Buffl

3. Cinematica

ET
by Emma T.

Che cos’è l’approssimazione di un moto ad un punto materiale?

Quando non è valida questa approssimazione?

Partiamo dalla cinematica del punto materiale. Il punto materiale lo possiamo considerare come un'astrazione matematica da prendere come concetto primitivo. Siamo interessati ad osservare il moto di un oggetto su distanze molto maggiori delle sue dimensioni e allora ecco che questa astrazione matematica che facciamo di punto materiale è significativa. Cioè, per esempio, se studiamo il moto di un sasso che cade da un palazzo, allora ha senso considerare questo sasso come un punto materiale.

Se noi vogliamo per esempio studiare il moto di un'auto che si sta spostando sulla penisola italiana, per esempio da Modena a Roma, questa astrazione è sicuramente significativa.

Oppure se vogliamo studiare il moto di rivoluzione della terra attorno al sole, possiamo approssimare la terra ad un punto materiale.

L’approssimazione non è valida se siamo interessati ad un maggior dettaglio dei fenomeni. Per esempio, torniamo al caso del moto di un sasso che cade da un palazzo, se noi vogliamo studiare le rotazioni del sasso in caduta, non ha senso fare l'approssimazione a punto materiale. Così come nell'esempio dei moti della terra, se vogliamo studiare l'effetto delle maree, la terra non può essere approssimata ad un punto materiale.

In tutti i casi quindi in cui osserviamo il moto di un oggetto su distanze molto maggiori delle sue dimensioni, l'approssimazione dell'oggetto a punto materiale è sicuramente un’approssimazione sensata e corretta.

Qual’è la prima cosa da fare, per studiare il moto?

Come li assumiamo in cinematica, i concetti di spazio e di tempo?

Che cos’è la traiettoria γ di un punto P?

Che cos’è la lunghezza d’arco con segno, s?

Quando P è funzione dell’ascissa curvilinea?

Che cos’è il versore tangente? E il versore normale?

Che cos’è il piano osculatore?

Che cos’è la normale principale?

Per poter studiare il moto, la prima cosa da fare, cioè per fare questa descrizione, dobbiamo scegliere un sistema di riferimento rispetto al quale descrivere e riferire la posizione del punto che stiamo considerando, che è oggetto di studio. In cinematica i concetti di spazio e di tempo li assumiamo come assoluti e quindi sono indipendenti dall'osservatore. Il primo osservatore che prendiamo in considerazione sarà un sistema di ascisse curvilinee.

E adesso vediamo che cos'è un sistema di ascisse curvilinee. Supponiamo di avere un punto materiale che si sta muovendo nello spazio. Quindi abbiamo un punto P che si muove. La prima cosa che possiamo fare, è quella di guardare il punto materiale che si muove. Mentre si muove, questo punto materiale descriverà una traiettoria.

La traiettoria che viene descritta dal punto P durante il suo moto, quindi il luogo geometrico descritto dal punto P nello spazio, cioè le posizioni che il punto P occupa al variare del tempo, sono la traiettoria del punto P. Allora, indichiamo con γ la traiettoria descritta dal punto P.

Su questa traiettoria possiamo fissare un punto. Per esempio O₁, che assumiamo come origine. Poi fissiamo un verso positivo di percorrenza di questa curva gamma. Dopodiché occorre fissare una lunghezza d'arco con segno, s. La lunghezza d’arco s con segno ha segno positivo se P(s), cioè il punto P, segue O₁ nell'ordinamento fissato. Sarà invece una lunghezza d'arco con segno negativo se P(s) precede O₁ nell'ordinamento fissato. Diamo il nome di sistema di ascisse curvilinee.

In questo modo posso dire che il punto P sarà funzione della ascissa curvilinea, perché alla lunghezza d'arco con segno s, diamo il nome di ascissa curvilinea del punto P.

Ad ogni punto P sulla curva γ resta associata una e una sola ascissa curvilinea, quindi una sola lunghezza d'arco con segno, che ci dice dove si trova il punto P sulla curva γ, rispetto a quell'origine 1 che abbiamo fissato.

Siccome P è una funzione di s, una cosa che ci viene naturale è quella di calcolarci la derivata di P fatta rispetto all’ascissa curvilinea. È il limite per h che tende a 0, per definizione, di P(s + h) - P(s), diviso h. Supponiamo che h sia maggiore di zero. Alla stessa conclusione arriveremo se h fosse minore di zero. Se h è positivo, allora P(s + h) è un punto che segue P(s) sulla curva gamma e si trova a una scissa curvilinea che vale s + h. Quindi il vettore P(s + h) - P(s) è la freccia arancio, cioè è il vettore che ha come origine il punto P(s) e come secondo estremo, cioè come punta della freccia, P(s + h).

Questo vettore arancio che disegniamo, viene diviso per la grandezza h e poi si fa il limite per h che tende a 0. Siccome P(s + h) è un vettore, lo dividiamo per uno scalare, ne facciamo il limite per h, che tende a 0, quello che si ottiene è sicuramente ancora un vettore che indichiamo con t, funzione di s. Questo sarà un vettore che ha modulo 1, perché quando si fa il limite per h che tende a 0 del vettore arancio diviso per h, il modulo del vettore che si ottiene è un modulo unitario, perché questo limite, a livello di moduli, è il limite per h che tende a 0 del rapporto tra la lunghezza della corda e la lunghezza h dell’arco, perché l'arco, questo nero, ha lunghezza h; il vettore arancio è un vettore che si trova sulla corda che congiunge P(s) a P(s + h). Quindi questo è un versore.

Inoltre, la direzione di questo vettore sarà la direzione della tangente alla curva γ nel punto P(s), perché quando h tende a 0, questa corda tende a diventare la tangente, quindi la direzione è quella della tangente a γ in P(s) e il verso è quello degli archi crescenti. Perché P(s + h) - P(s) ha il verso degli archi crescenti, lo divido per h che è una quantità positiva, il verso rimane quello degli archi crescenti e, passando al limite, il verso non cambia. Se poi h fosse negativo, allora avremmo che il vettore P(s + h) - P(s) avrebbe il verso degli archi decrescenti, ma quando lo divido per un h negativo, cambi a verso e diventa verso degli archi crescenti e il limite per h che tende a 0 non fa cambiare il verso.

t(s) è un versore, ha la direzione della tangente alla curva γ nel punto P(s) e il verso è quello degli archi crescenti. E in questo modo abbiamo definito questo che si chiama versore tangente.

t è funzione dell’ascissa curvilinea e allora appare naturale fare una nuova operazione di derivazione del versore tangente t(s) rispetto all’ascissa curvilinea, che è la derivata seconda del punto P, sempre funzione di s, fatta rispetto ad s due volte. Questo per definizione è il limite per h che tende a 0 di t(s + h) - t(s) sempre diviso per h. Allora t(s) il versore tangente a γ in P(s), il vettore t(s + h) sarà il versore tangente alla curva γ in P(s + h). Anche in questo caso, è possibile dimostrare che quello che si ottiene facendo la derivata di t(s), fatta rispetto ad s, è a meno di una costante moltiplicativa, di nuovo un versore. E vediamo come è fatto questo versore.

Questo n è un versore che si chiama versore normale principale. La derivata di t(s) fatta rispetto ad s, apparterrà al piano perpendicolare a γ nel punto P(s). Perché? Perché la derivata di un versore, in quanto avente modulo costante, deve per forza essere perpendicolare al versore stesso. Di conseguenza, appartiene al piano perpendicolare a γ in P(s). D'altra parte però, per come vediamo com’è definita questa derivata, si ha anche che questo limite per h che tende a 0, di t(s + h) - t(s) fratto h, appartiene anche a un piano che si chiama piano osculatore, cioè il limite per la lunghezza d'arco h che tende a 0 del piano che passa per t(s) ed è parallelo a t(s + h). Quindi se prendiamo il piano che passa per t(s) ed è parallelo a t(s + h) e ne facciamo il limite per h che tende a zero, otteniamo il piano osculatore.

La derivata di t(s) fatta rispetto ad s deve appartenere al piano perpendicolare a γ in P(s) e deve appartenere al piano osculatore, l'intersezione tra questi due piani è esattamente la normale principale, la retta che si chiama normale principale, che è quella tracciata in verde.

Quando il piano osculatore coincide con il piano della curva?

Che cos’è la curvatura della curva γ?

Che cos’è il raggio di curvatura?

Che cos’è il cerchio osculatore? Che caratteristica ha?

Che cosa misura il versore normale?

Che cos’è la terna intrinseca?

Nel caso in cui γ sia una curva piana, com’è il versore della binormale?

Se la curva γ è piana, il piano osculatore coincide con il piano della curva, e l'altro piano è quello perpendicolare a γ nel punto P(s), quindi è immediato capire qual è la normale principale. Consideriamo il versore quello che ha modulo 1, ed è diretto verso il centro di curvatura. Prendiamo il vettore di modulo 1, cioè il versore, che è diretto verso l'interno della curvatura e poi lo moltiplichiamo per 1/ρc, che viene detto curvatura della curva γ. Questa curvatura è l'inverso del raggio di curvatura, che è il raggio del cerchio osculatore.

Il cerchio osculatore è una particolare circonferenza che sta nel piano osculatore, circonferenza che ha il centro sulla normale principale e ha la caratteristica di approssimare la curva γ in un intorno del punto P(s) piccolo a piacere, meglio di qualunque altra circonferenza. È un'approssimazione di secondo grado in un intorno piccolo quanto voglio del punto P(s), quindi il cerchio osculatore è la curva che approssima γ in un intorno del punto P piccolo quanto vogliamo, meglio di una qualunque altra circonferenza, ρc è il suo raggio. La derivata di t fatta rispetto ad s vale 1/ρc per n e così abbiamo ottenuto il versore della normale principale o anche solo versore normale. Questo versore normale misura quanto la curva differisce da una linea retta.

Se questi due versori, t e n li prendiamo come il primo versore di una terna, il secondo n, il secondo versore di una terna che viene detta terna intrinseca alla curva γ, dopo aver associato a t e ad n un altro versore che verrà chiamato versore della b normale, che forma con t, n nell'ordine, quindi t, n, b formano quella che si chiama la terna intrinseca alla curva γ. Prendiamo il punto P che si muove su una curva γ nello spazio, si fissa un sistema di ascisse curvilinee, quindi origine degli archi, un verso positivo di percorrenza della curva. Allora possiamo dire che il versore tangente è il vettore di modulo 1, che ha la direzione della tangente alla curva γ e il verso, quello positivo, di percorrenza degli archi.

E poi c'è il versore normale, che va verso il centro di curvatura e ha la direzione della normale principale e poi c'è il terzo vettore, quello della binormale, che forma con t ed n una terna destra e, in questo modo, c’è una terna di riferimento, che è intrinseca alla curva, a cui riferire il moto del punto P.

È sempre possibile avere come sistema di riferimento anche la terna cartesiana ortogonale Oxyz, quindi il moto del punto P lo possiamo riferire anche a questa terna. Oltre alla terna cartesiana ortogonale Oxyz, abbiamo anche introdotto questa nuova terna di riferimento, la terna intrinseca alla curva, attraverso il sistema delle ascisse curvilinee.

Nel caso in cui la curva sia piana, questa è la curva γ, origine degli archi, verso positivo di percorrenza, ascissa curvilinea; versore tangente, versore normale. Il versore della b normale è un versore ortogonale al piano dello schermo e con verso entrante, perché deve formare con t ed n una terna destra.

Com’è l’equazione vettoriale del moto di P?

Come sono le equazioni cartesiane del moto del punto P?

Qual’è la legge oraria del moto di P?

Avendo a disposizione questi sistemi di riferimento, cominciamo a parlare della cinematica del punto. Quindi prendiamo un sistema di riferimento cartesiano-ortogonale Oxyz, un punto P che si sta muovendo nello spazio e descriverà una certa traiettoria che indichiamo con γ, fissiamo il sistema di ascisse curvilinee, quindi l'origine O₁, il verso positivo di percorrenza, l'ascissa curvilinea e osserviamo come possiamo descrivere il moto del punto P.

Il punto P, istante per istante, si muove nello spazio e la sua posizione dipende dal tempo. Il vettore P - O, dove O è l'origine di un sistema di riferimento fisso Oxyz, sarà un vettore che varierà intensità, direzione e verso in funzione del tempo. Quindi sarà il vettore P(t) - O. P(t) - O è l'equazione vettoriale del moto del punto P.

Visto che abbiamo un sistema di riferimento cartesiano ortogonale, il punto P, funzione del tempo, sarà rappresentato nel sistema di riferimento Oxyz dalle sue coordinate cartesiane, cioè la x in funzione del tempo, la y in funzione del tempo e la z in funzione del tempo. E queste vengono dette equazioni cartesiane del moto del punto P. Siccome abbiamo introdotto anche un sistema di ascisse curvilinee, posso vedere il punto P come funzione del tempo, attraverso l'ascissa curvilinea s.

Ad ogni valore dell'ascissa curvilinea corrisponde una posizione del punto P e anche ad ogni valore del tempo, ad ogni istante temporale, corrisponde anche un valore della scissa curvilinea.

Passando attraverso l'ascissa curvilinea, si riesce a separare l'aspetto geometrico del problema, dall'aspetto cinematico del problema. Infatti, P - O, uguale a P(s) - O è la traiettoria del punto P, cioè l'equazione della traiettoria del punto P.

Ad s = s(t) diamo il nome di legge oraria del moto del punto P. La traiettoria scritta in questo modo ha un'espressione vettoriale. La legge oraria invece è una funzione scalare. Se vogliamo scrivere il vettore attraverso le componenti cartesiane, quindi scrivere la traiettoria in forma cartesiana, possiamo ricordarci che c'è sempre un sistema di riferimento Oxyz e quindi scrivere che x sarà funzione dell’ascissa curvilinea, che y sarà la funzione dell'ascissa curvilinea e che z sarà la funzione dell’ascissa curvilinea. Poi c'è sempre la legge oraria del moto, s = s(t). Queste tre sono le equazioni cartesiane della traiettoria γ, la traiettoria del punto P e questa è sempre la legge oraria del moto di P.

Qual’è la definizione di velocità vettoriale in forma intrinseca?

E in forma estrinseca (o cartesiana)?

Che cosa dipende dal tempo?

Che cos’è la velocità scalare con segno?

Forma intrinseca

Supponiamo di pensare il punto P come funzione del tempo attraverso l’ascissa curvilinea. Vediamo come viene l'espressione del vettore velocità, quella che chiamiamo in forma intrinseca.

Per definizione, v(t) è la derivata di P(s(t)); questa è funzione di funzione, quindi per derivare P(s(t)) rispetto al tempo, farò prima la derivata di P fatta rispetto ad s, e poi farò la derivata di s fatta rispetto al tempo.

Chi è la derivata di P fatta rispetto ad s? La derivata di P fatta rispetto ad s è t, il versore tangente, mentre la derivata di s fatta rispetto al tempo per definizione è s punto.

Quindi il vettore velocità in forma intrinseca vale s punto per t. Cosa significa? Se io ho la curva γ, il punto P che descrive la curva γ, ho fissato l'origine O₁, il verso positivo di percorrenza, l’ascissa curvilinea, questo è il versore tangente e il vettore velocità sarà s(t) punto, supponiamo un moto diretto, il vettore velocità sarà fatto per esempio così. Quindi tangente alla curva γ nel punto P e il verso sarà quello degli archi crescenti se il moto è diretto, degli archi decrescenti se il moto è retrogrado, cioè se s punto è maggiore di zero, il verso è quello degli archi crescenti, quindi concorde con il versore tangente, altrimenti se il moto è retrogrado sarà il verso opposto. Quindi questo è il vettore velocità in forma intrinseca. Questa definizione tiene conto di come il vettore velocità si posiziona rispetto alla traiettoria γ.

Forma estrinseca

Adesso vediamo invece il vettore velocità in forma cartesiana, cioè se adesso fissiamo un sistema di riferimento cartesiano ortogonale, quindi Oxyz e il punto P si sta sempre muovendo nello spazio.

i, j e k sono i versori del sistema di riferimento Oxyz. Dobbiamo fare la derivata temporale.

Abbiamo la forma cartesiana del vettore velocità. Se consideriamo questa espressione, quando facciamo la derivata temporale di questo secondo membro, i, j e k non dipendono dal tempo. Le uniche cose che dipendono dal tempo sono le componenti scalari x(t), y(t) e z(t) ed ecco perché ci viene x punto i + y punto j + z punto k.

Questa espressione riferisce il vettore a un sistema di riferimento che non tiene conto dell'equazione dell’equazione della traiettoria. Siccome questi primi membri, questo e questo, sono lo stesso vettore, anche questi secondi membri dovranno essere uguali.

s punto non è il modulo del vettore velocità, ma è la velocità scalare con segno, in particolare la possiamo vedere come il modulo con segno del vettore velocità.

Qual’è la definizione di accelerazione in forma intrinseca?

Da quante componenti è fatta?

Quand’è che l’accelerazione tangenziale at è uguale a zero? Che tipo di moto avrò?

Quando l'accelerazione centripeta può essere nulla? Che tipo di moto avrò?

Quali sono gli unici moti che hanno accelerazione nulla?

Data la definizione, ora vediamo come è fatta l'accelerazione in forma intrinseca. Dobbiamo pensare all'accelerazione a(t) come la derivata della velocità scritta in forma intrinseca, quindi di s(t) punto.

s punto dipende dal tempo, perché è la velocità scalare ed è una funzione del tempo, ma anche il versore tangente dipende dal tempo, quindi questa è una derivata temporale di un prodotto. E quindi avremo che prima deriviamo s punto rispetto al tempo e lo moltiplichiamo per il versore tangente non derivato, e poi lasciamo s punto e deriviamo rispetto al tempo il versore tangente. s punto è una funzione scalare e ci viene s due punti per il versore tangente + s punto. Allora la derivata del versore tangente, siccome il versore tangente dipende dal tempo attraverso l’ascissa curvilinea, qui ci viene dt in ds, per ds in dt.

dt in ds 1/ρc per il versore normale.

Abbiamo scritto l'accelerazione in forma intrinseca come fatta da due componenti:

  1. Una prima componente, s due punti t, che viene detta accelerazione tangenziale

  2. E una seconda componente, che si indica con an, che viene detta accelerazione centripeta o normale.

In forma intrinseca la situazione è questa. Abbiamo la curva γ, il punto P. L'accelerazione del punto P, scritta in forma intrinseca è fatta da due parti. Disegniamo la terna intrinseca. Questo è il versore tangente, poi c’è il versore normale. L’accelerazione del punto P è fatta da due componenti. Una componente che è data dall'accelerazione tangenziale, che è s due punti, quindi può essere quella azzurra, che sia positiva o negativa. L’accelerazione centripeta invece o normale è sempre diretta come il versore n, cioè come dice il nome stesso è centripeta, verso il centro di curvatura della traiettoria γ.

Se uno fa la regola del parallelogramma, nel caso in cui s due punti sia maggiore di 0 questa è l'accelerazione del punto P. Se invece s due punti è minore di 0, allora questa è l’accelerazione.

Facciamo alcune osservazioni. Quand’è che l’accelerazione tangenziale at è uguale a zero?

Finché l'accelerazione tangenziale sia uguale a 0, si deve verificare che s due punti è uguale a 0. Vuol dire che s punto è costante, cioè moto uniforme. Quindi, se s due punti è 0, sicuramente l'accelerazione tangenziale è nulla. Quindi, nel moto uniforme, l'accelerazione tangenziale è nulla.

Quando l'accelerazione centripeta può essere nulla? Togliamo il caso banale, perché dire s punto uguale a zero, significa che il punto non si sta muovendo. Se s(t) punto è nullo, vuol dire che la velocità scalare è zero per un intervallo temporale, quindi il punto è fermo, quindi questo è un caso banale. Togliendo i casi banali, l'unica possibilità per cui l'accelerazione centripeta o normale sia nulla, sia se 1/ρc è uguale a 0. Quindi il raggio del cerchio osculatore diventa infinito, infinitamente grande, e significa che il moto è rettilineo.

Nei moti rettilinei non è vero che l'accelerazione è nulla, è nulla l'accelerazione centripeta. Nei moti rettilinei l'accelerazione centripeta o normale è nulla ma l'accelerazione tangenziale non è nulla. Così come nei moti uniformi, non è vero che l'accelerazione è 0, perché nei moti uniformi è 0 l'accelerazione tangenziale, ma non l'accelerazione centripeta.

Quali sono gli unici moti che hanno accelerazione nulla? Gli unici moti che hanno accelerazione nulla sono i moti rettilinei uniformi. Quindi l'accelerazione è nulla se e solo se il moto è rettilineo uniforme.

Non bisogna dire che nel moto uniforme l'accelerazione è nulla, perché è falso. Ad esempio, nel moto circolare uniforme, l'accelerazione non è nulla.

Come si classificano i moti in base alla legge oraria?

