo utilizzato il metodo del potenziale, potremmo anche andare a vedere lo studio della stabilità di queste configurazioni, perché basterebbe calcolare la derivata seconda della funzione potenziale e in questo modo, dopo aver calcolato la derivata seconda, vediamo se si tratta di massimi o di minimi. Quindi diciamo che le soluzioni sono ϑk uguale a π/2 + k π, con k intero. La derivata prima è mgR coseno di ϑ, la derivata del coseno è - seno, quindi - mgR seno di ϑ.

Adesso avremo che la derivata seconda calcolata in ϑk, dovremo distinguere il caso in cui k è pari, cioè per esempio uguale a 2h, dal caso in cui k invece è dispari. Perché se k è pari, allora vuol dire che questa è del tipo π/2 + 2k π  e quindi vuol dire che il seno di π/2 vale 1 ed è di tutti i suoi multipli e quindi la derivata seconda sarà - mgR.

Se troviamo una derivata seconda negativa, vuol dire che la funzione potenziale ha un massimo e quindi vuol dire che le configurazioni del tipo ϑ2h sono configurazioni di equilibrio stabile. Invece nel caso in cui k sia dispari, allora qui siamo nel caso per esempio 3/2 π  e quindi il seno vale - 1, quindi la derivata seconda vale mrR, cioè è positiva. E allora questo ci dice che le configurazioni con il k dispari sono configurazioni di equilibrio instabile. Le configurazioni del tipo ϑ2h sono stabili, ϑ2h + 1 sono configurazioni di equilibrio instabile.


Moto (Equazioni cardinali della dinamica)

In questo caso non utilizziamo il principio dei lavori virtuali, anche se si potrebbe utilizzare, e invece veniamo subito allo studio del moto. Per il moto useremo sia le equazioni cardinali della dinamica, sia le equazioni di Lagrange. Andiamo a vedere le equazioni cardinali della dinamica. Sono la massa per la derivata seconda di G, fatta rispetto a t due volte, uguale ad Fe + φe e poi c'è la derivata del momento delle quantità di moto. Utilizziamo come polo il polo G, così il termine aggiuntivo di questa seconda equazione non c'è e si semplifica il calcolo. + ѱe di G.

In questo caso c'è sempre il vincolo di puro rotolamento, però siamo in dinamica, a rigore e uno dovrebbe metterci la relazione di Coulomb sull'attrito dinamico, ma questo è l'unico caso in cui il vincolo è vero che è scabro, ma il vincolo di puro rotolamento, si realizza con una velocità di trascinamento del punto di contatto che è 0 e quindi in dinamica non andremo a mettere la relazione di Coulomb sull'attrito dinamico, ma anche in dinamica metteremo sempre la relazione di Coulomb sull'attrito statico. Questo perché il punto di contatto ha velocità di trascinamento nulla e quindi non possiamo mettere la relazione di Coulomb sull'attrito dinamico, perché la velocità di trascinamento è zero. Il secondo membro della prima equazione ce l'abbiamo già, perché Fe + φe l'abbiamo calcolato prima ed è sempre il - mgj + φHx ī + φHy j. Adesso dobbiamo calcolare la derivata seconda della xG e yG. Quindi questa è - R per ϑ + una costante. La xG punto vale - R ϑ, la yG punto vale 0 e la xG due punti vale - Rϑ due punti, la yG due punti è ancora 0. La prima equazione diventa - m R ϑ due punti ī = -mg j + φHx ī + φHy j.

Poi c'è l'equazione dei momenti. Dobbiamo ricalcolare la Ωe di G e anche la ѱe di G, perché prima le abbiamo calcolate con polo in H. K di G è uguale al K' di G, cioè il momento assoluto delle quantità di moto con polo in G è uguale al momento relativo delle quantità di moto con polo in G. E il K' di G, che è il momento delle quantità di moto di questo disco che rotola senza strisciare, sarà un momento delle quantità di moto, calcolate rispetto ad un sistema di riferimento Gx’y’z’, baricentrico e traslante. E in questo sistema di riferimento cosa sta facendo il corpo rigido? Sta ruotando attorno all'asse fisso Gz'. E quindi, dal punto di vista del calcolo del momento, è il momento di un corpo rigido che ruota attorno a un asse fisso Gz' con velocità angolare ϑ punto k.

E quindi ci calcoleremo questo K(G), momento d'inerzia del disco, rispetto all'asse Gz’, moltiplicato per il vettore velocità angolare ω. Quanto vale il momento d’inerzia di un disco rispetto ad un asse normale al disco e passante per il suo baricentro? Massa per il raggio al quadrato diviso 2, ω punto k è il vettore velocità angolare. Quindi la derivata del momento delle quantità di moto con polo in G vale m R²/2 ϑ due punti versore k. Adesso dobbiamo calcolarci Ωe con polo in G, c'è la forza peso, però avendo il punto d'applicazione in G, questa non dà contributo. Poi c'è il momento della coppia, che questo c'è comunque, qualunque sia il polo, quindi mgR cosϑk. Quindi + mgR cosϑk e questa è la Ωe.

Infine c'è da calcolare la ѱe con polo in G, cioè φHx ī + φHy j è il momento delle reazioni vincolari esterne, quindi polo G - punto d'applicazione H. G - H vale Rj, quindi ci viene ī vettor j che fa k, quindi un φHx R versore k e invece j vettor j che fa 0, e quindi anche questo è l'ultimo termine che ci serviva da mettere nell'equazione dei momenti, che andiamo a inserire quindi qui e diremo m R²/2 ϑ due punti k = mgR cosϑk + φHx Rk e poi c’è la disequazione φHx ≤ fs per il modulo di φHy, quindi un sistema misto formato dalle due equazioni vettoriali e dalla disequazione. La prima equazione la proiettiamo lungo ī e lungo j, la seconda la proiettiamo lungo k e questa è già scalare. Avremo - mR ϑ due punti uguale a φHx. Poi abbiamo 0 uguale a - m per g + φHy, è la proiezione della seconda equazione lungo l'asse y e poi c'è la proiezione lungo k della seconda equazione m R²/2 ϑ due punti, uguale a φHx R + m g R coseno di ϑ e qui ci mettiamo modulo di φHx, minore o uguale di fs per il modulo di φHy.

Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni e una disequazione, le incognite sono l'angolo ϑ, la φHx e la φHy. Al momento l'equazione differenziale del moto non c'è e la dobbiamo andare a ricavare. Dalla prima equazione ricaviamo subito che durante il moto φHx vale - mR ϑ due punti. E questa è l'espressione della reazione vincolare scalare dinamica lungo l'asse x. Poi abbiamo che la φHy vale durante il moto m per g, questo valeva anche all’equilibrio, però anche durante il moto si mantiene. E adesso, se andiamo a sostituire al posto di φHx qui dentro, - mR ϑ due punti, avremo mR²/2 ϑ due punti, poi uguale a - mR² ϑ due punti + mgR coseno di ϑ e allora facendo, un po' di calcoli, si porta questo al primo membro, si vede che si ottiene 3/3 mR² ϑ due punti, uguale a mgR cosϑ. Possiamo semplificare per R, semplificare per m e quindi quello che si trova è ϑ due punti uguale a 2g su 3R per il coseno di ϑ. Questa è l'equazione differenziale del moto.

Non abbiamo ancora preso in considerazione questa disequazione. Quest'ultima è l'equazione differenziale del moto se si verifica che φHx in modulo, quindi se il modulo di - mR ϑ due punti ≤ fs per il modulo di φHy, che è m per g. Quindi questa è l'equazione differenziale del moto se vale quello che c’è scritto qui sopra e allora andiamo a rielaborarlo in questo modo. Il modulo di - mR ϑ due punti ≤ fs per m per g è la condizione di puro rotolamento che possiamo scrivere come ϑ due punti in modulo minor uguale di, questo lo semplifichiamo, quindi di fs per g diviso R.

Se si verifica questo, allora ϑ due punti uguale a 2g su 3R coseno di ϑ è l'equazione differenziale del moto. Siccome da qui vediamo che ϑ due punti in modulo deve essere minore o uguale di questa quantità, ma durante il moto ϑ due punti vale questa quantità, vado a sostituire al posto di ϑ due punti, 2 g su 3 R coseno di ϑ in modulo, minor uguale di fs per g su R, posso semplificare g su R con g su R e quindi la condizione di puro rotolamento diventa che il coseno di ϑ in modulo deve essere minor uguale di 3/2 fs. Quindi, l'equazione differenziale del moto è questa che abbiamo incasellato, a patto che il ϑ di t sia tale per cui il suo modulo è sempre minore o uguale di 3/2 fs. Se non si verifica questa condizione, allora non c'è più il moto di puro rotolamento. Quindi il problema cambia, non è più un problema a un grado di libertà, vuol dire che il disco rotola e striscia, diventa un problema a 2 radi di libertà e i parametri lagrangiani saranno la coordinata x del punto di contatto e l'angolo ϑ di rotazione.


Moto (Equazioni di Lagrange)

Siccome questo è un sistema meccanico conservativo, le equazioni di Lagrange le possiamo scrivere o con la lagrangiana oppure con l'energia cinetica e la funzione potenziale. La derivata totale della derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto a ϑ punto, c'è un unico parametro lagrangiano, quindi c'è una sola equazione di Lagrange. Quindi derivata totale della derivata parziale di T fatta rispetto a ϑ punto,  - la derivata parziale di tTfatta rispetto a ϑ deve essere uguale alla derivata parziale di U fatta rispetto a ϑ.

La funzione potenziale l'abbiamo già calcolata prima, era mg R seno di ϑ + un termine costante. L'energia cinetica T, la calcoliamo o con il teorema di König, ½ m vG² + TG. Questo calcolo lo dobbiamo fare noi, oppure si può calcolare l'energia cinetica pensando che questo corpo rigido è animato da moto rigido piano e in particolare c'è il centro di istantanea rotazione che è proprio nel punto H. Quindi questo disco, istante per istante, passa attraverso istanti cinetici rotatori con asse d’istantanea rotazione Hz e velocità angolare ϑ punto k. Quindi basterà scrivere l'energia cinetica di un corpo rigido con asse fisso Hz’ per il vettore velocità angolare al quadrato. E questo è il momento di inerzia del disco.

Per il teorema di Huygens, il momento di inerzia del disco rispetto all'asse Hz' vale il momento d’inerzia del disco rispetto all'asse Gz', + la massa del disco per la distanza tra i due assi al quadrato. Il momento d’inerzia del disco rispetto all'asse baricentrico e ortogonale al disco vale m R²/, la distanza di G da H vale R, quindi qua c'è un R² per ϑ² punto.

Quello che troviamo è ¾ mR² ϑ punto quadro, che è poi quello che trovate qui, facendo il teorema di König. L'energia cinetica è questa, il potenziale è questo e quindi possiamo scrivere le equazioni di Lagrange. La derivata temporale della derivata parziale di T fatta rispetto a ϑ punto, quindi 3/2 mR² ϑ punto, poi l’energia cinetica non dipende da ϑ, quindi questa derivata parziale è zero è uguale alla derivata parziale di U, fatta rispetto a ϑ, quindi mgR coseno di ϑ. Andiamo a derivare, rispetto al tempo, soltanto questa parte qui dentro, 3/2 mR² ϑ due punti = mgR cosϑ e abbiamo ritrovato esattamente l'equazione differenziale del moto che avevamo trovato qui. Ed ecco che in questo modo siamo arrivati al risultato.

Esercizio 6.7


Supponiamo di avere un piano verticale Oxy con Oy che è verticale ascendente e in questo piano è mobile un'asta AB omogenea di massa m, lunghezza 𝓁, che ha un estremo A che è vincolato a percorrere senza attrito l'asse delle x. Sull'asta, oltre alla forza peso, agiscono anche due forze elastiche rappresentate da due molle uguali di costante elastica k², una che ha gli estremi fissati in O e in B e l'altra invece che ha gli estremi fissati nel punto A, l’altro estremo dell'asta, quello che scorre lungo l'asse x e l'altra fissata in C che è un punto di coordinate 2𝓁, 0. Assumiamo come parametri lagrangiani l'ascissa x del punto A e inoltre l'angolo ϑ che il raggio vettore B - A, forma con la direzione negativa dell'asse x e positivo in verso antiorario.

Quello che vogliamo fare è determinare diverse cose. La prima richiesta è di determinare il potenziale, l'energia cinetica e le equazioni differenziali del moto. Rispetto agli esercizi che abbiamo visto in precedenza, questo è un problema con due gradi di libertà. Quindi l'asta in questione ha due gradi di libertà e i parametri lagrangiani sono la x, e l'angolo ϑ di rotazione.

