Esercizio 1.1 - Teorema di Carnot (Applicazione del prodotto scalare tra vettori)
Che cosa consente di fare il teorema di Carnot?
Come primo esercizio di applicazione del calcolo vettoriale, vediamo il Teorema di Carnot.
Ă un teorema della trigonometria, che riguarda i triangoli e che ci permette di calcolare la lunghezza del lato di un triangolo, conoscendo le lunghezze degli altri due lati del triangolo e l'angolo tra essi compreso.
Facendo una semplice applicazione di tutto ciò che abbiamo visto fino adesso, riusciamo a dimostrare velocemente il teorema di Carnot.
Supponiamo di avere un triangolo ABC; è un triangolo qualsiasi, supponiamo che il lato BC abbia lunghezza a, il lato AC abbia lunghezza b e il lato AB lunghezza c.
Se io considero il vettore B - C, lo posso scrivere come (B - A) + (A - C).
Questa è la nostra uguaglianza di partenza. Da questa partiamo per arrivare al teorema di Carnot. Questa uguaglianza la eleviamo al quadrato. Che cosa vuol dire fare B - C al quadrato?
Significa fare B - C, scalare B - C e al secondo membro avremo, allo stesso modo, (B - A) + (A - C), scalare (B - A) + (A - C). La prima parte è a², cioè il modulo di questo vettore al quadrato.
Al secondo membro invece dobbiamo fare questo prodotto scalare. Vediamo chi è (B - A)²,che è la lunghezza del vettore B - A, quindi è c².
Poi abbiamo il vettore (A - C)², che è b², poi + due volte il prodotto scalare tra (B - A) e (A - C), che per definizione vale il modulo del primo vettore (B - A), che è c, il modulo del secondo vettore (A - C), che è b e poi ci va il coseno dell'angolo compreso tra (B - A) e (A - C). Devono essere messi con l'origine in comune, quindi il vettore A - C deve essere traslato, e quindi necessariamente l'angolo è quello rosso che ho disegnato. Se gli angoli del triangolo li chiamiamo Îą l'angolo in a, β l'angolo in b, Îł l'angolo in c, allora l'angolo tra (B - A) e (A - C) è Ď - Îą, quindi ci mettiamo il coseno di Ď - Îą. E siccome il coseno di Ď - Îą è uguale a -cos Îą, quello che si ottiene è che a² è uguale a b² + c² - 2b per c, per il coseno di Îą.
E questa è la formula che viene dal teorema di Carnot, che abbiamo dimostrato come applicazione del prodotto scalare.
Esercizio 1.2 - Teorema dei seni (Applicazione del prodotto vettoriale tra vettori)
Che cosa fa il teorema dei Seni?
Per terminare, l'ultimo esercizio sarà ricavare sempre un altro teorema della trigonometria, che è il teorema dei seni. Ritorniamo sempre al triangolo, questo teorema lega la lunghezza del lato, per esempio del lato BC del triangolo, al seno dell'angolo opposto, cosÏ come c è collegato al seno dell'angolo opposto, e b al seno del suo angolo opposto. Quindi il teorema dei seni ci dice che a/sen ι è uguale a b/sen β, è uguale a c/seno di γ, dove a, b, c, ι, β e γ sono quelli che abbiamo visto prima nella figura.
Per dimostrare questo teorema dei seni, ripartiamo da questa formula segnata con lâasterisco, cioè B - C = (B - A) + (A - C) e questa formula la moltiplichiamo vettorialmente a destra per A - C.
Allora ottengo B - C, vettor A - C, uguale a (B - A) + (A - C), vettor A - C.
Siccome il teorema dei semi è una relazione tra funzione scalari, tra scalari, questo invece che abbiamo qui è unâequazione vettoriale, ci basta passare allâuguaglianza tra i moduli di questi vettori espressi nell'uguaglianza. Quindi scriviamo il modulo del vettore B - C, vettor A - C. Quanto vale il modulo?
Svolgiamo questi calcoli, per la proprietĂ distributiva del prodotto vettoriale rispetto alla somma, siccome A - C, vettor A - C sono lo stesso vettore, questo dĂ il vettore nullo, allora rimane solo la prima parte.
Adesso passiamo allâuguaglianza tra i moduli. Quindi abbiamo detto che il primo vettore al primo membro è a per b per il seno di Îł e deve essere uguale al modulo del vettore B - C, vettor A - C. Il modulo di B - A vale c, il modulo di A - C vale b, e poi ci va il seno nell'angolo compreso che è sempre il seno, per il motivo che abbiamo visto prima, di Ď - Îą. E siccome è uguale al seno di Îą, allora quello che si ottiene è che, semplificando per b che compare ad ambo i membri, a/sin Îą è uguale a c/sin Îł.
Per ottenere l'altra uguaglianza, quella con b/sin β, si moltiplica vettorialmente per il vettore B - A e si otterrĂ lâuguaglianza di b/sin β.
E in questo modo si dimostra il teorema dei seni.
Esercizio 1.3 (Applicazione del th. di Carnot e del th. dei Seni)
Dati due vettori a e b che formano un angolo Îł, determinare il modulo della loro somma e gli angoli É e β che essa forma con a e b.
Esercizio 1.4 (Applicazione delle componenti cartesiane di un vettore)
Il vettore a di modulo 3 forma con lâasse x lâangolo É = Ď/4, con lâasse y lâangolo β = Ď/3 e con lâasse z un angolo acuto Îł.
Determinare le componenti cartesiane di a e lâangolo Îł.
N.B. nel disegno gli assi sono scambiati. Dovrebbero essere x, y e z, partendo dallâasse in basso a sinistra e andando in senso antiorario.
Esercizio 1.6 (Applicazione delle componenti cartesiane di un vettore e del modulo di un vettore)
Nel piano Oxy sono dati i vettori P - O, di modulo 6 e formante un angolo di 2/3 Ď con la direzione positiva dellâasse x, e Q - O, di modulo 2 e formante un angolo di Ď/4 con la direzione positiva dellâasse delle x.
Determinare:
1) | P - Q|
2) |(P - O + 2(Q - O)|
Esercizio 1.7 (Applicazione delle componenti cartesiane di un vettore e del modulo di un vettore con sistemi)
Sono dati i vettori vâ e vâ, di modulo rispettivamente 5 e 3 e formanti un angolo di 60°.
Si chiede di determinare i versori a e b, complanari ai due vettori dati, tali che:
1) (vâ + vâ) ⢠a = 0
2) (vâ + vâ) Ă b = 0
Esercizio 1.8 (Applicazione del modulo del prodotto vettoriale e del modulo dell somma tra vettori con sistemi)
Esercizio 1.9 (Applicazione del prodotto scalare e del prodotto vettoriale)
Nel riferimento cartesiano Oxyz sono dati i tre vettori piani seguenti:
Esercizio 1.10 (Applicazione del prodotto scalare e del prodotto vettoriale)
Esercizio 2.1 - Distribuzione discreta
Calcolare il baricentro del sistema rigido, costituito da tre punti materiali (Pâ, m), (Pâ, 2m), (Pâ, 2m) con Pâ, Pâ e Pâ formanti un triangolo equilatero di lato đ.
Partiamo dall'esercizio che sul testo è il 2.1, esercizio che ci chiede di calcolare il baricentro di un sistema rigido, costituito da tre punti materiali, che sono il punto Pâ di massa m, il punto Pâ di massa 2m, il punto Pâ di massa anch'esso 2m. Pâ, Pâ e Pâ sono disposti sui vertici di un triangolo equilatero di lato đ.
Per calcolare il baricentro è opportuno prendere un sistema di riferimento, quindi una terna cartesiana ortogonale, rispetto alla quale definire le coordinate e poi andare a calcolare dove si trova il baricentro. Quindi per fare questo, prendiamo un sistema di riferimento Oxyz, in cui O coincide con il punto Pâ. L'asse x lo prendiamo passante per il punto Pâ, e l'asse y lo prendiamo in modo tale che Pâ, Pâ e P stiano nel piano Oxy, quindi l'asse z è ortogonale al piano della figura.
Congiungiamo poi Pâ con Pâ, Pâ con Pâ e Pâ con Pâ e vediamo che Pâ, Pâ e Pâ sono sui vertici di un triangolo equilatero di lato đ.
Calcoliamo il baricentro. Questa è una distribuzione discreta di massa, per cui possiamo usare la formula che abbiamo visto per il calcolo dei baricentri nel caso discreto. Siccome Pâ, nel sistema di riferimento che abbiamo organizzato ha coordinate 0,0. Pâ ha coordinate đ, 0 e Pâ ha coordinate đ/2 e (â3/2)đ.
Dobbiamo calcolare il baricentro G; dovremo calcolarci la xG e la yG g e possiamo metterci anche l'ultima coordinata, che è 0. Come facciamo? Utilizziamo la formula.
Questa formula ci dice che, se abbiamo 3 punti, uno di massa mâ, di massa mâ, di massa mâ, dovremo fare mâ per la x del punto Pâ, piĂš mâ per la x del punto Pâ, piĂš mâ per la x del punto Pâ e tutto questo lo dobbiamo dividere per la somma delle masse mâ + mâ + mâ.
La x del punto Pâ vale 0, quindi questo termine non c'è. Poi abbiamo la massa del punto Pâ che vale 2m e la x del punto Pâ che vale đ. Poi c'è la massa del punto Pâ che vale ancora 2m per la x del punto Pâ che vale đ/2. E questo lo dobbiamo dividere per la somma delle masse che è 5m.
Raccogliendo la m al numeratore e semplificandola con la m al denominatore, facendo le opportune semplificazioni, quello che si ottiene è che la x del baricentro G vale â đ.
Adesso ci calcoliamo invece la y del baricentro g. Questa vale mâ per la y di Pâ + mâ per la y di Pâ + mâ per la y di Pâ, tutto fratto mâ + mâ + mâ.
La y del punto Pâ vale 0, quindi il primo addendo non c'è, ma anche la y del punto Pâ vale 0, quindi non c'è neanche il secondo addendo, rimane il terzo addendo con la massa di Pâ che vale 2m, per la y di Pâ, che è (â3/2)đ, al denominatore c'è un 5m. E quindi semplificando opportunamente, si ottiene il risultato per la yG che è (â3/5)đ e questo quindi ci permette di dire dove si trova il baricentro di questa distribuzione di massa.
Esercizio 2.2 - Distribuzione continua
Calcolare il baricentro di un sistema, costituito da tre aste rigide omogenee, di uguale lunghezza đ, ma di masse diverse: AB di massa 2m, BC di massa m, AC di massa 3m. Le tre aste sono disposte in modo da formare il triangolo equilatero ABC.
Abbiamo visto il calcolo di una distribuzione discreta di massa, adesso passiamo al calcolo di invece una distribuzione continua di massa, però con un leggero artificio. Quindi l'esercizio 2.2 ci dice che vogliamo calcolare il baricentro di un sistema, costituito da 3 aste rigide omogenee, di uguale lunghezza đ, però di masse diverse. In particolare, avremo che l'asta AB ha lunghezza đ e massa 2m, l'asta BC ha lunghezza sempre đ e massa m, mentre l'asta AC ha lunghezza đ e massa 3m. Quindi sono 3 aste, disposte in modo da formare il triangolo equilatero ABC. Disegniamo questo triangolo.
Dobbiamo come sempre fissare un sistema di riferimento. Per comodità , prendiamo un sistema di riferimento Oxyz, in cui O coincide con A, l'asse x passa per B, l'asse y lo scegliamo in modo tale che il triangolo ABC stia nel piano Oxy, quindi l'asse z è ortogonale al piano della figura.
In questo caso, dovendo calcolare il baricentro di questa figura, che in realtà è formato da tre continui unidimensionali, ciascuno con la propria massa, disposti sui lati del triangolo.
Se le aste fossero omogenee e tutte di uguale massa, allora avremmo che il baricentro si trova nel punto di incontro delle mediane. Ma cosÏ non è, perchÊ le masse delle tre aste sono diverse, quindi questa distribuzione di massa non è omogenea. A rigore dovremo calcolarci il baricentro, usando la definizione del continuo e quindi facendo il calcolo degli integrali. In realtà , quando si ha un sistema materiale formato da n componenti, in questo caso sono tre componenti omogenee e di ciascuna di queste componenti, sappiamo dire dove sta il baricentro, Allora si può far finta di avere, anzichÊ la distribuzione continua di massa, di avere delle masse puntiformi, cosÏ come nell'esercizio precedente, dotare il punto baricentro dell'intera massa del continuo e poi lavorare come se fossimo nel discreto.
L'asta B è omogenea e sappiamo che il suo baricentro si trova nel punto medio, quindi il baricentro dell'asta AB si trova nel punto medio che indichiamo con Gâ, che avrĂ coordinate đ/2, 0.
Lâasta BC avrĂ il suo baricentro nel punto medio dell'asta che sarĂ Gâ e avrĂ coordinate ž đ, âž đ.
L'asta AC avrĂ il baricentro nel punto medio, che indichiamo con Gâ e le sue coordinate saranno đ/4, râž đ.
Per quanto riguarda il calcolo del baricentro G, che si troverĂ nel punto di coordinate xG, yG e zG, e z è 0 perchĂŠ la distribuzione è piana. Per il calcolo della xG e della yG, possiamo far finta di avere tre masse puntiformi Gâ, Gâ e Gâ, ciascuna dotata della massa dellâintera asta corrispondente, quindi rispettivamente 2m, m e 3m, e fare il calcolo come abbiamo fatto nell'esercizio precedente, quindi eliminando il discorso dellâintegrale.