Vediamo una carrellata abbastanza veloce delle leggi orarie, quindi dei moti che incontreremo durante il corso di meccanica razionale. Abbiamo la legge oraria, poi l'equazione differenziale del moto. Tutte le volte che affronteremo un esercizio, riusciremo a scrivere l'equazione differenziale del moto, poi riusciremo anche, visto che questi moti sono dei casi classici, a stabilire qual è il moto e quindi la legge oraria con cui si muove il punto materiale, quindi in particolare a risolvere le equazioni differenziali.

  1. Il primo moto è quello che ha come legge oraria s(t) = v₀ t + s₀. v₀ è una costante, s₀ un'altra costante. Il diagramma orario del moto che ha questa legge oraria nel piano t s, dove t è il tempo, s è l’ascissa curvilinea, quindi questa funzione rappresentata in funzione del tempo è una retta, il diagramma orario è una retta, il moto è il moto uniforme. Quindi la legge oraria del moto uniforme è s(t) = v₀ t + s₀. Tutte le volte che incontriamo questa legge oraria, il cui diagramma orario è una retta, siamo sicuri di avere a che fare con il moto uniforme. Qual è l'equazione differenziale del moto uniforme? L'equazione differenziale del moto sono sempre equazioni del secondo ordine. Se facciamo la derivata prima rispetto al tempo della s(t), otteniamo che s(t) punto di t è uguale a v₀, cioè uguale ad una costante, facciamo di nuovo la derivata, s due punti uguale a 0, questa è l'equazione differenziale del moto uniforme.

  2. La seconda legge oraria è questa. a è una costante, così come v₀ e così come s₀. Questa è la legge oraria del moto uniformemente vario. Il diagramma orario di questo moto è una parabola, che avrà la concavità rivolta verso l'alto, come in questo caso, o verso il basso, a seconda che il coefficiente a sia positivo o negativo, positivo verso l’alto o negativo verso il basso. Qual è l'equazione differenziale di questo moto uniformemente vario? E s due punti uguale ad a. Se deriviamo la s(t) una volta, la s(t) punto diventa uguale ad a t + v₀ e quindi questa è la velocità scalare istantanea e se poi deriviamo due volte, rimane s due punti uguale ad a ed è l'equazione differenziale del moto uniformemente vario.

  3. Altro esempio di legge oraria è questa che vediamo qui. Dove C rappresenta l'ampiezza di questo moto, viene chiamata ampiezza, ω viene detta pulsazione del moto e γ viene detta fase iniziale del moto. Questo è quello che si chiama il moto oscillatorio armonico. Questo moto lo incontreremo tantissime volte nel corso di meccanica. Il diagramma orario nel piano t s è questa sinusoide, c'è l’ampiezza C del moto, la pulsazione ω e γ che è la fase iniziale.

Che cos’è un moto periodico?

Quali sono i principali?

I moti oscillatori armonici, sono dei moti periodici. Che cosa si intende per moto periodico? Un moto si dice periodico se, avendo la legge oraria s(t), il moto si dice periodico se esiste un T > 0, tale che, la s(t + T)= s(t), qualunque sia il tempo t, allora il moto è periodico e a t si dà il nome di periodo, in particolare il periodo è il minimo valore di t per cui si ha questa cosa che abbiamo scritto qui.

Di T così fatti non ce n'è uno solo, il minimo t per cui si realizza questa relazione di uguaglianza, prende il nome di periodo. Vediamo qual è l'equazione differenziale di questo moto oscillatorio armonico. Se faccio la derivata temporale della s(t), che cosa ottengo? Ottengo - Cω sin ωt + γ.

E se adesso faccio la derivata seconda, ottengo s(t) due punti. Se adesso prendo C cosωt, chi è? Questa è la s(t). Allora ho trovato che la s(t) due punti è uguale a meno ω² per la s(t). Ecco allora che l'equazione differenziale del moto oscillatorio armonico è s due punti + ω²s = 0. Questa è l'equazione differenziale del moto oscillatorio armonico e tutte le volte che incontreremo un'equazione differenziale di questo tipo. dove la s due punti è uguale a meno una costante positiva ω² per la s(t) o s due punti + una costante positiva per s, uguagliata a zero, questa sarà l'equazione differenziale del moto oscillatorio armonico.

Tutte le volte che incontreremo un'equazione così fatta, dovremo sapere che questa è l'equazione differenziale del moto oscillatorio armonico, la cui soluzione, quello che si chiama l'integrale generale, sarà questo s(t).

Questi tre moti presentati adesso, cioè il 4), il 5) e il 6), sono tre tipi di moto che hanno come equazione differenziale un'unica equazione differenziale, cioè nei tre modi diversi e darà luogo ai tre moti diversi, a seconda della relazione reciproca tra p² e ω².

  1. Se incontriamo una legge oraria di questo tipo, questo si chiama moto oscillatorio smorzato. Il diagramma orario del piano t s di questo moto oscillatorio smorzato è questo. Ho rappresentato le due curve inviluppo, ma il grafico di questo moto è contenuto sempre all'interno di queste due curve nere. Questo purché p², cioè questo coefficiente p che sta nell'esponenziale, deve essere minore di ω² e allora in questo caso abbiamo il moto oscillatorio smorzato.

  2. La quinta legge oraria è questa. Dove β₁ e β₂. Se p² > ω² avremo un moto aperiodico smorzato e il diagramma orario di questo sarà di questo tipo. Avremo un moto di questo genere, cioè che si smorza.

  3. Il sesto caso ha come legge oraria questa, con p sempre maggiore di 0. Questa legge oraria rappresenta il moto aperiodico con smorzamento critico. Facciamo il diagramma orario anche per questo. In questo caso si avrà un andamento di questo tipo che è caratterizzato in tutti e tra i casi, nel caso 4), nel caso 5), nel caso 6), dal fatto che per t che tende ad infinito, cioè il limite per t che tende a + ∞ di tutte queste s(t) è 0, quindi sono tutti i moti che tendono a smorzarsi, quindi a finire.

L’equazione differenziale che lega 4), 5) e 6) è questa. Questa sarà l'equazione differenziale che tratteremo in dettaglio. Questi sei tipi di moti li vedremo e li troveremo negli esercizi e quindi riusciremo a scrivere le equazioni differenziali, a risolverle e avere il moto, quindi presentandosi un sistema meccanico di un certo tipo, riusciremo a vedere come questo sistema meccanico si muoverà nel tempo e quindi a determinare la legge oraria, passando attraverso l'equazione differenziale del moto.

Che cos’è il moto circolare?

Come sono i vettori che prendiamo?

Che cos’è la velocità angolare di P?

Come si ottiene la velocità, nel moto circolare uniforme?

E l’accelerazione?

Si definisce moto circolare il moto di un punto P, che avviene su di una traiettoria che è o una circonferenza o un arco di circonferenza. Disegniamo la circonferenza. Prendiamo un sistema di riferimento, prendiamo l'origine del sistema di riferimento coincidente con il centro della circonferenza, lo indichiamo con C, e poi prendiamo il sistema di riferimento Cxyz con la circonferenza che sta nel piano Cxy e l'asse Cz perpendicolare alla circonferenza.

Supponiamo che il raggio della circonferenza sia R e adesso ci poniamo il problema di studiare il moto di questo punto sulla circonferenza. Tutte le volte che si ha un moto che avviene su di una circonferenza, è preferibile usare come sistema di riferimento, rispetto al quale rappresentare tutti i vettori in gioco, la terna intrinseca. Si può usare il sistema di riferimento che ho appena fissato, Cxyz i cui versori sono il versore i, il versore j e il versore k, che è perpendicolare al piano dello schermo e diretto verso di noi, in modo tale che i , j e k formino una terna destra. Ma è più semplice usare la terna intrinseca.

C'è il versore tangente, poi c'è il versore normale e, e poi c'è il versore della b normale, che coincide con k ed è orientato perpendicolarmente al piano dello schermo e con verso diretto verso di noi.

Fissata la terna intrinseca, bisogna avere fissato anche il sistema di ascisse curvilinee. Bisogna prendere sulla traiettoria un'origine. Prendo il punto O₁ di coordinate cartesiane R, 0, 0, poi fisso un verso positivo di percorrenza degli archi e prendo il verso antiorario e poi indico con s il parametro lunghezza d’arco.

Vediamo di studiare come sono fatti i vettori, in particolare pensiamo al vettore velocità e vedremo poi il vettore accelerazione. Allora il vettore velocità in forma intrinseca vale s punto, versore tangente.

Il vettore accelerazione vale s due punti versore tangente + s² punto su ρc, raggio del cerchio osculatore per il versore normale n. Vediamo quali sono le grandezze che abbiamo tirato in ballo.

s punto è la derivata temporale dell’ascissa curvilinea s, ma quanto vale? È la lunghezza d'arco, con segno; se R è il raggio della circonferenza e se indichiamo con ϑ l'angolo che il raggio vettore P - C forma con la direzione positiva dell'asse x, s è uguale ad R ϑ.

A questo punto possiamo calcolare s punto che vale R ϑ punto e calcolare anche la s due punti che vale R ϑ due punti. Il vettore velocità in forma intrinseca varrà R ϑ punto versore tangente.

Invece il vettore accelerazione sarà uguale a s due punti, cioè R ϑ due punti versore tangente e poi ci va +; il cerchio osculatore, quando la traiettoria del punto è una circonferenza, allora il cerchio osculatore coincide con la circonferenza stessa, di conseguenza il raggio del cerchio osculatore sarà esattamente R.

Quindi avremo R ϑ² per il versore n.

Quindi abbiamo scritto sia il vettore velocità, sia il vettore accelerazione in forma intrinseca.

Nel momento in cui abbiamo scritto questa relazione, s = R ϑ, abbiamo supposto che l'origine degli archi, quindi delle ascisse curvilinee, e l'origine degli angoli, fosse la stessa. E così non ci viene il termine costante, ma soltanto R ϑ. Avremo potuto scegliere origine degli angoli e origine degli archi diverse, e allora avremo avuto anche una costante additiva, che però non va ad influenzare né s punto, né tanto meno s due punti.

Al valore ϑ punto diamo il nome di velocità angolare scalare del punto P.

Cerchiamo di vedere bene qual è il significato del vettore velocità. Vogliamo legare questo vettore velocità ad un altro vettore, che chiameremo vettore velocità angolare del punto P e questo lo otterremo andando ad interpretare questa espressione del vettore velocità in forma intrinseca.

Dal calcolo vettoriale abbiamo visto che il vettore tangente t si può scrivere come il vettore n moltiplicato vettorialmente per il vettore b. Questo lo possiamo anche scrivere come n vettore k, perché b e k sono uguali. Se voglio scrivere il vettore C - P in funzione del versore n, quindi non in componenti cartesiane, ma scriverlo nella forma intrinseca, C - P sarà R per il versore n. Vado a riprendere il vettore v, che vale, in forma intrinseca R ϑ punto t. Al posto di t, vado a sostituire questa espressione. Il prodotto vettoriale, si legge sempre vettor, non si legge ‘per’, ma si legge ‘vettor’. Siccome per il prodotto vettoriale vale la proprietà anti-commutativa, scambio tra loro questi due fattori, quindi applico la proprietà anti-commutativa e quindi ottengo - R ϑ punto k vettor n. Siccome - R è una costante, la posso mettere dove mi pare, la metto davanti al versore n e allora otterrò ϑ punto k vettor - R n. Ma chi è - R n?  - R n è P - C, cioè l’opposto.

Se adesso poniamo ω = ϑ punto k, questo vettore ω viene chiamato velocità angolare del punto P. È il vettore velocità angolare, ma semplicemente si chiama velocità angolare del punto P e questo ci permette di dire che il vettore velocità del punto P è dato dal prodotto vettoriale tra il vettore velocità angolare ϑ punto k, moltiplicato vettorialmente per il raggio vettore P - C. Tutte le volte che vogliamo calcolare la velocità di un punto P che si muove di moto circolare, possiamo usare la velocità angolare ω e moltiplicarla vettorialmente per il vettore P - C.

Se supponiamo che s punto sia costante, la indico con v₀, allora il moto circolare sarà un moto circolare uniforme, che fino adesso era un'ipotesi che non c'era, perché s punto poteva essere dipendente dal tempo. In particolare, se s punto è costante, allora la s due punti è zero. Significa che la legge oraria del moto vale v₀ per t + s₀. Se adesso mi ricordo com’era la relazione tra s e ϑ, cioè s era uguale ad R per ϑ, allora se voglio ricavare la ϑ, basta scrivere s(t)/R.

Chiamo v₀/R, ω₀; s₀/R lo chiamo ϑ₀ e quindi avrò che, ϑ(t) in un moto circolare uniforme, vale ω₀ per il tempo t + ϑ₀. Il vettore velocità, siccome ϑ punto vale ω₀, avrò R ω₀ per il versore tangente.

Nel vettore accelerazione ϑ due punti è zero, quindi questo termine non c’è; l'accelerazione tangenziale non c'è, resta solo l'accelerazione centripeta o normale, e quindi ϑ punto vale ω₀, quindi rimane R ω₀², versore n. E così abbiamo dimostrato quanto vale il vettore velocità e il vettore accelerazione, questo nel moto circolare uniforme. Nei moti uniformi l'accelerazione in generale è diversa da zero, cioè i moti uniformi hanno l'accelerazione tangenziale nulla, ma non l'accelerazione globale, quindi l'accelerazione centripeta, inoltre è la velocità scalare che è costante, ma la velocità in generale non è costante, perché questo t varia in direzione e verso, cioè è la velocità scalare che è costante.

Che cos’è un corpo rigido?

Che cos’è la posizione?

Che cosa dice il teorema con nota la posizione di tre punti non allineati?

Come si dimostra?

Quante coordinate ci serve conoscere per individuare, istante per istante, la posizione di un qualunque punto di un corpo rigido?

Passiamo dall'affrontare come sistema materiale il punto, ad affrontare invece il corpo rigido.

Richiamiamo che cos'è un corpo rigido. Abbiamo già visto, quando abbiamo iniziato a parlare di geometria delle masse, abbiamo dato la definizione di che cosa si intende per corpo rigido. Adesso la richiamiamo.

Un corpo rigido è un sistema di punti materiali le cui mutue distanze restano costanti nel tempo. Tutte le volte che noi parliamo di corpo rigido intendiamo un insieme di punti, che possono essere un sistema discreto di punti, un discreto finito o un'infinità numerabile, un continuo di punti materiali, ma deve avere la caratteristica che le mutue distanze tra i punti di questo sistema materiale devono rimanere costanti nel tempo.

Affrontiamo un teorema di facilissima dimostrazione, faremo una dimostrazione grafica. Data la posizione, anche se posizione di solito la si utilizza per il singolo punto. Per posizione intendiamo la conoscenza di dove si trova nello spazio il corpo rigido in un dato istante.

Quindi, data la posizione di un corpo rigido 𝒞 ad un istante t₀, supponiamo che sia nota la posizione di tre suoi punti non allineati ad un istante successivo, che indichiamo con t. Quindi supponiamo che all'istante t sia nota la posizione di tre punti non allineati del corpo rigido che indichiamo con At, Bt e Ct. Punti che all'istante t₀ erano i punti di coordinate A₀, B₀ e C₀.

Risulta determinata all’istante t, la posizione di un qualunque altro punto P del corpo rigido.

Supponiamo appunto At, Bt e Ct siano le posizioni occupate dai tre punti, che all’istante t₀ sono individuati da A₀, B₀ e C₀. Se i tre punti devono essere non allineati, questi tre punti possono essere visti come i vertici di un triangolo qualunque, di di vertici A₀, B₀ e C₀.

Se adesso considero un punto P₀ qualunque del corpo rigido 𝒞, per esempio tridimensionale, oppure un sistema discreto di punti finito, che però è racchiuso all'interno di questa superficie che ho disegnato, oppure un'infinità numerabile, non importa.

Considero un punto P₀, questo punto P₀ che ho indicato in verde e congiungo il punto A₀ con P₀, il punto B₀ con P₀ e C₀ con P₀. Otteniamo un tetraedro che ha per base A₀, B₀ e C₀ e come vertice il punto P₀.

In virtù della rigidità che ha il corpo rigido, se adesso prendo il corpo rigido 𝒞, e lo sposto in modo tale che la base A₀, B₀, C₀ vada a coincidere con la posizione che hanno i corrispondenti punti At, Bt e Ct all'istante t, in virtù della rigidità del corpo, una volta che la base coinciderà con At, Bt e Ct, dove va a finire il punto P₀, mi indica la nuova posizione del punto P all’instante t.

Faccio compiere questa rotazione, ho operato la sovrapposizione del punto; il punto A₀ è finito sul punto At, il punto B₀ è finito su Bt, il punto C₀ è finito su Ct, di conseguenza so dire dove si trova il punto P.

Il nuovo punto P che indichiamo con Pt, sarà esattamente individuato da dove si trova P₀, dove P₀ indica questa posizione. Questo lo possiamo fare con un qualunque altro punto, cioè per esempio se io adesso vado a prendere il punto Q, che all'istante t₀ si trova nella posizione che ho individuato, Q₀ diventa il vertice del nuovo tetraedro di base A₀, B₀ e C₀, in virtù della rigidità, ripetiamo di nuovo l'operazione e si vedrà che P₀ si troverà in questa posizione, questa sarà la posizione di Qt, e così via.

In questo modo, siamo riusciti ad individuare la posizione di un qualunque altro punto del corpo rigido.

Quante coordinate ci serve conoscere per individuare, istante per istante, la posizione di un qualunque punto di un corpo rigido? Quello che occorre conoscere è la posizione di tre suoi punti non allineati in istanti t successivo all'istante t₀. Basterebbe conoscere la posizione del punto A all'istante all'istante t, quindi per esempio conoscere la xA, la yA e la zA, questo rispetto ad un sistema di riferimento Oxyz, analogamente servirebbero le coordinate del punto B, quindi xB, yB e zB e infine anche le coordinate del punto C, quindi xC, yC, zC e, attraverso questa conoscenza, possiamo dire che è nota la posizione di un qualunque punto P appartenente al corpo rigido.

In generale, posizione si usa per indicare dove un punto si trova nello spazio. Quando invece di punti ne abbiamo tantissimi, un’infinità numerabile, un numero discreto o un continuo di punti materiali, non si parla di posizione del corpo rigido, ma si parlerà di configurazione.

Quello che ci serve è la conoscenza di 9 coordinate. Quindi per sapere dove si trova, com'è posizionato un corpo rigido nello spazio, se conosciamo le 9 coordinate x, y, z del punto A, del punto B e del punto C, allora questo ci permette di trovare la posizione di un qualunque altro punto P, appartenente al corpo rigido.

Qual’è la C.N.S. affinché un sistema di punti può essere considerato corpo rigido?

Come devono essere le velocità simultanee dei due punti?

I parametri sono tutti tra loro indipendenti?

Quante sono le relazioni che legano tra di loro le varie coordinate?

Questo teorema ci dice quand’è che un sistema di punti può essere considerato un corpo rigido.

Condizione necessaria e sufficiente, affinché un sistema materiale di punti qualunque discreto, continuo, discreto finito, discreto con un'infinità numeraria di punti, sia un corpo rigido, si deve verificare che in ogni istante di tempo t, la derivata di P fatta rispetto al tempo, moltiplicata scalarmente per P - Q, diviso per la lunghezza di P - Q, dev’essere uguale alla derivata di Q fatta rispetto al tempo, moltiplicata scalarmente per il vettore P - Q, diviso per la norma di P - Q. E questo, qualunque sia P, qualunque sia Q, appartenente al corpo rigido. Condizione necessaria e sufficiente affinché un sistema materiale di punti sia un corpo rigido, le velocità simultanee di due suoi punti qualunque, in questo caso del punto P e del punto Q, devono avere la stessa componente lungo la congiungente i due punti P e Q. E questo deve essere vero qualunque sia la coppia P, Q. Questa è una condizione necessaria e sufficiente affinché un corpo sia rigido, cioè un sistema materiale di punti sia un corpo rigido.

Se conosco queste 9 coordinate dei punti A, B e C, istante per istante, allora posso dire che è nota la posizione di un qualunque punto P, appartenente al corpo rigido.

Queste coordinate sono tutte tra loro indipendenti? Oppure invece ce n'è qualcuna che io posso esprimere attraverso la conoscenza delle altre? Nel qual caso se cosi fosse, cioè se ci fosse qualche coordinata che si esprime attraverso le altre, come funzione delle altre, allora vorrebbe dire che in realtà non servono tutte le nove coordinate per avere la posizione di un corpo rigido, libero di muoversi nello spazio.

Già il fatto che il corpo rigido sia, per definizione, tale per cui le mutue distanze tra i punti restano costanti nel tempo, questo già ci dà un'informazione sulle relazioni che intercorrono tra le coordinate di questi punti.

In virtù della rigidità del punto, scrivo la distanza tra il punto A e il punto B. E questa la possiamo indicare come dAB, cioè è un numero, è una distanza del punto A dal punto B. La distanza tra il punto A e il punto B è costante, ma è costante anche la distanza tra A e C e tra B e C.