Intanto scriviamo quali sono le forze che agiscono su questo sistema meccanico. C'è la forza peso, che è applicata nel baricentro G e visto che l'asta è omogenea, il baricentro G coincide con il punto medio, quindi - mg j. Poi ci sono le forze elastiche. C'è la forza elastica che è applicata in A di vettore k²(C - A). Cioè, la forza elastica in A è quella che tende a richiamare A verso C, dove C è il punto di coordinate 2𝓁, 0.

L'altra forza elastica, quella applicata in B, è quella che ha la funzione di richiamare B verso O, la costante elastica è k², perché le due molle hanno la stessa costante elastica, e quindi questa sarà k²(O - B). Adesso conviene scrivere le coordinate dei punti del sistema meccanico in funzione dei parametri lagrangiani. Partiamo dall'estremo A dell'asta, che ha coordinate xA uguale a x, e yA che è uguale a 0. Poi consideriamo l'altro estremo dell'asta, cioè B. La x del punto B varrà la x del punto A, da cui toglieremo questa parte, quindi sarà x - 𝓁 per il coseno di ϑ. La y del punto B, invece, dobbiamo fare la proiezione di AB sull'asse y, poi siamo nel semipiano delle y negative, quindi - 𝓁 seno di ϑ è la y del punto B. Adesso veniamo alla x e alla y del baricentro, che qualitativamente hanno la stessa natura della xB e della yB, quindi avremo x - 𝓁/2 cosϑ e la yG che sarà - 𝓁/2 sinϑ. Infine, la xC e la yC, che in realtà le avevamo già scritte di sopra, ma le mettiamo in questa forma e sono 2𝓁 e 0.

a) La prima domanda che ci viene posta è calcolare il potenziale U, l'energia cinetica T e le equazioni differenziali del moto. La U sarà una funzione di x e di ϑ, calcolare l'energia cinetica e poi le equazioni differenziali del moto. Nel momento in cui ci viene richiesto di calcolare prima la funzione potenziale, poi l'energia cinetica, è opportuno scrivere le equazioni differenziali del moto usando le equazioni di Lagrange. Partiamo dalla funzione potenziale U(x, ϑ) sarà dato dal potenziale della forza peso - mg per la quota y del baricentro.

Non abbiamo ancora scritto le forze elastiche in funzione dei parametri, allora le scriviamo. Quindi la forza elastica applicata in A ha di vettore k² per C - A. Questa diventa k² per 2𝓁 - x lungo il versore ī e quindi questa è l'espressione del vettore della forza elastica applicata nel punto A. Adesso veniamo all'espressione del vettore della forza elastica applicato in B e qui avremo k² e poi dobbiamo fare la x del punto O che è 0, - la x del punto B e quindi avremo che questa vale 𝓁 cosϑ - x lungo ī e poi avremo y del punto O che vale 0, - la y del punto b, quindi + 𝓁 sinϑ versore j e questa è l'espressione del secondo vettore della forza elastica.

Tornando alla funzione potenziale, la funzione potenziale è data dalla somma del potenziale della forza peso, che vale - mg yG, poi ci va il potenziale della forza elastica applicata in B, che vale - ½ k² per l'allungamento della molle al quadrato e infine il potenziale della forza elastica in A che vale - ½ k² per l'allungamento della forza elastica applicata nel punto A + un termine costante, che indichiamo con U*. Adesso facciamo i calcoli perché le coordinate ce le abbiamo, quindi - mg per la yG, ci viene - per - che fa + mg 𝓁/2 sinϑ, poi -½ k² e dobbiamo mettere il quadrato di O - B, quindi avremo 𝓁 cosϑ - x, tutto al quadrato, + 𝓁 sinϑ², infine -½ k² per l’allungamento C - A o A - C, ma essendo al quadrato cambia poco.

- ½ k²(2𝓁 - x)² + U*. Il termine costante è sempre presente, perché la funzione potenziale è sempre definita a meno di una costante additiva. Quindi abbiamo mg 𝓁/2 sinϑ - ½ k²(𝓁² cosϑ + x² - 2𝓁 x cosϑ + 𝓁² sin²ϑ) e infine c’è -½ k²(4 𝓁² + x² - 4𝓁x) + U*.

Tutti i termini costanti nella funzione potenziale, possono essere inglobati nel termine costante U*. E allora avremo che la nostra funzione potenziale U(x, ϑ) sarà data da mg 𝓁/2 sinϑ. Nella parentesi, sin² + cos² per la nota identità trigonometrica fa 1 e quindi rimarrebbe -½ k² 𝓁², ma questo, essendo un termine costante, lo inglobiamo direttamente dentro al termine U*o, quindi questo lo ignoriamo. Il termine successivo sarebbe -½  k² x² e poi c’è - per -, + k² 𝓁 x cosϑ. Il termine successivo, che diventerebbe - 2k² 𝓁² lo inglobiamo di nuovo dentro al termine U*, quindi rimane - ½ k²x², però siccome ce l’abbiamo già, questi li mettiamo assieme  e abbiamo -k² x². Poi abbiamo l’ultimo termine, c’è - per - che fa +, 2k𝓁x + U*, che ora contiene anche gli altri termini.

La funzione potenziale U è quella che abbiamo scritto qui. Dipende da x e da ϑ. L'energia cinetica la calcoliamo usando il teorema di König, ½ m vG² + TG. Partiamo dall'energia cinetica del baricentro, quindi ci serve la vG² e basterà derivare rispetto al tempo le coordinate xG e yG. La xG punto sarà data da x punto - 𝓁/2 e poi dobbiamo derivare il coseno, la derivata del coseno è il - seno, quindi sin di ϑ e poi dobbiamo derivare l'argomento, quindi ϑ punto.

Adesso deriviamo la yG e ci viene - 𝓁/2 ϑ punto cosϑ e questa è la yG punto. Di conseguenza, la velocità di G al quadrato è uguale a xG² punto + yG² e quindi avremo x punto + 𝓁/2 ϑ punto sinϑ, tutto al quadrato, + 𝓁/2 ϑ punto cosϑ al quadrato, uguale a x punto + 𝓁²/4 ϑ² punto sin²ϑ + 𝓁 x punto ϑ punto sinϑ + 𝓁²/4 ϑ² punto cosϑ.

Abbiamo di nuovo un 𝓁²/4 ϑ² punto sin²ϑ + 𝓁²/4 ϑ² punto cos²ϑ, quindi abbiamo x² punto + 𝓁 x punto ϑ punto sinϑ + 𝓁²/4 ϑ² punto e questo termine è vG². Adesso ci va la TG, che è l'energia cinetica dell'asta rispetto all'osservatore baricentrico e traslante Gx’y’z’.

Rispetto a questo osservatore, da quale moto è animata l’asta? Istante per istante, sarà uno stato cinetico rotatorio, attorno all'asse Gz', z' è perpendicolare al piano dello schermo e diretto verso di noi e la velocità angolare scalare di rotazione è ϑ punto. Quindi per calcolare l'energia cinetica TG, è come se dovessimo calcolare l'energia cinetica di un corpo rigido con asse fisso e l'asse fisso sarebbe Gz'. Quindi nella TG andiamo a mettere l'energia cinetica di un corpo rigido con asse Gz' fisso per ² punto dell’asta AB.

Adesso possiamo fare i calcoli e abbiamo ½ m x² punto + ½ m𝓁 x punto ϑ punto sinϑ + ⅛ m𝓁² ϑ² punto e infine qui abbiamo ½, quanto vale il momento di inerzia dell'asta AB rispetto ad un asse baricentrico e perpendicolare all'asta stessa? Vale massa per lunghezza dell'asta al quadrato diviso 12. E quindi qui abbiamo ½ m𝓁²/12 ϑ² punto. Adesso possiamo scrivere l'energia cinetica, che e dipende da ϑ, da ϑ punto, da x e da x punto. Abbiamo ½ m x² punto + ½ m𝓁 x punto ϑ punto sin ϑ e poi dobbiamo sommare ⅛ m𝓁² ϑ² punto a 1/24 m𝓁² ϑ² punto. Quindi ci viene + m𝓁²/6 ϑ² punto e questa è l'espressione dell’energia cinetica dell’asta a due gradi di libertà.

Dopo aver calcolato la funzione potenziale, l'energia cinetica, possiamo scrivere le equazioni di Lagrange.

Il problema è a 2 gradi di libertà, quindi le equazioni sono due, quindi derivata totale della derivata parziale di T fatta rispetto a x punto, alla prima q punto, che è la x, - la derivata parziale di T fatta rispetto a x, uguale alla derivata parziale di U fatta rispetto a x. Poi c'è la derivata totale della derivata parziale di T fatta rispetto a ϑ punto, - la derivata parziale di T fatta rispetto a ϑ, uguale a dU in dϑ. E queste sono le due equazioni di Lagrange, che poi ci daranno le equazioni differenziali del moto.

Cominciamo a guardare le derivate parziali dell'energia cinetica. Derivata totale rispetto al tempo della derivata parziale di T fatta rispetto a x punto. Il primo termine con x punto è questo, quindi ci viene m x punto. Poi c'è un altro termine con x punto, che è questo, e allora ci viene + 1/m m𝓁 ϑ punto sinϑ, perché stiamo facendo la derivata parziale rispetto a x punto. E poi ci viene - la derivata parziale di T fatta rispetto a x. Qui non c'è la x, c'è la x punto, ma la x non c'è. Di conseguenza, questo termine è 0 e quindi se ne va. Allora rimane soltanto la derivata parziale di U fatta rispetto a x al secondo membro. E siccome U è questo, la derivata parziale di U fatta rispetto a x ci fornisce il termine - 2k² x, + k²𝓁 cosϑ e poi c'è l'ultimo termine che viene da questo, deriviamo parzialmente rispetto a x, + 2k²𝓁.

Passiamo alla seconda equazione, derivata temporale della derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto a ϑ punto. Qui ϑ punto non c'è, e invece ϑ punto sta qui e qui, nel secondo e nel terzo termine. E quindi otteniamo ½ m𝓁 x punto sinϑ + m𝓁²/3 ϑ punto. Questa è la derivata parziale di T fatta rispetto a ϑ punto. Poi ci viene - la derivata parziale di T fatta rispetto a ϑ e invece ϑ ora c'è, mentre nella prima equazione questa derivata parziale non c'era, era 0. E qui invece compare, perché il ϑ è qui. E quindi abbiamo - ½ m𝓁 x punto ϑ punto cosϑ. ϑ e ϑ punto, quando facciamo le derivate parziali, sono due cose diverse e quindi la presenza di ϑ o l'assenza di ϑ fa sì che questa derivata parziale di T fatta rispetto a x è zero. Infine, dobbiamo arrivare alla derivata parziale di U fatta rispetto a ϑ e siccome ϑ nella U compare nel primo termine e nel terzo, deriviamo parzialmente rispetto a ϑ, la derivata del seno è il coseno, la derivata del coseno è - seno e quindi qui avremo i due termini che sono mg 𝓁/2 coseno di ϑ e - k² 𝓁x sinϑ.

Non abbiamo ancora finito, perché dobbiamo fare la derivata totale della quantità dentro parentesi, cioè della derivata parziale di x punto e della derivata parziale di ϑ punto. Quindi derivando rispetto al tempo, abbiamo mx due punti +, qui dentro dipendono dal tempo, ϑ punto e seno di ϑ, quindi + ½ m𝓁 ϑ due punti e sinϑ non lo deriviamo, poi + ½ m𝓁 ϑ punto, adesso dobbiamo derivare il seno di ϑ, che dà cosϑ e poi derivare l'argomento che ci dà un altro ϑ punto, = 2k² x + k²𝓁 cosϑ + 2k²𝓁.

Passiamo alla seconda equazione e deriviamo qui, ½ m𝓁 x due punti sinϑ + ½ m𝓁 x punto, perché x punto dipende dal tempo e ϑ dipende dal tempo. Questa è la derivata di un prodotto e poi qui c’è funzione di funzione, quindi ½ m𝓁 x punto ϑ punto cosϑ + m𝓁²/3 ϑ due punti. Poi c’è -½ m𝓁 x punto ϑ punto cosϑ = mg𝓁/2 cosϑ - k² 𝓁 x sinϑ.

Adesso abbiamo scritto tutto quello che ci serve e possiamo semplificare opportunamente, c'è + ½ m𝓁 x punto ϑ punto cosϑ e lo stesso termine con il -, e quindi otteniamo che le equazioni sono m x due punti + ½ m𝓁 ϑ due punti sinϑ + ½ m𝓁 ϑ² cosϑ = -2k² x + k²𝓁 cosϑ + 2k²𝓁.