La xG vale mâ per la x di Gâ + mâ per la x di Gâ + mâ per la x di Gâ, il tutto fratto 6m ,cioè la somma delle masse mâ + mâ + mâ.
Andando a sostituire, avremo che 2m, che è la massa dell'asta AB, per đ/2, che è la x di Gâ, poi ci va + la massa BC che vale m, per la x di Gâ che è ž đ, poi ci va + 3m, per la x di Gâ che è đ/4, tutto diviso 6m.
Il valore che otteniamo è 5/12 đ, perchĂŠ possiamo raccogliere la massa al numeratore e semplificarla con quella al denominatore.
Adesso ci calcoliamo la yG, sempre nello stesso modo, quindi mâ per la y di Gâ + mâ per la y di Gâ + mâ per la y di Gâ, il tutto diviso per la somma delle masse.
Siccome la y di Gâ vale 0, questo primo addendo non c'è, mentre gli altri, il secondo e il terzo, abbiamo mâ che vale m, per la y di Gâ, che è radice di ž đ + 3m per âž đ, tutto diviso per 6m e allora il risultato, facendo le semplificazioni, al numeratore raccolgo la m e divido per la m al denominatore, otteniamo â3/6 đ, che è la y del baricentro G.
Esercizio 2.3
Calcolare il baricentro di un arco omogeneo di raggio R ed ampiezza Îą.
Adesso vediamo l'esercizio 2.3 e questo esercizio ci chiede di calcolare il baricentro di un arco omogeneo di massa m, raggio r e angolo al centro Îą.
L'arco è un arco di circonferenza e gli estremi gli indichiamo con AB e si tratta di un continuo unidimensionale. Consideriamo un sistema di riferimento che abbia l'origine nel centro della circonferenza e l'asse y in modo tale che l'arco AB venga suddiviso in due parti uguali. Quindi l'asse y è un asse per quanto riguarda l'arco AB.
Per questioni di simmetria di geometrico-materiale, il baricentro di questa distribuzione di massa, per come abbiamo scelto il sistema di riferimento Oxyz, in cui l'asse z è ortogonale al piano che contiene l'arco, il baricentro G avrĂ coordinate 0, yG, 0. Il baricentro di questa distribuzione di massa, per ragioni di simmetria geometrico-materiale, si trova sull'asse delle y, questo perchĂŠ l'asse y è un asse di simmetria geometrico-materiale. Per le proprietĂ dei baricentri, il baricentro deve trovarsi su questâasse.
Dobbiamo calcolare la y del baricentro G e siccome l'arco è un continuo unidimensionale di massa, dovremo usare la definizione per i continui, fare l'integrale sull'arco AB della densitĂ costante Ďâ, perchĂŠ è un arco omogeneo, per la y del generico punto P, che si trova sull'arco per dđ, che è la lunghezza dell'archetto infinitesimo, quello che nella figura è indicato in verde e diviso per la massa dell'arco, quindi integrale su AB, della densitĂ Ďâ, sempre in dđ.
Questa è la definizione della yG del baricentro.
Per poter svolgere questo integrale, che è un integrale semplice, dobbiamo parametrizzare in maniera opportuna l'arco. Le coordinate in cui scriviamo l'integrale, saranno le coordinate che mi dicono dove si trova il punto P sull'arco AB. L'unica cosa che ci serve è la coordinata Ď, che il raggio vettore P - O forma con la direzione positiva dell'asse y. Quindi l'angolo che è stato disegnato in azzurro, quindi sarĂ un angolo che viaggia tra meno - Îą/2, quando il punto P si trova in A e Îą/2 quando il punto P si trova in B. L'angolo varrĂ 0 quando P si trova sull'asse delle y.
Chi è invece il dđ? Il dđ è la lunghezza di arco infinitesimo. Quindi se R è il raggio della circonferenza, R è la variazione infinitesima dell'angolo Ď, dđ sarĂ R dĎ.
Se invece si vuole pensare alla parte analitica, quindi come si risolvono questi integrali, pensiamo di fare una trasformazione di coordinate, dalle coordinate cartesiane a quelle polari, e quindi questo R, nel passaggio dalle coordinate della y, alle coordinate polari, sarĂ lo Jacobiano della trasformazione.
Quindi l'integrale diventa un integrale tra - Îą/2 e Îą/2 della densitĂ Ďâ, poi ci va la y del punto P, che sarĂ una R per il coseno di Ď, poi ci va il dđ, che è R dĎ, e tutto va diviso per la massa m, oppure di nuovo l'integrale tra - Îą/2 e Îą/2 della densitĂ Ďâ costante per R dĎ, perchĂŠ la y del punto P è R cos Ď.
Se avessimo messo la massa al denominatore, si poteva comunque mettere la massa m; siccome la distribuzione di massa è omogenea, la massa è la densitĂ Ďâ per la lunghezza dell'arco. E la lunghezza dell'arco di raggio R e ampiezza Îą, vale R Îą.
In ogni caso, adesso l'integrale lo calcoliamo. Ďâ esce dal segno di integrale perchĂŠ è costante, cosĂŹ come lâR² e rimane l'integrale tra - Îą/2 e Îą/2 del coseno di Ď in dĎ. Al denominatore, Ďâ esce dal segno di integrale, R esce dal segno di integrale, e rimane l'integrale tra - Îą/2 e Îą/2 in dĎ.
Ďâ al numeratore se ne va con Ďâ al denominatore, l'R² al quadrato al numeratore se ne va con R al denominatore e quello che rimane è l'integrale tra meno - Îą/2 e Îą/2 del coseno di Ď in dĎ.
Al denominatore rimane soltanto l'integrale tra - Îą/2 e Îą/2 in dĎ e quindi ci sarĂ Îą.
Quello che otteniamo è 2R/ι per il seno di ι/2. Questo è il valore della yG e quindi il baricentro dell'arco omogeneo di raggio R e angolo al centro ι ha coordinate 0, 2R/ι per il seno di ι/2 e 0 per quanto riguarda la coordinata z.
Esercizio 2.4
Calcolare la massa ed il baricentro di unâasta AB di lunghezza đ e densitĂ Ď(x) = k(đ + x), con x distanza da A.
Esercizio 2.5
Calcolare il baricentro di un settore circolare omogeneo di raggio R e ampiezza Îą.
L'esercizio 2.5 chiede di calcolare il baricentro di un settore circolare omogeneo di raggio R e ampiezza Îą.
R è il raggio della circonferenza da cui è stato preso questo settore e l'angolo al centro è ι, la massa m di questo settore circolare omogeneo.
Dobbiamo calcolare dove sta il baricentro. Fissiamo un sistema di riferimento cartesiano-ortogonale Oxyz, in cui l'origine viene presa nel centro del disco. L'asse y divide in due parti uguali, di uguale massa e uguale area. L'asse x lo prendiamo in modo tale che il settore circolare stia nel piano xy, quindi l'asse z è ortogonale al piano.
Per calcolare il baricentro G per ragioni di simmetria geometrico-materiale, l'asse y è un'asse di simmetria geometrico-materiale, quindi sappiamo che il baricentro sta sull'asse delle y, quindi l'unica coordinata che dobbiamo calcolare è la yG.
Siccome si tratta di un continuo bidimensionale, avremo l'integrale doppio della densitĂ Ďâ per la y del punto P, sempre in dđ e questo fratto l'integrale doppio, sempre fatto sul settore circolare della densitĂ Ďâ per dđ.
Vediamo quali sono le grandezze in gioco. Per fare questi integrali, è opportuno passare dalle coordinate cartesiane, quindi dalle coordinate x, y, alle coordinate polari r e Ď, allora r è la distanza di P da O e quindi r viaggia da 0 ad R. Ď Ă¨ l'angolo che il raggio vettore forma con la direzione positiva dell'asse y e di conseguenza Ď, come abbiamo visto anche nell'esercizio precedente, viaggia tra meno - Îą/2 e Îą/2.
La yP quindi è la coordinata y del punto P, quindi vale r per il coseno di Ď. Il dđ è r dr dĎ, questo perchĂŠ, o facciamo la trasformazione, cioè lo Jacobiano della trasformazione è questo r, e poi ci mettiamo i differenziali delle nuove variabili, altrimenti se lo vogliamo vedere geometricamente, possiamo pensare al settore circolare.
Prendiamo il punto P che si trova qui, questo è l'angolo Ď, r è il raggio, cioè la distanza di P dall'origine O. Aumentiamo di una quantitĂ dr, quindi questo è dr, il raggio r piccolo, a partire dal punto P. Poi facciamo una rotazione di ampiezza infinitesima dĎ.
A questo punto chiudiamo il tassello, quindi questo è un archetto di circunferenza, questo è un altro archetto di circonferenza. E quindi otteniamo che questa porzione è dđ. E allora questa porzione dđ misura, dobbiamo fare la base, l'archetto azzurro e l'archetto azzurro avrĂ lunghezza r per l'arco dĎ e poi va moltiplicato per dr, quindi quello che si ottiene, per avere l'area di questo tassello, è fare r dr dĎ.
Torniamo al nostro integrale di partenza e facciamo l'integrale. Abbiamo l'integrale tra - Îą/2 e Îą/2, l'integrale tra zero ed R di Ďâ r coseno di Ď per r dr dĎ.
Al denominatore abbiamo l'integrale tra - Îą/2 e Îą/2, l'integrale tra zero ed R di Ďâ r dr dĎ. Allora calcoliamoci lâintegrale; innanzitutto possiamo portare fuori Ďâ e avremo l'integrale tra - Îą/2 e Îą/2, l'integrale tra 0 ed R di r² coseno di Ď in dr dĎ e al denominatore abbiamo Ďâ, l'integrale tra - Îą/2 e Îą/2 di r in dr dĎ.
Allora Ďâ al numeratore se ne va con Ďâ al denominatore e ci rimane l'integrale tra - Îą/2 e Îą/2 del coseno di Ď in dĎ, lâintegrale tra 0 ed R di r in dr .
Sotto ci viene l'integrale tra - Îą/2 e Îą/2 in dĎ per l'integrale tra 0 ed R di r piccolo in dr. Facendo i calcoli, ottengo 4R/3Îą per il seno di Îą/2.
Al denominatore, invece che fare direttamente lâintegrale, avremmo potuto scrivere cosĂŹ, la yG con al denominatore la massa. Questo è un settore circolare omogeneo, raggio R e angolo Îą, per cui la massa m, la possiamo sempre scrivere come la densitĂ Ďâ, visto che questo è omogeneo, il settore circolare, per l'area del settore circolare, che sarĂ il raggio R per la lunghezza della circonferenza esterna, quindi R Îą, quindi ci viene R²ι e poi diviso per 2. Questo Ďâ R²ι/2 è il calcolo di questo integrale moltiplicato per Ďâ, quindi 4R/3Îą per il seno di Îą/2 e questo è il valore della yG del baricentro tanto l'abbiamo calcolato.
Esercizio 2.6
Calcolare il baricentro di un settore omogeneo di corona circolare, di raggi Râ ed Râ con Râ < Râ ed ampiezza Îą.
Adesso vogliamo calcolare un altro esercizio. Supponiamo di volere calcolare il baricentro di un settore omogeneo di corona circolare, di raggi Râ ed Râ con Râ < Râ e l'ampiezza dell'angolo al centro sempre Îą. Vogliamo calcolare il baricentro di questa distribuzione di massa, cioè della parte gialla, cioè abbiamo un settore omogeneo di corona circolare di raggi Râ, quello piĂš piccolo.
Per calcolare questo baricentro, per il tipo di sistema di riferimento cartesiano-ortogonale che abbiamo scelto, quindi con l'origine nel centro delle due circonferenze, l'asse y che è ancora unâasse di simmetria geometrico-materiale e l'asse x scelto in modo tale che il settore di corona circolare stia nel piano Oxy, si dovrebbe fare un integrale doppio, cioè lavorare con gli integrali doppi.
Per fare questo, scriviamo come si farebbe e poi risolviamo il problema. Io dovrei dire che il baricentro G si trova sull'asse delle y, quindi coordinate 0, yG, 0, dopodichĂŠ l'integrale sarebbe analogo a quello fatto prima, nel caso del settore circolare omogeneo, solo che cambiano gli estremi di integrazione, per quanto riguarda l'r. In particolare la yG si deve calcolare in questo modo: l'integrale tra - Îą/2 e Îą/2, l'integrale tra Râ e Râ di nuovo di Ďâ r² coseno di Ď per dr dĎ e al denominatore l'integrale tra - Îą/2 e Îą/2, l'integrale tra Râ e Râ di Ďâ r dr dĎ. Dovremmo ottenere quello che otterremo utilizzando un altro metodo.
Un altro metodo che mi serve, perchĂŠ in generale varrĂ tutte le volte che abbiamo una distribuzione di massa, che viene ottenuta a partire da una massa piena a cui si toglie una parte.
Se guardiamo questo settore di corona circolare, lo possiamo pensare come formato da due settori circolari; un settore circolare piĂš grande, l'angolo al centro è sempre Îą e poi c'è il raggio Râ, che se fosse pieno e omogeneo, in virtĂš dell'esercizio che abbiamo fatto prima, sapremo dire dove ha il baricentro.