Lo stesso tipo di relazione che abbiamo scritto A e B, vale per i punti A e C e questa sarà una grandezza, un numero, una costante che la indichiamo con dAC e analogamente anche B e C avranno sempre una distanza costante e questa è costante e vale dBC.

Tra i parametri che avevamo indicato prima, che sono i 9 parametri, le 9 coordinate, in realtà esistono 3 relazioni che legano tra loro le varie coordinate, i vari parametri. Quindi è evidente che questi parametri non sono tutti tra loro indipendenti, ma in realtà ci sono delle relazioni, che sono queste equazioni.

Che cos’è il numero di gradi di libertà?

Quanti gradi di libertà ha il corpo rigido libero?

Che cosa sono i parametri lagrangiani? Quanti ne servono per conoscere la posizione di un corpo rigido libero?


Si chiama numero di gradi di libertà, il numero minimo di parametri che permettono di determinare la posizione di un qualunque punto P, appartenente al corpo rigido.

Per esempio coordinate cartesiane, coordinate angolari, non importa. È il numero di parametri indipendenti, quindi il numero di coordinate necessarie e sufficienti a determinare la posizione di un qualunque punto del corpo rigido.

Il corpo rigido libero avrà quanti gradi di libertà? Il corpo rigido libero avrà 6 gradi di libertà. Saranno i 9 parametri che abbiamo scritto prima, le coordinate, meno le 3 relazioni che legano i parametri e quindi esattamente 6 il numero di gradi di libertà.

Si chiamano parametri lagrangiani i parametri o le coordinate, i parametri indipendenti che permettono di determinare la posizione di un qualunque punto del corpo rigido. I parametri lagrangiani sono tanti quanto è il numero di gradi di libertà del sistema. Quindi quando parlo di parametri lagrangiani, intendo parametri che sono indipendenti.

Indipendenti vuol dire che, una volta che ho considerato questi parametri, non esiste, in virtù dei vincoli che poi descriveremo, non esistono relazioni, equazioni che legano tra loro i parametri, cioè sono tra loro tutti indipendenti.

Per conoscere la posizione o la configurazione di un corpo rigido libero, vediamo quali possono essere i parametri lagrangiani, la conoscenza dei quali permette di dire, istante per istante, dove si trova il corpo rigido. Fissiamo un sistema di riferimento cartesiano-ortogonale Oxyz e consideriamo un corpo rigido che sta nello spazio, questo è il corpo rigido 𝒞. Quali sono i parametri lagrangiani che mi permettono di descrivere univocamente tutte le diverse configurazioni del corpo rigido? Considero per esempio un punto O₁ del corpo rigido. Se conosco le coordinate xO₁, yO₁ e zO₁, allora so dire dove si trova il punto O₁ del corpo rigido.

Questo è poco, non mi basta per sapere com’è orientato nello spazio il corpo rigido. Per gli altri tre parametri che utilizzo per descrivere la configurazione o la posizione del corpo rigido libero, sono quelli che chiamiamo angoli di Eulero.

La conoscenza delle coordinate cartesiane di un punto del corpo rigido, più gli angoli di Eulero, che sono tre, occorrono e bastano per dire come è posizionato, cioè dove si trova, istante per istante, il corpo rigido libero.

Perché la conoscenza di tre punti non allineati, porta a dire che un corpo rigido libero ha 6 gradi di libertà?

Prendiamo un triangolo di vertici ABC, che, nello spazio, possiamo vedere come un corpo rigido. Per dire dove si trova il punto A, in relazione al sistema di riferimento Oxyz che dobbiamo sempre fissare, che cosa ci serve conoscere? Se dico dove si trova il punto A e dico che sta nel punto di coordinate xA, yA e zA, allora il punto A è fissato, si fissa in questa posizione e da qui non si può più muovere. Questo però non ci dice nulla dell'orientazione del corpo. Queste sono tre coordinate che permettono di fissare un punto.

Il punto B, una volta che A è fissato in questo triangolo, dove si può muovere? Il punto B può descrivere una superficie, la superficie sferica di centro A raggio AB. Quindi il punto B con A fissato, può descrivere tutta questa superficie sferica che indichiamo con S, B deve appartenere per forza alla sfera S che ha centro A e raggio AB. Questo ci permette di dire che il triangolo ha una posizione ben definita? Assolutamente no, perché ora io ho fissato A, fisso B sulla superficie della sfera e dire dove si trova B sulla superficie della sfera, lo dico, avendo la conoscenza di due coordinate angolari. Quindi, fisso le tre coordinate del punto A, dico dove si trova B, conoscendo due coordinate angolari o coordinate superficiali sulla superficie della sfera S di centro A e di raggio AB.

Ora, per definire la posizione di C, C che cosa può fare soltanto avendo questo lato fissato?

C potrà essere un punto qualunque della circonferenza di centro D, dove D è la proiezione di C su AB e il centro il centro della circonferenza è D e questa circonferenza sta in un piano perpendicolare A da B e passante per C.

Per sapere dove si trova il punto C, mi basta conoscere una coordinata angolare. 3 + 2 + 1, mi dà esattamente 6 gradi di libertà.

Che cosa sono gli angoli di Eulero?

Che cos’è la linea nodale?

Quanti e quali sono gli angoli di Eulero?

Come si ottengono gli angoli di Eulero?

Sono le altre tre coordinate angolari che ci servono per descrivere la posizione di un corpo rigido libero.

Considero un sistema di riferimento che indichiamo con O₁xyz, dove O₁ è un punto del corpo rigido 𝒞, che ho rappresentato in arancio. Fisso questo sistema di riferimento che ha l'origine in questo punto del corpo rigido e gli assi x, y e z. Poi prendo un altro sistema di riferimento, sempre con origine in O₁ e assi che indico con x₁, y₁ e z₁. Chiamo linea dei nodi o linea nodale una retta che è fatta così.

Quindi indico con 𝓁 e questa è la linea nodale, la retta individuata in questo modo. È l'intersezione tra il piano O₁xy. Possiamo pensare che il sistema di riferimento O₁xy coincida con un piano di un tavolo, per esempio e l'asse z sia ortogonale al piano del tavolo e intersecato con il piano O₁x₁y₁, che per esempio è un piano che non sta sul piano del tavolo, ma è inclinato. E quindi l'intersezione tra questi due piani, mi fornisce la linea dei nodi o linea nodale.

Gli angoli di Eulero sono 3:

  1. Il primo angolo è l'angolo di precessione e lo indichiamo con la lettera ѱ ed è l'angolo formato tra l'asse O₁x e la linea dei nodi, quindi xO₁𝓁.

  2. Poi consideriamo un altro angolo, che si chiama angolo di rotazione propria e lo indichiamo con 𝜑. L'angolo 𝜑 è l'angolo che l'asse O₁ x₁, quindi questa retta del sistema di riferimento rosso, forma con la linea dei nodi. Questo è l'angolo formato tra l'asse 𝓁 e l'asse x₁.

  3. Infine c'è un ultimo angolo, l’angolo di nutazione, lo indichiamo con la lettera ϑ, ed è l'angolo che l'asse z, quello perpendicolare al piano del tavolo, se abbiamo preso un sistema di riferimento O₁xyz con x, y che è il piano del tavolo, z è perpendicolare al tavolo, angolo ϑ formato tra z e z₁ che invece è l'asse z₁, perpendicolare a quel piano che era inclinato rispetto al piano del tavolo che era x₁, y₁.

Vediamo come si costruiscono questi angoli, quindi la conoscenza della precessione, della rotazione propria e della nutazione, assieme alla conoscenza delle coordinate del punto O₁, misurate rispetto a un sistema di riferimento OXYZ, forniscono i parametri lagrangiani che sono tanti quanti il numero di gradi di libertà del sistema del corpo rigido libero. Vediamo come si costruiscono gli angoli di Eulero, perché gli angoli di Eulero si ottengono facendo delle rotazioni in successione tra due sistemi di riferimento, che sono il sistema di riferimento O₁xyz, quello nero e un altro sistema di riferimento, che è invece quello rosso e adesso li mettiamo Prendo il sistema di riferimento rosso che coincide col sistema di riferimento nero O₁xyz e faccio compiere al sistema O₁x₁y₁z₁ una rotazione, attorno all'asse z₁, cioè faccio ruotare il piano x₁y₁ attorno all'asse z₁ e la faccio fare una rotazione di angolo ѱ.

L'asse x₁ finisce qui e l'asse y₁ finisce qui. Quindi x e x₁ si separano, queste due rette si separano, x rimane qui e x₁ ruota, perché ho fatto fare al piano x₁y₁ una rotazione di un angolo ѱ attorno all'asse z₁.

Ora faccio compiere al piano y₁z₁ una rotazione di angolo ϑ attorno all'asse x₁. Faccio ruotare il piano y₁z₁ attorno all'asse x₁ e la rotazione sarà di ampiezza ϑ. Quindi faccio ruotare di un angolo di ampiezza ϑ il piano O₁y₁z₁, attorno ad O₁x₁. Quello che ottengo è questo, x₁ è rimasto fermo qui, y₁ e z₁ invece si sono mossi, perché y₁ si è alzato e z₁ si è spostato in qua.

Prima l'asse y₁, quando eravamo in questa condizione, stava nel piano xy, era ancora sul piano del tavolo. Invece quando siamo qui, y₁ si è alzato, perché z₁ si è inclinato a rispetto a z.

Il sistema di riferimento è sempre O₁xyz. Per passare da qui a qui, facciamo una rotazione attorno all'asse z₁, quindi rotazione attorno all'asse O₁z₁ del piano.

Questa volta quello che ruota è il piano O₁x₁y₁. Prendiamo questo piano x₁y₁ e lo facciamo ruotare attorno a z₁, lo facciamo ruotare di un angolo che sarà 𝜑.

La traccia che ha lasciato x₁ rimane la linea nodale, 𝓁. Invece l'asse x₁ si è alzato, l'asse y₁ si è spostato indietro e l'asse z₁ invece è rimasto fisso, perché la rotazione è stata attorno all'asse z₁.

Abbiamo creato l'angolo 𝜑, mentre l'angolo ѱ c'era già e l'angolo ϑ c'era già. In questo modo abbiamo costruito, attraverso tre successive rotazioni, gli angoli di Eulero.

Questo dà anche la costruzione dinamica di come sono fatti gli angoli di Eulero. Conoscendo le coordinate di un punto O₁ del corpo rigido, e conoscendo questi tre angoli di Eulero che ci dicono com'è ruotato il corpo rispetto per esempio a O₁ e la conoscenza di questi sei parametri occorre e basta per sapere dove si trova il corpo rigido, istante per istante.

Che cosa sono le formule di Poisson?

Qual’è la loro formulazione?

Che cosa legano le formule di Poisson?

Adesso ci occupiamo di alcune formule particolari, che prendono il nome di formule di Poisson.

Supponiamo di avere due sistemi di riferimento. Prendiamo un sistema di riferimento Oxyz, supponiamo che questo sistema di riferimento sia fisso nello spazio, quindi i suoi versori i, j e k, supponiamo che non varino nel tempo, e poi consideriamo un altro sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁ e supponiamo che sia mobile, cioè si muove nello spazio.

I versori della terna di riferimento fissa sono i, j e k, mentre indichiamo con ī₁, j₁ e k₁ la terna dei versori fondamentali del sistema di riferimento mobile.

Le formule di Poisson ci dicono che la derivata del versore ī₁, fatta rispetto al tempo, ī₁ è uno dei versori della terna di riferimento mobile, quindi ha senso fare la derivata temporale.

La derivata di ī₁ fatta rispetto al tempo, è uguale a ω vettor ī₁. La derivata di j₁ fatta rispetto al tempo è uguale a ω vettor j₁. E infine, la derivata di k₁ fatta rispetto al tempo, vale ω vettor k₁.

Queste sono le formule di Poisson, dove è chiaro che ī₁, j₁ e k₁ sono i versori fondamentali della terna di riferimento O₁x₁y₁z₁, e in queste formule compare questo vettore ω. Il vettore ω si chiama velocità angolare del riferimento, in questo caso del riferimento O₁x₁y₁z₁, oppure, ma questo non è necessario, del corpo rigido che noi possiamo pensare solidale al sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁.

Quindi il vettore ω si chiama vettore velocità angolare del sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁ mobile, oppure velocità angolare del corpo rigido 𝒞, dove 𝒞 è solidale al sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁, quindi dire che ω è la velocità angolare del sistema di riferimento mobile o del corpo rigido 𝒞, poiché il corpo rigido e il sistema di riferimento mobile sono solidali, è esattamente la stessa cosa.

Queste sono le formule di Poisson, che legano le derivate temporali dei versori al versore stesso, attraverso un unico vettore, che è il vettore velocità angolare del sistema di riferimento.

Come si dimostrano le formule di Poisson?

Come si esprime il vettore velocità angolare?

Come si dimostra la prima formula di Poisson?

Qual’è la particolarità delle formule di Poisson?

Adesso ricaviamo queste equazioni. Partiamo dalla relazione fondamentale che c'è tra i versori in relazione al prodotto scalare, cioè sappiamo che ī₁ scalare j₁ è uguale a 0, poi che j₁ scalare k₁ è uguale a 0, poi ancora che k₁ scalare ī₁ è uguale a 0. Questo perché i tre versori sono tra loro ortogonali, formano una base di versori ortonormali.

Adesso prendiamo la prima relazione, quindi la relazione ī₁ scalare a j₁, uguale a 0 e la deriviamo rispetto al tempo. L'osservatore che fa le derivate, in questo caso, è l'osservatore fisso. L'osservatore fisso misura come variano i versori nel tempo.

Per la regola di derivazione del prodotto, ī₁ e j₁ sono entrambi versori che dipendono dal tempo. Poi la stessa cosa la facciamo per j₁ scalare k₁ e per k₁ scalare ī₁. Se 0 è il primo membro, quando derivo ottengo ancora 0. Vediamo la prima relazione. Porto al secondo membro e cambio il segno.

Faccio la stessa cosa per la seconda equazione e per l’ultima.

Definisco il vettore che ho chiamato velocità angolare, quello che realizza questa equazione, dico che il vettore ω è quello che ha per componenti, lungo ī₁, p(t) che è questa funzione del tempo, cioè la derivata di j₁ fatta rispetto al tempo, scalare k₁. E poi dico che ha per seconda componente lungo j₁ la q(t), che è la derivata di k₁ fatta rispetto al tempo, scalare i₁ e infine dico che la componente lungo k₁ è r(t), quindi indico con p, q ed r, che sono funzioni del tempo, le componenti scalari del vettore ω che realizzerà queste relazioni, sono le componenti lungo i versori ī, j₁ e k₁ e a questo vettore diamo il nome di vettore velocità angolare o del corpo rigido 𝒞, solidale al sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁ o al sistema di riferimento stesso.

Dimostro innanzitutto la prima delle formule di Poisson, poi per le altre il metodo è analogo e non lo dimostreremo. Scrivo dī₁ in dt con le sue componenti lungo i versori i₁, j₁ e k₁ e farò vedere che, quando faccio il prodotto vettoriale tra quell'ω che ho appena definito e il versore ī₁, ottengo esattamente la stessa espressione con cui ho scritto d dī₁ in dt.

Considero il vettore dī₁ in dt e lo rappresento con le sue componenti lungo ī₁, lungo j₁ e lungo k₁. Come faccio a scrivere le componenti cartesiane di questo vettore lungo ī₁, lungo j₁ e lungo k₁?

Se io ho un vettore a e voglio scrivere questo vettore con le sue componenti lungo ī₁, lungo j e lungo k₁, quale sarà la componente scalare di a lungo ī₁? Non sarà altro che a scalare ī₁ e questa è la componente scalare lungo ī₁. a scalare j₁ sarà la componente lungo j₁ e a scalare k₁ sarà la componente lungo k₁.

Quindi se il nostro vettore a adesso è la derivata di ī₁ fatta rispetto al tempo, allora qui ci verrà dī₁ in dt, scalare ī₁, come componente lungo j₁ ci verrà dī₁ in dt scalare in j₁ e come componente lungo k₁ dī₁ in dt, scalare k₁.

Guardiamo la prima di queste parentesi, la prima di queste componenti scalari. Quanto vale la derivata? Vale 0, perché dī₁ in dt è ortogonale a dī₁ è un versore e la derivata temporale di un versore è ortogonale al versore stesso. Guardiamo la seconda delle parentesi, dī₁ in dt, scalare j₁, vado a vedere e trovo che dī₁ in dt, scalare j₁ è r(t) e quindi questa componente è r(t).

In virtù del fatto che il prodotto scalare è commutativo, questa vale -q(t). Ho le informazioni che mi servono e ho dimostrato che dī₁ in dt si può scrivere attraverso le sue componenti r(t) e q(t), rispettivamente lungo j₁ e k₁.

Ho analizzato il primo membro, vado a prendere il secondo membro di questa formula di Poisson, faccio il calcolo ω vettor ī₁ e vedo se ottengo esattamente questa espressione. Se così è, allora ho dimostrato il teorema. Quindi calcoliamo ω vettor ī₁ e uso il determinante della matrice simbolica.

Nella prima riga ci metto ī₁, j₁ e k₁, nella seconda riga ci metto le componenti p(t), q(t) e r(t), che sono le componenti del primo vettore del prodotto vettoriale, e poi metto le componenti di ī₁, rispetto ai ī₁, j₁, k₁, cioè 1, 0, 0. Adesso esplicito questo determinante rispetto agli elementi della prima riga.

La componente lungo i₁ non dà contributo, perché ci sono due 0. Allora veniamo alla seconda, quella lungo j₁, in cui devo calcolare questo minore e cambiare segno.

Siccome queste due espressioni, questi secondi membri sono esattamente uguali, dall'uguaglianza dei secondi membri, discende l'uguaglianza dei primi membri. E quindi dall'uguaglianza dei primi membri, ottengo che dī₁ in dt è uguale ad ω vettore ī₁. E così abbiamo dimostrato la prima delle formule di Poisson, in maniera analoga, si dimostrano anche le altre.

Osserviamo le formule di Poisson. Che cosa hanno di caratteristico queste formule? La particolarità non è tanto nel fatto che una derivata di un versore si possa scrivere come prodotto vettoriale del versore stesso con un altro vettore. Essendo ī₁ un versore, quindi di modulo costante, la sua derivata è sicuramente ortogonale e quindi, per la regola della divisione vettoriale, esiste sicuramente un ω che realizza questa equazione vettoriale. Anzi, ne esistono infiniti che realizzano questa relazione, ma quello che è importante è che ne esiste uno solo, ed è proprio quell'unico che è il vettore velocità angolare del sistema di riferimento mobile, che realizza contemporaneamente tutte e tre le formule. Quindi è questa la particolarità delle formule di Poisson.

Queste formule le utilizzeremo in tutto il corso di meccanica e la prima volta che le incontriamo sarà nel prossimo teorema che dimostriamo, o meglio nella prossima formula, che è la formula fondamentale della cinematica rigida.

Che cosa permette di fare la formula fondamentale della cinematica rigida?

Qual’è la sua formulazione?

Come si dimostra?

Che cosa succede se prendo un punto Q, appartenente al corpo rigido?

La formula fondamentale della cinematica rigida permette di determinare la velocità di un qualunque punto di un corpo rigido, conoscendo la velocità di un altro punto O₁ del corpo rigido e la velocità angolare ω del corpo rigido stesso.

Abbiamo un sistema di riferimento che indichiamo con Oxyz. Supponiamo che questo sistema di riferimento sia fisso. Adesso considero un altro sistema di riferimento che indichiamo con O₁x₁y₁z₁ e questo sistema di riferimento lo prendiamo solidale ad un corpo rigido 𝒞.

Abbiamo un corpo rigido, un sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁ solidale a 𝒞 e un sistema di riferimento fisso Oxyz che è quello che studia il moto, che misura le velocità e considera il problema cinematico.

La formula fondamentale della cinematica rigida permette di determinare la velocità di un qualunque punto P del corpo rigido, quindi prendiamo questo punto P appartenente al corpo rigido, conoscendo la velocità di un altro punto O₁ del corpo rigido; dev’essere un punto del corpo rigido o almeno solidale al corpo rigido e conoscendo la velocità angolare ω del corpo rigido 𝒞. La formula fondamentale della cinematica rigida dice in particolare che la velocità del punto P del corpo rigido è uguale alla velocità del punto 1 del corpo rigido + ω vettor P - O₁, questo qualunque sia il punto P, appartenente al corpo rigido 𝒞.

Questa formula chiama in gioco la velocità del punto O₁ che è un punto del corpo rigido e il vettore velocità angolare ω.

Ora devo dimostrare che in queste condizioni la velocità di P è esattamente uguale a quello che c'è scritto al secondo membro di questa formula. Cominciamo scrivendo il vettore posizione P - O₁ del punto P, essendo P un punto del corpo rigido, così come O₁ un punto del corpo rigido. Se i versori del sistema di riferimento mobile li chiamiamo sempre i₁, j₁ e k₁, il vettore P - O₁ sarà x₁ ī₁ + y₁ j₁ + z₁ k₁.Questo è il vettore posizione del vettore P, rispetto al vettore O₁. x₁, y₁ e z₁ sono le componenti del vettore P - O₁, scritte nella base del sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁, solidale al corpo rigido.