Nell’ultima equazione mettiamo per primo m𝓁²/3 ϑ due punti + ½ m𝓁 x due punti sinϑ = mg𝓁/2 cosϑ - k²𝓁x sinϑ. In questo modo abbiamo ottenuto le equazioni differenziali del moto.


b) La domanda successiva era di calcolare le equazioni dell’equilibrio, utilizzando il metodo del potenziale. La funzione potenziale l'abbiamo calcolata, quindi usando il metodo del potenziale per calcolare le equazioni dell'equilibrio, non le configurazioni d'equilibrio. Quindi vuol dire che dobbiamo solo scrivere le equazioni dell'equilibrio e non risolverle, probabilmente sono equazioni che non ammettono una soluzione semplice in maniera analitica. Riprendiamo la funzione potenziale.

Con il metodo del potenziale, dobbiamo calcolare la derivata parziale di U fatta rispetto a x e uguaglianza a zero e la derivata parziale di U fatta rispetto a ϑ e uguagliarla a zero. Queste due derivate parziali le abbiamo già calcolate qui, come secondo membro delle equazioni di Lagrange e quindi dobbiamo prendere questo termine e questo e queste saranno le due equazioni dell'equilibrio. Quindi avremo il - 2k² x + k² 𝓁 cos² + 2k²𝓁 = 0 e l'altra equazione che è mg 𝓁/2 cosϑ - k²𝓁x sinϑ = 0. E queste sono le due equazioni dell'equilibrio. Non le risolviamo, eventualmente qui si può semplificare. Ci viene richiesto soltanto di scrivere le due equazioni dell'equilibrio. Dalla prima equazione si otterrebbe x = 𝓁/2 cosϑ - 𝓁, ma comunque insomma non le dobbiamo risolvere.


c) Nella terza domanda ci viene richiesto di ritrovare le equazioni dell'equilibrio con il principio dei lavori virtuali. Dobbiamo ritrovare questo sistema. Dobbiamo scrivere il lavoro virtuale compiuto dalle forze attive, quindi - mg j, scalare, punto d’applicazione, che è δG, poi ci andrà + k²(O - B), che è l'altra forza in gioco, scalare δB, + k²(C - A), scalare δA. Le forze attive in gioco sono la forza peso applicata in G, questa forza elastica applicata in A, l'altra forza elastica applicata in B, quindi per definizione il lavoro virtuale è la somma di questi prodotti scalari. Facciamo i calcoli. Quindi, - mg j scalare δxG ī + δyG j + k²(O - B), scalare δxB lungo ī + δyB j, infine + k²(C - A), che moltiplica scalarmente δxA ī + δyA j. Siccome j scalare ī fa 0, mentre j scalare j fa 1, qui rimane - mg δyG e poi abbiamo k²(O - B) che adesso dobbiamo scrivere e sarà + k² (𝓁 cosϑ - x lungo ī + 𝓁 sinϑ lungo j, questo è O - B), scalare δxB lungo ī + δyB lungo j, infine + k²(2𝓁 - x) ī, che è C - A, scalare δxA ī + δyA j. E’ rimasto -mg δyG, poi c’è ī scalare ī che fa 1, quindi c’è + k²(𝓁cosϑ - x) δxB, quelli in croce, ī scalare j e j scalare ī fanno 0 e j scalare j fa 1, quindi è k² 𝓁 sinϑ δyB. Stiamo elencando tutte le parti vettoriali, infine c’è l’ultimo prodotto scalare da fare, che è ī scalare ī, che dà 1, quindi + k²(2𝓁 - x) δxA, in quanto ī scalare j fa 0.

Siccome in questo problema tutte le configurazioni sono di tipo interno, il principio dei lavori virtuali vale con il segno di uguaglianza, perché tutti gli spostamenti virtuali sono invertibili. δL deve essere uguale a 0 qualunque sia lo spostamento virtuale. Che cosa dobbiamo scrivere adesso? δyG, δxB, δyB e δxA. Siccome yG è - 𝓁/2 sinϑ, la δyG, dobbiamo fare il differenziale, sarà - 𝓁/2 cosϑ ϑ.

Poi la xA vale x, di conseguenza δxA vale δx, adesso dobbiamo sistemare xB e yB. xB è x 𝓁 cosϑ, la yB è - 𝓁 seno di ϑ, per cui δxB sarà δx + 𝓁 sinϑ δϑ. δyB sarà -𝓁 cosϑ δϑ. Adesso abbiamo tutto quello che ci serve da sostituire.

δL sarà uguale a -mg(-𝓁/2 cosϑ δϑ) + k²(𝓁 cosϑ - x), che va moltiplicato per δxB, quindi per δx + 𝓁sinϑ δϑ, infine c’è +k² 𝓁 sinϑ, che va moltiplicato per -𝓁 cosϑ δϑ e infine c’è l’ultimo termine, + k²(2𝓁 - x) per δxA, che è δx. Questo deve essere uguale a 0 per ogni spostamento virtuale, quindi per ogni δϑ e per ogni δx diversi da 0. Adesso dobbiamo rielaborare un po' questa formula, raccogliamo tutti i δx e tutti i δϑ, quindi avremo δL = + mg 𝓁/2 cosϑ δϑ + k² 𝓁 cosϑδx - k² xδx + k²𝓁² sinϑ cosϑ δϑ - k²x𝓁 sinϑ δϑ.

Adesso c’è il penultimo termine, -k² 𝓁² sinϑ cosϑ δϑ + 2k² 𝓁 δx - k² x δx = 0, sempre per ogni ϑ e δx. Adesso raccogliamo prima tutti i termini in δx. Quindi avremo k²𝓁 cosϑ, poi i due termini si possono sommare, quindi -2k²x + 2k𝓁 per δx. Adesso prendiamo gli altri termini e li segniamo in azzurro. E allora abbiamo + mg 𝓁/2 cosϑ. Qui ci sono dei termini che si elidono, perché questo termine se ne va con questo e quindi rimane il - k ² 𝓁x sinϑ δϑ e questo deve essere uguale a 0 per ogni δϑ e per ogni δx. Affinché questo succeda, dobbiamo uguagliare a zero questo termine e questo, che sono le due equazioni che avevamo ottenuto con il metodo del potenziale.


d) Usare le equazioni cardinali della statica ritrovando le equazioni che abbiamo appena visto. Dobbiamo scrivere le equazioni cardinali della statica, che sono Fe + φe = 0, Ωe + ѱe = 0.

Fe ce l'abbiamo, perché è la somma del vettore della forza peso, - mg j. Poi ci va il vettore della forza elastica applicata in B, quindi + k² 𝓁 cosϑ - x lungo ī + 𝓁 sinϑ lungo j. La forza elastica in A, quindi + k²(2𝓁 - x) ī e poi c’è la reazione vincolare. La reazione vincolare è unica, è soltanto in A, perché c'è un vincolo di scorrimento, l'estremo A dell'asta scorre senza attrito lungo l'asse delle x, quindi la reazione vincolare si esplica in direzione normale al vincolo e dovrà rimanere nel piano, perché tutte le forze sono nel piano, e quindi la reazione vincolare in A sarà A, φAy lungo j. Quindi c'è un'unica reazione vincolare per cui la φe sarà data da φAy j.

Come polo per l'equazione dei momenti, siccome la forza peso è applicata in G. La forza in A, k²(C - A) è applicata in A, poi c'è un'altra forza applicata in B che è k²(O - B). Il fatto che ci sia una reazione vincolare unica applicata in A e anche una forza attiva applicata in A, ci fa dire che scegliendo come polo A, faremo meno calcoli. Primo punto perché la ѱe con polo in A, essendo questo il momento delle reazioni vincolari esterne, calcolato con polo in A, l'unica reazione applicata in A, questo fa 0, è il vettore nullo. E allora adesso si tratta di calcolare il momento delle forze attive con polo in A, quindi Ωe(A) vale - mg j vettor polo A, - punto d'applicazione G. Poi, questa forza applicata in A non dà contributo, questa invece dà contributo, quindi c'è + k² [(𝓁 cosϑ - x) ī + 𝓁sinϑ j] vettor (A - B). - mg j vettor, il vettore A - G, dobbiamo fare la xA - la xG, quindi 𝓁/2 cosϑ ī e poi la yA - yG, quindi + 𝓁/2 sinϑ j.

Quindi abbiamo x - x + 𝓁/2 cosϑ e 0, - per -, + 𝓁/2 sinϑ, quindi questo è quello che abbiamo scritto qui. Per tutti gli altri, per A - B si fa in maniera analoga, quindi + k² 𝓁 cosϑ - x lungo ī + 𝓁 sinϑ lungo j, questo si moltiplica vettorialmente per A - B, che sarà 𝓁 cosϑ ī + 𝓁 sinϑ j. Questo perché dobbiamo fare la xA - la xB, che dà 𝓁 cosϑ e la yA - yB che dà 𝓁 sinϑ.

Adesso facciamo i calcoli di questi prodotti vettoriali. Dobbiamo fare j vettor ī che fa - k, - per - +, quindi mg 𝓁/2 cosϑ vettore k, j vettor j fa 0. Adesso abbiamo ī vettor ī che fa 0, mentre ī vettor j che fa k, quindi qua avremo + k²𝓁 (𝓁cosϑ - x) sinϑ k e poi dobbiamo fare il prodotto vettoriale j vettor ī, che fa -k e quindi ci viene -k²𝓁² sinϑ cosϑ k, mentre j vettor j fa 0. Qui c’è un termine che è k² 𝓁² cosϑ sinϑ lungo k, e poi c’è -k²𝓁² sinϑ cosϑ k. Quindi questo si semplifica con questo contributo, rimane mg 𝓁/2 cosϑ k, - k² 𝓁 x sinϑ k.

La parte gialla è la parte che va nella seconda equazione, quella dei momenti. E poi c'è invece la prima, dove dobbiamo mettere questo termine proiettato e questo, sommati, in verde.

Quando proiettiamo la prima equazione, quella in verde, quindi la somma di questi due proiettata lungo ī, otteniamo k² 𝓁 cosϑ - k²x + 2k² 𝓁 - k² x = 0. Poi proiettiamo lungo j, avremo il contributo di questo termine, questo termine e questo, quindi - mg + k² 𝓁 sinϑ + φAy = 0. Infine abbiamo il contributo in giallo, proiettato lungo k, mg 𝓁/2 cosϑ - k²𝓁x sinϑ = 0. In questo modo abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite, che sono x, ϑ e φAy. Le equazioni dell'equilibrio sono quelle che non contengono le reazioni vincolari, quindi sono la 1 e la 3, sono le equazioni dell'equilibrio che avevamo già ottenuto precedentemente. La seconda equazione ci fornisce la φAy all'equilibrio, quindi m per g - k² 𝓁 sinϑ è l'espressione della componente scalare del vettore delle reazioni vincolari all’equilibrio.


e) Ci viene richiesto di scrivere le equazioni cardinali della dinamica, ritrovando le equazioni del moto che avevamo visto al punto a), cioè con le equazioni di Lagrange. Scriviamo direttamente le equazioni cardinali della dinamica, massa per l'accelerazione del baricentro G = Fe + φe, e inoltre la seconda equazione cardinale, la derivata del momento delle quantità di moto, il polo che avevamo usato nell'equazione dei momenti per le equazioni cardinali della statica era il polo A. Anche se A non è né il baricentro, né un punto fisso, quindi c’è questo termine aggiuntivo m vG, vettor la velocità del polo di cui dobbiamo tener conto quando scriviamo l'equazione dei momenti. Così facendo, Fe + φe e Ωe + ѱe di A li abbiamo già calcolati quando abbiamo scritto le equazioni cardinali della statica, cioè il punto d).

Per cui potremmo tranquillamente andare a prendere questi termini, questi che abbiamo sottolineato in verde, che danno Fe + φe. E questo termine in giallo, che è Ωe di A, perché la ѱe di A è uguale a zero. Si tratta di sistemare i primi membri di questa equazione, quindi questo e questo e anche questo termine aggiuntivo. Partiamo dall’accelerazione del baricentro G. Siccome la x del baricentro G e la y del baricentro G, li richiamiamo, sono rispettivamente, x - 𝓁/2 cosϑ e - 𝓁/2 sinϑ, quando andiamo a derivare al rispetto al tempo, e questo l'abbiamo già fatto per il calcolo della velocità del baricentro, dell'energia cinetica, abbiamo 𝓁/2 ϑ punto sinϑ e - 𝓁/2 ϑ punto cosϑ. Adesso si tratta solo di fare un'altra derivata temporale e da qui deriviamo, ci viene x due punti e poi dobbiamo derivare questo che è il prodotto di funzioni, quindi 𝓁/2 ϑ due punti e il seno lo lasciamo non derivato e poi abbiamo ϑ punto che lasciamo non derivato e deriviamo il seno, che ci dà il coseno e anche ϑ punto.