In particolare, se andiamo a vedere l'esercizio precedente, ci dice che il baricentro sta sull'asse delle y, sempre come quello che abbiamo scelto qui, e la coordinata vale, 0 e poi 4Râ/3 Îą per il seno di Îą/2, 0 e poi questo avrebbe una certa massa mâ.
Per ottenere la nostra figura gialla, da questo settore circolare grande, dovremo togliere un settore circolare, sempre omogeneo, questa volta piĂš piccolo, di raggio Râ, angolo al centro sempre Îą, che avrebbe il suo baricentro nel punto Gâ, di coordinate 0, 4Râ/3 Îą per il seno di Îą/2 e 0 come coordinata z.
Se la massa della parte gialla di cui dobbiamo trovare il baricentro è m, allora è evidente che m si ottiene come Mâ - Mâ e, siccome questi sono tutti omogenei, allora mâ non è altro che la densitĂ Ďâ costante, per il raggio Râ, per la lunghezza dellâarco, quindi RâÎą/2, mentre la mâ è la stessa densitĂ Ďâ per l'area della parte mancante, cioè Râ² per Îą/2.
Siccome la parte gialla la possiamo pensare come un settore circolare pieno di raggio Râ e angolo al centro Îą e massa mâ, dal quale sottraiamo il settore circolare piĂš piccolo di raggio Râ, angolo al centro Îą e massa mâ, per calcolare il baricentro G della nostra figura, cioè yG, facciamo come se avessimo due punti, uno di massa mâ che si trova in Gâ, uno di massa mâ di posizione Gâ, ma siccome la parte gialla è ottenuta per sottrazione, anzichĂŠ fare una somma, facciamo una differenza. Non si parla di masse negative, perchĂŠ le masse negative non esistono, la massa è una grandezza positiva, per come abbiamo definito noi in meccanica classica. Quindi facciamo una differenza, perchĂŠ la figura gialla viene ottenuta facendo la figura questa grande, meno quella piccola.
Il calcolo lo facciamo in questo modo, mâ per la y di Gâ meno mâ per la y di Gâ e al denominatore facciamo mâ - mâ. Sostituiamo, quindi Ďâ Râ² ι/2 per la y di Gâ, che è 4 Râ/3Îą per il seno di Îą/2 meno mâ, che è Ďâ Râ² ι/2 per 4 Râ/3Îą per il seno di Îą/2, il tutto va diviso per la differenza Ďâ Râ² ι/2, meno Ďâ Râ² ι/2.
Adesso possiamo semplificare, quindi al numeratore possiamo raccogliere Ďâ e semplificarlo con il Ďâ raccolto al denominatore, poi possiamo raccogliere al numeratore un Îą/2, che si semplifica con l'Îą/2 che raccogliamo al denominatore e, a questo punto, si ottiene l'espressione che ci serve per la yG, che è 4 RâÂł - RâÂł/(3 Îą per Râ² - Râ²) per il seno di Îą/ 2 e questa è lâespressione del valore della yG, stesso valore che si trova quando si va a risolvere lâintegrale, che era stato lasciato da svolgere.
Esercizio 2.7
Calcolare il baricentro di un disco omogeneo di raggio R con un âbuco" circolare di raggio R/2, con i due centri a distanza R/2.
Volendo applicare ancora una volta su un altro esercizio di calcolo di baricentri questa tecnica della differenza per ottenere il baricentro, vediamo l'esercizio 2.7 del testo, che chiede di calcolare il baricentro di un disco omogeneo di raggio R con una parte mancante, con un buco, circolare di raggio R/2, con i due centri a distanza R/2.
Abbiamo una distribuzione di massa, che è quella azzurra, quindi è come una moneta bucata e vogliamo calcolare il baricentro di questa moneta bucata, ottenuta da un disco grande di raggio R, a cui è stato tolto un disco piÚ piccolo di raggio R/2, con i due centri dei dischi, grande e piccolo, che sono a distanza R/2 l'uno dall'altro e la parte mancante ha raggio R/2.
Utilizziamo la tecnica che abbiamo visto prima nell'esercizio precedente. Cioè diciamo che questa distribuzione azzurra di massa, la possiamo ottenere come un disco pieno, che indichiamo con đP, che se fosse pieno, avrebbe il suo baricentro nel punto Gâ, che rispetto a questo sistema di riferimento che abbiamo scelto cosĂŹ, abbiamo scelto l'asse x passante per i centri dei due dischi, pieno e vuoto, l'asse y in modo tale che la moneta bucata stia nel piano Oxy. O coincide con il baricentro Gâ del disco pieno e l'asse z ortogonale al piano della moneta bucata.
Il disco, se fosse pieno, avrebbe il suo baricentro che si trova nel punto di coordinate 0, 0. E avrebbe una massa che indichiamo con mâ, data da Ďâ per l'area del disco, quindi Ď R². La parte mancante, cioè il disco vuoto, che indichiamo con đV, avrebbe il suo baricentro nel punto di coordinate R/2, 0 e avrebbe una massa mâ, data da Ďâ per l'area della parte mancante, quindi Ď R²/4. Per ragioni di simmetria geometrico-materiale, siccome l'asse x è un'asse di simmetria geometrico-materiale, allora il baricentro G si deve trovare sull'asse delle x.
Dovremo calcolare soltanto la xG, perchĂŠ la yG sarĂ 0, cosĂŹ anche la zG sarĂ 0.
Come calcoliamo la xG? La calcoliamo in questo modo, la x del baricentro G sarĂ uguale, è come se noi avessimo un disco pieno di massa mâ, il cui baricentro si trova in Gâ, a cui sottraiamo un disco di massa mâ, il cui baricentro si trova nel punto Gâ che ha come coordinata x la x di Gâ.
Al denominatore dobbiamo mettere la differenza delle masse, perchĂŠ è una massa grande, a cui togliamo una massa piĂš piccola. La x del baricentro Gâ è 0, quindi questo termine non c'è, e allora rimane la massa del disco vuoto, quindi c'è un meno davanti, Ďâ Ď R²/4 per la x di Gâ che è R/2, e al denominatore c'è la differenza tra le due masse, quindi Ďâ Ď R² , meno Ďâ Ď R²/4.
Facendo le opportune semplificazioni, quindi il Ď raccolto al numeratore, che si semplifica con il Ď al denominatore, il Ďâ al numeratore che se ne va con il Ďâ raccolto al denominatore, cosĂŹ anche si semplifica l' R²/4 al numeratore con l'R²/4 che viene dalla differenza al denominatore. Quello che si ottiene è -R/6.
Il fatto che venga un meno come coordinata x del baricentro G, ci deve stupire? Direi di no, potremmo anche avere fatto un errore di calcolo, anzichĂŠ essere - R/6, il valore poteva essere - R/8, ecc.
Il fatto di controllare se il risultato è sensato oppure no, è sempre una cosa importante da fare. Nel momento in cui noi avessimo avuto un disco pieno, il suo baricentro sarebbe stato nel punto Gâ, ma togliendo una parte alla destra di Gâ, quello che ci aspettiamo è che il baricentro si sposti verso sinistra, cosĂŹ come avviene, infatti, ci aspettiamo una coordinata x negativa. Se avessimo trovato una coordinata x positiva, avremmo dovuto automaticamente pensare di avere fatto un errore di calcolo.
L'errore di calcolo è meno importante rispetto ad un errore di calcolo che porta a un risultato privo di significato.
Esercizio 2.8
Dimostrare che il baricentro di una lamina triangolare omogenea coincide con il baricentro geometrico.
Esercizio 2.9
Calcolare il momento dâinerzia di unâasta omogenea AB di massa m e lunghezza đ rispetto ad una retta baricentrica ed inclinata sempre di un angolo Îą, rispetto ad una retta rG parallela alla retta r.
Se avessimo avuto da calcolare, per esempio, il momento di inerzia dell'asta AB rispetto ad una retta baricentrica e inclinata sempre di un angolo Îą rispetto all'asta AB una retta rG parallela alla retta r.
Vogliamo calcolare il momento di inerzia di questa asta AB, rispetto ad una retta rG che è parallela ad r e passante per il baricentro G, che sta nel punto medio dellâasta, in quanto l'asta è omogenea.
Se vogliamo calcolare il momento di inerzia dell'asta AB rispetto alla retta rG, dobbiamo necessariamente rifarci tutti i calcoli, visto che rG è parallela ad r? Se ci ricordiamo il teorema di Huygens inverso, non occorre che rifacciamo tutti i calcoli.
In particolare, basta dire che il momento di inerzia dell'asta AB rispetto alla retta rG, lo possiamo calcolare utilizzando il momento di inerzia dell'asta AB rispetto alla retta r, che è parallela alla retta rG, quindi meno la massa per la distanza tra le due rette al quadrato. Quanto vale la distanza di tra le due rette al quadrato? La distanza la dobbiamo misurare, prendendo la perpendicolare alle due rette. Se la misuriamo, facendo la retta perpendicolare alla retta verde e alla retta blu, passante per G, è đ/2 per il seno di Îą.
Ho ottenuto il momento di inerzia dell'asta AB rispetto ad una retta passante per il baricentro e inclinata di un angolo Îą rispetto all'asta AB. Anche in questo caso possiamo considerare un sistema di riferimento che ha origine in G e gli assi che sono uno parallelo all'asse x e l'altro, invece, lo facciamo cosĂŹ, questo è l'asse y. Se in questo modo vogliamo calcolare il momento di inerzia dell'asta AB, rispetto all'asse Gy, che è un asse passante per il baricentro e perpendicolare all'asta, questo sarĂ uguale anche al momento di inerzia dell'asta AB rispetto alla retta Gz, che è perpendicolare al piano dello schermo e passante per g, quindi comunque è perpendicolare all'asta AB e passante per G, quindi è il caso in cui dobbiamo guardare questa formula con ι = Ď/2. Di conseguenza, anche in questo caso abbiamo la formula che, una volta calcolata, la consideriamo nota, purchĂŠ l'asta sia omogenea.
La stessa cosa sarà per il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Gx, che è anch'esso 0, cosÏ come era 0 prima.
In questo modo abbiamo calcolato i momenti di inerzia dell'asta AB omogenea di massa m e lunghezza đ, rispetto a rette passanti per l'estremo A, oppure per il baricentro G e inclinati di un certo angolo Îą.
Avrei a questo punto una domanda. E se io invece volessi il momento di inerzia dell'asta AB, rispetto ad una retta perpendicolare all'asta AB e passante per l'altro estremo, per l'estremo B dellâasta?
Non ci sono preferenze tra l'estremo A e lâestremo B ed è esattamente uguale al momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Ay o all'asse Az. Quindi se io voglio calcolare il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse By, oppure il momento di inerzia dell'asta B rispetto all'asse Bz, questo è sempre il momento di inerzia di un'asta di massa m, lunghezza đ, rispetto ad un'asse passante per un suo estremo e ortogonale all'asta, quindi è sempre mđ²/3. In questo modo, abbiamo ottenuto i momenti di inerzia, quelli notevoli per l'asta AB omogenea di massa m e lunghezza đ.
Esercizio 2.10
Supponiamo di avere un'asta AB di lunghezza đ e massa m, e supponiamo che questa asta sia omogenea.
Calcolare il momento di inerzia di questâasta, rispetto alla retta r, che supponiamo passi per l'estremo A e che sia inclinata di un angolo Îą, rispetto alla stessa asta AB, quindi come in figura.
Supponiamo di avere un'asta AB di lunghezza đ e massa m, e supponiamo che questa asta sia omogenea. Calcolare il momento di inerzia di questa asta AB, rispetto alla retta r, che supponiamo passi per l'estremo A e che sia inclinata di un angolo Îą, rispetto alla stessa asta AB, quindi come in figura.
A livello di notazione, i momenti di inerzia li indichiamo con la I, e come apice mettiamo il sistema materiale del quale stiamo calcolando il momento di inerzia, e come pedice mettiamo la retta rispetto alla quale vogliamo calcolare il momento di inerzia. Per fare il calcolo del momento di inerzia I dell'asta AB rispetto alla retta r, dobbiamo fissare un sistema di riferimento.
Prendiamo un sistema di riferimento Oxyz, in cui O coincide con l'estremo A, lâasse x passa per B, quindi coincide con l'asta AB, e l'asse y è preso in modo tale che la retta r e l'asta AB stiano nel piano Oxy. L'asse z sarĂ ortogonale al piano Oxy, quindi diretto perpendicolare allo schermo e con verso uscente, in modo tale da formare una terna destra.
Il momento di inerzia dell'asta AB rispetto alla retta r lo calcoliamo in questo modo. SarĂ l'integrale fatto sull'asta AB. Siccome l'asta è omogenea, la densitĂ la indichiamo Ďâ ed è una densitĂ costante. Poi per definizione ci vuole la distanza del generico punto P dalla retta r² e poi il dđ, cioè il generico elemento infinitesimo di, in questo caso, di continuo unidimensionale. Ďâ è la densitĂ costante e quindi, siccome la massa vale m, m sarĂ uguale a Ďâ per la lunghezza dell'asta AB. Il punto P generico che si trova sull'asta AB, avrĂ una distanza dalla retta r, che sarĂ r(P). Distanza r(P) che noi dovremo mettere al quadrato e dipenderĂ dalla posizione che P assume sull'asta AB.