P ha coordinate x₁, y₁ e z₁ nel sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁, dove ī₁, j₁ e k₁ sono i versori fondamentali. Adesso prendo questa relazione e la derivo rispetto al tempo membro a membro, cioè io adesso faccio finta di essere questo osservatore, prendo questa relazione e derivo ambo i membri rispetto al tempo. Al primo membro avrò la derivata di P - O₁, fatta rispetto al tempo.

Adesso dobbiamo andare al secondo membro, abbiamo x₁, y₁ e z₁, che sono le coordinate del punto P nel sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁, sistema di riferimento che è solidale al corpo 𝒞. Quindi le coordinate del punto P, che è un punto di un corpo rigido rispetto a un sistema di riferimento solidale, sono delle costanti.

Quindi x₁, y₁ e z₁ non dipendono dal tempo. ī₁, j₁ e k₁ invece dipendono dal tempo in quanto il corpo rigido si muove e quindi il sistema di riferimento ad esso solidale, si muove anche esso.

Al primo membro abbiamo che P è una funzione del tempo e O₁ è ancora una funzione del tempo, quindi avremo derivata di P fatta rispetto al tempo, meno la derivata di O₁ fatta rispetto al tempo. E poi ci ricordiamo le formule di Poisson, che ci dicono che la derivata di ī₁ fatta rispetto al tempo vale ω, il vettore velocità angolare, vettor ī₁ e analogamente per la derivata di j₁ fatta rispetto al tempo, questa varrà, per la seconda delle formule di Poisson ω vettor j₁ e la derivata di k₁ in dt vale ω vettor k₁.

Al primo membro lasciamo soltanto dP in dt. dO₁ in dt lo portiamo al secondo membro, cambiando segno. Questo x₁ è una grandezza scalare e quindi io la posso mettere, nel prodotto vettoriale, davanti al vettore che più mi fa comodo, in particolare la metto davanti a ī₁. Così come con y₁, lo metto davanti a j₁ e la stessa cosa la faccio con z₁.

Raccolgo da queste tre somme ω, ma se io vado a rivedere chi è questo membro, questo è il vettore P - O₁. Quindi ho dimostrato la formula fondamentale della cinematica rigida, in quanto ho dimostrato che dP in dt è uguale a dO₁ in dt + ω vettor P - O₁.

Se io prendessi un altro punto Q, per esempio, un punto Q del corpo rigido, la formula fondamentale, a patto di sostituire P con Q, vale esattamente in modo analogo, e quindi per il punto Q si ottiene che la derivata di Q fatta rispetto al tempo è uguale a dO₁ in dt + ω vettore P - O₁, perché questa vale qualunque sia il punto Q appartenente al corpo rigido 𝒞. Vale qualunque sia il punto, in particolare se prendo il punto Q, vale sempre la stessa formula. Se adesso osservo le due formule, quella scritta per P e quella scritta per Q e le sottraggo membro a membro, ottengo che la derivata di P fatta rispetto al tempo, meno la derivata di Q fatta rispetto al tempo, rimane ω vettor P - O₁,- ω vettor (Q - O₁) e quindi ω vettor (P - Q) è esattamente quello che ci dice questa formula fondamentale della cinematica rigida, cioè ci dice che la derivata del vettore P - Q, dove P e Q sono punti di un corpo rigido, vale ω vettor P - Q, cioè una formula analoga a quella che avevamo visto per i versori, esattamente analoga alle formule di Poisson.

Se io prendo due punti che sono appartenenti al corpo rigido, il vettore P - Q, derivato rispetto al tempo è uguale a ω per il vettore stesso. E questo è vero solo se P e Q sono punti di un corpo rigido, perché in questo caso significa che il vettore P - Q è un vettore a modulo costante e quindi quando faccio la derivata temporale, ottengo un vettore ortogonale al vettore stesso.

Che cos’è uno stato cinetico o atto di moto del corpo rigido?

Quanti e quali sono gli stati cinetici elementari di un corpo rigido?

Abbiamo sempre a che fare con un corpo rigido e definiamo che cosa si intende per stato cinetico o atto di moto di un corpo rigido. Si chiama stato cinetico o atto di moto del corpo rigido 𝒞 il campo vettoriale delle velocità dei punti del corpo rigido in un dato istante t. Quindi l'insieme dei vettori velocità dei punti del corpo rigido 𝒞 all'istante t.

Quindi lo stato cinetico è quello che vale in un istante, è l'insieme delle velocità dei punti di un corpo rigido in un dato istante, quello che si chiama in Analisi il campo vettoriale delle velocità dei punti in un dato istante che possiamo chiamare t.

È possibile definire 4 stati cinetici elementari di un corpo rigido:

  1. Stato cinetico nullo. Si ha quando, per definizione la velocità del punto P è uguale al vettore nullo, qualunque sia il punto P appartenente al corpo rigido.

  2. Stato cinetico traslatorio. Lo stato cinetico si definisce traslatorio quando v(P) è uguale ad u, indipendente da P, punto appartenente al corpo rigido 𝒞. Lo stato cinetico si dice traslatorio quando tutti i punti del corpo rigido hanno la stessa velocità e in particolare è indipendente dal punto stesso, cioè tutti i punti hanno la stessa velocità.

  3. Stato cinetico rotatorio. Quando la velocità del punto P si scrive come ω, che è il vettore velocità angolare del corpo rigido, vettor P - O₁, qualunque sia il punto P appartenente al corpo rigido 𝒞.

  4. Stato cinetico elicoidale. Quando la velocità del punto P del corpo rigido si esprime come un vettore u per il versore a + più il vettore ω che ha la stessa direzione del vettore che abbiamo appena scritto, quindi a vettor P - O₁, qualunque sia P appartenente al corpo rigido in 𝒞 e a è un versore, quindi a ha modulo 1. Lo stato cinetico elicoidale si può scrivere anche così, come v(P) uguale a dO in dt + ω vettor (P - O₁), ma con dO₁ in dt parallelo ad ω, qualunque sia il punto P appartenente a 𝒞. Se scriviamo la seconda versione  della definizione di stato cinetico elicoidale, dovremmo imporre un'ulteriore condizione, perché questa è la formula fondamentale della cinematica rigida generica e se non diciamo come sono fatte O₁ in dt e ω, cioè che nello stato cinetico devono essere paralleli, non abbiamo definito lo stato cinetico rigido elicoidale. Se invece la definizione di stato cinetico elicoidale la diamo in questo modo, non c'è bisogno di aggiungere nulla, perché si vede già che  questo vettore e questo sono paralleli, come deve essere nella definizione di stato cinetico elicoidale.

Lo stato cinetico nullo è quando tutti i punti hanno in quell'istante velocità nulla. Lo stato cinetico traslatorio è quando tutti i punti del corpo rigido hanno velocità uguale, la stessa velocità, indipendente da P.

Lo stato cinetico rotatorio è quando, qualunque sia il punto P del corpo rigido, la sua velocità si scrive come ω vettor P - O₁ e lo stato cinetico elicoidale è quello che abbiamo visto qui sotto.

Come si fa a distinguere il moto traslatorio dal moto rettilineo?

Bisogna stare attenti a non confondere, lo stato cinetico traslatorio con il moto rettilineo. Lo stato cinetico è traslatorio non significa che il corpo rigido si stia muovendo di moto rettilineo.

Prendiamo un corpo rigido a forma di L. Supponiamo che questo corpo rigido abbia il punto A che si muove descrivendo una circonferenza. Possiamo mettere anche un sistema di riferimento cartesiano-ortogonale Oxy e B e C devono rimanere con AB che si muove parallelamente a se stesso e AC parallelamente a se stesso.

In questo caso lo stato cinetico è traslatorio, tutti i punti hanno sempre la stessa velocità, ma il moto non è rettilineo, cioè il punto A si muove su una circonferenza, quindi stato cinetico traslatorio è diverso dal moto rettilineo di un qualche punto che descrive un moto rettilineo.

Oppure supponiamo di avere un sistema di tre aste. Prima affisso il sistema di riferimento, Oxy.

Suppongo di avere un'asta OA e un'altra asta O’B, che si muovono in questo modo. L'asta OA ruota attorno all'asse fisso Oz, dove Oz è perpendicolare al piano dello schermo e uscente. L'asta O'B ruota attorno a O'z, è sempre un asse parallelo a Oz e rimane, istante per istante, parallela ad OA.

Quindi mettiamo un'altra asta AB, che congiunge A con B. Abbiamo due angoli ϑ, che sono due angoli uguali. Durante il moto, mentre A e B percorrono quelle circonferenze, che sono solo dei vincoli, possiamo anche dimenticarle, cioè il sistema meccanico è l'asta OA, l'asta O'B e l'asta AB.

Mentre l'asta OA ruota attorno all'asse OZ e l'asta O'B ruota attorno all’aste O’z, rimanendo parallela ad A, l’asta ha uno stato cinetico traslatorio. Se guardiamo le velocità di un qualunque punto dell'asta, per esempio del punto A o del punto B, le velocità sono esattamente sempre le stesse.

Se prendiamo il baricentro, durante il moto, la velocità del baricentro sarà sempre esattamente quella che abbiamo visto prima. Sarà tale che il baricentro descriverà una circonferenza di centro C e sarà tale che la velocità dei punti sarà di tutti i punti dell'asta. Quindi l'asta passa attraverso lo stato cinetico traslatorio, ma i suoi punti descrivono una circonferenza. E quindi dobbiamo distinguere il moto traslatorio e il moto rettilineo.

Quali sono i vettori caratteristici del corpo rigido o dello stato cinetico rigido?

Che cos’è l’invariante?

L’invariante è indipendente dal punto O₁?

Richiamiamo la formula fondamentale della cinematica rigida, quindi qualunque sia il punto P appartenente al corpo rigido 𝒞, la velocità del punto P è uguale a dO₁ in dt + ω vettore P - O₁.

Nella formula fondamentale della cinematica rigida, i due vettori dO₁ in dt, dove O₁ è un punto del corpo rigido e il vettore ω, vengono chiamati vettori caratteristici del corpo rigido o dello stato cinetico e in particolare dello stato cinetico rigido.

Si definisce invariante la grandezza scalare che indichiamo con I, che non è un momento di inerzia, indica invariante; il prodotto scalare tra i due vettori caratteristici dello stato cinetico rigido.

Quindi il prodotto vettoriale tra la velocità del punto O₁ e il vettore ω. Questo nome è dato in maniera corretta, in quanto l'invariante è stato definito attraverso la velocità di un punto O₁, ma è possibile dimostrare che l’invariante per il corpo rigido è unico e non dipende da O₁.

Se prendo un altro punto P appartenente al corpo rigido e calcolo dP in dt scalare ω, se P è un punto del corpo rigido, per la formula fondamentale della cinematica rigida, vale che al posto di dP mettiamo dO₁ in dt + ω vettore P - O₁ scalare ω. Adesso applico la proprietà distributiva del prodotto scalare rispetto alla somma e quindi ottengo dO₁ in dt scalare ω + ω vettore P - O₁ scalare ω.

Questo secondo addendo che abbiamo è un prodotto misto tra tre vettori, di cui il primo e il terzo sono paralleli, in particolare sono lo stesso vettore. E di conseguenza questo prodotto misto fatto tra tre vettori di cui due sono paralleli, per definizione ci dà 0. E quindi rimane solo l'invariante. Perciò la definizione di invariante è indipendente dal punto O₁, scelto da usare come vettore caratteristico.

Dato un corpo rigido, è possibile dimostrare, utilizzando i vettori caratteristici, dO₁ in dt e ω e utilizzando questo scalare, che è l'invariante, è possibile dimostrare che un qualunque stato cinetico rigido è equivalente ad uno dei quattro stati elementari.

Che cosa dice il teorema sullo stato cinetico del corpo rigido?

Quali casi si possono presentare, osservando i vettori caratteristici e l'invariante, nei casi in cui l’invariante sia = 0?

Qual’è la C.N.S. affinché uno stato cinetico sia traslatorio?

Qual’è l’asse d’istantanea rotazione, in uno stato cinetico rotatorio?

Uno stato cinetico rigido è sempre equivalente ad uno dei quattro stati cinetici elementari. Dato un corpo rigido, quindi per il corpo rigido si scrive la formula fondamentale della cinematica rigida, è sempre possibile dire quale è lo stato cinetico del corpo rigido, attraverso uno dei quattro stati cinetici elementari, cioè lo stato cinetico rigido o è lo stato cinetico nullo, o è lo stato cinetico traslatorio, o è quello rotatorio o quello elicoidale, non ce ne sono altri.

Partiamo dai casi più semplici e per fare questa classificazione si guardano i vettori caratteristici e l'invariante. Quali casi si possono presentare, osservando i vettori caratteristici e l'invariante?

  1. Il caso più semplice è quello in cui i vettori caratteristici sono entrambi nulli, quindi il loro prodotto scalare è nullo. Se pensiamo alla formula fondamentale della cinematica rigida, se andiamo a sostituire dO₁ in dt che è 0, ω è zero, si ottiene che la velocità del punto P, vale 0, qualunque sia P appartenente a 𝒞. Otteniamo che v(P) = 0 e lo stato cinetico resultante è lo stato cinetico nullo.

  2. Adesso supponiamo invece di avere una situazione per cui c'è un punto O₁ del corpo rigido che ha vettore velocità diverso da 0 e il vettore velocità angolare invece è 0. Anche in questo caso l'invariante è nullo. Andando a sostituire nella formula fondamentale della cinematica rigida, se dO₁ in dt è diverso da 0, mentre ω è 0, questo termine non c'è, e allora si ha che la velocità del punto P, cioè dP in dt, è uguale a dO₁ in dt, qualunque sia P appartenente al corpo rigido 𝒞. Siccome il punto P, qualunque esso sia, ha sempre la velocità di O₁, possiamo chiamare questo vettore velocità u, perché è indipendente da P. E quindi lo stato cinetico è uno stato cinetico traslatorio.

Corollario

Condizioni necessarie e sufficienti affinché uno stato cinetico rigido sia traslatorio è che il vettore velocità angolare ω sia 0, sia il vettore nullo, e il vettore velocità del punto O₁ sia un vettore diverso da 0.

  1. Abbiamo il vettore velocità del punto O₁ che è 0 e il vettore velocità angolare che è diverso dal 0. Il prodotto scalare tra due vettori di cui uno è nullo, dà invariante nulla. Vediamo cosa succede andando a sostituire nella formula fondamentale della cinematica rigida. Quando v(P) vale ω vettor (P - O₁), qualunque sia P appartenente a 𝒞, lo stato cinetico rigido è uno stato cinetico rotatorio e l'asse O₁, ω si chiama asse d'istantanea rotazione.

Che cos’è lo stato cinetico rotatorio?

Che cosa succede se prendo un punto P che non appartiene all’asse d’instantanea rotazione?

Che cos’è la velocità angolare scalare del punto P?

Che cos’è l’angolo di rotazione di 𝒞?

Ha la caratteristica che tutti i punti dell'asse di istantanea rotazione hanno velocità nulla. Lo stato cinetico rotatorio è caratterizzato da un asse di punti che hanno velocità nulla e c'è un vettore velocità angolare ω diverso da zero. Supponiamo che ci sia questo asse O₁, ω, che è   un asse di punti che hanno tutti velocità nulla. Allora lo stato cinetico risultante è lo stato cinetico rotatorio.

Cosa sarebbe successo, in questa classificazione degli stati cinetici rigidi che stiamo facendo, se avessimo preso un punto la cui velocità poi avremmo potuto usare come uno dei due vettori caratteristici, cosa sarebbe successo se avessimo preso un punto P, che non appartiene all'asse O₁, ω? Avremmo un vettore ω sempre diverso da zero, ma avremmo anche un punto P, siccome lo stato cinetico è rotatorio, che ha velocità uguale a ω vettor P - O₁1, qualunque sia il punto P appartenente a 𝒞, quindi un vettore velocità diverso da zero. Se questo è il punto P, considero il punto P₀, che sia la proiezione del punto P sull'asse di istantanea rotazione. E nella formula che mi dà la velocità del punto P, aggiungo e tolgo il punto P₀, ovviamente questa operazione non mi fa cambiare la relazione d'uguaglianza.

Ottengo ω vettor P - P₀ + P₀- O₁ e applicando la proprietà distributiva del prodotto vettoriale rispetto alla somma, otterrei ω vettor P - P₀ + ω vettor P₀ - O₁. Siccome ω è parallelo a P₀ - O₁, altrimenti il prodotto vettoriale non è nullo. Essendo paralleli questo prodotto vettoriale è 0 e quindi la velocità del punto P sarà uguale a ω vettor P - P₀. Preso un qualunque punto P del corpo rigido, il cui stato cinetico è uno stato cinetico rotatorio, se P non appartiene all'asse di istantanea rotazione, la sua velocità vale il vettore velocità angolare ω, moltiplicato vettorialmente per il vettore P - P₀, cioè per un vettore che è ortogonale all'asse di istantanea rotazione  e quindi al vettore velocità angolare ω. Se rivediamo com'era descritta la velocità di un punto P, che istante per istante percorre una circonferenza con una velocità angolare ω, abbiamo esattamente questa espressione.

Quindi posso dire che il punto P, che non fa parte dell'asse di istantanea rotazione, istante per istante, descrive una circonferenza che ha il centro nel punto P₀, che è la proiezione di P sull'asse di istantanea rotazione, e la circonferenza sta nel piano perpendicolare all'asse di istantanea rotazione e passante per P e per P₀. Il punto P descrive una circonferenza che ha il centro in P₀, il raggio P₀P nel piano perpendicolare all'asse di istantanea rotazione O₁ω e passante per P e P₀.

Se indichiamo questo vettore velocità angolare ω con ω versore a, dove a è questo versore, cioè il vettore di modulo unitario, che sta sull'asse di istantanea rotazione. Allora, ω lo possiamo definire come la velocità angolare scalare con cui il punto P descrive la circonferenza rossa. Quindi questa è la velocità angolare scalare del punto P. E ovviamente ϑ punto è la derivata temporale di ϑ(t) che è l'angolo di rotazione del corpo rigido 𝒞. Quindi ϑ(t) che è l'integrale tra t₀ e t di ϑ punto (𝛕) in d𝛕, questo è l'angolo di rotazione del corpo 𝒞. L'angolo di rotazione di un corpo rigido che istante per istante si muove, è definito, dal punto di vista analitico, in questo modo. Dal punto di vista geometrico che cosa sia, siccome l'asse di istantanea rotazione può cambiare istante per istante, non è immediatamente visibile, mentre la definizione analitica è inequivocabile.

Si capisce bene se si pensa ad un corpo rigido che ruota attorno a un asse fisso, per esempio l’asse fisso, quindi la porta non può uscire dai cardini e nel momento in cui la porta attorno all'asse dove ci sono i cardini,  l'angolo di rotazione è l'angolo solido che la porta mobile, come corpo rigido, forma con la parete fissa. Quindi un angolo solido tra un piano mobile, quello che contiene per esempio la porta, e un piano fisso, che è quello che contiene la parete, entrambi i piani passano e si intersecano nello stipite della porta in cui ci sono i cardini.

Nel caso 3a), abbiamo lo stato cinetico rotatorio quando abbiamo un punto che ha velocità nulla e il vettore velocità angolare è diverso da zero, ma possiamo anche distinguere lo stato rotatorio anche nel caso in cui il punto che stiamo considerando, nel caso 3b) cui dO₁ in dt è diverso dal vettore nullo, ω è diverso dal vettore nullo, ma dO₁ in dt e ω sono perpendicolari. Quindi, essendo perpendicolari, il loro prodotto scalare è 0, allora anche in questo caso si conclude che lo stato cinetico è rotatorio. Ed è il caso che abbiamo analizzato prima, dove O₁ era P e abbiamo visto che se prendiamo un punto che non sta sull'asse, lo stato cinetico è rotatorio, ma ha questa caratteristica che i due vettori devono essere di necessità perpendicolari, perché abbiamo visto che v(P) era perpendicolare ad ω.

Qual’è l’altro caso in cui ottengo uno stato cinetico rotatorio?

Qual’è la C.N.S. affinché uno stato cinetico rigido sia rotatorio?

Come si dimostra questo teorema?

Condizione necessaria e sufficiente affinché uno stato cinetico rigido con ω ≠ 0 sia rotatorio è che o dO₁ in dt è il vettore nullo, oppure se dO₁ in dt non è nullo, ma è diverso da zero, deve essere ortogonale ad ω.

Nella condizione necessaria l'ipotesi è che ci sia 𝒞, corpo rigido e inoltre il vettore ω sia diverso dal vettore nullo e lo stato cinetico è rotatorio.

Dobbiamo dimostrare che o dO₁ in dt è il vettore nullo, o dO₁ in dt è ortogonale ad ω.

Per ipotesi, se lo stato cinetico rigido è rotatorio, qualunque sia P appartenente al corpo rigido 𝒞.