Adesso facciamo la stessa cosa con la yG punto, avremo - 𝓁/2 ϑ due punti cos non derivato e poi lasciamo ϑ punto non derivato, deriviamo il coseno, che ci dà un - sin e un altro ϑ punto. Queste sono le due componenti del vettore accelerazione del baricentro G, che andranno messe assieme a Fe + φe, quando scriviamo la prima equazione cardinale della dinamica. Quindi l'accelerazione, la derivata seconda di G fatta rispetto a t due volte, è xG due punti lungo ī + yG due punti lungo j. In questo modo abbiamo sistemato la prima equazione cardinale della dinamica.

Adesso abbiamo la derivata del momento delle quantità di moto con polo in A. Abbiamo bisogno di calcolarci K di A. A è un punto che si muove, non è un punto fisso, non è il baricentro, quindi per calcolare il momento assoluto delle quantità di moto con polo in A, conviene passare attraverso il momento relativo delle quantità di moto con polo in A, cioè, pensando di calcolare il momento delle quantità di moto, rispetto ad un osservatore che ha l'origine in A ed è traslante, sempre dello stesso tipo Ax’y’z'. Così facendo, possiamo vedere che K di A si scrive come K' di A + la massa per la velocità del punto A, vettor polo aA - G. Nel sistema di riferimento con origine in A e traslante, qual è il moto che anima quest'asta? Sarà una rotazione attorno all'asse fisso Az’, quindi K’ di A sarà il momento d’inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Az' per il vettore velocità angolare ω. Questo perché è come se, per il calcolo di K', quindi nel sistema di riferimento che abbiamo appena disegnato, è come se l'asta, istante per istante, fosse animata da uno stato cinetico rotatorio attorno all'asse al Az' e quindi si muove con velocità angolare ϑ punto k. E quindi questo è il motivo per cui si scrive così. Poi c'è + la massa, la velocità di A sarà x punto ī, prodotto vettoriale A - G e il vettore A - G è 𝓁/2 cosϑ ī + 𝓁/2 sinϑ j.

Il momento di inerzia di un'asta AB rispetto ad una retta ortogonale all'asta e passante per un suo estremo, vale la massa, la lunghezza dell'asta al quadrato, diviso 3. E il vettore velocità angolare ω è ϑ punto k. Poi dobbiamo fare questi prodotti vettoriali, ī vettor ī fa 0, ī vettor j fa invece k, e quindi abbiamo + 𝓁/2 x punto sinϑ k.

Adesso dobbiamo fare la derivata temporale di questo vettore, k non dipende dal tempo, ϑ punto dipende dal tempo, così come x punto e come ϑ, quindi avremo m𝓁²/3 ϑ due punti versore k + m𝓁/2 x due punti sinϑ k, poi lasciamo x punto non derivato e deriviamo il seno di ϑ rispetto al tempo, quindi ϑ punto coseno di ϑ lungo il versore k. E quindi questo termine è quello che si va ad aggiungere, adesso lo sottolineiamo, ai termini che avevamo sottolineato in giallo, quindi ad Ωe di A, ѱe di A invece era uguale a zero.

Manca vG vettor vA. m velocità del baricentro G, vettor la velocità del polo A, quindi m x punto versore ī, vettor la velocità di G, quindi avremo massa per x punto + 𝓁/2 ϑ punto sinϑ versore ī, - 𝓁/2 ϑ punto cosϑ versore j, vettor x punto ī.

Siccome ī vettor ī fa 0, mentre j vettor ī fa - k, - per - fa +, e quindi avremo m 𝓁/2 x punto ϑ punto coseno di ϑ, versore k e questo è un altro termine che dobbiamo aggiungere alla seconda equazione, quella dei momento. Adesso prendiamo la prima equazione e la proiettiamo lungo ī e lungo j. Non ci sono altri termini, perché l'accelerazione dà solo contributo lungo ī e j, Fe + φe hanno solo componenti lungo ī e lungo j, di conseguenza proiettiamo la prima equazione lungo ī per prima cosa, quindi m per x due punti + 𝓁/2 ϑ due punti sinϑ + 𝓁/2 ϑ² punto cosϑ, questo sarà uguale, ci vogliono le componenti dei vettori delle forze lungo l'asse delle x, che sono solo k²𝓁 cosϑ - 2k²x + 2k²𝓁.

Adesso invece passiamo alla proiezione di lungo j, quindi avremo massa per - 𝓁/2 ϑ due punto cosϑ - 𝓁/2 ϑ² punto sinϑ = k²𝓁 sinϑ - mg + φAy. Adesso dobbiamo proiettare l'equazione dei momenti e questa la dovremo proiettare soltanto lungo il versore k, perché è l'unica direzione non banale che c'è. Abbiamo la derivata del momento delle quantità di moto, quindi m𝓁²/3 ϑ due punti + m𝓁/2 x due punti sinϑ + m𝓁/2 x punto ϑ punto cosϑ. Questa è la componente lungo l'asse z. Adesso dobbiamo mettere al secondo membro l’ mg𝓁/2 cosϑ - k²𝓁x sinϑ e infine dobbiamo aggiungerci il termine aggiuntivo m vG vettor vA, quindi + m𝓁/2 x punto ϑ punto cosϑ. In queste equazioni questo termine se ne va con questo, abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite che sono la ϑ di t, la x di t e la φAy. La seconda equazione, che è quella che contiene la reazione vincolare scalare, ci fornisce la reazione vincolare scalare dinamica, mentre la prima e la terza, che non contengono le reazioni vincolari, sono le equazioni differenziali del moto, che devono coincidere con le equazioni che abbiamo ricavato prima e sono esattamente uguali a quelle che ci sono qui.


f) Come ultimo punto per risolvere questo esercizio, ci viene richiesto di determinare un integrale primo del moto, assumendo che all'istante t = 0, il punto B coincida con l'origine O del sistema di riferimento e inoltre l'asta AB sia in quiete all'istante iniziale, con il punto A che si trova alla destra del punto B.

B deve trovarsi in O, inoltre l'asta è in quiete e A si trova alla destra di B, quindi l'asta si trova qua sopra, per cui all'istante iniziale avremo che la ϑ è 0, che la x all'istante 0 vale 𝓁, perché B si trova qui e a sta qui sopra e siccome l'asta deve essere in quiete, anche la x punto e la ϑ punto all'istante iniziale saranno zero. Quindi le condizioni iniziali che ci vengono fornite sono queste, che la x(0) deve essere uguale ad 𝓁, la ϑ(0) deve essere 0, mentre sia la x punto, sia la ϑ punto all'istante iniziale devono essere uguali a 0, perché il sistema si trova inquiete.

Queste sono le condizioni iniziali che servono perché nella determinazione degli integrali primi le costanti del moto si determinano attraverso le condizioni iniziali. Quale sarà l'integrale primo del moto che possiamo esprimere in questo caso? Sicuramente il sistema meccanico è conservativo, per cui l'integrale primo che dobbiamo determinare è l’integrale primo di conservazione dell'energia meccanica totale, cioè T + V = E. E come determineremo questa energia meccanica totale? Questa sarà data dalle condizioni iniziali, cioè dalla somma dell'energia cinetica T all'istante iniziale + l'energia potenziale all'istante iniziale. L'energia cinetica ce l'abbiamo. Anche il potenziale l'avevamo già calcolato. Sappiamo che V è uguale a - U, di conseguenza l'energia potenziale sarà - mg 𝓁/2 sinϑ + k²x² - k²𝓁x cosϑ - 2k²𝓁x + V*. Possiamo scrivere il teorema di energia meccanica totale, dicendo che l'energia cinetica T, quindi ½ m x² punto + ½ m𝓁 x punto ϑ punto sinϑ + m𝓁²/6 ϑ² punto, quindi T + V, quindi -mg 𝓁/2 sinϑ + k² x² - k² 𝓁x cosϑ - 2k² 𝓁x questo sarà uguale, adesso ci dobbiamo mettere l'energia meccanica totale, che sarà la somma di T all'istante iniziale + la V all'istante iniziale.

E allora vediamo quanto vale la T all'istante iniziale, vale ½ la massa per la x punto all'istante iniziale. La x punto all'istante iniziale vale 0, quindi questo termine non c'è. La x punto e la ϑ punto all’istante iniziale sono zero e quindi anche questo non c’è, così come la ϑ punto, quindi questo termine non dà contributo. L'energia cinetica all'istante iniziale è zero, quindi T₀ è zero, perché l'abbiamo calcolata. Adesso vediamo quanto vale la V all'istante iniziale. mg𝓁/2 per il seno di zero vale 0, + k², la x all’istante 0 vale 𝓁, quindi viene k²𝓁².

Poi qui c'è - k²𝓁 per 𝓁 per il coseno di 0, quindi di nuovo - k²𝓁². Infine, ci manca questo termine, + 2k²𝓁 per 𝓁, quindi +2k𝓁². l termini costanti non li ho messi, perché se li avessi messi, avrei avuto un + V* di qua e un + V* di qua, che si elidono perché sono esattamente due contributi uguali, posti da due parti diverse dell'uguaglianza dell'equazione. Quindi V₀ è altro che 2k²𝓁², di conseguenza l'energia meccanica totale vale proprio 2k²𝓁².

E questo, che è l’integrale primo di conservazione dell'energia meccanica totale, sarebbe un'equazione differenziale del primo ordine, che in qualche modo può sostituire una delle equazioni differenziali del moto e ha il vantaggio di essere di ordine inferiore rispetto alle equazioni differenziali del moto. Questo è il contributo costante dell'energia meccanica totale durante il moto, cioè la T e la V variano nel tempo, ma la loro somma rimane, istante per istante sempre uguale, perché il sistema meccanico è conservativo.

Esercizio 6.9


Abbiamo un piano verticale Oxy con Oy verticale ascendente e in questo piano è mobile un sistema materiale pesante, che è costituito da due aste rigide omogenee che sono OA e AB, OA che ha lunghezza 2𝓁 e massa m e AB che ha sempre lunghezza 2𝓁 e massa M. L’asta OA ha l’estremo O che è fissato nell'origine del sistema di riferimento e l'altro estremo è invece incernierato all'asta AB e il suo estremo A. Su questo sistema, oltre alla forza peso, agisce anche una forza costante, che è applicata nel punto B e ha vettore F, diretto lungo il versore ī. ī è il versore dell'asse x e j è il versore dell'asse y. Il versore dell'asse z, che è ortogonale al piano dello schermo diretto verso di noi, è il versore k.

Supponiamo i vincoli lisci e quello che ci viene richiesto determinare le configurazioni di equilibrio del sistema e le equazioni differenziali del moto. Questo è un problema a due gradi di libertà. E come parametri lagrangiani possiamo scegliere l'angolo α, che il raggio vettore A - O forma con la direzione negativa dell'asse y e positivo in verso antiorario, e come secondo parametro lagrangiano, l'angolo β, che il raggio vettore B - A forma con la direzione negativa dell'asse y, anche questo positivo in verso antiorario. Entrambi questi angoli hanno un intervallo di variabilità che possiamo prendere tra 0 e 2π, in quanto queste coordinate angolari sono periodiche, quindi l'asta OA può fare un giro completo all’asse Oz e l'asta AB può compiere anche un giro completo sovrapponendosi all'asta OA, attorno all'asse Az.

Prima di tutto cerchiamo di determinare le configurazioni di equilibrio, quindi ci occupiamo prima di tutto della statica. Quando si deve affrontare un problema di questo tipo, conviene scrivere le coordinate del sistema meccanico in esame in funzione dei parametri lagrangiani. Le coordinate dell'origine sono 0, 0, le coordinate del punto A saranno 2𝓁 per il seno dell'angolo α e la y del punto A sarà - 2𝓁 per il coseno di α. Sono aste omogenee per cui il baricentro si trova nel punto medio per entrambe le aste, quindi indichiamo con G₁ e G₂, rispettivamente, il punto medio dell'asta OA e il punto medio dell'asta AB, quindi avremo che la x del baricentro G₁ sarà 𝓁 per il seno di α, la y di G₂ sarà - 𝓁 per il coseno dell'angolo α. Poi abbiamo la coordinata del baricentro G₂, che scriveremo 2𝓁 sinα + 𝓁 sinβ e -2𝓁 cosα - 𝓁 cosβ.

E infine andiamo a scrivere le ultime coordinate, quelle del punto B, a cui è applicata la forza di vettore F ī, le coordinate di B saranno 2𝓁 seno di α + 2𝓁 seno di β e - 2𝓁 coseno di α - 2𝓁 coseno di β. A questo punto ci poniamo il problema di studiare l'equilibrio. Vogliamo studiare la statica di questo bipendolo e per studiare la statica e quindi l'equilibrio di un sistema meccanico abbiamo a disposizione le equazioni cardinali della statica, il metodo del potenziale e il principio dei lavori virtuali.