Adesso scriviamo quanto vale r(P). Se parametrizziamo l'asta AB con una variabile x con lâascissa x che mi individua la posizione di P sull'asta, cioè con x che vale 0 quando P si trova in A e vale đ quando P si trova in B, quindi x viaggerĂ tra 0 ed đ. Allora r(P) è x per il seno di Îą. La distanza r(P) del punto P dalla retta r non è x, perchĂŠ x misura la coordinata di P sullâasse x e con x positivo misurerebbe solo la distanza di P da a, ma noi stiamo calcolando un momento assiale. Di conseguenza, la distanza r(P) di P dalla retta r è x seno di Îą.
La variabile di integrazione sarĂ x che viaggia tra 0 e đ; il dđ è il generico elemento infinitesimo di asta AB, quindi sarĂ dx.
Avremo quindi l'integrale tra 0 ed đ della densitĂ Ďâ x² sin²ι in dx. Tutto ciò che non dipende dalla variabile di integrazione x può uscire dal segno di integrale, quindi avremo Ďâ e sin²ι che escono dal segno di integrale, integrale tra 0 e đ di x² in dx. L'integrale tra 0 e đ di x² in dx vale xÂł/3, da calcolare tra 0 ed đ.
Sappiamo che i momenti di inerzia sono, dal punto di vista dimensionale, delle masse per delle lunghezze al quadrato. Di conseguenza, cosĂŹ con la densitĂ Ďâ non riusciamo a capire se il nostro momento di inerzia è sensato oppure no. Ci ricordiamo che dall'espressione di sopra, la massa e la densitĂ Ďâ sono legate da questa relazione, quindi posso scrivere che la densitĂ Ďâ è il rapporto tra la massa e la lunghezza.
Quindi tutte le volte che abbiamo un'asta AB, omogenea, di data massa e data lunghezza, se vogliamo calcolare il momento di inerzia dell'asta B rispetto ad una retta r, che passa per un estremo dell'asta ed è inclinata di un angolo ι rispetto all'asta stessa, allora non dobbiamo rifare l'integrale, basterà prendere la massa, moltiplicarla per la lunghezza al quadrato, dividere per 3 e moltiplicare per il seno al quadrato di ι.
Se la richiesta dell'esercizio fosse stata di calcolare il momento di inerzia, per esempio, dell'asta AB rispetto all'asse passante per un suo estremo, per esempio A, e perpendicolare all'asta stessa, quindi momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Ay. Questo sarebbe il caso in cui la retta r forma un angolo Îą uguale a Ď/2 con l'asta B. Di conseguenza, ponendo Îą uguale a Ď/2, abbiamo il momento di inerzia dell'asta B rispetto all'asse Ay o Oy.
A questo punto siamo anche in grado di dire quanto vale il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Az o Oz, In quanto l'asse Az, l'asse Ay, sono tutti assi che sono perpendicolari all'asta AB, passanti per un estremo e quindi tutti questi momenti di inerzia sono tutti uguali. Anche in questo caso possiamo concludere che, tutte le volte che dobbiamo calcolare il momento di inerzia di un'asta AB di data massa e data lunghezza, rispetto ad una retta che passa per il suo estremo ed è perpendicolare all'asta, bisogna fare massa per đ² diviso 3.
Mi chiedo quanto vale il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Ax o Ox, cioè un asse che contiene l'asta stessa. Quindi se lo vogliamo rivedere attraverso il caso che abbiamo calcolato prima, basta porre ι = 0 e siccome il seno di 0 vale 0, questo momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse delle x vale esattamente 0. Anche in questo caso è un risultato che possiamo considerare noto.
Esercizio 2.11
Calcolare il momento dâinerzia del corpo rigido a forma triangolare, costituito dalle tre aste dellâesercizio 2.2 rispetto allâasse normale e baricentrico e rispetto allâasse normale al triangolo e passante per il vertice A.
Adesso vediamo un altro esercizio invece, che riguarda il calcolo del momento di inerzia.
Vogliamo calcolare il momento di inerzia di un corpo rigido a forma triangolare, costituito dalle tre aste che avevamo giĂ visto nell'esercizio 2.2. e vogliamo calcolare il momento di inerzia rispetto ad un asse baricentrico e normale alla distribuzione triangolare di massa, e il momento di inerzia rispetto ad un asse normale alla distribuzione triangolare e passante per il vertice A.
Allora facciamo un disegno, richiamiamo quello che giĂ avevamo visto nell'esercizio che avevamo fatto per il calcolo dei baricentri. Prendiamo una distribuzione triangolare di massa, câè un'asta AB, un'asta BC e un'asta AC. Abbiamo preso l'origine del sistema di riferimento coincidente con A e l'asse x passante per AB. L'asse y in modo tale che la distribuzione triangolare di massa stesse nel piano Oxy. Lâasta AB ha lunghezza đ e massa 2m, l'asta AC ha lunghezza đ e massa 3m, e l'asta BC ha lunghezza đ e massa m.
Vogliamo calcolare il momento di inerzia della distribuzione triangolare di massa, rispetto all'asse Gz e poi vogliamo calcolare il momento di inerzia della distribuzione triangolare di massa rispetto all'asse Az, dove z è una retta perpendicolare al piano della figura, e diretta verso di noi.
Siccome il baricentro l'abbiamo giĂ calcolato, scriviamo quali erano le coordinate del baricentro. Vogliamo calcolare il momento di inerzia di questa distribuzione triangolare di massa rispetto a due assi, l'asse baricentrico e normale al piano della figura, e l'asse passante per A e normale al piano della figura.
Qui si può procedere in due modi. Si può decidere di calcolare prima il momento di inerzia rispetto all'asse Gz, e poi col teorema di Huygens diretto, spostarlo rispetto all'asse Az, tanto i due assi sono paralleli, oppure viceversa, calcolare prima il momento di inerzia rispetto all'asse Az e poi con il teorema di Huygens inverso, calcolare quello rispetto all'asse parallelo Gz.
Ne presentiamo uno dei metodi, e poi l'altro è come esercizio.
Comincio a calcolare il momento di inerzia della distribuzione triangolare di massa rispetto all'asse Az. Voglio utilizzare i risultati noti, perchĂŠ queste sono tre aste omogenee e di massa diversa, ma di lunghezza đ, e noi sappiamo calcolare i momenti di inerzia delle aste omogenee, rispetto ad assi particolari.
Il momento di inerzia di questa distribuzione triangolare di massa, rispetto all'asse Az, lo calcolo facendo cosĂŹ. Sommo il momento di inerzia dell'asta AB, rispetto all'asse Az + il momento di inerzia dell'asta AC rispetto sempre all'asse Az + il momento di inerzia dell'asta BC rispetto all'asse Az. Questo perchĂŠ, se abbiamo una distribuzione di massa, formata da singole parti connesse, come ad esempio le tre aste, e di ciascuna delle parti connesse sappiamo calcolare il momento di inerzia, purchĂŠ lo calcoliamo rispetto allo stesso asse, poi quei momenti di inerzia li possiamo sommare. Qui abbiamo sommato i momenti di inerzia di tre componenti diverse, ma rispetto allo stesso asse. Quindi i momenti di inerzia di sistemi materiali distinti si possono sommare, purchĂŠ calcolati rispetto allo stesso asse.
Quanto vale il momento di inerzia dell'asta AB, rispetto ad una retta che passa per A, quindi per un estremo dell'asta, e normale all'asta stessa? Il momento di inerzia dell'asta AB, rispetto ad una retta normale all'asta e passante per un suo estremo, vale massa per lunghezza dell'asta al quadrato, diviso per 3.
Prendiamo la massa dell'asta AB, che vale 2m, la moltiplichiamo per la lunghezza dell'asta al quadrato e dividiamo per 3.
Poi dobbiamo concentrarci sul momento di inerzia dell'asta AC, rispetto all'asse Az. Lâasse Az è sempre un asse che passa per un estremo dell'asta e perpendicolare all'asta, per cui dovremo prendere la massa dell'asta AC, 3m, moltiplicarla per la lunghezza dell'asta al quadrato e dividere per 3. Adesso però dobbiamo mettere il momento di inerzia dell'asta BC rispetto all'asse Az, ma l'asta BC sta qui e l'asse Az sta qui, A non è nemmeno un punto dell'asta BC.
Ci ricordiamo che c'è il teorema di Huygens. Se io conoscessi il momento di inerzia dell'asta BC rispetto all'asse Gâz, beh, allora potrei poi, con il teorema di Huygens, spostarlo rispetto all'asse Az. E allora, per avere questo termine, cosa faccio? Il momento di inerzia dell'asta BC rispetto all'asse Az, lo calcolo come il momento di inerzia dell'asta BC rispetto all'asse Gâz che è baricentrico per l'asta BC + la massa dell'asta BC, m, per la distanza tra le due rette Az e Gâz al quadrato.
Quanto vale il momento di inerzia dell'asta BC, rispetto a un asse baricentrico Gâ e ortogonale all'asta BC, Gâz? Ci ricordiamo che i momenti di inerzia rispetto a rette baricentriche e perpendicolari allâasta, valgono massa per lunghezza dell'asta al quadrato, diviso 12.
Scriviamo la massa dell'asta BC, che è m đ²/12 + m per la distanza di A da Gâ. Gâ che coordinate ha? Dall'esercizio che avevamo fatto sui baricentri, la distanza di A da Gâ è questa. Facciamo il calcolo.
Questo â mđ² è quello che va inserito qui. Quello che viene fuori è il momento di inerzia della distribuzione triangolare di massa rispetto all'asse Az che vale 5/2 mđ², quindi questo è il nostro primo risultato. Abbiamo trovato la risposta alla domanda verde.
Adesso vogliamo calcolare invece il momento di inerzia della distribuzione triangolare di massa, rispetto all'asse Gz e allora quello che facciamo è di usare il teorema di Huygens inverso, perchĂŠ G è il baricentro della distribuzione triangolare di massa, e quindi abbiamo un momento di inerzia rispetto all'asse Az, meno la massa totale del triangolo, che 2m + 3m + m, e quindi abbiamo 6m, per la distanza tra le due rette al quadrato. Siccome G ha coordinate 5/12 đ e â3/6 đ. Il risultato è 23/24 mđ². E cosĂŹ abbiamo risposto anche all'ultima domanda.
2° metodo
Ă possibile usare anche un altro metodo. Si calcola subito il momento di inerzia della distribuzione triangolare di massa rispetto all'asse Gz. Come si può fare? Si calcola il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Gz, piĂš il momento di inerzia dell'asta AB, il momento dâinerzia dellâasta AC rispetto all'asse Gz, piĂš il momento di inerzia dell'asta BC rispetto all'asse Gz.
Questi li possiamo sommare poi, perchÊ sono momenti di inerzia di parti distinte, ma rispetto allo stesso asse. E per calcolare ciascuno di questi momenti di inerzia, cioè per esempio il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Gz, essendo G il baricentro del triangolo, ma non dell'asta AB, lo calcoliamo usando il teorema di Huygens; il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Gz vale il momento di inerzia dell'asta AB rispetto alla retta baricentrica, baricentrica per l'asta AB, e parallela alla Gz, + la massa dell'asta AB, che è 2m, per la distanza tra le due rette al quadrato. E cosÏ poi per tutti gli altri. DopodichÊ, con il teorema di Huygens diretto, si ottengono gli stessi risultati.
Esercizio 2.4 + 2.12
Calcolare il momento dâinerzia dellâasta a densitĂ variabile dellâesercizio 2.4 rispetto ad un asse normale e baricentrico e rispetto ai due assi normali e passanti per gli estremi.
Possiamo chiederci che cosa succede se per esempio l'asta fosse a densità variabile. Per fare questo, vediamo subito un esercizio che avevamo lasciato indietro quando abbiamo fatto il calcolo dei baricentri e l'esercizio è il 2.4.
Ci chiede di calcolare il momento di inerzia di un'asta a densitĂ variabile. Abbiamo un'asta AB che ha sempre lunghezza đ, però la densità è variabile. La massa la possiamo indicare sempre con m, però la densità è una densitĂ variabile, la densitĂ Ď(x) che vale k, una costante, per đ + x con k costante positiva, e x è la distanza del punto generico P sull'asta AB, misurata a partire da A.
Disegniamo l'asta AB. Se io prendo un sistema di riferimento in cui prendo l'origine, che coincide con A, l'asse x che passa per l'asta AB, e l'asse y ortogonale all'asta AB, allora x sarĂ la coordinata del generico punto P, misurata a partire da A. Quindi la densitĂ Ď(x) è quella densitĂ il prodotto di k per đ + x.
Il problema ci chiede di calcolare il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Ay, il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Gy, cioè baricentrico e normali all'asta AB e infine il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse By.
Non possiamo usare le formule che abbiamo visto prima, perchÊ quelle formule riguardano un'asta omogenea. Nel caso dell'asta non omogenea il baricentro non possiamo dire che sta nel punto medio, quindi dobbiamo anche occuparci di dove si trova il baricentro. Quindi la prima cosa da fare è quella di stabilire dove si trova il baricentro. Deve stare per forza sull'asta AB per ovvie ragioni di simmetria. Di conseguenza il baricentro G avrà coordinate xG, 0 e 0 lungo l'asse delle y.
Devo calcolarmi la xG. Come faccio? Dovrò fare l'integrale sull'asta AB della densitĂ Ď(x) per x in dx. Al denominatore avrò l'asta AB della densitĂ Ď(x) in dx. Allora questo è il calcolo dell'integrale che dobbiamo fare per avere la xG.