L’asse di istantanea rotazione dello stato cinetico rotatorio è O₂, ω. Se prendo come punto P il punto O₁, la sua velocità, cioè la velocità di O₁, vale ω vettor, al posto del punto P, ci vado a mettere il punto O₁ e quindi ho ω vettor O₁ - O₂. E allora si presentano due possibilità:

  • O questo prodotto vettoriale è 0me questo sia se O₁ è tale per cui il vettore O₁ - O₂ e il vettore ω sono tra loro paralleli e quindi sia se O₁ appartiene all'asse di istantanea rotazione O₂, ω.

  • Se invece O₁ non appartiene all'asse di istantanea rotazione O₂ ω, allora di necessità questi due vettori O₁ - O₂ e ω non sono paralleli e quindi, per definizione di prodotto vettoriale, questo vettore dO₁ in dt sarà perpendicolare ad ω.

E così abbiamo dimostrato la condizione necessaria. Adesso dimostriamo la condizione sufficiente. Quindi vuol dire che tesi e ipotesi si scambiano tra loro, cioè questa parte dell'ipotesi si scambia con la tesi, mentre l'ipotesi di corpo rigido con ω diverso da zero, è un'ipotesi di lavoro comune sia alla condizione necessaria, sia a quella sufficiente. Quindi dimostriamo la condizione sufficiente in cui l'ipotesi è che 𝒞 è un corpo rigido con ω diverso da 0 e inoltre o dO₁ in dt è uguale a 0 o dO₁ in dt è perpendicolare ad ω.

Dobbiamo dimostrare che lo stato cinetico è rotatorio. Per dimostrare che lo stato cinetico è rotatorio, dobbiamo riuscire a dimostrare che qualunque sia il punto P, la sua velocità si scrive in questo modo.

Esaminiamo due casi. C’è un primo caso I), in cui supponiamo che il corpo sia rigido con ω diverso da 0 e dO₁ in dt uguale a zero, e un secondo caso II) in cui il corpo è rigido, con ω diverso da 0 e dO₁ in dt è perpendicolare ad ω.

Partiamo dal caso I). Caso I, in cui dO₁ in dt è uguale al vettore nullo. Andiamo a scrivere la formula fondamentale della cinematica rigida. Se dO₁ in dt è uguale a 0, questo termine non c'è e quindi avremo che dP in dt è uguale ad ω vettor P - O₁, qualunque sia P appartenente a 𝒞. E allora concludiamo che per definizione lo stato cinetico è rotatorio con asse di istantanea rotazione O₁, ω.

Secondo caso invece II), O₁ in dt è è perpendicolare ad ω, per la regola della divisione vettoriale esiste sicuramente almeno O₂, in realtà ne esistono infiniti, tali che il vettore dO₁ in dt si può scrivere come prodotto vettoriale tra ω e il vettore O₁ - O₂. Ora prendiamo la formula fondamentale della cinematica rigida, adesso al posto di questo dO₁ in dt ci andiamo a mettere la formuletta che abbiamo appena ricavato dalla regola della divisione vettoriale, quindi ci viene ω vettor O₁ - O₂ + ω vettor P - O₁. Così facendo, possiamo raccogliere il vettore ω. Otteniamo ω vettor P - O₂. E allora, guardando la prima e l'ultima di questa catena di uguaglianze, guardando il primo membro e l'ultimo, possiamo concludere che lo stato cinetico risultante è lo stato cinetico rotatorio e l'asse di istantanea rotazione, cioè quell'asse i cui punti hanno tutti velocità nulla, è dato da O₂, ω, mentre prima era O₂, ω. E così abbiamo dimostrato il teorema.

Che cosa dice il teorema di Mozzi?

Come si dimostra?

Condizione necessaria e sufficiente affinché uno stato cinetico rigido sia elicoidale è che l'invariante sia diverso da zero.

L'ipotesi della condizione necessaria è che lo stato cinetico rigido sia elicoidale. Dobbiamo dimostrare che l'invariante è diverso da zero. Prendiamo la definizione di stato cinetico rigido elicoidale, quindi per ipotesi, qualunque sia P appartenente a 𝒞, si ha che uno stato cinetico e elicoidale, v(P) è uguale a ua + ω a vettor P - O₁. Dobbiamo calcolare l'invariante, dO₁ in dt, scalare ω, ma abbiamo già visto quanto vale l’invariante.

Siccome a scalare a è un versore e fa 1, rimane  u ω e questa quantità è sicuramente diversa da zero. E quindi abbiamo dimostrato la condizione necessaria.

Adesso dimostriamo la condizione sufficiente. L'ipotesi e la tesi vengono scambiate, tranne questa, perché lo stato cinetico rigido rimane, perché il corpo rigido c'è comunque. Quindi abbiamo uno stato cinetico rigido con invariante diverso da 0. Vogliamo dimostrare che lo stato cinetico rigido è elicoidale.

Dobbiamo partire dall’ipotesi, invariante diverso da 0. Ma siccome l'invariante è il prodotto scalare tra i vettori caratteristici, quindi dO₁ in dt e ω, abbiamo due possibilità. Una prima possibilità che i due vettori, dO₁ in dt e ω, siano paralleli. Una seconda possibilità, che dO₁ in dt e ω siano non paralleli, non possono essere perpendicolari, perché se fossero perpendicolari non potremmo avere queste ipotesi. Quindi dO₁ in dt e ω sono incidenti.

  1. Se siamo nel primo caso, se dO₁ in dt e ω sono paralleli, allora questo per definizione è uno stato cinetico elicoidale, quindi la tesi segue immediatamente, e è uno stato cinetico-elicoidale con asse di Mozzi individuato da O₁ e da ω.

  2. Allora veniamo al secondo caso invece, in cui dO₁ in dt e ω sono incidenti, non paralleli e non perpendicolari. In virtù di un teorema che abbiamo visto nel calcolo vettoriale, scrivo dO₁ in dt come somma di due vettori aventi 2 direzioni che sono una perpendicolare ad ω e una parallela ad ω. Questo lo possiamo sempre fare facendo la proiezione. E allora avrò un vettore, che sarà la componente di dO₁ in dt parallela ad ω + un altro vettore, che chiamo u perpendicolare, che sarà la componente di dO₁ in dt perpendicolare ad ω per costruzione. Quindi dO₁ in dt lo scrivo come u parallelo + u perpendicolare, ma per costruzione u perpendicolare e ω sono tra loro perpendicolari, cioè u perpendicolare è perpendicolare ad ω. E allora, per la regola della divisione vettoriale, esiste sempre almeno un punto O₂, in realtà ne esistono di infiniti, tali che u perpendicolare si può scrivere come ω vettor O₁ - O₂, questo per la regola della divisione vettoriale. Adesso prendiamo la formula fondamentale della cinematica rigida, che dice che la velocità del punto P vale dO₁ in dt + ω vettor P - O₁, ma dO₁ in dt è uguale alla somma del vettore azzurro, u parallelo, e del vettore verde. Per la regola della divisione vettoriale, sappiamo che u perpendicolare si può scrivere in questo modo. Questo lo andiamo a sostituire con questo e u parallelo sta qua e poi c'è + ω vettor O₁ - O₂ + ω vettor  P - O₁. Otteniamo u parallelo +, raccogliamo l’ω, per la proprietà distributiva abbiamo O₁ - O₂ + P - O₁, questi si elidono e rimane u parallelo + ω vettor P - O₂. Abbiamo ottenuto, guardando la prima e l'ultima di questa catena di uguaglianze, la velocità del punto P, qualunque sia P appartenente a 𝒞, è uguale a un vettore u parallelo, che per costruzione è parallelo ad ω, vettore P - O₂. E quindi abbiamo dimostrato che lo stato cinetico per definizione è elicoidale, perché quando i vettori caratteristici sono paralleli, lo stato cinetico è elicoidale e l'asse di Mozzi è l'asse O₂, ω.

Che cos’è lo stato cinetico per un corpo rigido?

Quali sono le diverse composizioni degli stati cinetici?

Lo stato cinetico per un corpo rigido è l'insieme delle velocità dei punti del corpo rigido in un dato istante di tempo. Ad esempio, all'istante t, l'insieme dei vettori velocità dei punti P, con P che varia, rappresenta lo stato cinetico del corpo rigido.

Se supponiamo che il vettore v(P) sia la somma di due vettori di due stati cinetici, in particolare v₁(P) e v₂(P). Lo possiamo fare con due, perché nel momento in cui sappiamo come si compongono tra loro due stati cinetici, cioè come si sommano questi due vettori e che risultato danno in termini di stato cinetico risultanti e poi lo si può fare per un numero n, con n > 2 stati cinetici in maniera abbastanza agevole.

Consideriamo questo vettore v(P), che può essere la somma di questi due vettori v₁(P) e v₂(P). Si possono avere diversi casi.

  1. Il caso in cui v₁(P) e v₂(P) sono entrambi due stati cinetici di traslazione. Quindi il primo caso è il caso in cui v₁(P) è uguale al vettore u₁ e v₂(P) è uguale al vettore u₂. v₁(P) è uguale a u₁, qualunque sia P appartenente al corpo rigido e lo stesso v₂(P) sarà uguale a u₂, indipendente da qualunque sia il punto P del corpo rigido. Quindi componiamo due stati cinetici di traslazione. Che cosa succede componendo due stati cinetici di traslazione? Si ottiene che v(P) sarà uguale ad u₁ + u₂, allora se faccio la composizione della traslazione 1 con la traslazione 2, otterrò ancora uno stato cinetico traslatorio, quindi uno stato cinetico di traslazione, se il vettore u₁ è diverso dal vettore - u₂, cioè se u₁ + u₂ non è il vettore nullo, allora lo stato cinetico risultante è uno stato cinetico traslatorio. Se invece u₁ + u₂ è il vettore nullo, allora avrò che lo stato cinetico risultante è lo stato cinetico nullo, se u₁ è uguale a - u₂, cioè se le due traslazioni sono uguali e opposte. Lo stato cinetico risultante sarà o uno stato cinetico traslatorio, oppure uno stato cinetico nullo.

  2. Adesso esaminiamo un secondo caso, in cui facciamo una composizione di uno stato cinetico traslatorio con uno stato cinetico rotatorio. Per esempio, v₁(P) è lo stato cinetico traslatorio, quindi v₁(P) è uguale a u, qualunque sia P appartenente al corpo rigido, e v₂(P) invece sarà ω vettor P - O₂ , con O₂, ω, asse d’istantanea rotazione. In questo caso, se compongo la rotazione ℛ₂ con la traslazione T₁, il risultato sarà uno stato cinetico rotatorio se il vettore u è ortogonale al vettore ω. Sarà invece uno stato cinetico elicoidale se il vettore u e il vettore ω sono non perpendicolari, perché se sono paralleli o coincidenti, lo stato cinetico risultante sarà quello elicoidale. Componendo uno stato cinetico traslatorio con uno stato cinetico rotatorio, dipende dalla posizione reciproca tra i due vettori u e il vettore ω. Se questi due sono ortogonali, abbiamo visto un teorema, cioè una condizione necessaria e sufficiente affinché lo stato cinetico rigido con ω diverso da zero sia rotatorio, e che de dO₁ in dt sia per esempio perpendicolare ad ω, e quindi lo stato cinetico è rotatorio, altrimenti se s e ω sono non perpendicolari, quindi possono essere o paralleli o coincidenti, allora lo stato cinetico è elicoidale. Questo l'abbiamo già visto con i teoremi precedenti.

  3. Composizione di due stati cinetici rotatori. Quindi in particolare, v₁(P) è lo stato cinetico rotatorio individuato da ω₁ vettor P - O₁ e l'asse di istantanea rotazione è O₁, ω₁. E l'altro stato cinetico rotatorio è v₂(P) è uguale ad ω₂ vettor P - O₂ e l'asse di istantanea rotazione è O₂, ω₂. Si possono presentare diversi casi, a seconda di come sono posizionati nello spazio i due assi d’istantanea rotazione, O₁, ω₁ e O₂, ω₂. Gli assi d’istantanea rotazione possono essere incidenti e anche coincidenti, oppure possono essere paralleli e distinti, oppure un altro caso è quando gli assi di istantanea rotazione sono sgambi. Vedremo e dimostreremo i primi due casi, il terzo caso, quello degli assi sgambi, diremo soltanto qual’è il risultato, ma non faremo la dimostrazione.

    1. Allora il primo sotto-caso del caso 3), quindi il caso 3a), sarà il caso in cui gli assi d’istantanea rotazione sono incidenti o anche coincidenti. Supponiamo di avere questo asse e quest’altro, sono incidenti nel punto O. Uno è l'asse O₁, ω₁, che possiamo fare in azzurro. E poi invece c'è O₂, ω₂.Vogliamo sapere cosa succede componendo questi due stati cinetici rotatori, attorno a questi due assi. Scriviamo v(P), sommiamo i due vettori. Abbiamo visto che in uno stato cinetico rotatorio è lecito far scorrere il vettore velocità angolare lungo l'asse di istantanea rotazione, e quello che si genera è uno stato cinetico rotatorio esattamente equivalente al primo. Prendo il vettore ω₁, che al punto di applicazione in O₁ e lo faccio scorrere lungo l'asse di istantanea rotazione fino a portarlo con il primo estremo in O. E la stessa cosa la faccio con il vettore ω₂, lo faccio scorrere fino a portarlo con l'origine in O. Ora posso scrivere che, invece che fare vettor P - O₁, faccio ω₁ vettor P - O e poi + ω₂ vettor P - O. Siccome P - O è comune, posso raccogliere P - O a fattor comune. Il risultato di questa composizione dipenderà da com’è fatto ω₁ + ω₂. Se faccio la composizione della rotazione ℛ₁ con la rotazione ℛ₂, ottengo una rotazione ℛ se il vettore ω₁ è diverso da - ω₂, cioè se ω₁ + ω₂ è diverso dal vettore nullo. Invece otterrò lo stato cinetico nullo, se il vettore ω₁ è uguale a - ω₂. Nel disegno, lo stato risultante è rotatorio, perché se facciamo la composizione con il parallelogramma, cioè la composizione del vettore azzurro e del vettore rosso, posti con l'origine in comune, quello che si ottiene è lo stato cinetico rotatorio con asse di istantanea rotazione ω, che è la composizione di ω₁ con ω₂. Se invece ω₁ è uguale a - ω₂, allora le due rotazioni si compongono in modo tale che lo stato cinetico risultante sia lo stato cinetico nullo. Questo era il primo caso in cui gli assi erano incidenti, quindi concorrenti in un punto, oppure in particolare anche coincidenti.

    2. Vediamo cosa succede se per caso gli assi d’istantanei rotazione, sono paralleli e in questo caso dobbiamo supporre anche distinti, perché il caso degli assi coincidenti viene trattato in questo modo. Quindi supponiamo gli assi paralleli e distinti, quindi abbiamo sempre un asse di istantanea rotazione O₁, ω e un asse di istantanea rotazione O₂, ω₂. Supponiamo che O₂ non appartenga all'asse di istantanea rotazione O₁, ω₁, questo perché i due assi devono essere distinti. Per fare questa descrizione di composizione, dobbiamo distinguere due casi. Allora, un primo caso, il caso b₁, supponiamo che ω₁ sia diverso da - ω₂. E il secondo caso, in cui invece ω₁ è proprio uguale e opposto a ω₂, cioè ω₁ è uguale a - ω₂.

      1. Analizziamo il primo caso, caso quindi b₁) di assi paralleli distinti e con ω₁ diverso da - ω₂. Prendiamo due assi paralleli e distinti. Abbiamo O₁, ω₁ e O₂, ω₂. ω₁ è diverso da - ω₂. Prendiamo la retta che congiunge il punto O₁ con il punto O₂. Su questa retta che congiunge O₁ con O₂, esiste un punto O, che appartiene a questa retta r, tale che, se io faccio ω₁ vettor O₁ - O + ω₂vettor O₂ - O, questo mi dà esattamente il vettore nullo. Questo sicuramente è vero e, in particolare, qualunque sia il punto O che noi andiamo a prendere su questa retta, questi due vettori, ω₁ vettor O₁ - O e ω₂, vettor O₂ - O, hanno sicuramente uguale direzione, che è quella perpendicolare al piano che contiene ω₁, ω₂ e questa retta r. Inoltre, devono avere verso opposto, in modo tale che quando li andiamo a sommare, possano fare il vettore nullo, e affinché abbiano verso opposto, si dovrà scegliere il punto O internamente al segmento O₁O₂, quando ω₁ e ω₂ sono concordi, come in questo caso. Sarà invece esterno al segmento O₁O₂, sempre sulla retta r, se ω₁ e ω₂ sono invece discordi. Affinché i due vettori ω₁ vettor O₁ - O e ω₂, vettor O₂ - O, abbiano anche lo stesso modulo, si deve verificare che il punto O divide il segmento O₁O₂ in parti che sono esternamente o internamente al segmento, a seconda di quello che abbiamo detto, che sono inversamente proporzionali ai moduli di ω₁ e ω₂. O deve dividere il segmento O₁O₂ internamente e deve essere più vicino al vettore ωi di modulo maggiore. Per quanto riguarda il modulo, deve succedere che il rapporto tra lo scalare ω₁ e lo scalare ω₂ deve essere uguale al segmento OO₂, diviso per il segmento OO₁. In questo modo, se facciamo, la prova la direzione è la stessa, che è quella perpendicolare al piano della slide. Il verso sarà opposto. Se avessimo ω₁ e ω₂ che sono discordi, in questo caso il punto O si deve trovare esternamente al segmento e dalla parte dell'ωi di modulo maggiore, quindi O si troverebbe in questa posizione. Adesso facciamo la somma e se sommiamo a questa quantità il vettore nullo, non abbiamo aggiunto nulla, per cui rimane tutto invariato. Considero, di questi 4 addendi che ho, che sono dei prodotti vettoriali, prendo il primo e il terzo e dal primo e dal terzo raccolgo il vettore ω₁, dal secondo addendo e dal quarto addendo raccolgo l’ω₂, che è comune. Siccome -O₁ e + O₁, -O₂ e + O₂ se ne vanno, dobbiamo raccogliere il P - O. Siamo pronti per dire qual’è lo stato cinetico risultante. Siccome avevamo fatto l'ipotesi che ω₁ è diverso da - ω₂, questo vettore è diverso da 0 e quindi lo stato cinetico risultante è uno stato cinetico rotatorio con asse d'istantanea rotazione che sarà O, ω₁ + ω₂. In questo modo abbiamo ottenuto che, componendo due stati cinetici con assi di istantanea rotazione paralleli e con i vettori ω₁ + ω₂, con ω₁ diverso da -ω₂, allora lo stato cinetico risultante è rotatorio.

      2. Invece il caso b₂), caso in cui ω₁ è uguale a -ω₂ e quindi possiamo dire uguale per esempio ad ω, quando faccio la composizione v(P), siccome ω₁ è uguale a - ω₂, uguale a ω. Posso raccogliere ω, siccome P e -P se ne vanno, ho ottenuto ω vettor O₂ - O₁. Guardiamo la prima e l'ultima di queste questa catena di uguaglianze. Ho ottenuto che v(P), qualunque sia P appartenente al corpo rigido, è scrivibile come ω vettor O₂ - O₁. Abbiamo questo asse di istantanea rotazione che è individuato da O₁, ω₁ e questo che è O₂, ω₂ che è uguale a - ω. Siccome v(P) è indipendente da P, perché non compare, è come dire che questo vettore è un vettore u, indipendente da P. Lo stato cinetico risultante è uno stato cinetico traslatorio. Quindi componendo assieme due stati cinetici rotatori con assi paralleli e con ω₂ uguale a - ω₂, cioè con la somma ω₁ + ω₂ = 0, lo stato cinetico risultante è quello traslatorio. Pensiamo per esempio a due cilindri che ruotano attorno ad assi paralleli, quelli della stampante, quando facciamo passare in mezzo il foglio, il foglio trasla nel punto di contatto tra i due cilindri. Questa è una composizione tra stati cinetici rotatori, attorno ad assi paralleli e con velocità angolari uguali e opposti.

    3. Vediamo l'ultimo caso di composizione di stati cinetici di rotazione. La composizione di due stati cinetici di rotazione attorno ad assi d’istantanea rotazione che sono sghembi. Lo stato cinetico risultante è quello elicoidale, ma non faremo la dimostrazione e ci basterà sapere che questo è l'esito, cioè che lo stato cinetico risultante è elicoidale.

Qual’è il problema che viene affrontato nella cinematica relativa del punto?

Vediamo qual è il problema che viene affrontato quando si parla di cinematica relativa del punto. Siamo sempre nell'ambito della cinematica, in particolare siamo nell'ambito in cui studiamo il moto del punto materiale, prescindendo dalle cause che hanno generato il moto.

La cinematica relativa si occupa di questo problema. Supponiamo di avere due sistemi di riferimento, che sono in moto l'uno rispetto all'altro. Indichiamo il primo sistema di riferimento con Oxyz, il secondo sistema di riferimento con O₁x₁y₁z₁. Inoltre c'è un punto materiale P che si sta muovendo nello spazio, rispetto ad entrambi i sistemi di riferimento.