Equilibrio (Equazioni cardinali della statica)

Partiamo dalla parte più corposa, dalle equazioni cardinali nella statica. Questo è un sistema articolato. Il sistema articolato non è un corpo rigido, perché prendiamo il punto G₂ e il punto G₁, durante il moto la loro distanza non rimane costante, quindi varia. Di conseguenza questo non è un corpo rigido, ma essendo un sistema articolato, è formato da singole parti rigide. Possiamo scrivere le equazioni cardinali della statica per le singole parti rigide, quindi per l'asta OA separatamente e per l'asta AB separatamente. Quindi dobbiamo dividere il sistema nelle singole componenti rigide, però facendo attenzione che in A esiste una coppia di reazioni vincolari di tipo interno per l'intero sistema, che separeremo a metà e metteremo una reazione vincolare OA, che rappresenta l’azione dell'asta AB sull'asta OA. E quando consideriamo l'asta AB, per la quale scriveremo anche per questa le equazioni cardinali della statica, metteremo l'altra reazione uguale e opposta alla precedente, che rappresenta l'azione dell'asta OA sull'asta AB.

Così facendo, scriveremo le equazioni cardinali della statica per l'asta OA, avendo cura di mettere una delle due reazioni vincolari interne che agiscono in A, proprio sull’asta OA. Poi scriviamo le equazioni cardinali della statica per l'asta AB e in A abbiamo messo la reazione uguale e opposta alla precedente e la annoveriamo anch’essa tra le forze di tipo esterno che agiscono sull'asta AB, quando si vanno a scrivere le equazioni cardinali della statica. Quindi dobbiamo scrivere le equazioni cardinali della statica, che sono Fe + φe = 0, Ωe + ѱe, poi penseremo al polo, uguale al vettore nullo e ne scriveremo una coppia per l'asta OA e un altro sistema per l'asta AB separatamente.

Partiamo dall'asta OA e facciamo l'elenco di tutte le forze attive e reazioni vincolari che agiscono sull'asta OA e che per l'asta OA da sola sono tutte esterne. Abbiamo la forza peso che agisce nel baricentro G₁, quindi - mg j, perché l’asse Oy è verticale ascendente. Poi abbiamo la reazione vincolare, quella in O, che è esterna per l’asta OA, ma sarebbe esterna anche per tutto il sistema, perché rappresenta la reazione vincolare che permette al punto O di rimanere incernierato nell'origine del sistema di riferimento. E siccome il vincolo è liscio e quella è una reazione di punto fisso, avremo φOx ī + φOy j, cioè questa reazione vincolare è totalmente incognita, perché è un vincolo di punto fisso. Le componenti delle reazioni vincolari lungo l'asse z non ci vanno, cioè sono 0, perché tutte le forze attive stanno nel piano e il moto deve avvenire nel piano.

Poi dobbiamo aggiungere la reazione vincolare nel punto A, questa reazione vincolare che indichiamo con punto d'applicazione A e vettore φA, che sarà dato da φAx ī + φAy j e questa è la reazione vincolare che rappresenta l'azione dell'asta AB sull'asta OA. Il vettore Fe sarà - mg j. Il vettore φe sarà φOx ī + φOy j + φAx ī + φAy j. E adesso dobbiamo scrivere l'equazione dei momenti. L'equazione dei momenti conviene scriverla con il polo in O, che già contiene una reazione vincolare. Quindi scriverò Ωe con polo nel punto O, che poi è anche un punto fisso, ma per le equazioni cardinali della statica poco importa, avremo - mgj vettor vettor polo, che è O, - punto d'applicazione, che è G₁. Adesso facciamo il calcolo, - mg j vettor, O - G₁, quindi sarà -m 𝓁 sinα ī + 𝓁 cosα j. E adesso facciamo i calcoli.

Quindi siccome j vettore ī fa - k, abbiamo - per -, + per -, -, ci viene - mg 𝓁 sinα k e j vettor j fa 0, quindi Ωe con polo in O, perché abbiamo scelto O come polo per l'equazione dei momenti, dà questo contributo. Adesso dobbiamo calcolarci il momento risultante delle reazioni vincolari esterne. Quando lavoriamo con l'asta OA, φO è esterna, perché era comunque esterna anche per tutto il bipendolo, e A, φA, siccome stiamo considerando la sola asta OA senza AB, questa per l'asta OA rappresenta una reazione vincolare esterna. Quindi la reazione vincolare in O, avendo scelto come polo il punto d'applicazione stesso, non dà contributo, mentre la φA, invece darà il suo contributo e quindi lo andiamo a calcolare, φAx ī + φAy j vettor polo - punto d’applicazione, allora φAx ī + φAy j vettor, il vettore O - A, sarà - 2𝓁 sinα ī + 2𝓁 cosα j. ī vettor ī fa 0, ī vettor j fa k, quindi 2𝓁 φAx cosα k, poi j vettor ī che fa -k, - per -, +, quindi 2  j vettor i che fa meno k, meno per meno più, quindi 2𝓁 φAy sinα k e infine j vettor j che fa 0.

L’equazione dei momenti è Ωe(O) + ѱe(O), che vado a proiettare solo lungo k, invece Fe + φe = 0, sarà da proiettare lungo ī e lungo j, quindi φOx è la componente lungo ī +  φAx = 0, -mg + φOy + φAy, perché stiamo proiettando la prima equazione, Fe + φe = 0 lungo l'asse x, quindi moltiplichiamo scalarmente per il versore ī e poi per ottenere questa moltiplichiamo scalarmente per il versore j. Infine l'equazione Ωe(O) + ѱe(O), moltiplicata scalarmente per il versore k, ci fornisce - mg𝓁 seno di α k, otteniamo - mg𝓁 seno di α + 2𝓁 φAx cosα + 2𝓁 φAy sinα e questo è uguale a zero. Questo sarebbe il sistema delle equazioni scalari, andando a proiettare lungo ī e lungo j questa equazione, lungo k questa per l'asta OA. Adesso questo stesso sistema lo scriviamo per l'asta AB. Lasciamo qui un po' di spazio e andiamo qui sotto, perché dopo, assieme a queste equazioni, andremo a mettere anche le altre che vengono dall'asta AB.

Per l'asta AB abbiamo come forze attive che agiscono sull'asta AB la forza peso che è applicata nel baricentro G₂, la massa M, quindi G₂ - Mg j. Poi c'è una forza costante che agisce in questo punto e quindi c'è la forza B, F ī con F costante. Poi c'è la reazione vincolare in A uguale e opposta a quella che abbiamo messo sull'asta OA. Questa reazione A - φA, rappresenta l'azione dell'asta OA sull'asta AB. In quanto coppia di forze è di tipo interno per l'intero sistema, quando il sistema meccanico viene separato nelle singole parti rigide, cioè asta OA e asta AB, queste due devono essere uguali e opposte. Fe + φe = 0 scritta per l'asta AB la possiamo già proiettare lungo ī e lungo j, quindi abbiamo F - φAx = 0 e - Mg - φAy = 0. E poi dobbiamo scrivere l'equazione dei momenti. L'equazione dei momenti, per l'asta AB, c'è un'unica reazione vincolare applicata in A, quindi conviene scriverla con polo in A. Quindi Ωe con polo in A diventa - mg j vettor polo, meno punto d’applicazione, -Mg j vettor A - G₂, dobbiamo fare le coordinate di A, meno le coordinate di G₂. Quindi xA - xG₂ lungo ī, quindi 2𝓁sinα, - 2𝓁sinα, che si elidono, - 𝓁sinβ, quindi qui ci viene - 𝓁sinβ lungo ī e poi dobbiamo fare la coordinata y del punto A, -2𝓁 cosα, - la coordinata y di G₂, quindi + 2𝓁cosα, e questi si elidono, + 𝓁cos β lungo j.

Di forze ce ne sono due. Adesso mettiamo quello che manca, ci manca + F ī vettor polo A - punto d’applicazione B. Adesso andiamo a rimetterci questo qua. Andiamo a vedere quanto vale A - B, sarà -2𝓁 sinβ ī + 2𝓁 cosβ j. j vettor ī fa - k, quindi - mg𝓁 seno di β versore k. E poi c'è j vettor j che fa 0, ī vettor ī che fa 0, ī vettor j che fa + k, quindi + 2 F𝓁 coseno di β versore k. Infine, ѱe con polo in A, siccome c'è un'unica reazione vincolare applicata in A, questa dà il vettore nullo. E allora questa equazione, l'equazione Ωe con polo in A + ѱe con polo in A uguale a 0, sarà la somma soltanto di questi due contributi uguagliati a 0 e proiettati lungo il versore k, mi forniranno - Mg𝓁 seno di β + 2F𝓁 coseno di β uguale a 0. Abbiamo ottenuto un sistema di sei equazioni in sei incognite, α, β, φOx, φOy, φAx, φAy. Il nostro problema ha due gradi di libertà, quindi ci aspettiamo di trovare due equazioni dell'equilibrio. Quali sono le equazioni dell'equilibrio? Quelle che non contengono le reazioni vincolari scalari, l'unica è questa, quindi questa è già un'equazione dell'equilibrio. Invece, per ottenere l'altra,  dalla quarta equazione ricaviamo φAx, che vale F.

Dalla quinta equazione ricaviamo φAy che vale - M g. Quindi queste sono due informazioni che ci danno le espressioni delle reazioni vincolari scalari all'equilibrio e poi le andiamo a sostituire qui dentro e così dalla prima equazione ottengo che φOx vale - φAx, vale - F e dalla seconda equazione ho che φOy è uguale a - φAy + Mg, quindi diventa uguale ad m + M per g. Quindi anche qui abbiamo ottenuto l'informazione sulle reazioni vincolari scalari all'equilibrio.

Con φAx e φAy, valgono queste espressioni, andiamo a sostituire qui dentro e quindi otterremo le equazioni dell'equilibrio che saranno queste.

Nella terza equazione, cioè qui, andiamo a sostituire al posto di φAx la F e al posto di φAy, - mg e quindi otteniamo - mg𝓁 seno di α + 2F𝓁 cosα - 2mg𝓁 sin α = 0, perché abbiamo sostituito queste qui dentro. Adesso abbiamo invece le equazioni dell'equilibrio, che sono questa prima equazione, in cui raccogliamo - m + 2M gl sinα + 2F𝓁 cosα = 0, che viene dall'equazione 3 e infine l'equazione 6, -Mg𝓁 sinβ + 2F𝓁 cosβ = 0. Queste sono le due equazioni dell'equilibrio. Sono due equazioni disaccoppiate in α e in β. Dalla prima equazione, siccome i valori di α che annullano il coseno non sono soluzione di questa equazione, perché si otterrebbe m + 2M g 𝓁 = 0, allora possiamo trasformare in tangente. Quindi divido per il coseno di α e quindi ottengo che la tangente di α è uguale, qui semplifichiamo perché tanto si può, la tangente di α è uguale a 2F, diviso m + 2M g.

Per lo stesso motivo, dalla seconda equazione, trasformiamo in tangente di β e diventa 2F su Mg. Queste sono delle equazioni trigonometriche, dove c'è la tangente di un angolo, uguale ad una costante. Se ho tangente di x = k, con una costante k che è maggiore di 0, allora la soluzione è presto fatta. Se questo è il k positivo, le due soluzioni saranno quest'angolo e lo stesso angolo + π. Riassumendo, nel nostro caso abbiamo che da tangente di α uguale alla costante positiva 2F, diviso m + 2Mg g si ottiene α₁ che sarà l'arco tangente di 2F, diviso m + più 2M g e questo sarà un angolo che sta, per quello che abbiamo detto qui, starà tra 0 e π/2. Seconda, α₂ sarà α₁ + π e questa sarà tra π e 3/2 π. D'altra parte, poi, la stessa cosa per la tangente di β, uguale a 2F su Mg, questa fornisce β₁ uguale all'arco tangente di 2F, diviso Mg e questa starà tra 0 e π/2 e β₂ che è uguale a β₁ + π e questo starà tra π e 3/2 π.

Quante sono e quali sono le configurazioni di equilibrio di questo sistema meccanico? Siccome queste due equazioni sono disaccoppiate, ciascuna di queste fornisce due soluzioni α₁, α₂, β₁ e β₂, allora le configurazioni d'equilibrio sono quattro.

C₁ che è α₁, β₂, C₂ che è α₁, β₂ e C₃ che è α₂, β₁ e C₄ che è α₂, β₂. In O ci sarà la reazione vincolare che ha come componente lungo ī, -F e come componente lungo j, m + M g. Quindi in O c'è la reazione vincolare che vale - F ī + (m + M)g lungo j e in A la reazione vincolare, quella uguale e opposta, che sull'asta OA rappresenta l'azione dell'asta AB esercitata sull'asta OA e nell'altra viceversa, vale F ī - Mg j.

Rappresentiamo la prima configurazione, che sarà quella in cui α₁ e β₁. Questa è la configurazione C₁.