Andiamo a sostituire, la x è una variabile di integrazione che viaggia tra 0 e đ, quindi noi integreremo la densitĂ Ď(x) che vale la costante k per đ + x, poi ci va x che è la coordinata del punto P in dx, perchĂŠ il generico elemento infinitesimo di asta è dx, e al denominatore abbiamo l'integrale tra 0 ed đ di k per đ + x in dx. Il denominatore di questa frazione è la massa del sistema, cioè l'integrale tra 0 ed đ della costante k per đ + x in dx, quindi k può uscire dal segno di integrale, perchĂŠ è una costante. Resta l'integrale tra 0 ed đ di đ + x in dx. Questo denominatore che sta qui, è la massa m, che è scritta in funzione della costante k e di đ², sarĂ esattamente 3/2 kđ². Quando andiamo a fare i calcoli, otteniamo che al numeratore, il k esce dal segno di integrale, abbiamo l'integrale tra 0 ed đ di (đx + x²) in dx e al denominatore c'è questo 3/2 kđ².
Il k al numeratore se ne va col k al denominatore. Facciamo l'integrale che sta al numeratore e questo diventa đ per x²/2 + xÂł/3, calcolato tra 0 ed đ e al denominatore c'è rimasto il 3/2 đ². Quindi questo diventa un â đÂł per 2/3đ² e quindi otteniamo esattamente un 5/9 đ. La coordinata del baricentro G sta in 5/9đ e quindi non è nel punto medio.
Adesso dobbiamo calcolare il momento di inerzia. Siccome la densitĂ Ď(x) è in funzione di una coordinata x, misurata a partire da A, forse la cosa piĂš semplice è calcolare il primo momento di inerzia.
Poi, siccome tutti gli altri momenti di inerzia sono rispetto a rette Gy e By che possiamo vedere come parallele ad Ay, potremo usare il teorema di Huygens diretto o inverso, a seconda di quello che vogliamo calcolare.
Partiamo dal calcolo del momento di inerzia dell'asta AB rispetto alla retta Ay. Questo sarĂ l'integrale tra 0 ed đ della densitĂ Ď(x) per x² in dx, perchĂŠ ci va la distanza del generico punto P dall'asse al quadrato per la densitĂ Ď(x) e poi in dx, che è uguale all'integrale tra 0 ed đ di k per đ + x per x² in dx. k esce dal segno di integrale, integrale tra 0 ed đ di đx² + xÂł in dx.
Facendo i calcoli, questo diventa 7/12 kđâ´. Abbiamo trovato un momento di inerzia che dimensionalmente non ci dice se siamo arrivati a un risultato sensato oppure no, perchĂŠ non è una massa per una lunghezza al quadrato. Questo perchĂŠ? Sicuramente questa costante k può essere espressa in funzione della massa e della lunghezza dellâasta, in modo tale da far tornare tutto quello che serve.
Se andiamo a rivedere cosa c'è scritto qui, nella parte evidenziata in verde, la massa è 3/2 kđ² e, in virtĂš di questa uguaglianza, se ricavo k in funzione di m e di đ, avrò che k vale 2m su 3đ². Se questa k, la vado ad inserire nel risultato, semplificando opportunamente, avrò 7/18 mđ².
Questo è il momento di inerzia dell'asta AB, calcolato rispetto alla retta Ay, quindi abbiamo ottenuto la prima informazione.
Adesso vogliamo calcolare invece il momento di inerzia rispetto all'asse Gy. Non dobbiamo rifarci tutto l'integrale, perchĂŠ l'asse Gy è una retta parallela all'asse Ay, e quindi, come tale, possiamo calcolare con il teorema di Huygens inverso, che dice che il momento di inerzia rispetto alla retta Gy, vale il momento di inerzia rispetto alla retta Ay, che abbiamo appena calcolato, meno la massa per la distanza tra le due rette, quindi AG². 7/18 mđ² è il momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Ay, -m per la distanza di A da G, siccome questa parte è 5/9 đ, la possiamo scrivere come 25/81 đ² e quindi, facendo i calcoli, 13/162 mđ² è il valore del momento di inerzia dell'asta AB, rispetto alla retta Gy e quindi abbiamo risolto e determinato anche questo valore.
Adesso ci manca il terzo valore. CosĂŹ come avevamo visto nel caso precedente, quando abbiamo calcolato il momento di inerzia dell'asta omogenea, rispetto all'asse Ay, era uguale al momento di inerzia dell'asta AB omogenea, rispetto all'asse By, cioè passante per l'altro estremo. Il calcolo era stato fatto e il momento di inerzia rispetto all'asse By o rispetto alla retta Bz e mđ²/3, cioè è uguale al momento di inerzia rispetto alla retta Ay o Az. Avevamo trovato che erano uguali, ma in questo caso, nel caso dell'asta che è non omogenea, calcolare il momento di inerzia rispetto all'asse Ay e calcolarlo rispetto all'asse By non è la stessa cosa.
Se calcoliamo il momento di inerzia rispetto all'asse By, cioè ortogonale all'asta AB e passante per l'altro estremo dell'asta AB, lo calcoliamo col teorema di Huygens diretto, quindi momento di inerzia dell'asta AB rispetto all'asse Gy + la massa per la distanza di B da G al quadrato.
La distanza di B da G², se G si trova a distanza 5/9 đ da A, la distanza di G da B sarĂ 4/9đ. Il risultato sarĂ 5/18 mđ². E questo fornisce l'ultimo elemento per finire il nostro esercizio. Questo momento di inerzia rispetto all'asse By è diverso dal momento di inerzia rispetto all'asse Ay.
Esercizio 2.13
Calcolare i momenti d'inerzia di un disco omogeneo đ di massa m e raggio R rispetto allâasse baricentrico e normale e rispetto ad un asse baricentrico complanare.
Questo esercizio ci chiede di calcolare i momenti dâinerzia di un disco đ omogeneo, di massa m, raggio R, rispetto prima all'asse baricentrico e normale al disco. Quindi, supponendo di aver scelto l'asse z ortogonale al disco in un sistema di riferimento Oxyz, in cui O coincide col centro del disco, in questa richiesta coincide con la determinazione del momento di inerzia del disco đ, in alto come apice mettiamo il sistema materiale di cui vogliamo calcolare il momento di inerzia e come pedice invece mettiamo l'asse rispetto al quale vogliamo calcolare il momento di inerzia.
E poi vogliamo calcolare anche il momento di inerzia, sempre del disco đ, rispetto agli assi Ox, che è un asse diametrale e il momento di inerzia rispetto all'asse Oy, sempre del disco đ. Quindi queste sono le tre richieste, avendo supposto di scegliere un sistema di riferimento Oxyz in cui lâasse z è perpendicolare al disco, l'asse x e y sono due assi diametrali, cioè il disco sta nel piano Oxy.
La situazione è quella per cui, questo disco è pieno, cioè non è una circonferenza, ma è un cerchio. Questo è il disco di cui vogliamo calcolare questi momenti di inerzia.
Ci ricordiamo un teorema, un teorema che dice che se abbiamo una distribuzione piana di massa; supponiamo di prendere il piano della distribuzione di massa, per esempio il piano Oxy, il teorema ci dice che il momento di inerzia, in questo caso del disco đ, rispetto all'asse Oz, che è quello perpendicolare al piano della figura, lo si può ottenere facendo la somma tra il momento di inerzia del disco rispetto all'asse x + il momento di inerzia del disco rispetto all'asse Oy.
Inoltre, siccome il disco è omogeneo, gli assi Ox e Oy sono due assi equivalenti, dal punto di vista del calcolo dei momenti di inerzia, in quanto questo disco ha una simmetria centrale, allora il momento di inerzia rispetto all'asse delle x per questo disco è uguale al momento di inerzia rispetto all'asse y.
Di conseguenza, andando a mettere questa relazione qui dentro, otteniamo che il momento di inerzia del disco rispetto all'asse Oz, perpendicolare al disco stesso, è uguale a due volte il momento di inerzia del disco rispetto all'asse Ox.
Per rispondere alle domande che ci sono state fatte, cioè il momento di inerzia rispetto all'asse Oz, il momento di inerzia rispetto all'asse Ox o rispetto all'asse Oy. Allora, innanzitutto rispetto all'asse Ox e rispetto all'asse Oy questi due momenti di inerzia sono uguali. E secondo, basta calcolarne uno di questi o il momento di inerzia rispetto all'asse Oz e automaticamente abbiamo, dividendo per 2 il momento d'inerzia rispetto all'asse Ox o viceversa, se vogliamo calcolare il momento di inerzia rispetto all'asse Ox, poi moltiplicando per 2 otterremo il momento di inerzia rispetto all'asse Oz. Quindi il calcolo in realtà diventa molto semplificato.
Per prima cosa calcoliamo il momento di inerzia rispetto all'asse Oz. Quindi questo momento di inerzia rispetto all'asse normale al disco e passante per l'origine. Per definizione, questo è l'integrale fatto sul disco đ, il disco è omogeneo quindi ci vuole la densitĂ Ďâ e poi ci mettiamo la distanza del generico punto P dall'asse Oz al quadrato e poi in dđ. Vediamo quali sono le grandezze in gioco. Per fare questa integrale, conviene usare le coordinate polari. Quindi il punto P sarĂ identificato raggio r, cioè dalla distanza di P, quello arancio, quindi r, e dall'angolo Ď, l'angolo di rotazione che il raggio vettore P - O forma con la direzione positiva dell'asse delle x. In particolare, r viaggerĂ tra 0 ed R, e Ď sarĂ un angolo che invece viaggia tra 0 e 2Ď.
Quindi le variabili di integrazione del nostro problema saranno integrale tra 0 e 2Ď, integrale tra 0 e R, della densitĂ Ďâ per r² e poi ci va il dđ.
Ci mettiamo nel piano Oxy, quindi pensiamo al disco nel piano Oxy, r è la distanza di P da O, quindi è questa parte arancio.
Se facciamo compiere al punto P uno spostamento infinitesimo, che è per esempio questo dr quindi quello arancio o è dr. Poi facciamo compiere una rotazione infinitesima al raggio vettore P - O di ampiezza dĎ e quindi questo archetto varrĂ r per dĎ, poi chiudiamo con dr e con un altro archetto il tassello e allora avremo che il dđ, cioè l'area della porzione infinitesima di disco, vale r dĎ per dr, oppure con una trasformazione di coordinate dalle coordinate cartesiane a quelle polari, e allora ci viene r che è lo Jacobiano della trasformazione, per il differenziale delle variabili indipendenti.
Questo dđ lo andiamo a sostituire nell'integrale e quindi otteniamo r dr dĎ, e quindi Ďâ esce dal segno di integrale, per il teorema di Fubini possiamo spezzare l'integrale tra 0 ed R di r² in dr, poi c'è l'integrale tra 0 e 2Ď in dĎ.
A parte la semplificazione del 2 con il 4, il momento di inerzia non è scritto a livello dimensionale come una massa per un raggio, una lunghezza al quadrato. Questo ci manca perchĂŠ dobbiamo ricordarci che la massa del disco, m, la possiamo scrivere sempre come la densitĂ Ďâ per l'area del disco Ď r². Da qui possiamo ricavare Ďâ, che è m/Ď r² e, andando a sostituire qui dentro, il risultato è m R²/ 2, che il risultato della prima richiesta. Questo risultato lo possiamo considerare come un risultato noto; tutte le volte che vogliamo calcolare il momento di inerzia di un disco di massa m raggio r, rispetto ad una retta perpendicolare al disco e passante per il suo centro, vale massa per raggio al quadrato diviso 2.
Adesso risulta facile calcolare quanto vale il momento di inerzia rispetto all'asse Ox, che sarĂ poi anche uguale al momento di inerzia rispetto all'asse Oy, perchĂŠ tanto sono uguali per quello che abbiamo visto sotto. In particolare, avremo che, siccome il momento di inerzia del disco rispetto allâasse Oz vale mR²/2, il momento di inerzia del disco rispetto allâasse Ox sarĂ la metĂ , cioè ½, rispetto all'asse Oz e quindi diventa mR²/4.
Adesso questi risultati li consideriamo noti e tutte le volte che dobbiamo calcolare il momento di inerzia di un disco omogeneo di data massa e dato raggio, rispetto ad esempio a un asse diametrale, quindi sia l'asse Ox sia l'asse Oy, cioè un asse che passa per il centro del disco e appartiene al disco, dovremo fare la massa per il raggio al quadrato diviso 4. Se invece l'asse è ortogonale al disco e passa per il centro, faremo mR²/2.
Se avessimo voluto calcolare, partire dal momento di inerzia del disco rispetto all'asse Ox, allora si poteva fare in questo modo e poi calcolare il momento di inerzia rispetto all'asse Oz, moltiplicando semplicemente per 2. Avremmo dovuto fare il momento di inerzia del disco rispetto allâasse Ox è l'integrale sul disco đ della densitĂ Ďâ per la distanza del punto P dall'asse delle x e questa vale r per il seno di Ď, al quadrato. E poi c'è sempre il dđ, quindi r dr dĎ. Quindi integrale tra 0 ed R, integrale tra 0 e 2Ď di Ďâ rÂł sinÂ˛Ď in dr dĎ.
Dopo i calcoli, si otterrĂ che il risultato di questa operazione, vale mR²/4. Poi, per arrivare al momento di inerzia rispetto allâasse Oz, si utilizza la formula e, moltiplicando per 2 si ottiene il risultato.