Per una questione di comodità, il sistema Oxyz lo consideriamo come sistema di riferimento fisso o, altrimenti detto, anche assoluto. Invece il sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁ lo definiamo il sistema mobile o, altrimenti detto, relativo. I due sistemi di riferimento sono in moto l'uno rispetto all'altro, quindi c'è moto relativo. Decidiamo che il primo sistema di riferimento, Oxyz sia quello fisso, mentre l'altro sia il sistema di riferimento mobile.

Il problema della cinematica relativa è questo. Noto il moto del punto P rispetto ad uno dei due sistemi di riferimento, diciamo per esempio rispetto ad O₁x₁y₁z₁. E poi, noto il moto di O₁x₁y₁z₁ rispetto al sistema di riferimento fisso Oxyz, si vuole determinare il moto del punto P rispetto al sistema di riferimento Oxyz.

Qual’è la definizione di vettore velocità assoluta del punto P?

E quella di velocità relativa del punto P?

Se voglio scrivere il vettore velocità del punto P, cioè la velocità del punto P misurata dall'osservatore fisso. Considero il vettore P - O, rappresentato nella base del sistema di riferimento Oxyz, cioè rispetto ai versori i, j e k. Se le coordinate del punto P nel sistema di riferimento Oxyz sono x, y, z, x ī + y j + zk è il vettore posizione del punto P e se voglio calcolare la velocità del punto P, quindi v(P), che è la derivata del vettore P - O, fatta rispetto al tempo, e misurata dall'osservatore Oxyz, diventa x punto ī + y punto j + z punto k.

Questo perché se l'osservatore Oxyz fa le derivate, i, j e k sono fissi nel tempo, mentre x, y, z, che sono le coordinate del punto P che si sta muovendo nello spazio, saranno variabili nel tempo. E quindi questa viene detta velocità assoluta del punto P, perché è quella misurata dall'osservatore fisso o assoluto per quanto riguarda il punto P.

Se invece considero il vettore P - O₁, quindi penso ai versori del sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁, che possiamo indicare con ī₁, j₁ e k₁, avremo che P - O₁, supponendo che le coordinate del punto P nel sistema di riferimento mobile o relativo siano x₁, y₁ e z₁, P - O₁ scritto nella base del sistema di riferimento mobile, sarà quello che abbiamo scritto qui. Se adesso faccio fare la derivata temporale all'osservatore mobile, quello che ottengo derivando P - O₁, è la velocità relativa del punto P, cioè se la derivata di P - O₁ viene fatta dal sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁, allora l'osservatore O₁x₁y₁z₁ ha questi versori che per lui stesso sono fissi, cioè se io sono l'osservatore O₁x₁y₁z₁, non vedo variare i miei versori, mentre x₁, y₁ e z₁ sono le coordinate del punto P che si muove anche rispetto al sistema di riferimento mobile e, di conseguenza x₁ punto ī₁ + y₁ punto j₁ + z₁ punto k₁  è la velocità relativa del punto P.

A seconda di chi fa le derivate, si ottiene una velocità assoluta del punto P o una velocità relativa del punto P. Se vogliamo determinare il moto di P rispetto ad Oxyz, quello che voglio fare è cercare la velocità del punto P e l'accelerazione del punto P, misurate dall'osservatore fisso, però devo vedere che cosa conosco. Io so che è noto il moto di P rispetto al sistema di riferimento mobile ed è noto il moto dell'osservatore mobile rispetto all'osservatore fisso.

Che cosa lega il teorema di composizione delle velocità?

Che cosa dice il teorema di composizione delle velocità?

Che cos’è la velocità di trascinamento di P?

Qual’è il significato fisico della velocità di trascinamento?

Il teorema di composizione delle velocità lega la velocità assoluta del punto P alla velocità relativa del punto P. Lo ricaviamo e quindi l'enunciato lo diamo nel momento in cui abbiamo ricavato il teorema.

Partiamo da questa relazione, che è la relazione che mi dà il vettore P - O₁, scritto nella base del sistema di riferimento mobile. Consideriamo questa relazione nel riquadro e facciamo la derivata temporale membro a  membro di questa equazione.

E diciamo che l’operatore fisso Oxyz fa queste derivate. Per non appesantire la notazione, non metterò più questo pedice per dire che le derivate le ha fatte l'osservatore fisso o l'osservatore mobile, ma in questo momento considereremo che l'osservatore che fa le derivate è l'osservatore fisso, e quindi non mettiamo più questo pedice.

Deriviamo questa relazione che segno con un asterisco. La derivata temporale del primo membro mi dice che al primo membro c'è la derivata del vettore P - O₁, fatta rispetto al tempo. Le coordinate x₁y₁e z₁, siccome il punto P si muove sia rispetto all'osservatore fisso, sia rispetto all'osservatore mobile, le coordinate x₁, y₁ e z₁ del punto P variano nel tempo. D'altra parte, i₁, j₁ e k₁, se l'osservatore che fa le derivate è l'osservatore fisso, sono per l'osservatore fisso dei versori che variano nel tempo. Quindi questo secondo membro è tutto da derivare. Facciamo prima le derivate delle componenti scalari e poi derivo le componenti vettoriali, cioè i₁, j₁ e k₁, che mi sono rimaste da derivare per la regola di derivazione del prodotto.

Al primo membro, siccome P dipende dal tempo e anche O₁ dipende dal tempo, la derivata di P fatta rispetto al tempo, meno la derivata di O₁ fatta rispetto al tempo, è la derivata in dt del vettore P - O₁. Nel secondo membro, se andiamo a vedere chi è la somma di questi tre vettori, è esattamente la velocità relativa del punto P. Questo vettore lo scriviamo come v₁(P), perché è la velocità relativa del punto P. Veniamo adesso alla seconda parte del secondo membro, per le formule di Poisson, la derivata di ī₁ fatta rispetto al tempo, è ω vettor ī₁. ω è il vettore velocità angolare del sistema di riferimento mobile O₁x₁y₁z₁ misurato dall'osservatore fisso.

Di nuovo passiamo al primo membro, dP in dt è il vettore velocità assoluta del punto P, dO₁ in dt lo metteremo poi al secondo membro.

Poi al secondo membro abbiamo la velocità relativa del punto P, più, il dO₁ in dt, cambiando segno, poi abbiamo che x₁ è uno scalare e lo posso mettere davanti al vettore del prodotto vettoriale che segue, che più mi fa comodo. Lo posso mettere davanti a ω, ma anche davanti a ī₁. E io lo metto davanti a ī₁, così come y₁ lo sposto davanti a j₁ e z₁ lo sposto davanti a k₁. Al secondo membro abbiamo la velocità relativa, poi raccogliamo  il vettore ω che è in comune.

Questo vettore che abbiamo scritto qui, è il vettore P - O₁.

Il teorema di composizione delle velocità dice che la velocità assoluta del punto P è uguale alla velocità relativa del punto P + la velocità di trascinamento del punto P, che indichiamo con v𝛕(P), che in formule è la derivata di O₁ fatta rispetto al tempo + ω vettor P - O₁.

Il suo significato fisico è la velocità che il punto P avrebbe se pensato rigidamente connesso al sistema di riferimento mobile.

Riassumendo, il teorema di composizione delle velocità dice che la velocità assoluta del punto P è uguale alla velocità relativa del punto P + la velocità di trascinamento del punto P, che in formule vale velocità del punto O₁, origine del sistema di riferimento mobile, + ω vettor P - O₁, dove ω è il vettore velocità angolare del sistema di riferimento mobile.

Che cosa dice il teorema di composizione delle accelerazioni?

Che cos’è l’accelerazione di Coriolis?

Quand’è che in una problema di cinematica relativa si ha l'accelerazione di Coriolis nulla?

Quando è invece che le accelerazioni sono entrambe nulle?

Così come c'è un teorema di composizione delle velocità, c'è anche un teorema di composizione delle accelerazioni. Questa volta lo scriviamo direttamente e poi lo dimostriamo.

L'accelerazione assoluta del punto P è uguale all'accelerazione relativa del punto P + l'accelerazione di trascinamento a𝛕(P) + l’accelerazione di Coriolis del punto P, ac(P). Vediamo quanto valgono questi vettori. L'ultimo addendo del teorema di composizione delle accelerazioni si chiama accelerazione di Coriolis del punto P e la indichiamo con il simbolo a con il pedice c del punto P, che vale 2 volte ω, cioè il vettore velocità angolare del sistema di riferimento mobile, vettor v₁(P).

Il significato fisico dell'accelerazione di trascinamento è, come abbiamo visto prima per la velocità, è l'accelerazione che il punto P avrebbe se pensato rigidamente connesso al sistema di riferimento mobile. Adesso ricaviamo questo teorema di composizione delle accelerazioni e come facciamo per dimostrare che a(P) è uguale a questo secondo membro? Partiamo di nuovo dalla formula che abbiamo asteriscato, che è chiusa dentro a questo riquadro. Quindi partiamo dal vettore posizione P - O₁ scritto nella base del sistema di riferimento mobile o relativo. Abbiamo già derivato una volta e la derivata una volta è questa e adesso dobbiamo derivare una seconda volta.

La riscriviamo e deriviamo una seconda volta. Vediamo il secondo membro e concentriamoci su questo oggetto. Abbiamo una somma di prodotti in cui ci sono delle componenti scalari, che dipendono dal tempo. Quando le derivate le fa l'osservatore fisso, queste dipendono dal tempo, così come dipendono dal tempo per l'osservatore fisso anche i₁, j₁ e k₁. Quindi qui dobbiamo fare, per ciascuno di questi addendi, la derivata di un prodotto. Facciamo prima tutte le derivate temporali delle parti scalari e le mettiamo assieme. Poi lasciamo gli x₁ punto, y₁ punto e z₁ punto non derivati e deriviamo i₁, j₁ e k₁. Con questo abbiamo esaurito la derivazione di questi primi tre vettori sommati.

Adesso passiamo invece alla seconda parte. Dobbiamo derivare rispetto al tempo questa altra componente fatta dalla somma di 3 vettori. x₁, y₁ e z₁ dipendono dal tempo, ma anche dī₁ in dt, dj₁ in dt e dk₁ in dt dipendono dal tempo. Quindi di nuovo dobbiamo fare la derivata di un prodotto. Nel momento in cui andiamo a derivare le componenti scalari rispetto al tempo, un addendo così fatto ce l'avevamo già qui, quindi ci viene un 2. Adesso ci manca da derivare i versori.

L'accelerazione assoluta del punto P che è questa questa è uguale all'accelerazione relativa del punto P, poi c'è più l'accelerazione di trascinamento a𝛕(P), che è data da questo vettore azzurro cambiato di segno, aggiunto a questo termine più grande azzurro. Infine l'accelerazione di Coriolis è la parte rossa.

Come mai le parti rosse e le parti azzurre sono un po' diverse da quelle che avevamo scritto qui sopra? Bisogna fare ancora un pochino di calcoli, mentre la a₁(P) è la derivata seconda temporale del vettore x₁ punto ī₁ + y₁ punto j₁ + z₁ punto k₁, fatta dall'osservatore relativo, e quindi è l'accelerazione relativa di P, perché non ci sono le derivate dei versori che rimangono costanti per l'osservatore mobile.

Adesso prendiamo ad uno ad uno i vettori circondati in rosso e in azzurro e facciamo il calcolo. Partiamo dall'accelerazione di Coriolis e vediamo se viene 2 ω vettor v₁.

La derivata di ī₁ fatta rispetto al tempo, per le formule di Poisson, la possiamo scrivere in funzione del vettore velocità angolare. Come abbiamo fatto anche precedentemente, x₁ punto lo possiamo mettere davanti ad uno dei due fattori del prodotto vettoriale, a quello che ci fa più comodo. E lo stesso per y₁ punto e z₁ punto.

Avendo fatto questa operazione e raccogliendo un 2 e un ω, otteniamo 2 ω. Abbiamo ottenuto la velocità relativa v₁ del punto P, quindi vale l'uguaglianza con 2ω vettor v₁(P), che è l’accelerazione di Coriolis, come avevamo trovato di sopra.

Adesso veniamo al calcolo dell'accelerazione di trascinamento quindi a𝛕(P), ci dobbiamo mettere la derivata seconda di O₁ fatta rispetto a t due volte, più l’altro termine azzurro. Proseguiamo nel calcolo, mi ricordo di nuovo le formule di Poisson che mi dicono che questa vale ω vettor ī₁, che questa è ω vettor j₁ e che questa è ω vettor k₁. Quindi devo sostituire; ho la derivata temporale di ω, che è un vettore che dipende dal tempo e ī₁ che è un altro vettore che versore che dipende dal tempo, e lo stesso per tutti. Quindi questa è una derivata di un prodotto, quindi dobbiamo fare prima la derivata di ω e lasciare i versori inalterati, poi invece lasceremo ω inalterato e faremo invece la derivata dei versori.

Procediamo prima con le derivate di ω e le mettiamo tutte assieme, poi lasciamo ω non derivata e deriviamo ī₁ rispetto al tempo, poi la stessa cosa la facciamo con il resto. Adesso veniamo a questi tre prodotti vettoriali con il dω.vCome abbiamo già visto anche prima, questo x₁ è uno scalare, lo possiamo mettere davanti ad uno dei due vettori del prodotto vettoriale, quindi lo mettiamo davanti a ī₁, così come per y₁ lo mettiamo davanti a j₁ e z₁ lo mettiamo davanti a k₁, dopodiché possiamo raccogliere il dω in dt a fattore comune da questi tre primi addendi. Adesso veniamo agli ultimi tre addendi e, allo stesso modo, mettiamo questo x₁ davanti a dī₁ in dt, questo y₁ lo portiamo dentro al segno di prodotto vettoriale, davanti a dj₁ in dt e lo stesso per z₁ davanti a dk₁ in dt. E poi questa volta possiamo raccogliere ω, che è un fattore comune.

La quantità tra parentesi è P - O₁. La quantità verde l’abbiamo già calcolata quando abbiamo dimostrato il teorema di composizione delle velocità, era quella che avevamo scritto con sotto la parentesi graffa azzurra, che andando a risolvere, ci ha fornito ω vettor P - O₁, quindi usando di nuovo le formule di Poisson, mi fornisce ω vettor P - O₁. Quello che avevamo scritto in azzurro, l'accelerazione di trascinamento è esattamente quello che abbiamo trovato qui.

Questi sono i teoremi di composizione delle velocità e delle accelerazioni che valgono in cinematica relativa.

Andiamo a rivedere queste accelerazioni. Quand’è che in una problema di cinematica relativa si ha l'accelerazione di Coriolis nulla? Tranne il moto banale, cioè non velocità relativa di P uguale a 0, perché vuol dire che non c'è cinematica relativa, cioè non c'è moto relativo, il punto P non si sta muovendo rispetto all'osservatore mobile. Quindi, tranne il caso banale in cui perderebbe di significato la domanda, l'accelerazione di Coriolis in un moto relativo è nulla quando ω è uguale a 0, oppure quando ω è parallelo, per esempio, a v₁(P).

Concentriamoci per un attimo sul caso più generale, in cui ω è uguale a 0. Siccome ω, che è il vettore velocità angolare del sistema di riferimento mobile, dire che il vettore velocità angolare del sistema di riferimento mobile è 0, significa dire che il sistema di riferimento mobile sta traslando.

Se il sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁ sta traslando, allora il suo vettore velocità angolare è 0 e quindi l'accelerazione di Coriolis del punto P vale 0. L’accelerazione di trascinamento, in questo caso, non è 0. L'accelerazione di trascinamento a𝛕 del punto P, siccome ω è 0, varrà l'accelerazione dell'origine del sistema di riferimento mobile. In questa formula azzurra, se ω è 0, si annullano questi pezzi, ma resta l'accelerazione dell'origine del sistema di riferimento mobile.

L'unico modo affinché l'accelerazione relativa e l'accelerazione assoluta coincidano, quindi quand’è che l'accelerazione di Coriolis e l'accelerazione di trascinamento sono entrambe nulle? Sono entrambe nulle se il sistema di riferimento mobile O₁x₁y₁z₁ si muove di moto traslatorio rettilineo uniforme.

Qual’è la relazione fra le derivate di un vettore, rispetto a due osservatori, uno fisso e l’altro mobile?

I due osservatori sono in moto l'uno rispetto all'altro. Quindi siamo nella stessa situazione che abbiamo visto per il problema della cinematica relativa, cioè abbiamo un osservatore fisso e un osservatore mobile, quindi abbiamo Oxyz, o comunque abbiamo due osservatori che sono in moto l'uno rispetto all'altro, quindi Oxyz diciamo che sia il sistema di riferimento fisso e invece O₁x₁y₁z₁ sia il sistema di riferimento mobile, il primo viene detto assoluto, il secondo viene detto relativo e supponiamo poi di avere anche un vettore nello spazio, un vettore u che sia funzione del tempo e che si stia muovendo sia rispetto all'osservatore fisso, sia rispetto all'osservatore mobile.

Questa non la dimostriamo, la prendiamo per buona. Diciamo che la derivata del vettore u, derivata temporale, fatta dall'osservatore Oxyz è uguale alla derivata del vettore u, sempre derivata temporale, fatta rispetto all'osservatore mobile O₁x₁y₁z₁ + ω vettor u. ω è il vettore velocità angolare del sistema di riferimento mobile O₁x₁y₁z₁.

Questa è la formula che permette di scrivere la derivata del vettore u, cioè come varia il vettore u nel tempo misurato dall'osservatore fisso, in funzione di come varia il vettore u, misurato dall'osservatore mobile.

L'unico caso in cui le derivate sono le stesse, cioè l'unico caso in cui gli osservatori, in moto l'uno rispetto all’altro, misurano le stesse derivate, si ha quando u è il vettore ω. E allora per quel vettore, la derivata di ω fatta rispetto al tempo e fatta dall'osservatore Oxyz è uguale alla derivata del vettore ω, derivata temporale, fatta dall'osservatore O₁x₁y₁z₁.

Che cos’è il moto rigido piano?

Si definisce moto rigido piano, il moto di una figura rigida piana nel proprio piano. In realtà, potrebbe essere animato da moto rigido piano, anche il moto di un corpo rigido, che sia tridimensionale, purché le velocità dei suoi punti, istante per istante, siano tutte parallele ad un piano fissato. Nel qual caso allora, se anche il corpo rigido è tridimensionale, se tutte le velocità dei suoi punti sono parallele ad un piano fissato, allora basterà, per lo studio del moto, prendere l'intersezione tra questo piano e il corpo rigido e a quel punto, dal punto di vista dello studio cinematico, basterà limitarsi a studiare il moto di questa figura rigida piana in intersezione del corpo rigido tridimensionale con il piano.

Questa definizione di moto rigido piano come moto di una figura rigida piana nel suo piano non ha perdita di generalità anche al moto di un corpo rigido tridimensionale.

Vediamo di fare una figura a cui riferire le nostre osservazioni. Considero il piano in cui avviene il moto e lo indico con Oxy. Ovviamente ci sarà anche l'asse z per avere una terna cartesiana ortogonale e sarà ortogonale al piano, l'asse z sarà ortogonale al piano dello schermo e diretto verso di noi, affinché la terna sia destra. Quindi Oxy è il piano fisso in cui avviene il moto.

Poi abbiamo un corpo rigido 𝒞 che sia un corpo rigido piano, che si sta muovendo appunto nel piano Oxy. Consideriamo un punto O₁ appartenente al corpo rigido 𝒞 e, a partire con origine in questo punto O₁, consideriamo un altro sistema di riferimento, questa volta solidale al corpo rigido 𝒞. Lo chiamiamo O₁x₁y₁.

Gli assi Oz e O₁z₁ saranno due assi che paralleli tra loro. Supponiamo che questo corpo rigido 𝒞 si stia muovendo nel piano e mettiamoci nel caso più generale in cui il vettore velocità angolare del corpo rigido sia diverso da zero. Nel caso il vettore velocità angolare ω fosse uguale a zero, allora lo stato cinetico del corpo rigido sarà traslatorio, oppure il caso banale in cui lo stato cinetico è nullo; in generale se ω è uguale a zero, lo stato cinetico è traslatorio.

Ci vogliamo porre il problema di quale sia lo stato cinetico del corpo rigido, durante un moto rigido piano, nel caso in cui il vettore ω velocità angolare, sia diverso dal vettore nullo. Sappiamo che se abbiamo un corpo rigido 𝒞, qualunque sia il punto P appartenente al corpo rigido 𝒞, la velocità del punto P del corpo rigido si esprime con la formula fondamentale della cinematica rigida. Lo stato cinetico di un corpo rigido è sempre uno dei quattro stati cinetici elementari e vogliamo vedere, nel caso del moto rigido piano se c'è con ω diverso da zero, un particolare caso che si verifica sempre. Allora, partiamo dal fatto che che gli assi Oz e O₁z₁ sono paralleli. Allora, dal fatto che questi due assi sono paralleli, discende che se io prendo il versore k e il versore k₁, questi saranno lo stesso versore.