La configurazione C₂ è quella fatta così. C'è α₁ e β₂.

La configurazione C₃ è questa, in cui c'è α₂ e β₁. E fine adesso abbiamo la configurazione C₄ che facciamo così, quindi α₂, β₂. Quando c'è il β₂, questi due aste sono parallele, quando c'è β₁, queste sono parallele, così per tutti gli altri.

Le forze attive sono quelle date, in B c'è la forza costante che sempre agisce così in tutte queste configurazioni, poi ci sono le forze peso e le reazioni vincolari in O e in A. Con questo abbiamo risolto completamente il problema dell'equilibrio, riuscendo lo stesso ad applicare le equazioni cardinali della statica facendo questa suddivisione nelle singole parti rigide.


Equilibrio (Metodo del potenziale)

Questo sistema è un sistema meccanico conservativo, allora adesso cerchiamo di ritrovare le equazioni dell'equilibrio usando il metodo del potenziale. Questo è un sistema conservativo, perché ci sono le forze peso che sono conservative, la forza costante, che è sempre un altro esempio di forza conservativa con le forze peso e in più il sistema meccanico è olonomo, scleronomo e a vincoli perfetti, perché questi vincoli sono lisci e quindi in particolare sono perfetti.

Per scrivere la funzione potenziale, il potenziale sarà la funzione di due variabili, α e β, e questa funzione potenziale sarà la somma del potenziale della forza peso dell'asta OA + il potenziale della forza peso dell'asta AB + il potenziale della forza costante applicata in B, + il termine U*. Il potenziale della forza peso dell'asta OA vale - mg per la quota y del baricentro G₁. La y del baricentro G₁ l’abbiamo scritta, - 𝓁 cosα, di conseguenza, - per - fa + e quindi ci viene mg𝓁 cosα, sempre più un termine costante. I termini costanti li ingobbiamo tutti dentro a U*. Poi il potenziale della forza peso dell'asta AB sarà, - M g per la quota y del baricentro G₂ e siccome il baricentro G₂ ha queste coordinate, - 2𝓁 cosα, - 𝓁 cosβ è la y di G₂, allora andiamo a scrivere Mg𝓁cosα + Mg𝓁 cosβ.

Poi potenziale della forza costante, è costante solo diretta lungo l'asse delle x, quindi si prende F e lo si moltiplica per la x del punto B. La F per la x del punto B, otteniamo F 2𝓁 sinα + F 2𝓁 sinβ. Adesso possiamo scrivere la funzione potenziale, funzione di α e di β, mettiamo insieme questo, questo e questi termini e quindi (m + 2M) g 𝓁 cosα + Mg𝓁 cosβ + 2F𝓁(sinα + sinβ) + U*. Questa è la funzione potenziale del bipendolo.

Le configurazioni di equilibrio interne di un sistema meccanico conservativo, e qui è quello che abbiamo e che vogliamo, sono tutte e sole date dai punti di stazionarietà della funzione potenziale.

Quindi devo calcolare ∂U in ∂α ed eguagliarlo a 0, ∂U in ∂β, uguagliarlo a zero e queste ci daranno le due equazioni dell'equilibrio. Derivata parziale di U fatta rispetto ad α, vale - m + più 2Mg𝓁 sinα, quindi deriviamo il coseno di α che dà - sinα, deriviamo il seno di α, che è il coseno di α, quindi 2F𝓁 cosα e questa dovrà essere uguagliata a 0. La derivata parziale di U fatta rispetto a β, la derivata del coseno è - seno, quindi - Mg𝓁 sinβ, la derivata del seno è il coseno, quindi + 2F𝓁 coseno di β, e anche questa è uguale a zero. Così abbiamo ritrovato le due equazioni dell'equilibrio che avevamo trovato qui e quindi si risolve tutto allo stesso modo.

Quello che si può aggiungere con il metodo del potenziale è di cercare la stabilità delle quattro configurazioni C₁, C₂, C₃ e C₄ che abbiamo determinato prima e che se tornassimo a risolvere questo sistema, torneremo a determinare. Come si fa a studiare la stabilità? Bisogna trovare, vedere se C₁, C₂, C₃ e C₄ sono dei punti di massimo o di minimo per la funzione potenziale. E siccome questa è una funzione a due variabili, allora bisogna calcolare la matrice hessiana e poi calcolare il determinante nelle configurazioni di equilibrio.

A seconda poi del segno degli elementi sulla diagonale principale della matrice hessiana, vedremo se si tratta di punti di equilibrio stabile, instabile o se sono delle selle, cioè né stabili e né instabili. Cominciamo con le derivate, derivata seconda di U fatta rispetto ad α due volte, dobbiamo derivare questa di nuovo rispetto ad α. La derivata del seno è il coseno, quindi -(m + 2M)g𝓁 cosα, la derivata del coseno è - seno, quindi - 2F𝓁 seno di α. E qui ho sistemato la derivata seconda di U, fatta rispetto ad α due volte.

Adesso deriviamo rispetto a β due volte, e quindi la derivata del seno è coseno, - Mg𝓁 coseno di β e - 2F𝓁 seno di β. Poi ci vogliono le derivate miste, la derivata seconda di U fatta prima rispetto ad α e poi rispetto a β, visto che per la regola di Schwarz, questa è la stessa cosa che vale 0, perché queste due derivate, questa è solo con α e questa è solo con β. Quindi la matrice hessiana, quella che ha sulla diagonale principale questo elemento e questo, e sulle diagonale secondarie, questi due elementi che sono zero, è già una matrice diagonale. Quindi il determinante della matrice hessiana, che sarebbe la matrice che ha sulla diagonale principale, questi due elementi, fuori dalla diagonale questo si calcola questo determinante, moltiplicando la derivata seconda di U, fatta rispetto ad α due volte per la derivata seconda di U fatta rispetto a β due volte e siccome - per - dà +, questo d+ m piccolo + 2Mg𝓁 cosα + 2F𝓁 sinα, che moltiplica Mg𝓁 cosβ + 2F𝓁 sinβ e questo è il determinante della matrice hessiana.

Adesso ci concentriamo sulla configurazione C₁, quindi devo calcolare il determinante della matrice hessiana in α₁, β₁. α₁ sta tra 0 e π/2, β₁ tra 0 e π/2, e α₁ è l'arco la cui tangente è questo valore, β₁ l'arco la cui tangente è 2F su Mg. Ma siccome a noi non serve tanto il valore preciso quanto il segno, ci basta vedere che α₁ ha seno e coseno positivi, β₁ ha seno e coseno positivi, quindi questo è positivo, questo è positivo, il prodotto di due numeri positivi è positivo. Allora se il determinante è maggiore di 0 possiamo andare a vedere se abbiamo a che fare con un minimo o con un massimo. Guardiamo la derivata seconda della funzione potenziale calcolata nella configurazione C₁, quindi guardiamo questo termine, oppure sarebbe uguale anche guardare questo, non cambia niente, tanto sono concordi. α₁ ha il coseno positivo e il seno positivo, entrambe con un meno davanti, quindi questa derivata seconda calcolata in C₁ è negativa e allora C₁ è un massimo per la funzione potenziale e di conseguenza C₁ è una configurazione di equilibrio stabile.

Adesso guardiamo C₂, che è data da α₁, che va tra 0 e π/2 e β₂, che sta invece tra π e 3/2 π. Devo calcolare il determinante della matrice hessiana in α₁, β₂. α₁ ha seno e coseno positivi, β₂ ha seno e coseno negativi, + per -, -. Se il determinante della matrice hessiana è negativo, sappiamo che questo C₂ è un punto di sella, quindi non sarà né una configurazione di equilibrio stabile, né instabile, cioè avrà delle direzioni in cui è stabile, delle direzioni in cui è instabile, ma globalmente è un punto di sella.

Analogamente C₃ che è la configurazione data da α₂ che sta tra π e 3/2 π e β₁, che sta tra 0 e π/2, questa configurazione ha sempre il determinante della matrice hessiana negativo, perché α₂ ha seno e coseno negativi, quindi questo è negativo, e β₁ seno e coseno positivi, - per +, questo fa -, e quindi anche C₃ è un punto di sella, cioè né stabile né instabile, è comunque una configurazione.

Infine abbiamo C₄, che è la configurazione con α₂ e β₂ , in cui sia α₂, sia β₂ sono degli angoli che stanno tra π e 3/2 π, che significa che hanno seno e coseno sono negativi. Quindi - questo per - questo, fa +, determinante maggiore di zero. Guardando il segno di una delle due derivate seconde, calcolata nella configurazione, per esempio derivata seconda di U fatta rispetto ad α due volte, calcolata in C₄, siccome α₂ ha seno e coseno negativi, con un - davanti, diventano positivi. Quindi questo è maggiore di zero e questo ci dice che allora C₄ è una configurazione di equilibrio instabile.

E in questo modo abbiamo ricavato le configurazioni di equilibrio e abbiamo ricavato anche la stabilità. Si potrebbe risolvere il problema anche con il principio dei lavori virtuali, ma non lo faremo.


Il moto del bipendolo lo studieremo con le equazioni cardinali della dinamica, con la stessa tecnica che abbiamo visto per le equazioni cardinali della statica e poi ricaveremo di nuovo le equazioni del moto anche con le equazioni di Lagrange.


Moto (Equazioni cardinali della dinamica)

Partiamo dalle equazioni cardinali della dinamica. Così come avevamo fatto per le equazioni cardinali della statica, le equazioni cardinali della dinamica sono una condizione necessaria per il moto di un qualunque sistema meccanico, diventano sufficienti se abbiamo un corpo rigido soggetto a vincoli perfetti. Quindi così come abbiamo fatto per lo studio dell'equilibrio, anche in questo caso dobbiamo separare il sistema nelle singole parti rigide, quindi prendere l’asta OA, separarla dall'asta AB a patto di separare la coppia di reazioni vincolari interne che agisce in A e che rappresentano una l'azione dell'asta AB sull'asta OA e l'altra l'azione dell'asta OA sull'asta AB.

Le due forze, le due reazioni vincolari sono uguali e contrarie e quando separiamo il sistema nelle singole parti rigide, cioè nel momento in cui io considero la reazione vincolare in A e di vettore φAx ī + φAy j, questa rappresenta l'azione dell'asta AB sull'asta OA, e viceversa, quando lavoriamo sull'asta AB. Consideriamo l'asta OA, abbiamo già visto che le forze attive che agiscono sull'asta OA sono date soltanto dalle forze peso, quindi c'è la forza peso applicata nel punto G₁ di vettore - mg j, poi c'è la reazione vincolare nel punto O, che è una reazione vincolare esterna per il bipendolo e quindi in particolare anche per l'asta OA, poi c'è la reazione vincolare in A che per tutto il sistema, quando lo consideriamo globalmente, sarebbe una reazione vincolare di tipo interno, ma nel momento in cui abbiamo separato il sistema articolato nelle due parti, nelle singole parti rigide, questa la possiamo come se fosse una reazione vincolare esterna per l’asta OA, perché rappresenta l'azione dell'asta AB sull'Asta OA.

Queste sono le equazioni cardinali, quindi massa per l'accelerazione del baricentro G₁, uguale ad Fe + φe, poi abbiamo la derivata del momento delle quantità di moto, derivata temporale, uguale alla somma del momento delle forze attive esterne e del momento delle reazioni vincolari esterne. Conviene come polo il punto O, che è l'estremo O dell’asta, che è fissato nell'origine del sistema di riferimento. Così facendo, si semplifica sia il calcolo di K di O, sia il fatto che nella seconda equazione, quella dei momenti, il termine aggiuntivo, massa del sistema per la velocità del baricentro, vettor la velocità del polo, non compare. Così come avevamo fatto per le equazioni cardinali della statica, Questo secondi membri c'erano già quando abbiamo scritto le equazioni cardinali della statica. Sono esattamente i termini che avevamo in queste equazioni, questi primi tre.

Di conseguenza, non li stiamo a ricalcolare, quindi abbiamo riportato qui sotto il momento Ωe con polo in O, che rappresenta il contributo della forza peso, e il momento delle reazioni vincolari, la prima φO non dà contributo, perché il punto di applicazione coincide con il polo, la seconda reazione vincolare invece è quella che dà questo contributo. Adesso si tratta di calcolare questi due vettori che stanno al primo membro. Partiamo dall'accelerazione del baricentro G₁, ce l'abbiamo facendo, la derivata seconda del x del punto G₁ e della y del punto G₁. Quindi la derivata temporale di 𝓁 seno di α, mi fornisce 𝓁 α punto, coseno di α e la derivata temporale di -𝓁 coseno di α, mi fornisce 𝓁 α punto, seno di α.