Esercizio 2.15
Calcolare il momento dâinerzia rispetto allâasse baricentrico e normale di un disco omogeneo di raggio R e massa m, con un âbucoâ circolare di raggio R/2 e i due centri a distanza R/2.
Vediamo adesso un altro esercizio. Vogliamo calcolare il momento di inerzia rispetto a un asse baricentrico e normale a questa moneta bucata, cioè questo disco omogeneo di raggio R e massa m, che ha un buco circolare di raggio R/2 con i due centri a distanza R/2, cioè quello di cui abbiamo già calcolato il baricentro.
Infatti m è la massa di questa parte azzurra che vedete, questa moneta bucata. La distanza tra il baricentro Gâ del disco se fosse pieno e il baricentro Gâ della parte mancante, questo GâGâ vale R/2, inoltre il raggio del disco grande è invece R e ci ricordiamo che abbiamo giĂ fatto un calcolo del baricentro, baricentro G che si trova nel punto di coordinate -R/6, 0. Quello che ci chiede di calcolare il problema è il momento di inerzia di questa distribuzione di massa, rispetto all'asse Gz, quindi baricentrico e normale alla moneta bucata. Abbiamo scelto un sistema di riferimento Oxyz in cui la moneta bucata sta nel piano xy, l'origine l'abbiamo scelta in Gâ, Gâ che è il centro del disco se fosse pieno, quindi O coincide con Gâ, l'asse x è l'asse y, scelti in modo tale che la moneta bucata stia in questo piano, quindi l'asse z è perpendicolare al piano.
Per fare questo calcolo, potremmo usare la definizione e quindi calcolare il momento di inerzia della moneta bucata rispetto all'asse Gz, facendo l'integrale doppio, ma per fare questo dovremmo parametrizzare tutti questi bordi. Però ci viene in mente la tecnica che abbiamo usato per fare il calcolo dei baricentri, quando abbiamo delle distribuzioni di massa piene a cui si toglie una parte e anche lâesercizio 2.11 che abbiamo fatto, in cui abbiamo calcolato i momenti di inerzia, il momento di inerzia per esempio della distribuzione di masse, tra le aste risposte a forma di triangolo, rispetto a un asse Gz, abbiamo calcolato i momenti di inerzia delle singole parti rigide, calcolati rispetto allo stesso asse e poi li abbiamo sommati.
Prima abbiamo sommato i momenti di inerzia, perchÊ le parti erano aggiunte. In questo esercizio possiamo fare la differenza tra i momenti di inerzia, perchÊ ci sono delle parti piene, a cui viene tolta un'altra parte. Se sono in grado di calcolare il momento di inerzia di questa distribuzione di massa, rispetto all'asse Oz, O è questo, è il baricentro del disco se fosse pieno, dopo con il teorema di Huygens inverso, posso calcolare il momento di inerzia rispetto all'asse Gz, cioè se io riesco a calcolarmi questo momento di inerzia, poi faccio meno m per la distanza di O da G al quadrato e ottengo quello che mi serve.
Il mio problema adesso si focalizza su un calcolo di questo momento di inerzia rispetto all'asse Oz di questa distribuzione di massa, moneta bucata.
Lo calcolo come il momento di inerzia del disco pieno, rispetto all'asse Oz, meno il momento di inerzia del disco vuoto rispetto all'asse Oz. CosĂŹ facendo, arrivo poi a sostituire quello che ottengo in questa formula qui sopra e quindi ho un risultato. Per calcolare il momento di inerzia del disco pieno rispetto all'asse Oz e del disco vuoto rispetto all'asse Oz, devo ricordarmi quanto valgono le masse.
Considero il disco pieno, che lo indico con đđŤ. Questo ha massa mâ, che è uguale a Ďâ per lâarea, cioè Ď R². Il disco vuoto invece ha massa mâ, che vale Ďâ Ď R²/4. La massa mâ - mâ deve dare esattamente m. E allora questo vuol dire che â Ď R², meno â Ď R²/4 deve essere uguale ad m.
Se adesso leggo la prima e l'ultima di questa catena di uguaglianze, ottengo quanto vale Ďâ in funzione della massa e del raggio, in particolare Ďâ vale 4m/3Ďr². Adesso questo Ďâ lo andiamo a sostituire qui e qui. Semplificando opportunamente, mâ è 4/3 m, mentre mâ è uguale a m/3, cioè la massa della parte mancante. Le masse negative non le conosciamo, ma possiamo fare delle differenze.
Adesso ci concentriamo sul calcolo del momento di inerzia del disco pieno, cioè del disco che se fosse pieno avrebbe massa 4/3 m. E vogliamo calcolare questo momento di inerzia del disco pieno rispetto all'asse Oz che è ortogonale al disco e passante per O, O che è Gâ, che è quindi il baricentro della figura se fosse piena.
Il momento di inerzia del disco pieno rispetto all'asse Oz, non c'è bisogno che rifacciamo lâintegrale, dobbiamo usare la formula dell'esercizio precedente. Dobbiamo prendere la massa, moltiplicarla per il raggio al quadrato e dividere per 2, perchĂŠ l'asse Oz è perpendicolare alla moneta bucata.
Avremo massa che è 4/3 m per il raggio a quadrato, diviso 2 ed ecco che il risultato è 2/3 mR².
Adesso ci calcoliamo il momento di inerzia del disco vuoto sempre rispetto all'asse Oz. Mentre per il disco pieno, l'asse Oz, perpendicolare al disco, era un asse baricentrico, per il disco pieno. Per il disco vuoto, l'asse che passa per O ed è ortogonale al disco non è un asse baricentrico. Quindi dobbiamo usare il teorema di Huygens. Il momento dâinerzia del disco vuoto, rispetto al suo asse baricentrico Gâz + la massa del disco vuoto, m/3, per la distanza tra i due assi al quadrato. Quanto vale il momento di inerzia del disco vuoto, rispetto a un asse baricentrico e normale? Massa del disco vuoto, m/3, per il raggio del disco vuoto al quadrato, diviso 2 + m/3 e poi ci va la distanza di O da Gâ al quadrato, che vale R/2, quindi qui ci mettiamo R ²/4, cioè R/2 al quadrato. Quello che ci serve è tutto qui.
Andiamo a sostituire i risultati e facciamo la differenza. Il risultato è 13/24 mR². Questo è il momento di inerzia rispetto all'asse Oz. Questo risultato lo dobbiamo andare a sostituire nella formula di sopra e quindi avremo, il momento di inerzia rispetto allâasse Oz, meno la massa della moneta bucata, quindi m, per la distanza, di O da G al quadrato, che è R/6. 37/72mR² è il risultato che ci aspettavamo.
C'è anche un altro metodo che si potrebbe usare. Per risolvere gli esercizi spesso non ci sono dei metodi unici, ma ce ne sono diversi e uno fa quello che gli sembra meglio. Per calcolare il momento di inerzia rispetto all'asse Gz, avremmo potuto calcolarci il momento del disco pieno, rispetto all'asse Gz e poi sottrarre il momento di inerzia del disco vuoto, sempre rispetto all'asse Gz.
Quindi faccio la differenza tra il momento di inerzia del disco pieno rispetto all'asse Gz, meno il momento di inerzia del disco vuoto, rispetto all'asse Gz. E cosĂŹ facendo, se facciamo questo calcolo, si riesce ad ottenere esattamente lo stesso risultato.
Esercizio 2.16
Calcolare i momenti dâinerzia di una lamina rettangolare omogenea â, di massa m e lati a e b.
Calcolare i momenti di inerzia di una lamina rettangolare. Supponiamo di avere una lamina rettangolare, la indichiamo con â, che ha i lati di lunghezza a e b. Chiamiamo i vertici della lamina, li indichiamo con E, F, H e L. Prendiamo un sistema di riferimento in cui l'origine coincide con il vertice E, l'asse delle x lo prendiamo coincidente, scusate, con il lato EF e l'asse delle y coincidente con il lato EL, l'asse z ortogonale al piano della lamina. Vogliamo calcolare il momento di inerzia di questa lamina rettangolare rispetto alla retta r, che è la diagonale del rettangolo che passa per vertice E e per il vertice H.
Supponiamo anche che la massa di questo rettangolo sia m, quello che si vuole fare è calcolare questo momento di inerzia.
Se volessimo utilizzare la formula, la definizione per il calcolo di momento di inerzia di questa lamina rettangolare rispetto a questa retta r blu, che è la diagonale, allora dovremo scrivere opportunamente, nella definizione integrale, preso il punto P, poi bisogna calcolare la distanza del generico punto P che sta nella lamina, dalla retta rispetto alla quale si vuole calcolare il momento di inerzia.
E se scriviamo la distanza del punto da questa retta, di sicuro l'integrale non diventa di facile risoluzione. In questo caso ci viene in mente il teorema che abbiamo visto nella parte di teoria, che chiama in gioco l'equazione dellâellissoide di inerzia. Il momento di inerzia, in questo caso, il momento inerzia rispetto ad una retta che passa per un punto, il punto O è 1/OL², dove L è uno dei due punti di intersezione tra l'equazione dell'ellissoide di centro O, che è un punto della retta r e la superficie dell'ellissoide, cioè i punti di intersezione tra la retta r e la superficie dellâellissoide.
Siccome la lamina è una lamina piana e sta nel piano Oxy, per un teorema che abbiamo visto nella parte di teoria, l'asse Oz è un asse principale di inerzia e per questo motivo B' e C' sono 0, quindi questo termine e questo non ci sono.
Riusciamo a scrivere l'equazione dellâellissoide, quindi significa calcolarsi A, B, C e A', per questa lamina rettangolare, quindi scriviamo l'equazione dell'ellissoide che è a centro in O, poi mettiamo a sistema questa equazione dell'ellissoide con l'equazione della retta r, facciamo il sistema, troviamo le coordinate dei punti L, distanza di L da O al quadrato, l'inverso e otteniamo il risultato.
Per prima cosa, dobbiamo calcolare A. A è il momento di inerzia del rettangolo rispetto all'asse Ox, cioè è l'integrale doppio fatto sul rettangolo â della densitĂ Ďâ e poi dobbiamo prendere la distanza del generico punto P dall'asse delle x, se P è un punto di coordinate xy, sarĂ y e, siccome la distanza va al quadrato, y² e poi c'è il generico elemento infinitesimo di rettangolo, che sarĂ dx dy cioè il dđ.
x viaggia tra 0 e da, e y che viaggia tra 0 e b. Il dđ che va nell'integrale è dx dy, perchĂŠ è l'area del generico elemento infinitesimo, della porzione infinitesima di rettangolo. Allora, integrale tra 0 e a, integrale tra 0 e b, di Ďây² in dxdy. Ci serve anche trovare il legame tra la massa Ďâ e i lati del rettangolo, in quanto Ďâ è costante e esce dal segno di integrale. Integriamo tra 0 e a in dx e tra 0 e b y² in dy, ci ricordiamo che la densitĂ Ďâ è la massa, divisa per lâarea, quindi andiamo a sostituire, al posto di Ďâ, m su ab e poi dobbiamo fare l'integrale tra 0 ed a in dx per l'integrale tra 0 e b di y² dy. Semplifichiamo opportunamente e quindi otteniamo che mb²/3 è il risultato che cercavamo.
Adesso dobbiamo calcolare B, B è uguale a momento di inerzia del rettangolo rispetto all'asse Oy, quindi per definizione è l'integrale su â di Ďâ, questa volta la distanza di P dall'asse y vale x, Quindi il quadrato ci va per la x in dx, dy, e quindi questo è l'integrale tra 0 e a, integrale tra 0 e b di Ďâ x² dx dy. Facendo i conti, si ottiene ma²/3.
Per avere C si possono seguire due strade. La prima strada è usare un teorema della parte di teoria e che abbiamo utilizzato anche nellâesercizio 2.13, cioè il fatto che il momento dâinerzia di una distribuzione di massa rispetto ad una retta perpendicolare alla distribuzione piana, è la somma dei due momenti di inerzia che stanno nel piano. Quindi, in questo caso, avremmo che C è A + B, questo perchĂŠ la distribuzione è piana, e C è il momento di inerzia rispetto ad un asse perpendicolare al piano, quindi m/3 per a² + b². Anche C in questo modo l'avremmo calcolato.
Se vogliamo usare la definizione, si calcola C facendo di nuovo l'integrale su â di Ďâ, poi ci va la distanza del generico punto P dall'asse Oz, asse Oz che è perpendicolare alla lamina e passante per O. Quindi la distanza di P da O al quadrato, per il teorema di Pitagora, è x² + y², poi ci va il dđ che è dx dy. Dopo i calcoli, si ottiene quello che abbiamo giĂ ottenuto prima.
Per concludere ci serve Aâ, per definizione, cioè il momento di deviazione Aâ, vale l'integrale doppio di Ďâ per x per y in dx dy. Ďâ esce dal segno di integrale, integrale tra 0 ed a, integrale tra 0 e b di x y in dx dy. Al posto di Ďâ ci mettiamo l'espressione in funzione della massa, quindi m/ab, poi c'è l'integrale tra 0 ed a di x in dx, l'integrale tra 0 e b di y in dy e, quello che si ottiene facendo i calcoli, semplificando gli a al numeratore con lâa al denominatore e stessa cosa per b, ci viene m/4 a b e questo è l'ultimo dei risultati che ci servivano.