Posso fare la derivata temporale del versore k e del versore k₁, quindi la derivata temporale membro a membro e se i due versori sono lo stesso versore, anche le loro derivate saranno uguali. Le derivate sono fatte dall'osservatore fisso, l'osservatore O₁x₁y₁z₁, che è un osservatore mobile, ma solidale al corpo rigido, non c'è moto relativo tra O₁x₁y₁ e il corpo rigido, sarà un osservatore immobile, ma le derivate le fa l'osservatore fisso.

Stiamo facendo la derivata di un versore che appartiene a un sistema di riferimento fisso, allora avremo che questa derivata è banalmente il vettore nullo. Se invece adesso veniamo al secondo membro della nostra uguaglianza, se faccio la derivata di k₁ fatta rispetto al tempo, per le formule di Poisson, avrò che la derivata è uguale a ω vettor k₁. Guardando la prima e l'ultima di questa catena di uguaglianze, emerge che il vettore ω, velocità angolare del corpo rigido o del sistema di riferimento adesso solidale, cioè O₁x₁y₁z₁, e il versore k o k₁ sono tra loro paralleli, perché coincidono.

Il vettore ω velocità angolare è parallelo a k₁, in virtù del fatto che ω vettor k₁ è uguale a 0, e quindi il vettore ω è perpendicolare al piano in cui avviene il moto. Siccome il moto del corpo rigido avviene in questo piano Oxy, necessariamente il vettore velocità, per esempio del punto O₁, è un vettore che appartiene al piano Oxy. Questo perché il corpo rigido 𝒞 si muove nel piano. Siccome abbiamo visto che ω è parallelo al versore k o k₁, quindi in particolare ω è perpendicolare al piano Oxy. Il vettore dO₁ in dt appartiene al piano Oxy; allora da queste informazioni, discende che dO₁ in dt e il vettore ω sono tra loro perpendicolari.

Che cos’è il centro d’istantanea rotazione?

Andiamo a vedere la formula fondamentale della cinematica rigida, in cui i due vettori caratteristici, dO₁ in dt e ω sono perpendicolari. Per la regola della divisione vettoriale, esiste almeno un punto C che realizza la divisione vettoriale, in questo caso esiste un e un solo punto C che appartiene al piano Oxy, tale che il vettore dO₁ in dt si può scrivere come ω vettor O₁ - C. Se adesso questa formula la andiamo a sostituire dentro questa relazione, la formula fondamentale della cinematica rigida, ci fornisce qualunque sia P appartenente al corpo rigido 𝒞, si ha che v(P) è uguale a, al posto di dO₁ in dt andiamo a mettere ω vettor O₁ - C, in quanto abbiamo visto che dO₁ in dt vale ω vettor O₁ - C e nella formula fondamentale della cinematica rigida il primo addendo è dO₁ in dt e quindi ω vettor O₁ - C, poi ci metto + ω vettor P - O₁, e raccogliendo ω, rimane ω vettor P - C.

Guardando la prima e l'ultima di queste catene di uguaglianze, otteniamo che lo stato cinetico del corpo rigido  è uno stato cinetico rotatorio, avendo fatto l'ipotesi di ω diverso da zero, con asse d’istantanea rotazione che è dato da C e da ω. Quindi C viene detto centro d’istantanea rotazione.

Per definizione, C sarà quell'unico punto del piano, perché C deve appartenere al piano, tale che, in virtù di questa relazione, se la scriviamo in un altro modo, portando al primo membro, questo secondo membro, e cambiando questo segno, C sarà quell'unico punto del piano che ha velocità di trascinamento, cioè dO₁ in dt + ω vettor C - O₁, che è nulla.

C in generale è un punto del piano, non necessariamente è un punto del corpo rigido, anzi in generale non è un punto del corpo rigido, è un punto che sta nel piano, invece noi avevamo il punto O₁ che era un punto del corpo rigido, avevamo scelto il punto P del corpo rigido per andare a vedere il vettore velocità del punto P, il vettore velocità del punto P che appartiene al corpo rigido, istante per istante, si esprime con ω vettor P - C, cioè lo stato cinetico del corpo rigido è istante per istante rotatorio, con asse d’istantanea rotazione individuato da C e ω.

Essendo C un punto del piano e si muoverà nel piano, per il teorema di composizione delle velocità, visto che abbiamo due sistemi di riferimento, un sistema di riferimento fisso, un sistema di riferimento mobile, C si muove rispetto ad entrambi i sistemi di riferimento, in particolare per il teorema di composizione delle velocità, avremo che la velocità assoluta di C, cioè quella misurata dall'osservatore Oxy, è uguale alla velocità relativa del punto C, cioè quella misurata dall'osservatore mobile, + la velocità di trascinamento, ma abbiamo dimostrato che questa velocità è nulla, quindi per il punto C si ha la caratteristica che la velocità misurata, per C misurata dall'osservatore fisso è uguale alla velocità di C misurata dall'osservatore mobile. Quindi C rispetto all'osservatore fisso e rispetto all'osservatore mobile hanno la stessa velocità.

Qual’è il secondo teorema per la determinazione del centro d’istantanea rotazione?

In un moto rigido piano, il centro di istantanea rotazione C si trova sulla normale comune ad una coppia di profili coniugati, normale condotta per il loro punto di contatto M.

Questo è l'altro teorema che permette di determinare il centro d’istantanea rotazione.

Avendo a disposizione il teorema 1 e il teorema 2, il centro di istantanea rotazione, per il teorema 2, si trova sempre sulla normale ad una coppia di profili coniugati, condotta per il loro punto di contatto, non sappiamo se il centro di istantanea rotazione si trova qui, si trova qui oppure si trova qui, ma sicuramente non può essere al di fuori di quella retta normale alla coppia di profili coniugati, condotta per il loro punto di contatto.

Utilizzando in combinazione i due teoremi, è possibile anche determinare in maniera univoca il centro di istantanea rotazione. Se io per esempio ho un corpo rigido piano e suppongo di conoscere in un certo istante la traiettoria ΓA del punto A della figura rigida piana. Conosco anche la traiettoria ΓB di un altro punto B, che appartiene alla figura rigida piana. Per il teorema 1 so che il centro di istantanea rotazione si deve trovare sulla perpendicolare a ΓA, condotta per il punto A. Poi si deve trovare anche sulla perpendicolare a ΓB, condotta per il punto B ed ecco che se le due rette non sono parallele, le due rette si incontrano in un punto e il centro d’istantanea rotazione è automaticamente determinato. Così come se conosciamo due coppie di profili coniugati, per esempio ho la prima coppia di profili coniugati, γ e γ’ , punto di intersezione in M.

Poi ho un'altra coppia di profili coniugati, α e α’, punto di contatto in N, allora io so che il centro di istantanea rotazione si deve trovare sulla normale comune alla prima coppia di profili coniugati. Poi si deve trovare sulla normale comune alla coppia di profili coniugati α e α’, le due rette si incontrano in C e quindi questo è il centro d’istantanea rotazione. Analogamente, se conosco la curva ΓA del punto A della figura rigida pliana e una coppia di profili coniugati γ e γ’ con il loro punto di contatto M, allora il centro d’istantanea rotazione deve trovarsi sulla normale alla curva ΓA condotta per A, deve trovarsi sulla normale alla coppia di profili coniugati, condotta per il punto M ed ecco che abbiamo, anche in questo caso, determinato C.

Quindi o conoscere le traiettorie di due punti della figura rigida piana o conoscere due coppie di profili coniugati o la traiettoria di un punto A della figura rigida piana e una coppia di profili coniugati, questo ci permette di concludere dove si trova esattamente il centro d’istantanea rotazione.

Come si determinano le equazioni parametriche della base e della rulletta?

È possibile determinare il centro d’istantanea rotazione per via analitica, non solo attraverso la via geometrica. Vediamo come si ricavano le equazioni parametriche della base e della rulletta.

Supponiamo di avere sempre il corpo rigido 𝒞 che si sta muovendo nello spazio, è un corpo rigido piano, prima facciamo il sistema di riferimento Oxyz. Il sistema di riferimento ha origine in O₁, l'asse z è sempre perpendicolare, questo è il punto O₁x₁y₁ e z₁ che è parallelo all'asse z.

La prima cosa che dobbiamo sapere è che deve essere nota la traiettoria del punto O₁ che appartiene al corpo rigido 𝒞.

Poi prendiamo Oxy sistema di riferimento fisso e poi prendiamo O₁x₁y₁, sistema di riferimento mobile, solidale al corpo rigido 𝒞. Indichiamo con ϑ l'angolo che l'asse x₁, quello che passa per il punto di cui conosciamo la traiettoria, forma con l'asse delle x. Allora O₁ avrà sicuramente coordinate, a funzione di ϑ e b, funzione di ϑ, nel sistema di riferimento Oxy.

Il centro di istantanea rotazione è definito in questo modo. Abbiamo visto che esiste uno e un solo punto C appartenente al piano Oxy che ha velocità di trascinamento nulla. Ci ricordiamo che ω vale ϑ punto k o k₁, dove ϑ punto vuol dire dϑ in dt, versore k. E questo intanto lo teniamo da parte.

Se voglio scrivere il vettore O₁ - O, questo lo scriverò come a lungo il versore ī + b versore j. Indico con ξ e η le coordinate del centro d’istantanea rotazione nel sistema di riferimento Oxy. Allora, le coordinate di C, rispetto al sistema di riferimento fisso, saranno la ξ e la η. Se voglio scrivere il vettore C - O₁, lo dovrò scrivere utilizzando la sua coordinata nel sistema di riferimento Oxy che è la ξ - la a lungo ī + η - b lungo j. In questo modo ho rappresentato il vettore C - O₁ nel sistema di riferimento mobile.

D'altra parte C ha le coordinate anche nel sistema di riferimento O₁x₁y₁ e queste le indichiamo con ξ₁, η₁.

Questa volta il vettore C - O₁ si scrive usando i versori ī₁ e j₁. Adesso andiamo a prendere questa relazione, la relazione che mi definisce C e la scriviamo in questo modo come dO₁ in dt per dϑ in dt, O₁ dipende dal tempo attraverso ϑ e quindi prima derivo rispetto a ϑ, poi derivo ϑ rispetto al tempo, + ω vale dϑ in dt, versore k, vettor C - O₁ uguale a 0. Questa rappresenta l'equazione che definisce il centro distantanea rotazione. Quindi se voglio andare a vedere qual è la traiettoria descritta dal centro di istantanea rotazione rispetto al sistema di riferimento fisso, devo interpretare questa equazione, utilizzando i vettori scritti nella base del sistema di riferimento fisso, eliminando però la dipendenza temporale, perché la base è una traiettoria, quindi è un fatto geometrico, cioè la traiettoria è descritta da C rispetto all'osservatore fisso, quindi si tratta di un fatto geometrico e non cinematico. E la dipendenza temporale la elimino facendo questo passaggio.

Io so che la definizione del centro d’istantanea rotazione, dal punto di vista geometrico, la ottengo con dO₁ in dϑ + k vettor C - O₁, uguale al vettore nullo e se questa la leggo una volta interpretando i vettori nella base, base rispetto al sistema di riferimento fisso, otterrò le equazioni della base. Quando utilizzo i vettori scritti rispetto al sistema di riferimento mobile, avrò le equazioni della rulletta.

Adesso prendo questa equazione che ho messo nel riquadro e sostituisco qui dentro i vettori scritti con le componenti lungo ī e lungo j. E otterrò le equazioni della base, e poi farò la stessa cosa, con i vettori scritti rispetto al sistema di riferimento mobile e otterrò le equazioni parametriche della rulletta.

dO₁ in dϑ sarà, andando a vedere qui, deriviamo rispetto al tempo, O non dipende dal tempo, quindi rimane da in dϑ lungo ī, ī non va derivato perché è un versore fisso, + db in dϑ versore j. Inoltre il vettore C - O₁ scritto nella base del sistema di riferimento fisso, ce l'ho ed è qui. Quindi adesso sostituisco i due vettori qui dentro e così otterrò le equazioni della base.

Ottengo dd in dϑ lungo ī, + db in dϑ lungo j, + k vettor ξ - a lungo ī + η - b lungo j e questo deve fare il vettore nullo. Facciamo i calcoli, se faccio k vettor ī, questo fa j, quindi viene ξ - s lungo j e se faccio k vettor j fa - ī, quindi ci viene meno - (η - b) e questo deve dare il vettore nullo. Adesso raccogliamo i vettori che sono espressi lungo ī e quelli che sono espressi lungo j. Sappiamo che il vettore si annulla quando le sue componenti cartesiane si annullano.

Quindi partiamo dalla seconda, perché ricaviamo anche la ξ e avremo che ξ deve essere uguale ad a - db in dϑ e dalla prima uguagliata a zero, ricaviamo la η. Queste sono le equazioni parametriche della base. Tutte le volte che conosciamo le coordinate di O₁, a e b, abbiamo automaticamente scritto le equazioni parametriche della base.

Adesso dobbiamo scrivere quelle della rulletta e lo facciamo ritornando a questa equazione e andiamo a reinterpretare questo vettore e questo, in funzione di ī₁ e di j₁. C - O₁ in funzione di ī₁ e j₁ ce l'abbiamo già. Dobbiamo semplicemente scrivere dO₁ in dϑ, che abbiamo scritto in funzione di ī e j, usando i versori ī₁ e j₁. Quindi dobbiamo vedere qual’è la relazione tra i versori ī e j e i versori ī₁ e j₁.

Ī vale coseno di ϑ lungo ī₁ - seno di ϑ lungo j₁ e j vale seno di ϑ lungo ī₁ + coseno di ϑ lungo j₁. E quindi andando a sostituire queste espressioni qui dentro, poi le andiamo a sostituire qui. C - O₁ ha questa espressione e quindi otterremo le equazioni parametriche della rulletta. Andiamo a sostituire quello che ci serve. Quindi da in dϑ e poi ci va il versore ī, + db in dϑ e adesso ci va j, + k vettor C - O₁ e questo deve essere uguale a 0. Adesso facciamo tutti i calcoli.

k vettor ī₁ fa j₁, k vettor j₁ fa - ī₁ e questo deve essere il vettore nullo. Adesso andiamo a raccogliere.

Siamo pronti per scrivere le equazioni parametriche della rulletta, uguagliando a 0 i diversi termini, uguaglio a 0 prima questo che ha la ξ₁, poi questo che ha la η₁, solo per una questione di fare un passaggio in meno. Queste sono le equazioni parametriche che ci permettono di definire la rulletta o curva polare mobile.

Che cos’è il glifo?

Come si determinano le equazioni della base e della rulletta in modo geometrico e analitico?

Il glifo è un'asta AB che ha lunghezza 𝓁, la sua massa al momento non è importante, è che ha gli estremi vincolati, per esempio l'estremo A è vincolato a percorrere una guida rettilinea che possiamo per esempio assumere come asse x, l'estremo B è vincolato a percorrere un'altra guida rettilinea, che è ortogonale a quella precedente e che quindi possiamo assumere come asse y. Il punto d’incontro di queste due guide lo indichiamo con O e quindi avremo questo glifo, cioè questa asta AB di lunghezza 𝓁 che si muove nel piano Oxy. L'asse z sarà ortogonale al piano dello schermo e diretto verso di noi.

Quello che si vuole fare per questo glifo è determinare il centro d'istantanea rotazione, nel moto rigido piano, se il vettore velocità angolare ω è diverso da zero, lo stato cinetico del corpo rigido è istante per istante rotatorio e l’asse d’istantanea rotazione è individuato da C, centro di istantanea rotazione, e dal vettore velocità angolare ω.

Determiniamo il centro di istantanea rotazione per via geometrica; nella lezione precedente abbiamo visto due teoremi che permettono la determinazione del centro di istantanea rotazione per via geometrica e quindi una volta determinata la posizione del centro di istantanea rotazione per via geometrica, potremo, sempre per via geometrica, cercare di individuare la base e la rulletta, cioè vedere che traiettoria genera il centro d’istantanea rotazione rispetto all'osservatore fisso, che abbiamo visto in questo caso è Oxyz e rispetto ad un osservatore mobile, solidale al corpo rigido, che al momento non abbiamo ancora individuato, determineremo l'altra curva, la traiettoria che si chiama rulletta o curva volare mobile.

Per determinare il centro di istantanea rotazione, applichiamo il primo dei teoremi che abbiamo visto per la determinazione del centro d’istantanea rotazione.

Se è nota la traiettoria di un punto della figura rigida piana, per esempio in questo caso il punto A ha una traiettoria che è nota perché è l'asse, che noi abbiamo chiamato asse delle x, A è vincolato a percorrere una guida rettilinea. Quindi se è nota la traiettoria descritta dal punto A della figura rigida piana, allora il centro d’istantanea rotazione si trova sulla retta normale alla traiettoria del punto A, condotta per il punto A.

Quindi C, centro d’istantanea rotazione, si troverà su questa retta.

La conoscenza della sola traiettoria della figura rigida piana, non permette di determinare univocamente la posizione del centro d’istantanea rotazione. Se però di traiettoria dei punti della figura rigida piana ne conosciamo due, come per esempio in questo caso, perché il punto B, l'altro estremo dell'asta AB, descrive questa retta, questa è la traiettoria. Allora per lo stesso motivo, applicando il teorema 1, diciamo che il centro d’istantanea rotazione si deve trovare anche su questa retta, perpendicolare alla traiettoria del punto B e quindi il punto di intersezione di queste due rette sarà il centro C d’istantanea rotazione. In questo modo siamo riusciti a individuare velocemente la posizione di C. C non è un punto della figura rigida e piana, varia la sua posizione istante per istante e noi sappiamo che è quell'unico punto del piano che ha velocità di trascinamento nulla. Una volta stabilito dove si trova C, possiamo vedere come sono fatte le traiettorie descritte da C, per prima cosa rispetto all'osservatore fisso.

Per prima cosa determiniamo come è fatta la base. Qual è la traiettoria descritta da C rispetto all'osservatore Oxy? Consideriamo questo rettangolo, il rettangolo OACB. Questa figura OACB è sempre un rettangolo durante il moto del glifo, perché quando A si sposta verso destra, il centro d’istantanea rotazione si muove, ma rimane sempre punto d'intersezione tra queste due perpendicolari. Quindi mentre A si sposta verso destra, B si sposta verso il basso e il punto C si muoverà, cambierà la sua posizione, mentre A si sposta verso sinistra, B si alza e si ha sempre una figura OACB, che è un rettangolo e C è uno dei vertici di questo rettangolo.

Questa figura ha la caratteristica che i suoi lati durante il moto del glifo varieranno, cioè OA, nel momento in cui A si sposta verso destra cresce, mentre OB diminuisce in lunghezza e viceversa, mentre A si sposta verso sinistra OA diminuirà, mentre OB si alza e quindi OB diventerà di misura maggiore.

Quelle che rimarranno costanti, saranno le diagonali di questo rettangolo. In particolare la diagonale OC che è uguale alla diagonale AB, avrà costantemente lunghezza 𝓁. Qual’è la traiettoria descritta da C, in modo tale che mentre C si muove, C rimane a distanza fissa 𝓁 da un punto O, che si solito si dice centro. Quindi è esattamente la circonferenza. Quindi la base sarà una circonferenza di centro l'origine, quindi di centro 0, 0, e raggio 𝓁, perché il raggio della circonferenza resta costante, perché OC ha sempre lunghezza 𝓁.

Adesso invece vediamo come è possibile determinare geometricamente la traiettoria descritta dal centro d’istantanea rotazione rispetto al sistema di riferimento mobile. La prima cosa da fare è fissare il sistema di riferimento mobile. Prendiamo come origine del sistema di riferimento mobile il punto A. Questo ci sarà utile nel momento in cui vorremo determinare le equazioni parametriche di base e rulletta. L'origine del sistema di riferimento mobile deve essere preso in un punto, la cui traiettoria è nota e quindi A è il punto che fa al caso nostro. Poi prendiamo l'asse y₁ coincidente con AB e quindi l'asse x₁ lo sceglieremo in modo tale che x₁ sia perpendicolare all'asse y₁ e stia nel piano Oxy. Vediamo qual è la curva descritta dal centro d’istantanea rotazione durante il moto del glifo rispetto all'osservatore O₁x₁y₁z₁, che è perpendicolare al piano dello schermo e diretto verso di noi.

Durante il moto, il triangolo ACB, è un triangolo rettangolo in C, rimane un triangolo sempre rettangolo in C, che durante il moto, mentre A si sposta verso destro o verso sinistra e quindi corrispondentemente B si muove verso il basso o verso l'alto, è un triangolo che rimane rettangolo in C ed avrà i cateti che varieranno la loro lunghezza. Ma quello che rimane costante è la sua ipotenusa. Quindi, istante per istante, ACB rimane un triangolo in C con i cateti che variano la loro lunghezza. Rispetto a questo sistema di riferimento, si avrà che la rulletta sarà la circonferenza di centro; quando il triangolo rettangolo viene inscritto in una semi-circonferenza? Il centro sarà nel punto medio dell'ipotenusa del triangolo, indichiamolo con D, quindi centro D, che rispetto al sistema di riferimento solidale avrà coordinate x₁ uguale a 0 e y₁ = 𝓁/2 e il raggio sarà 𝓁/2, cioè metà della lunghezza dell'ipotenusa che rappresenta il diametro della circonferenza.