Deriviamo ulteriormente, quindi facciamo la derivata seconda di x di G₁ e la derivata seconda di y di G₁, qui abbiamo un prodotto di α punto che dipende dal tempo e del coseno di α, che dipende dal tempo, quindi una derivata del prodotto ci porterà ad avere 𝓁 α due punti coseno di α, perché abbiamo derivato questo e lasciato invece il coseno di α non derivato e poi dobbiamo lasciare invece α punto non derivato e derivare il coseno di α e quindi queste sono le espressioni xG₁ due punti = 𝓁 α due punti cosα - 𝓁 α² punto sinα.

La y due punti di G₁ sarà 𝓁 α due punti sinα + 𝓁 α² punto cosα. La prima equazione che poi andremo a proiettare lungo ī₁ e lungo j₁, cioè moltiplichiamo scalarmente questa equazione, membro a membro, prima per ī₁ e poi per j₁, ci fornirà le due equazioni scalari che provengono dalla prima equazione cardinale. Adesso ci dobbiamo occupare della seconda equazione e in particolare di K di O. K di O, se andiamo a rivedere com’è fatto il nostro sistema, l'asta OA è vincolata al punto fisso qui in O. La possiamo vedere come un'asta, quindi come un corpo rigido, con un asse fisso, l'asse fisso sarebbe l'asse Oz e l'angolo di rotazione dell'asta attorno all'asse fisso Oz è α. Quindi la velocità angolare di questo corpo rigido con asse fisso è α punto k. Di conseguenza possiamo considerare il calcolo del momento delle quantità di moto, proprio il momento delle quantità di moto di un corpo rigido con asse fisso, e quindi sarà il momento d’inerzia dell'asta OA rispetto all'asse Oz, per il vettore velocità angolare α punto k.

Il momento d’inerzia di un'asta di massa m e lunghezza 2𝓁 rispetto ad una retta perpendicolare all'asta e passante per un suo estremo, è il prodotto della massa per la lunghezza dell'asta al quadrato, divisa per 3. E poi c'è α punto k e quindi quello che otteniamo è 4/3 m𝓁² α² punto.

La derivata temporale del momento delle quantità di moto con polo in O sarà 4/3 m𝓁² α due punti k. Ecco allora che siamo pronti per proiettare la prima equazione lungo ī₁ e quindi ci viene m𝓁 α due punti cosα - 𝓁 α² punto sinα, qui ci dobbiamo mettere il vettore Fe proiettato lungo ī, ma Fe ha solo componente lungo j. Poi c'è φe, che sarà φOx ī +  φOy j +  φAx ī +  φAy j. Quando lo proietto lungo ī, mi darà il contributo di φOx e di φAx. Quindi qui metto φOx + φAx e qui abbiamo ottenuto la prima equazione. Adesso, massa per 𝓁 α due punti sinα + 𝓁 α² punto cosα, poi ci devo mettere il contributo della forza peso, - mg e poi ci sarà il contributo della reazione vincolare in O lungo l'asse delle y e della reazione vincolare in A lungo l'asse delle y. Poi infine questa equazione e questa dobbiamo proiettarla lungo l'unica direzione non banale, che è quella lungo k.

I vettori sono questi, sono - mg𝓁 seno di α k, questo ѱe di O che è sempre lungo k e quest'altro vettore, che è diretto lungo k. Quindi 4/3 m𝓁² α due punti = -mg𝓁 sinα + 2𝓁 φAx cosα + 2𝓁 φAy sinα. In questo modo abbiamo scritto le prime tre equazioni scalari le prime due dalla prima equazione cardinale della dinamica e l'altra dalla seconda equazione cardinale della dinamica.


Adesso dobbiamo fare la stessa operazione, quindi scrittura delle equazioni cardinali della dinamica, però per l'asta AB. Come avevamo visto nel caso dell'equilibrio, sull'asta AB agisce la forza peso, la forza costante applicata in B e la reazione vincolare, uguale e opposta a quella che abbiamo applicato sull'asta OA. Anche questa è applicata nel punto A, che è la cerniera che collega l'asta OA con l'asta AB.

Le equazioni cardinali questa volta sono massa M per l'accelerazione di G₂, uguale ad Fe + φe e la seconda equazione è quella dei momenti. Questa volta conviene scriverla, utilizzando come polo il baricentro. Questo perché a differenza del caso precedente, in cui abbiamo scritto le equazioni cardinali della dinamica per l'asta OA, che ruota attorno all'asse fisso Oz, l'asta AB invece si muove nel piano, ma non riconosciamo un moto rigido piano, non c'è un moto preferenziale che ci permetta di rendere più semplice il calcolo della seconda equazione. Allora conviene utilizzare come polo il baricentro e così si semplifica il calcolo di K di G e inoltre manca il termine aggiuntivo nell'equazione dei momenti.

Fe sarà - mg j + F ī. φe invece è esattamente - φA. Adesso dobbiamo scrivere l'accelerazione del baricentro G₂, dove abbiamo l'espressione della derivata prima della x di G₂ e della derivata prima della y di G₂. Quindi, adesso facciamo la x due punti di G₂ che diventa, allora siccome α punto dipende dal tempo e il coseno di α dipende dal tempo, è una derivata di un prodotto, quindi avrò 2𝓁 α due punti e lascio il coseno non derivato e poi lascio invece α punto non derivato rispetto al tempo il coseno di α, quindi ci viene - sinα e poi ci viene un altro termine, α punto, che va a moltiplicare l’α punto precedente. Poi adesso dobbiamo fare + 𝓁, β punto che dipende dal tempo, il coseno di β che dipende dal tempo, quindi avremo 𝓁, β due punti e il coseno di β lo lasciamo non derivato e poi c'è β punto, che rimane non derivato e deriviamo il coseno di β, - seno di β e poi ci viene un altro β punto. Stessa cosa la facciamo per la y, calcoliamo la y due punti di G₂, 2𝓁 α due punti seno di α + 2𝓁 α² punto quadro coseno di α + 𝓁 β due punti seno di β + 𝓁β² punto cosβ.

L'accelerazione del baricentro G₂ è xG₂ due punti lungo il versore ī + yG₂ due punti lungo il versore j. Adesso dobbiamo scrivere sia K di G₂, sia questi due vettori, perché non li avevamo calcolati nelle equazioni cardinali della statica. K con polo in G₂ è uguale, quindi il momento assoluto con polo nel baricentro, coincide con il momento relativo con polo nel baricentro. E perché andiamo a calcolare il momento assoluto, utilizzando il momento relativo? Il K' di G₂ è il momento delle quantità di moto dell'asta AB, rispetto ad un sistema di riferimento con origine in G₂, quindi baricentrico, e traslante, quindi assi x’, y' e z', che istante per istante rimangono paralleli agli assi x, y e z, rispettivamente. E quindi, in questo sistema di riferimento che è rappresentato in verde, l'asta AB in questo sistema di riferimento baricentrico e traslante, è come se stesse ruotando attorno all'asse fisso G₂z' con velocità angolare β punto k.

E allora il momento delle quantità di moto di un corpo rigido con asse G₂z' fisso e velocità angolare β punto k si calcola facendo il momento d’inerzia dell'asta AB rispetto a quell'asse di rotazione, per il vettore velocità angolare β punto k. Quindi questo momento d’inerzia vale la massa M per la lunghezza dell'asta al quadrato, diviso 12, perché l'asse G₂z' è normale all'asta e passante per il baricentro e poi c'è per β punto k e quindi questo è M𝓁²/3 β punto k. Adesso qui ci scriviamo da parte la derivata temporale, che poi ci servirà dopo, quindi M𝓁²/3 β due punti k. E questo è l'altro termine, che va al primo membro della seconda equazione cardinale della dinamica.

Adesso calcoliamo il secondo membro di questa equazione, Ωe con un polo in G₂, la forza peso ha il punto d'applicazione in G₂, quindi non dà contributo al calcolo dei momenti. La forza applicata in B invece dà contributo e quindi sarà una F ī, vettor polo G₂, - punto d'applicazione B.

Le coordinate di B, cioè la xB e la yB, saranno come queste, ma con un 2 qui davanti, perché è 2𝓁 seno di α + 2𝓁 seno di β e la y di G₂ è - 2𝓁 coseno di α - 2𝓁 coseno di β, quindi facendo G₂ - B, avrò x di G₂, - la x di B lungo ī e la y di G₂ - la y di B e quindi quello che otteniamo è F ī, vettor -𝓁 sinβ lungo ī, + 𝓁 coseno di β lungo j, e siccome ī vettor ī fa 0, mentre ī vettor j fa k, allora avremo F𝓁 cosβ k.

Adesso calcoliamo la ψe con polo in G₂, quindi avremo - φAx ī - φAy j, perché ψe di G₂ è il momento delle reazioni vincolari esterni con polo in G₂, quindi vettor polo G₂, meno punto d'applicazione A e G₂ - A è uguale e opposto a G₂ - B, perché il vettore G₂ - A è uguale e opposto al vettore G₂ - B ed ecco che allora qui avremo -  φAx ī - φAy j, vettor 𝓁 sinβ ī - 𝓁 cosβ j, cioè l'opposto di quello che avevamo qui; questi sono due vettori uguali e opposti. ī vettor ī fa 0, ī vettor j fa k e quindi questo diventa φAx 𝓁 cosβ versore k e poi abbiamo j vettor ī, che fa - k, quindi + φAy 𝓁 seno di β versore k, dopodiché questo j vettor j fa 0 e quindi questo ci permette di dire che abbiamo tutto quello che ci serve, perché la  Ωe di G₂ + la ψe di G è la somma di questo termine e questo termine in giallo. E invece, al primo membro la derivata di K di G₂ è questo vettore.

Poi, adesso dobbiamo fare la massa M, moltiplicarla per questo x due punti di G₂, quando andiamo a moltiplicare scalarmente la prima equazione cardinale della dinamica per il versore ī₁, è uguale alla componente di Fe lungo ī, ed è F e poi ci va la componente di φe lungo ī che è - φAx, quindi questo diventa F -  φAx. La seconda equazione, quando proiettiamo lungo j, avremo - Mg - φAy, perché c'è il contributo di questo termine e di questo termine. Infine, abbiamo la derivata del momento delle quantità di moto, quindi M𝓁²/3 β due punti, proiettata questa lungo k, perché qua stiamo proiettando lungo l'unica direzione non banale e va uguagliato alle componenti gialle. Quindi M𝓁²/3 β due punti e questo sarà uguale a - F𝓁 cosβ e poi c'è + φAx 𝓁 coseno di β + φAy 𝓁 sinβ. In questo modo abbiamo ottenuto un sistema di sei equazioni in 6 incognite. Le 6 equazioni vengono dall'avere proiettato le equazioni cardinali della dinamica per l'asta OA e le 3 equazioni cardinali della dinamica per l'asta AB e lungo le direzioni scalari ī, j e k.

Le sei incognite invece sono α(t), β(t), φOx, φOy, φAx e φAy, le reazioni vincolari scalari durante il moto, che dipenderanno da α(t), β(t), α punto, β punto, α due punti e β due punti. Ecco allora. Quali sono le equazioni differenziali del moto? Al momento qui non ci sono in esplicito, perché nessuna di queste sei equazioni è libera dalle reazioni vincolari scalari, però se noi prendiamo la quarta equazione e da questa ricaviamo φAx, poi prendiamo la quinta equazione e da questa ricaviamo la φAy.

Dopodiché andiamo a sostituire nella terza equazione, che vedete ha la φAy e la φAx e nella sesta equazione che ha φAx e φAy, così facendo, otteniamo le equazioni differenziali del moto per il bipendolo.

Dobbiamo fare noi i calcoli. Dalla prima equazione, visto che φAx ce l’abbiamo, possiamo ottenere φOx. Dalla seconda equazione, visto che φAy ce l’abbiamo, perché l’abbiamo ottenuta dalla quinta equazione, possiamo ricavare φOy. E in questo modo avremo tutto ciò che serve per lo studio del moto.


Moto (Equazioni di Lagrange)

Abbiamo già studiato il moto con le equazioni cardinali della dinamica, separando il sistema nelle singole parti rigide e avendo cura di separare le reazioni vincolari di tipo interno che sono applicate in A, mettendone una sull'asta OA, l'altra sull'asta AB. Adesso studiamo il moto di questo sistema, complessivamente del bipendolo, utilizzando le equazioni di Lagrange.

Siccome questo è un problema a 2 gradi di libertà, le equazioni di Lagrange saranno due. La derivata temporale della derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto ad α punto, - la derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto ad α, uguale alla derivata parziale di U fatta rispetto ad α.

Poi derivata totale rispetto al tempo, della derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto a β punto, - la derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto a β, uguale alla derivata parziale di U fatta rispetto a β. Queste sono le due equazioni di Lagrange e ci daranno il moto del bipendolo. Le equazioni di Lagrange si possono scrivere per i sistemi meccanici olonomi a vincoli perfetti e bilaterali e in particolare in questa forma si scrivono per i sistemi meccanici conservativi, dove qui al secondo membro ci sono le derivate parziali di U fatte rispetto ad α e rispetto a β.