Adesso andiamo a sostituire tutte queste grandezze e scriviamo l'equazione dell'ellissoide. E questo lo dobbiamo mettere a sistema con l'equazione della retta r, che passa per l'origine e per il punto H di coordinate a, b. E quindi l'equazione di questa retta azzurra è y = b/a x e z = 0. Mettiamo a sistema l'equazione dellâellissoide con l'equazione della retta, sostituiamo le espressioni di z = 0 e y = b/a x, quindi queste le andiamo a sostituire in quella sopra.
Possiamo raccogliere x². Facendo i calcoli di questa quantitĂ tra parentesi, questo diventa â mb². La coordinata x del punto L di intersezione tra la retta r e la superficie dell'ellissoide, vale 6/mb², ricavando la xL² da sopra. Per calcolare la yL², andiamo a sostituire qui dentro la xL² e ci calcoliamo la yL².
La zL², in virtÚ del fatto che deve stare sulla retta r, questa vale 0.
Allora OL² è xL² + yL² + zL², quindi, in questo modo, abbiamo ricavato il momento di inerzia che cercavamo. Abbiamo OL², ne facciamo l'inverso, otteniamo il risultato che volevamo, cioè il momento di inerzia del rettangolo, rispetto alla retta r e questo è il risultato cercato.
Esercizio 2.17 a)
Scrivere lâequazione dellâellissoide centrale della lamina dellâesercizio precedente ed utilizzarla per calcolare i momenti dâinerzia rispetto alla retta r (bisettrice del quadrante Gxy) ed râ (diagonale del rettangolo) disegnate nella figura dellâesercizio precedente.
Il vantaggio di utilizzare questo sistema con l'equazione dellâellissoide di inerzia è il seguente.
Supponiamo adesso di volere calcolare il momento di inerzia di questa lamina rettangolare, rispetto alla retta râ, bisettrice del primo e terzo quadrante, cioè la retta r' che ha equazione x = y e z = 0.
Non dobbiamo rifarci tutto lâesercizio; dobbiamo semplicemente prendere lâequazione dell'ellissoide che ha centro sempre in O, perchĂŠ la retta r' arancio passa di nuovo per il punto O. Quindi mettiamo a sistema l'equazione dell'ellissoide con l'equazione della retta arancio.
Questi momenti di inerzia che abbiamo calcolato per la lamina rettangolare, in particolare il momento di inerzia della lamina rettangolare rispetto all'asse Ox, che coincide con uno dei suoi lati, per esempio quello di lunghezza a, vale m, massa della lamina, per la lunghezza dellâaltro lato, diviso 3. Questi li diamo per noti, cosĂŹ come il momento di inerzia del rettangolo rispetto alla retta Oy, che coincide con l'altro lato, quello di lunghezza b, varrĂ massa per il lato a, la lunghezza del lato EF², diviso 3. Il momento di inerzia della lamina rispetto all'asse Oz vale m/3 (a² + b²) e il momento A' è questo.
Esercizio 2.17 b)
Calcolare il momento dâinerzia Ag, Bg e Cg, Aâg.
Prendiamo un sistema di riferimento fatto in questo modo. Questa è l'origine che coincide con il baricentro, in questo caso. Prendiamo l'asse x parallelo al lato EF, E passante per il baricentro. Prendiamo l'asse y parallelo al lato EL, passante per il baricentro. L'asse Oz è ortogonale al rettangolo â. Supponiamo sempre che il rettangolo â abbia massa m e i due lati siano a e b.
Se io adesso volessi il momento di inerzia, diciamo AG, il momento di inerzia del rettangolo â rispetto all'asse GX, perchĂŠ se io volessi calcolare il momento di inerzia rispetto a questa retta r' sempre di equazione y = x e z = 0, dovrei scrivere l'equazione dell'ellissoide centrale, che è quello che ha per centro G.
Non mi devo rifare tutti i calcoli. Questo momento di inerzia del rettangolo rispetto all'asse GX, conoscendo il momento di inerzia del rettangolo, rispetto allâasse che abbiamo calcolato prima; lâorigine era in O, quindi OX, quello di prima, conoscendo il momento di inerzia del rettangolo rispetto all'asse OX, basta usare il teorema di Huygens inverso e quindi ci va il momento di inerzia rispetto all'asse GX, quello che abbiamo calcolato prima, meno la massa del rettangolo, per la distanza tra l'asse OX e l'asse GX al quadrato.
Di nuovo questo è un risultato che prendiamo per noto, quindi tutte le volte che dobbiamo calcolarci il momento di inerzia fatto cosÏ, usiamo questa formula.
Analogamente, se voglio il momento di inerzia del rettangolo rispetto all'asse GY, farò il momento di inerzia rispetto all'asse quello che era prima OY, in questo caso è questo asse che passa per E e per L, meno la massa per la distanza tra i due assi al quadrato. Ancora una volta questo lo consideriamo un risultato noto.
In questo modo l'ultimo CG, cioè il momento di inerzia del rettangolo rispetto all'asse GZ, lo possiamo calcolare come somma, cioè come somma di AG + BG. CosÏ facendo, riusciamo ad ottenere il risultato che volevamo.
Questo momento di inerzia rispetto all'asse GZ lo possiamo anche calcolare in questo modo, come il momento di inerzia del rettangolo rispetto all'asse Oz che abbiamo calcolato prima, meno la massa per la distanza tra i due assi GZ e Oz al quadrato.
Ci manca A'G, che lo possiamo calcolare col teorema analogo del teorema di Huygens per i momenti di deviazione; che dice che se abbiamo due sistemi di riferimento, un sistema di riferimento Gxyz e un sistema di riferimento Oxyz che sono paralleli, come in questo caso. Allora A'G = A'O - m xG yG, per un teorema che abbiamo anche dimostrato come ultima cosa della parte di teoria. Andiamo a sostituire e il risultato vedete vale 0 e quindi, da questo, siccome BâG e CâG erano giĂ 0, perchĂŠ il rettangolo è piano e quindi l'asse GZ, è giĂ principale di inerzia, in realtĂ qui abbiamo che la terna Gxyz è tutta una terna principale di inerzia.
Esercizio 2.18
Scrivere la matrice dâinerzia e lâequazione dellâellissoide per la lamina dei due esercizi precedenti rispetto ad un vertice.
Prendiamo un sistema di riferimento in cui O coincide con L e poi i vertici erano EFHL; se siamo in questa situazione, e questa è la lamina rettangolare â e dobbiamo calcolare AâL, allora questo diventa, per il teorema analogo del teorema di Huygens per i momenti di deviazione, AâG è zero, perchĂŠ lo abbiamo calcolato prima, quindi rimane solo m, per la coordinata del baricentro, e quindi in questo caso, il momento di deviazione, Aâ è è negativo.
Quindi mentre i momenti di inerzia sono per definizione delle grandezze positive o nulle, quindi non negative, i momenti di deviazione possono essere positivi, nulli oppure negativi. La lamina in questo caso sta nel secondo quadrante, il suo momento di inerzia AâL è minore di zero e i momenti di inerzia BâL e CâL sono ancora zero, sempre perchĂŠ l'asse Oz, anche in questo caso, è principale di inerzia.
Esercizio 2.19
Si consideri la figura rigida piana đŤ ottenuta saldando assieme, come in figura, le due lamine rettangolari omogenee ââ ed ââ, con ââ di massa 3m e lati 2đ e 4đ ed ââ di massa m e lati 4đ ed đ. Scelto il riferimento Oxyz come in figura, si chiede di determinare:
a) la matrice dâinerzia di đŤ rispetto ad O e al riferimento Oxyz
b) il momento dâinerzia di đŤ rispetto alle rette OA e OB
Esercizio 2.20
Si consideri la figura rigida piana đŤ = ABCDEFGH ottenuta saldando assieme le due lamine rettangolari ââ = EFKH e ââ = ABCD (vedi figura), entrambe omogenee e di massa m, di dimensioni BC = KF = 4đ, AB = 2đ, EF = đ, con AH = HD = DE = 2đ.
Preso il sistema di riferimento Oxyz come in figura con O punto medio di HD, si chiede di determinare:
a) la matrice dâinerzia della figura rispetto al riferimento Oxyz
b) il momento dâinerzia della figura rigida rispetto alla retta OF
c) il momento dâinerzia della figura rispetto alla retta normale alla lamina, passante per il baricentro G di đŤ.
Esercizio 2.21
Si consideri la figura rigida piana đŤ mostrata nella figura accanto, ottenuta saldando due lamine, una rettangolare e una circolare, indicate rispettivamente con â e đ, entrambe omogenee e di massa M ciascuna. La lamina rettangolare, di vertici A, B, C e D, ha dimensioni AB = 2đ e BC = 4đ, mentre quella circolare ha raggio đ e centro nel punto O che è posto sul lato AD ad una distanza đ da A. Come risulta evidente dalla figura, la lamina circolare si sovrappone per una metĂ a quella rettangolare. Scelto il riferimento Oxyz, con Ox parallelo ad AB AB e Oy parallelo ad AD (come in figura), si chiede di determinare la matrice dâinerzia đŤ rispetto al riferimento Oxyz.
Esercizio 2.22
Si consideri una lamina đŻ, a forma di triangolo rettangolo, omogenea, di massa m, con i cateti di lunghezza a e b.
Si chiede di calcolarne:
a) la matrice di inerzia Ja rispetto alla terna Oxyz, essendo O il vertice relativo all'angolo retto ed o Ox e Oy contenenti due cateti (come in figura);
b) la matrice dâinerzia Jg rispetto alla terna baricentrica Gxâyâzâ, avente gli assi paralleli alla terna Oxyz.
Esercizio 3.1
Studiare il moto del punto che ha le seguenti equazioni cartesiane:
x = R cos Ďt
y = R sin Ďt
Supponiamo di voler studiare il moto di un punto che ha queste equazioni cartesiane.
L'esercizio 3.1 del testo ci dice questo. Studiare il modo del punto P, che ha le seguenti equazioni cartesiane del moto. Allora, x(t) = R coseno di Ď t, y(t) = R seno di Ď t, dove R e Ď sono delle costanti positive.
Studiare il moto significa determinare, se possibile, l'equazione della traiettoria, determinare la velocitĂ in forma cartesiana e in forma intrinseca, l'accelerazione in forma cartesiana e in forma intrinseca e determinare la legge oraria, ammesso che sia possibile.
Per determinare l'equazione della traiettoria, date le equazioni cartesiane del moto, si cerca di ricavare il tempo da una delle due equazioni e poi andarlo a sostituire nell'altra, in modo da trovare una relazione che lega, in questo caso, un problema di moto piano, che lega la x alla y senza la presenza del tempo. L'equazione della traiettoria è un fatto geometrico e non cinematico, di conseguenza dobbiamo cercare di trovare la relazione tra la x e la y che sia indipendente dal tempo.
In questo caso non si deve ricavare t facendo l'arco coseno, perchÊ sarebbe inutile, ma quando si hanno espressioni in seno e coseno, la cosa da fare è elevare al quadrato membro a membro e poi sommare.
Siccome sin² + cos² fa 1, ottengo lâequazione della traiettoria. Ho ottenuto una circonferenza; dobbiamo fissare un sistema di riferimento cartesiano-ortogonale. Indichiamo con O il centro della circonferenza, gli assi x e y presi in modo tale che la circonferenza stia in questo piano, Oxy, allora il centro sta in O di coordinate 0, 0 e il raggio R. La traiettoria l'abbiamo determinata, di conseguenza quello che possiamo dire è che abbiamo a che fare con un moto circolare.
Adesso cerchiamo di vedere quanto vale il vettore velocità . Visto che abbiamo la forma cartesiana della velocità , è scrivere il vettore velocità in forma cartesiana. v sarà x punto i e y punto j, quindi i e j sono i versori della terna cartesiana i, j e k. k è un versore ortogonale al piano dello schermo.
Dobbiamo fare la derivata temporale, per la x punto e attento - R Ď sin Ď t e la y punto sarĂ R Ď coseno di Ď t.
Se adesso andiamo a sostituire queste x punto e y punto, otterremo l'espressione del vettore velocitĂ in forma cartesiana. Ă facile scriversi anche il vettore accelerazione in forma intrinseca, perchĂŠ basterĂ calcolarsi la x due punti. E in questo modo abbiamo calcolato anche l'accelerazione in forma cartesiana.
Per scrivere la velocità in forma intrinseca dobbiamo fare s punto, versore tangente. Però dobbiamo vedere chi è s punto e chi è il versore tangente. Il punto P sulla circonferenza sta qui. Questo è il raggio R della circonferenza. Fissiamo il versore tangente t, fissiamo il versore normale n, il versore della binormale sarà sempre diretto come il versore k.
Chi è s punto? Ce lo dobbiamo calcolare; s punto è uguale a ¹ la radice quadrata di x² punto+ y² punto al quadrato. La questione del segno riusciremo a scioglierla non appena abbiamo fatto i calcoli opportuni, attraverso le condizioni iniziali. Adesso facciamoci questo calcolo.
Siccome sin² + cos² fa 1, avremo Âą R Ď. Andiamo a vedere le condizioni iniziali: vediamo dove il punto P si trova all'istante iniziale. All'istante iniziale, cioè per t = 0, dove si trova il punto P? Dobbiamo dire quali sono le sue coordinate, quanto vale la x e quanto vale la y. Andiamolo a vedere nelle equazioni cartesiane.