Queste sono la base e la rulletta; la base è questa circonferenza che ho indicato in azzurro, che ha il centro nell'origine è il raggio 𝓁. La rulletta è invece la circonferenza verde che ha il centro in questo punto e il raggio 𝓁/2. In questo modo abbiamo determinato per via geometrica queste due curve.

Abbiamo visto però che è possibile determinare le equazioni parametriche della base e della rulletta, utilizzando le forme che abbiamo dimostrato nella lezione precedente.

Indicando con ξ e η le coordinate del centro d’istantanea rotazione rispetto all'osservatore fisso, avremo che ξ è uguale ad a, - db in dϑ e che η è uguale a b + da in dϑ. Queste sono le equazioni parametriche della base.

a e b sono le coordinate dell'origine del sistema di riferimento mobile, misurate dall’osservatore fisso, cioè del punto O₁. a e b sono funzioni dell'angolo ϑ, che rappresenta l'angolo formato dall'asse x₁ solidale al corpo rigido, con l'asse x che è un asse fisso. L'angolo ϑ quindi è anche l'angolo che il raggio vettore a - b forma con la direzione negativa dell'asse y. Per questo motivo potremmo dire che a è 𝓁 per il seno di ϑ, cioè la coordinata x del punto a, b è la coordinata y del punto a, quindi vale 0.

Avendo bisogno anche delle derivate, la derivata di a rispetto a ϑ, vale 𝓁 per il coseno di ϑ, la derivata di b rispetto a ϑ invece vale 0. Siamo pronti a scrivere le equazioni parametriche della base, cioè avremo che la ξ è uguale ad a, quindi 𝓁 sinϑ, - db in dϑ, che è zero, quindi questo termine non c’è. E poi avremo che la η è uguale a b, che è 0, quindi questo termine non c'è, rimane da in dϑ, che vale 𝓁 cosϑ.

Queste sono le equazioni parametriche della base. Scritte in questo modo però non è che immediatamente vediamo che queste equazioni parametriche sono le equazioni di questa curva. Conviene scriverle nella forma cartesiana e quindi elevare al quadrato membro a membro, siccome sin² + cos² vale 1 per le note formule trigonometriche, avremo x² + η² = 𝓁². E questa è l'equazione cartesiana di una circonferenza, questa è l'equazione della base che è una circonferenza di centro O e raggio 𝓁.

Adesso cerchiamo di determinare le equazioni della rulletta. Se indichiamo con ξ₁ e η₁ le coordinate del centro d’istantanea rotazione C, rispetto a questo sistema di riferimento quindi la ξ₁ e la η₁, allora avremo che la ξ₁ è uguale a da in dϑ per il seno di ϑ, meno db in dϑ coseno di ϑ, η₁ invece vale da in dϑ per il coseno di ϑ + db in dϑ per il seno di ϑ. Per come sono fatti a e b, e quindi da in dϑ e db in dϑ, si vede subito che db in dϑ è 0, quindi questi due termini non ci sono, e di conseguenza, quando andiamo a scrivere le coordinate ξ₁ e η₁ per avere le equazioni parametriche della rulletta, avremo che da in dϑ per seno di ϑ fornisce 𝓁 cosϑ per sinϑ e invece η₁ sarà 𝓁 cosϑ per cosϑ, cioè 𝓁 cos²ϑ.

Quando abbiamo visto le equazioni parametriche della base, forse una qualche idea che fosse l'equazione parametrica, in funzione del parametro ϑ di una circonferenza, potevamo avere qualche indicazione, vedere che questa scritta così è l'equazione parametrica di questa circonferenza risulta più difficile, quindi quello che facciamo è cercare di nuovo l'equazione cartesiana e quindi dobbiamo andare a trasformare queste equazioni, usando le formule di duplicazione, cioè seno di 2ϑ vale 2senϑcosϑ e il coseno di 2ϑ è uguale a 2 cos²ϑ -1. senϑcosϑ è seno di 2 ϑ/2 e il cos²ϑ diventa il coseno di 2ϑ + 1, diviso per 2.

Se eleviamo al quadrato e sommiamo membro a membro, siccome sin²2ϑ + cos²2ϑ fa 1, rimane 𝓁²/4. Questa è l'equazione cartesiana della rulletta e questa è l'equazione di una circonferenza che ha il centro nel punto di coordinate 0 e 𝓁/2 e il raggio ovviamente 𝓁/2.

E così siamo riusciti a ricavare le equazioni delle due curve, base e rulletta, che avevamo visto in precedenza.

Durante il moto del glifo, base e rulletta rotolano senza strisciare l'una sull'altra, rimanendo istante per istante tangenti nel loro punto di contatto. Per quanto riguarda lo studio del moto del glifo, questo può essere studiato attraverso il moto della rulletta sulla base, tenendo presente che curve sono.

Come si calcolano le equazioni parametriche della base e della rulletta di profili coniugati?

Consideriamo un'asta AB che si muove in un piano, rimanendo appoggiata ad una circonferenza fissa di dato raggio e dato centro. Supponiamo di avere una circonferenza che ha il centro nel punto Q di coordinate 0, R, in questo sistema di riferimento che diciamo Oxy. L’asta rimane, istante per istante, tangente a questa circonferenza nel punto M e inoltre l'estremo A dell'asta AB è vincolato a scorrere su questa guida rettilinea che noi abbiamo assunto come asse x. Il nostro sistema meccanico è l'asta AB, con un estremo A che scorre sulla guida rettilinea, che assumiamo come asse x, e l'asta che rimane tangente, istante per istante, alla circonferenza di centro Q e di coordinate 0, R e raggio R. Anche in questo caso è possibile determinare le equazioni parametriche di base e rulletta, è possibile determinare il centro d’istantanea rotazione, usando la determinazione per via geometrica.

Consideriamo l'estremo A dell'asta AB, l'estremo A descrive questa traiettoria. Sicuramente il centro d’istantanea rotazione si trova sulla normale condotta per A a questa traiettoria. Dobbiamo avere un'altra condizione che ci permetta di dire dove si trova in maniera univoca il centro d’istantanea rotazione.

C'era un altro teorema che diceva che se è nota una coppia di profili coniugati, il centro d’istantanea rotazione si trova sulla normale comune alla coppia di profili coniugati condotta per il loro punto di contatto. I profili coniugati sono due curve, una curva fissa nello spazio come questo bordo di questo disco, questa circonferenza, una curva mobile, solidale al corpo rigido, per esempio questa asta AB, che istante per istante si mantengono tangenti nel loro punto di contatto. Applico questo teorema, faccio la normale comune ed ecco che ho determinato il punto di intersezione C, il centro d’istantanea rotazione.

C è il centro d'istantanea rotazione per questo problema, per questa asta che ha un estremo vincolato a scorrere su questa guida e rimane tangente a questa curva.

E' possibile determinare la base e la rulletta, utilizzando le equazioni parametriche, però questo noi non lo faremo e non sarà richiesto. Le curve, base e rulletta, non sono sempre delle curve chiuse come prima, due circonferenze, possono anche essere delle curve aperte e questo è un esempio. Infatti è possibile dimostrare che, se io considero il triangolo ACQ, questo triangolo è tale che, con considerazioni geometriche, è possibile dimostrare che CA è congruente a CQ. Quindi la distanza di C da A è uguale alla distanza di C da Q. E quindi questo triangolo è isoscele e ha questi due lati uguali, nonché questi due angoli uguali. Durante il moto di C, rispetto all'osservatore fisso, la traiettoria che viene descritta, cioè durante il moto dell'asta AB, il centro di istantanea rotazione, descrive una curva che è tale per cui C ha distanza da questa retta, che è l'asse delle x, uguale alla distanza da questo punto fisso. Quindi luogo geometrico dei punti dello spazio che hanno distanza fissa dalla retta che chiamiamo direttrice e dal punto Q che chiamiamo fuoco. Questa è una parabola, che ha come asse l'asse delle y, come fuoco Q, come direttrice l’asse x; questa è la base.

Se vogliamo vedere la rulletta, per prima cosa dobbiamo fissare il sistema di riferimento mobile, che prenderemo con l'origine O₁ in A, l'asse Oy₁ coincidente con l'asta AB e l'asse x₁ perpendicolare all'asse y₁ e in modo tale che l'asse x₁ stia nel piano Oxy. Se adesso traccio la retta parallela all'asta AB, prolungo x₁ che incontra questa retta, parallela all'asse y₁ e passante per Q. Re-interpreto queste distanze CA o CO₁, uguale a CQ in questo modo. Rispetto al sistema di riferimento solidale, C ravrà distanza fissa da un punto fisso che è O₁ e da una retta fissa che è la parallela ad y₁, passante per Q. Questa volta la curva descritta da C è una parabola che passa per C, ha come asse l'asse x₁, il fuoco è O₁, il vertice sta su questo segmento; questa è la rulletta. In questo punto sono tangenti e la rulletta che è mobile, rotola senza strisciare sulla base che rimane fissa e questa volta ci sono due curve, la curva polare fissa e la curva polare mobile che non sono due curve chiuse, quindi base e rulletta possono essere anche delle curve aperte.

Com’è la velocità di trascinamento di una ruota di un treno, che rotola senza strisciare?

Il centro di istantanea rotazione in generale, così come abbiamo visto nel caso 1), non è un punto della figura rigida piana, anche nel caso 2) non è un punto della figura rigida piana, ci sono invece dei casi in cui è un punto della figura rigida piana.

Consideriamo ad esempio un disco, che rotola senza strisciare su di una guida rettilinea. Assumiamo questa guida come asse delle x e poi prendiamo un asse y, in modo tale che questo disco che rotola senza strisciare sull'asse x, stia nel piano Oxy. Indichiamo con O₁ il centro di questo disco, prendiamo un sistema di riferimento O₁x₁y₁, con O₁ coincidente con il centro del disco, x₁ e y₁ solidali al disco, quindi al corpo rigido.

Nel caso 2) c'era questa circonferenza che era fissa, invece in questo caso il disco rotola senza strisciare su questa guida. Siccome la caratteristica del rotolamento senza strisciamento è che il punto di contatto abbia velocità di trascinamento nulla, siccome noi sappiamo che nel moto rigido piano, quale questo è, perché è un corpo rigido piano, che si muove in un piano, esiste un unico punto che ha velocità di trascinamento nulla, questa volta il centro C d'istantanea rotazione è il punto di contatto del disco, che possiamo assimilare come lo schema di una ruota che si muove su una rotaia. Il centro d’istantanea rotazione è il punto di contatto della ruota con la rotaia. La base è la traiettoria descritta da C rispetto all'osservatore fisso. C descrive questa retta. Quindi la base, in questo caso, è la rotaia.

La rulletta invece è la curva descritta da C rispetto all'osservatore mobile, cioè rispetto al disco stesso. La rulletta sarà il bordo di questo disco, cioè il bordo della ruota. Questa è la rulletta. In questo caso, base e rulletta coincidono con due dispositivi fisici del nostro problema. La rulletta coincide con il bordo della ruota, mentre prima, negli esempi 1) e 2) base e rulletta sono delle traiettorie, ma non sono delle parti fisiche del sistema meccanico in esame.

Come si fa a determinare il moto di un corpo rigido rispetto ad un suo punto?

Terminiamo gli argomenti di cinematica, parlando del moto di un corpo rigido rispetto ad un suo punto e infine concluderemo con la definizione dei sistemi di riferimento equivalenti.

Vediamo che cosa si intende in meccanica, quando si parla di moto di un corpo rigido, rispetto ad un suo punto, che possiamo indicare con O₁.

Per moto di un corpo rigido rispetto ad un suo punto O₁ si intende il moto del corpo rigido, quindi quello che di solito indichiamo con 𝒞, rispetto ad un osservatore con origine proprio in quel punto O₁ e traslante.

Quindi non un osservatore con origine in O₁ e in moto qualunque.

Solitamente il moto di un corpo rigido riusciamo a studiarlo rispetto ad un osservatore, quindi nel momento in cui parliamo di moto di un corpo rigido rispetto ad un suo punto O₁, non sappiamo, prima di aver dato questa definizione, non sappiamo che cosa si intende. In realtà, con questa definizione, chiariamo tutte le volte che si parla di moto di un corpo rigido o di misurazione di una grandezza rispetto ad un punto O₁ del corpo rigido, si intende moto oppure misurazione della grandezza del corpo rigido, rispetto ad un osservatore con origine nel punto O₁ e traslante.

Per fare questo studio del moto, consideriamo un sistema di riferimento OXYZ, sistema di riferimento fisso. Abbiamo il corpo rigido 𝒞. C'è il punto O₁ del corpo rigido e prendiamo un sistema di riferimento O₁x’y’z’, sistema di riferimento traslante. E' proprio rispetto a questo sistema di riferimento che si studierà il moto del corpo. L'origine è in O₁. Il sistema di riferimento traslante, anche a livello di rappresentazione grafica, lo rappresentiamo con gli assi che sono paralleli agli assi del sistema di riferimento fisso. E poi ci sarà un sistema di riferimento che ha sempre origine in O₁, ma è un sistema di riferimento solidale al corpo rigido. Quindi il sistema di riferimento O₁x₁y₁z₁, solidale al corpo rigido 𝒞.

Abbiamo tre sistemi di riferimento e studiare il moto del corpo rigido rispetto ad un suo punto O₁ significa studiare il moto del corpo rigido 𝒞 rispetto a questo osservatore O₁x’y’z’, che è traslante. La prima cosa da fare è cercare qual è la velocità v’(P), dove P è un punto del corpo rigido, la velocità di P misurata dall'osservatore O₁x’y’z’.

Ci viene in aiuto la cinematica relativa. Dimentichiamoci per un attimo che P sia un punto del corpo rigido. Siamo in questa situazione. P è un punto che si sta muovendo nello spazio. C'è un osservatore fisso OXYZ. C'è un osservatore mobile O₁x’y’z’. Allora, il teorema di composizione delle velocità ci dice che la velocità assoluta di questo punto P, cioè quella misurata dall'osservatore fisso, è uguale alla velocità v’(P), che è quella che vorremmo misurare, quindi la velocità relativa, relativa in questo caso all'osservatore traslante + la velocità di trascinamento v𝛕(P). La v𝛕(P) è la velocità che il punto P, che è un punto del corpo rigido, che avrebbe se pensato rigidamente connesso al sistema di riferimento mobile, quindi in questo caso sistema di riferimento traslante. Volendo usare la formula sarebbe la velocità di O₁ + ω𝛕,  vettor P - O₁. ω𝛕 è la velocità angolare del sistema di riferimento mobile, cioè del sistema di riferimento traslante.

Il vettore velocità angolare di un sistema di riferimento traslante vale 0, perché O₁x’y’z’ è un sistema di riferimento traslante; è fondamentale qui l'ipotesi che il sistema sia traslante, quindi tutto questo termine non c'è.  Rimane soltanto dO₁ in dt, quindi, tornando qui sopra, avremo che la velocità assoluta di P è uguale alla velocità relativa di P + dO₁ in dt.

D'altra parte però P è un punto di un corpo rigido. Se adesso ci dimentichiamo di tutti questi sistemi di riferimento, quello traslante, quello solidale e guardiamo solo il punto P come punto del corpo rigido. Se voglio la velocità assoluta, quella che ho calcolato con il teorema di composizione delle velocità, posso dire che la velocità assoluta di P si scrive con la formula fondamentale della cinematica rigida.

Attenzione, questo ω è la velocità angolare del corpo rigido, ω𝛕 era la velocità angolare del sistema di riferimento mobile nel teorema di composizione delle velocità.

Abbiamo una catena di uguaglianze qui, guardiamo la prima e l'ultima, abbiamo la formula fondamentale della cinematica rigida. Siccome in queste due equazioni, i primi membri sono lo stesso vettore, quindi dall'uguaglianza dei primi membri discende l'uguaglianza dei secondi membri. Possiamo concludere che da queste due relazioni, da questa e da questa, discende che la v’(P) + dO₁ in dt è uguale a dO₁ in dt + ω vettor P - O₁ e siccome dO₁ in dt c’è ad ambo i membri, si avrà che qualunque sia il punto P, appartenente al corpo rigido 𝒞, v’(P) è uguale ad ω, vettor P - O₁. Ecco allora che abbiamo ricavato quanto vale la velocità del punto P rispetto all'osservatore O₁x’y’z’.

Se il vettore velocità angolare ω è diverso dal vettore nullo. v’(P) è uguale a ω vettor P - O₁ rappresenta, istante per istante, uno stato cinetico rotatorio, con asse d’istantanea rotazione che è dato da O₁ e dal vettore ω. Se ω è il vettore nullo, questo secondo membro è 0, quindi qualunque sia il punto P del corpo rigido, la sua velocità rispetto all'osservatore traslante è 0. Quindi questo significa che il corpo 𝒞, istante per istante, è fermo rispetto ad O₁x’y’z’. E quindi questo è come dire che il corpo rigido 𝒞 sta traslando rispetto al sistema di riferimento fisso che abbiamo indicato con OXYZ. Quindi questo è un caso particolare del moto del corpo rigido rispetto al punto fisso.

Rimanendo nel caso generale, in cui il vettore ω è diverso da zero, lo stato cinetico rispetto al suo punto O₁, quindi lo stato cinetico rotatorio rispetto al sistema di riferimento O₁x’y’z’, può essere espresso mediante gli angoli di Eulero.

Abbiamo un sistema di riferimento fisso, che è sempre quello di prima, OXYZ e poi c'è il corpo rigido 𝒞, poi il sistema di riferimento traslante, che è O₁x’y’z’, e poi c'è il sistema di riferimento solidale, che indichiamo con O₁x₁y₁z₁. C'è la linea nodale, che è l'intersezione tra i piani, scusate, O₁x₁y₁ e il piano O₁x’y’ e quindi avremo che questo è l'angolo l'angolo ѱ, formato tra l'asse x' e la linea dei nodi. Poi abbiamo l'angolo 𝜑, e infine abbiamo l'angolo ϑ, quindi ψ, 𝜑 e ϑ sono gli angoli di Eulero.

Se noi indichiamo con 𝓁 il versore della linea nodale o linea dei nodi. Allora, possiamo dire che il vettore velocità angolare ω lo scriviamo come la composizione di tre stati cinetici. Il primo è lo stato cinetico rotatorio, attorno all'asse O₁z', quindi di versore k’ e l’angolo di rotazione ѱ e poi c'è un altro stato cinetico rotatorio attorno all'asse O₁z₁ e la velocità angolare sarà individuata dal versore k₁ e l'angolo 𝜑 e la velocità scalare è 𝜑 punto. Poi infine c'è il terzo stato cinetico rotatorio, che è quello individuato dall'asse di rotazione O₁𝓁, quello lungo la linea nodale, l'angolo di rotazione è ϑ e la velocità angolare scalare è ϑ punto.

Che cos’è l’asse di precessione?

Che cosa sono le precessioni?

Che cosa sono le precessioni regolari?

Questi sono tre stati cinetici di rotazione attorno ad assi concorrenti in un punto, e siccome la somma di questi tre vettori è diversa da zero, allora lo stato cinetico risultante è una rotazione di asse d’istantanea  rotazione O₁ω. In particolare, se abbiamo che ѱ punto e 𝜑 punto sono diversi da 0, se queste velocità angolari e scalari sono diversi da 0, allora il corpo rigido ruota attorno all'asse O₁z’ e quest'asse si chiama asse di precessione. Cioè se ѱ punto e 𝜑 punto sono diversi da 0, il corpo rigido 𝒞 ruota sia attorno all'asse O₁z’ e questo viene detto asse di precessione, se ruota attorno all’asse O₁z₁, che viene detto asse di figura.

L'asse di precessione è un asse traslante o fisso nello spazio, mentre l'asse O₁z₁, cioè l'asse di figura, è fisso nel corpo. Cioè l'asse di precessione, è fisso nello spazio o traslante. L'asse di figura, invece z₁ è solidale al corpo rigido, e di conseguenza è fisso nel corpo. E la rotazione, se ѱ punto e 𝜑 punto sono diversi da zero, è la composizione di due rotazioni, una attorno all'asse di precessione e una attorno all'asse di figura.

Se poi anche ϑ punto è diverso da zero, allora l'angolo tra l'asse di precessione e l'asse di figura varia con il tempo. Se invece ϑ è uguale a 0, allora significa che ϑ(t) = costante e i moti così fatti sono moti che vengono chiamati precessioni.

Quindi le precessioni sono quei moti che avvengono con ϑ punto uguale a 0, cioè con l'angolo tra l'asse di figure e l'asse di precessione che è costante. In questo caso, il vettore velocità angolare ω è dato soltanto da ψ punto k primo + 𝜑 punto k₁.

Esempi tipici di precessioni sono per esempio il moto della terra rispetto al proprio centro, oppure anche il moto della trottola.

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Emma T.

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