E siccome queste derivate parziali di U le avevamo già calcolate, adesso le andiamo a prendere. Quindi il secondo membro delle equazioni di Lagrange l'abbiamo già calcolato, perché sono le derivate parziali prime della funzione potenziale che abbiamo usato per studiare il problema dell'equilibrio con il metodo del potenziale. Adesso quindi l'unica cosa che ci rimane da fare è calcolare l'energia cinetica, che poi deriveremo parzialmente rispetto ai parametri lagrangiani e alle velocità generalizzate e poi dovremo fare questa derivata totale della derivata parziale di T, fatta rispetto alle q punto.

L'energia cinetica del bipendolo è la somma dell'energia cinetica dell'asta OA + l'energia cinetica dell'asta AB. Calcoliamo separatamente queste due energie cinetiche. Energia cinetica dell'asta OA, siccome l'asta OA, istante per istante, passa attraverso stati cinetici rotatori attorno all'asse Oz. Quindi il moto lo possiamo vedere come rotatorio attorno all'asse Oz e la velocità angolare è data da α punto k, α è l'angolo di rotazione. Quindi per il calcolo dell'energia cinetica di quest’asta, abbiamo un corpo rigido che ruota attorno a un asse fisso, quindi l'energia cinetica è ½, il momento di inerzia dell'asta OA rispetto all'asse di rotazione Oz e poi ci va la velocità angolare al quadrato, che è α² punto. Quindi abbiamo ½ e poi abbiamo il momento d’inerzia dell'asta OA rispetto all'asse di rotazione, quindi massa per lunghezza dell'asta al quadrato, diviso 3, perché l'asse Oz è perpendicolare all’asta e passante per un suo estremo, α² punto, quindi quello che si ottiene è ⅔ m𝓁² α² punto e questa è l'energia cinetica dell'asta OA.

Adesso veniamo all’energia cinetica dell'asta AB e usiamo il teorema di König, quindi 1/2 massa dell'asta AB per la velocità del suo baricentro, che è G₂² + TG₂, cioè l'energia cinetica dell'asta AB rispetto al baricentro G₂, cioè rispetto ad un sistema di riferimento con origine in G₂ e traslante, quindi G₂x’y’z’, i cui assi si mantengono, istante per istante, paralleli agli assi omologhi del sistema di riferimento fisso. Quindi G₂x’ parallelo ad Ox, G₂y’ parallelo ad Oy e così via. Che cosa fa l'asta AB in questo sistema di riferimento con G₂x’y’z’? E' come se ruotasse attorno all'asse fisso G₂z’ con velocità angolare β punto k. Quindi nel calcolo della TG₂, cioè dell'energia cinetica rispetto al baricentro, dovremo tenere conto di questo fatto. Mentre per il calcolo di questo primo addendo del teorema di König dobbiamo semplicemente calcolare la velocità di G₂ al quadrato. E siccome la x punto di G₂ l'avevamo già calcolata qui, si tratta di fare la somma dei quadrati di queste componenti.

Per avere la velocità di G al quadrato, facciamo la x punto di G₂ al quadrato + la y punto di G₂ al quadrato. Abbiamo 2𝓁 α punto cosα + 𝓁 β punto cosβ, questo al quadrato, + 2𝓁 α punto sinα + 𝓁 β punto sinβ e anche questo va al quadrato. Quando faccio il quadrato di questo termine, mi viene 4𝓁² α² punto cos²α. Quando faccio il quadrato di questo termine, mi viene 4𝓁² α² punto sin²α e siccome il coefficiente di cos² e sin² è lo stesso, lo posso raccogliere a fattore comune e per il fatto che sin² + cos² fa sempre 1, rimane 4𝓁² α² punto. E così abbiamo sistemato questi primi due quadrati. Adesso faccio il quadrato di questo termine, 𝓁² β² punto cos²β, che sommato ad 𝓁² β² punto sinβ, mi fornisce + 𝓁²β² punto. Adesso ci sono i doppi prodotti, + 4𝓁² α punto β punto cosα cosβ e questo è il primo dei doppio prodotti, c'è l'altro doppio prodotto, + 4𝓁² α punto β punto sinα sinβ. Lo possiamo scrivere come 4𝓁² α² punto + 𝓁² β² punto, se adesso guardiamo questi due termini e raccogliamo il coefficiente, che tanto è comune, quindi + 4𝓁² α punto β punto, rimane cosα cosβ + sinα sinβ e questo è il coseno della differenza tra l'angolo α e l'angolo β.

La velocità di G₂ al quadrato è questo termine, quindi possiamo andare a scrivere qui ½ M 4𝓁² α² punto + 𝓁² β² punto + 4𝓁² α punto β punto cos(α - β) e così abbiamo sistemato l'energia cinetica del baricentro dell'asta AB, pensando concentrata in esso tutta la massa del sistema. Dobbiamo sistemare la TG₂, che è l'energia cinetica dell'asta AB, come se l'asta AB stesse ruotando attorno all'asse fisso G₂z’ con velocità angolare ω dell'asta AB, cioè β punto k.

L'energia cinetica dell'asta AB è, facciamo questi prodotti, 2M 𝓁² α² punto + ½ M𝓁² β² punto + 2M² α punto β punto cos(α - β) e infine + ½, il momento d’inerzia dell'asta AB rispetto ad una retta baricentrica e ortogonale all'asta vale M, la massa dell'asta, per la lunghezza dell'asta al quadrato diviso 12, perché l'asse è baricentrico e ortogonale e l'ω è β² punto e quindi da qua otteniamo che siccome questo è ½ M𝓁² β² punto, questo termine diventa ⅙ M𝓁² β² punto, il termine finale diventa 2M𝓁² α² punto + ⅔ M𝓁² β² punto + 2M𝓁² α punto β punto cos(α - β). Questo è il secondo addendo che avevamo qui, l'energia cinetica dell'asta AB che è questa.

Adesso queste due energie cinetiche le dobbiamo sommare, quindi il termine verde con i termini gialli che abbiamo indicato qui e quindi ho che l'energia cinetica T vale 2/3 m𝓁² α² punto + 2M𝓁² α² punto + ⅔M𝓁² β² punto + 2M𝓁² α punto β punto cos(α - β). Il contributo dato dal moto dell'asta AB è prevalente in quanto complessità del calcolo rispetto a quello dell'energia cinetica dell'asta OA.

Visto che abbiamo l'energia cinetica e questi secondi i membri ce li abbiamo già, dobbiamo occuparci del primo membro delle equazioni di Lagrange per poterle scrivere. Derivata temporale della derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto ad α punto. α punto compare nel primo termine dell'energia cinetica, nel secondo termine, nel terzo no e infine nel quarto termine. Quindi la derivata parziale di T fatta rispetto ad α punto mi dà 4/3 m𝓁² α punto + 4M𝓁² α punto + 2M𝓁² β punto cos(α - β). La derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto ad α siamo qui, qui α non c'è, perché α punto non è α, quindi qui non c'è, qui non c'è, ecco che α punto c'è solo nel quarto addendo dell'energia cinetica. E quindi dobbiamo metterci la derivata parziale dell'energia cinetica, fatta rispetto ad α. Quindi siccome la derivata del coseno è - seno, qui ci viene - 2M𝓁² α punto β punto sin(α - β), poi bisogna derivare anche l'argomento rispetto ad α, ma ci viene 1 e quindi non fa cambiare quello che abbiamo scritto e poi uguale a questo termine, che è la derivata parziale di U fatta rispetto ad α.

Adesso veniamo invece alla seconda equazione, dobbiamo fare la derivata totale della derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto a β punto. Qui β punto non c'è, qui non c'è, compare nel terzo termine, nel terzo addendo dell'energia cinetica e nel quarto addendo. Avremo 4/3 M𝓁² β punto + 2M𝓁² α punto cos(α - β) - la derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto a β. E β non c'è nel primo, non c'è nel secondo, non c'è nel terzo addendo, ma compare solo nel quarto. La derivata del coseno è - seno, quindi ci viene - 2M𝓁² α punto β punto sin(α - β), ma quando andiamo a derivare l'argomento rispetto a β, ci viene un - 1, che moltiplicato per questo - 1, fa un + 1 e infine avremo la derivata parziale di U fatta rispetto a β, cioè Mg𝓁 sinβ + F𝓁 cosβ, quindi - Mg𝓁 sinβ + 2F𝓁 cosβ. Dobbiamo ancora fare un po' di calcoli, ma queste sono le equazioni di Lagrange, dobbiamo però ancora derivare rispetto al tempo questa derivata parziale di t fatta rispetto ad α punto e questa derivata parziale di t fatta rispetto a β punto.

Deriviamo, 4/3 m 𝓁² α due punti + 4M𝓁² α due punti +, dovendo derivare rispetto al tempo, dobbiamo derivare β punto e lasciare il coseno non derivato, e poi lasciare β punto non derivato e derivare questa funzione di funzione. Quindi avremo + 2M𝓁² β due punti cos(α - β) - 2M𝓁² β punto, che lo lasciamo non derivato e dobbiamo derivare il coseno, quindi - sin (α - β), ma poi dobbiamo derivare rispetto al tempo anche l'argomento, quindi ci viene un (α punto - β punto). E poi c'è - per -, fa + 2M𝓁² α punto β punto sin(α - β) = -(m + 2M)g𝓁 sinα + 2F𝓁 cosα.

Adesso passiamo a questa seconda equazione, in cui dobbiamo derivare rispetto al tempo queste quantità. E come prima avremo 4/3 M𝓁² β due punti + 2M𝓁² α due punti e lasciamo il cos(α - β) non derivato e poi invece dobbiamo lasciare α punto non derivato e derivare il coseno, cioè - sin(α - β) e poi ci va anche la derivata dell’argomento, α punto - β punto. E poi ci sarà questo + per - che dà -, quindi ci viene - 2M𝓁² α punto β punto sin(α - β) =, c'è l'ultimo termine, cioè la derivata parziale di U fatta rispetto a β, - Mg𝓁 sinβ + 2F𝓁 cosβ.

Adesso andiamo a vedere questa prima equazione, ci sono dei termini che si semplificano, perché 2M𝓁² α punto β punto sin(α - β) si semplifica con il -2M𝓁² α punto β punto sin(α - β).

E quindi la prima equazione rimane 4(m/3 + M)𝓁² α due punti + 2M𝓁² β due punti cos(α - β) +, e poi c’è - per - che fa + 2M𝓁² β² punto sin(α - β) e questo è uguale a -(m + 2M)g𝓁 sinα + 2F𝓁 cosα e questa è la prima equazione.

Adesso vediamo la seconda, 4/3M𝓁² β due punti + 2M𝓁² α due punti cos(α - β), poi il termine - 2M𝓁² α punto β punto sin(α - β) si semplifica con il + 2M𝓁² α punto β punto sin(α - β), e quindi qua rimane soltanto un - 2M𝓁² ² punto sin(α - β) = - Mg𝓁 sinβ + 2F𝓁 cosβ e questa è l'equazione B.

Queste sono le due equazioni differenziali del moto del bipendolo. A queste stesse equazioni, quindi all’equazione A e all’equazione B, ci si arriva, utilizzando le equazioni cardinali della dinamica, quindi facendo i calcoli su queste sei equazioni in cui dalla quarta si ricava φAx, dalla quinta si ricava φAy, e andando a sostituire nella terza equazione e nella sesta equazione, si ritrovano le equazioni A e B. A volte c'è bisogno di rimaneggiarle un po', magari se ne trova una e l'altra invece non è esattamente uguale a quella ricavata, ma combinandole opportunamente, si riescono a ritrovare le equazioni A e B.


E quindi con questo abbiamo terminato lo studio anche del moto del bipendolo. Per il bipendolo abbiamo studiato la statica e per determinare le configurazioni di equilibrio abbiamo utilizzato le equazioni cardinali della statica, separando il sistema nelle singole parti rigide e poi abbiamo utilizzato anche il metodo del potenziale, e dopo aver trovato le configurazioni di equilibrio con il metodo del potenziale, ne abbiamo anche studiato la stabilità. Per quanto riguarda le equazioni del moto, le abbiamo determinate con le equazioni cardinali della dinamica e con le equazioni di Lagrange.

Per quanto riguarda l'esame, la parte dinamica del bipendolo, quindi con le equazioni cardinali della dinamica, non sarà oggetto di accertamento, cioè non ci saranno domande sulle equazioni cardinali della dinamica per il bipendolo, mentre saranno oggetto di accertamento sia le equazioni di Lagrange, sia le equazioni cardinali della statica e il metodo di potenziale per questo esercizio del bipendolo.

Author

Emma T.

Information

Last changed