All'istante t = 0, cioè se io qui metto 0, ottengo R coseno di 0 per la x che vale R, e R seno di 0 per la y che vale 0. Quindi all'istante iniziale il punto P si trova in R, 0, cioè all'istante iniziale il punto P si trova qui in Pâ all'istante iniziale.
Qual è la sua velocitĂ ? La sua velocitĂ l'andiamo a calcolare qua; la sua velocitĂ all'istante t = 0 vale, andiamo a sostituire 0 qui dentro, otteniamo che vale RĎj.
Se io adesso prendo il punto P, lo metto in Pâ, allora se il punto P si trova in Pâ all'istante iniziale, il suo vettore velocitĂ sarĂ questo, che vale R Ď j, ma quando P è in Pâ, il versore tangente t, coincide esattamente con il versore j, quindi t e j sono lo stesso versore. E in piĂš, questa velocitĂ scalare vale RĎ e non - RĎ. Quindi siccome all'istante iniziale la forma intrinseca del vettore velocitĂ e la forma cartesiana devono coincidere, è evidente che non potrĂ essere - RĎ, ma dovrĂ essere + RĎ.
Quindi la questione del segno viene sciolta andando a fare il confronto tra il vettore velocitĂ in forma cartesiana e in forma intrinseca, quando P si trova nella posizione iniziale.
Anche il vettore accelerazione lo possiamo scrivere in forma intrinseca come s due punti versore tangente + s² punto su Ďc, versore normale. Siccome il moto è circolare, Ďc è R.
s punto è uguale a costante, quindi un'altra informazione che abbiamo sul moto, siccome s punto è uguale a costante, allora il moto è uniforme, quindi oltre ad essere moto circolare è anche moto circolare uniforme.
La s due punti vale 0. Quindi questo termine non c'è, resta soltanto questo termine, che alla fine ci consegna il valore RĎ² versore normale e questa è l'accelerazione di questo moto circolare uniforme.
Potrei anche cercare di scrivere come è fatto il versore tangente, in funzione dei versori i e j. Questo lo faccio scrivendo v, diviso per s punto. Metto il versore v in forma cartesiana, quindi il versore v in forma cartesiana è questo. s punto che è R Ď e, di conseguenza, quello che ottengo, andando a semplificare un RĎ che raccolgo al numeratore con un RĎ che ho al denominatore, ottengo che l'espressione vale - sin Ďt, versore i + cos Ďt versore j. E quindi abbiamo l'espressione del versore tangente in funzione di i e j e la stessa cosa la possiamo fare con il versore normale n, che ricaviamo da questa relazione, facendo a in forma cartesiana, diviso per RĎ². Facendo le opportune semplificazioni, c'è meno RĎ² coseno di Ďt lungo i, - RĎ² seno di Ďt lungo j e poi lo dividiamo per RĎ², semplifichiamo l'RĎ² raccolto al numeratore con un RĎ² del denominatore, e quindi si ottiene - coseno di Ďt lungo i, - seno di Ď t lungo j e questa è lâespressione.
Esercizio 3.2
Studiare il moto del punto che le seguenti equazioni cartesiane:
Ă richiesto di studiare il moto del punto che ha queste equazioni cartesiane x(t) = R coseno di a/2 t² + Ďt e y(t) = R sin a/2 t² + Ď t, dove R, a e Ď sono delle costanti positive.
Esercizio 3.3
Di un corpo rigido sono noti, in un dato istante, la velocitĂ di un punto O e la velocitĂ angolare. Assunto un sistema di riferimento con origine in O, rispetto ad si abbia v(O) = 9 i + 18 j e Ď = 2 i - j + 2k. Verificare che nell'istante considerato lo stato cinetico è rotatorio e calcolarne l'asse.
Dato un corpo rigido, supponiamo che siano noti, in un dato istante, la velocitĂ del punto O del corpo rigido e il vettore velocitĂ angolare Ď. Questi vettori vanno rappresentati rispetto ad un sistema di riferimento cartesiano ortogonale. Prendiamo il sistema di riferimento con l'origine nel punto O, punto di cui conosciamo il vettore velocitĂ e gli assi li chiamiamo x, y e z.
Rispetto a questi assi e quindi rispetto ai versori della terna fondamentale che chiameremo sempre i, j e k, la velocitĂ del punto O del corpo rigido, vale 9ÄŤ piĂš 18j. Il vettore velocitĂ angolare Ď vale - j + 2k.
Questi due vettori, velocità del punto O del corpo rigido e vettore velocità angolare, li abbiamo rappresentati con dei dati numerici. Questa è una semplificazione che abbiamo fatto, perchÊ il vettore velocità di un punto deve avere anche un'unità di misura, quindi qui abbiamo solo il dato numerico, manca quella parte letterale che dovremmo mettere, che individuerebbe il fatto che il vettore velocità si misura in metri al secondo, cosÏ come nel vettore velocità angolare, la misura sono il tempo alla meno uno, quindi per esempio dei secondi alla meno uno. Qui li abbiamo omessi solo per alleggerire la notazione.
Ci viene richiesto di calcolare, nell'istante considerato, qual è lo stato cinetico del corpo rigido.
Senza fare nessun calcolo, vediamo che esiste, per il corpo rigido đ, in questa fotografia istantanea, perchĂŠ lo stato cinetico del corpo rigido è una situazione istantanea, sappiamo che c'è un punto del corpo rigido che ha velocitĂ diversa da zero e il vettore velocitĂ angolare, anch'esso diverso da zero. Questo subito ci permette di concludere che lo stato cinetico risultante non può essere lo stato cinetico nullo, e nemmeno lo stato cinetico traslatorio.
Non è lo stato cinetico nullo, perchĂŠ c'è almeno un punto che ha velocitĂ diversa da zero, in particolare anche il vettore velocitĂ angolare non è uno stato cinetico traslatorio, perchĂŠ deve avere vettore velocitĂ angolare zero. Quindi giĂ senza fare i calcoli abbiamo giĂ escluso due dei quattro stati cinetici. Rimane da vedere se lo stato cinetico risultante sarĂ uno stato cinetico rotatorio o elicoidale. Per fare questo, dobbiamo calcolarci l'invariante. L'invariante è il prodotto scalare tra i vettori caratteristici, in questo caso, tra la velocitĂ del punto O e il vettore velocitĂ angolare Ď. La notazione dO in dt e v(O) è equivalente. Possiamo scrivere l'una o l'altra e si individua comunque il vettore velocitĂ del punto O.
Facciamo i calcoli in esplicito. Siccome ÄŤ scalare ÄŤ fa 1, 2 per 9 fa 18, poi abbiamo che ÄŤ scalare j sono ortogonali fa 0, come ÄŤ scalare k fa 0, poi abbiamo j scalare ÄŤ che fa ancora 0, j scalare j che fa 1 e quindi ci viene -18, e infine j scalare k, che essendo ancora ortogonali fa 0.
Quindi 18 - 18, otteniamo che l'invariante è 0 e questo, assieme al fatto che il vettore velocitĂ angolare Ď Ă¨ diverso da 0 e invariante 0, ci dice che lo stato cinetico risultante è uno stato cinetico rotatorio. Dobbiamo dire qual è l'asse di istantanea rotazione, perchĂŠ è evidente che nella consegna dell'esercizio, questo punto O non è un punto dell'asse di istantanea rotazione, perchĂŠ ha velocitĂ diversa da zero. E l'asse di istantanea rotazione, dobbiamo individuarlo attraverso un punto tale per cui la sua velocitĂ sia nulla e poi la direzione è quella del vettore velocitĂ angolare. Quindi per determinare l'asse di istantanea rotazione cerco punti P di coordinate generiche nello spazio x, y, z, tali che la loro velocitĂ , cioè come punti del corpo rigido, abbiano velocitĂ nulla. Questo ci permette di trovare l'equazione dell'asse di istantanea rotazione.
In particolare, siccome P deve essere un punto generico del corpo rigido, v(P) si scrive con la formula fondamentale della cinematica rigida, attraverso la conoscenza del vettore velocitĂ del punto O.
Facciamo un po' di calcoli e usiamo il determinante simbolico per fare questo prodotto vettoriale tra Ď e il vettore P - O, quindi nella prima riga mettiamo i versori ÄŤ, j e k. Nella seconda riga mettiamo le componenti del vettore velocitĂ Ď, cioè 2, -1 e 2 e nella terza riga mettiamo le componenti del vettore posizione P - O, che saranno x, y e z. Calcoliamo il determinante, facendo lo sviluppo secondo gli elementi della prima riga. Lungo il versore ÄŤ dobbiamo fare il minore principale, che è -1 per z -2 y. Adesso passiamo al versore j, che è di posto 1, 2 e dobbiamo cambiare il segno quando calcoliamo il minore, quindi 2x - 2z e infine lungo k, sarĂ 2 per y - x per - 1. Facendo i calcoli e raccogliendo tutti gli elementi, prima lungo ÄŤ poi lungo j, poi lungo k.
AffinchĂŠ questo vettore sia il vettore nullo, devono annullarsi tutte e tre le sue componenti. Queste tre equazioni per individuare una retta sono troppe. Devono esserci due equazioni, la terza è sicuramente una combinazione lineare delle altre, infatti l'equazione numero 2 la possiamo ottenere facendo 2, moltiplicato per lâequazione â , sommata all'equazione â˘. Combinando linearmente la â con la â˘, si ottiene esattamente la âĄ, quindi la ⥠la possiamo togliere e allora l'equazione dell'asse di istantanea rotazione è la â e la â˘. Abbiamo ottenuto lâequazione dell'asse di istantanea rotazione. Quindi se prendiamo un punto P che appartiene all'asse di istantanea rotazione, applichiamo a questo punto P il vettore velocitĂ angolare Ď e otteniamo subito l'asse di istantanea rotazione.
Scegliamo per esempio un punto dell'asse di istantanea rotazione. Se prendo un punto M, dico che la x la prendo 0, tanto se assumo che x sia 0, ovviamente anche la y su questa retta è 0 e infine la z la ricaviamo e varrĂ 9. Quindi il punto 0, 0, 9 è un punto dellâasse dâistantanea rotazione. Se applico al punto M il vettore Ď individuo subito, attraverso una notazione vettoriale, l'asse istantanea rotazione.
In ogni caso con l'equazione, se rappresentiamo nello spazio, in questo sistema di riferimento questa equazione, otteniamo l'asse istantanea rotazione.
Esercizio 3.4
Di un corpo rigido sono noti, in un dato istante, la velocitĂ di un punto O e la velocitĂ angolare. Assunto un sistema di riferimento con origine in O, rispetto ad si abbia v(O) = 25 i - 50 j e Ď = 3 i + 4 j. Verificare che nell'istante considerato lo stato cinetico è elicoidale e calcolarne l'asse di Mozzi e la velocitĂ di scorrimento del corpo.
Abbiamo sempre una situazione in cui abbiamo un sistema di riferimento Oxyz, abbiamo un corpo rigido đ e di questo corpo rigido đ sono noti, in un dato istante, la velocitĂ , sempre come prima, del punto O che abbiamo assunto come origine del sistema di riferimento Oxyz e la velocitĂ angolare. In particolare, la velocitĂ del punto O vale 25ÄŤ - 50j + 50k e il vettore velocitĂ angolare Ď invece vale 3i + 4j. Quello che ci chiede il problema, come prima, è di determinare lo stato cinetico del corpo rigido in quellâistante.
Come prima, possiamo escludere lo stato cinetico nullo per gli stessi motivi di prima, perchĂŠ il punto O ha velocitĂ diversa da zero, quindi sicuramente lo stato cinetico non è nullo. Non è nemmeno lo stato cinetico risultante quello traslatorio, perchĂŠ se fosse quello traslatorio avremmo il vettore Ď uguale al vettore nullo. Dobbiamo calcolarci l'invariante e per stabilire se in quell'istante il corpo rigido è soggetto rotatorio o elicoidale, dobbiamo calcolare il prodotto scalare, dO in dt scalare Ď, cioè v(O) scalare Ď.
č scalare č fa 1, j scalare j fa 1, tutti gli altri prodotti sono nulli. 25 per 3 piÚ fa 75 e poi abbiamo - 50 per 4 che fa - 200. Quindi -125 è l'invariante, quindi trovo che l'invariante è diverso da 0 e questa è la condizione necessaria e sufficiente affinchÊ lo stato cinetico rigido sia elicoidale.
Quindi lo stato cinetico rigido è elicoidale.
Per terminare lâesercizio, dobbiamo essere in grado di dire dove si trova e che equazione ha l'asse di Mozzi e quanto vale la velocitĂ dei punti dell'asse di Mozzi. Per calcolare l'equazione dell'asse di Mozzi, cerchiamo i punti M dello spazio che hanno velocitĂ per definizione parallela al vettore velocitĂ angolare Ď. Mentre nell'esercizio precedente, lo stato cinetico era rotatorio e noi cercavamo i punti dell'asse di istantanea rotazione che avevano velocitĂ nulla, infatti andavamo a prendere il generico punto, il punto di coordinate 0, 0, 9 e lo andiamo a sostituire nel vettore velocitĂ di P, otteniamo che il vettore velocità è effettivamente il vettore nullo. In questo caso, nel caso dello stato cinetico elicoidale, la definizione di asse di Mozzi è questa. Quindi cosĂŹ troviamo l'equazione dell'asse di Mozzi. Vogliamo scrivere il vettore velocitĂ del punto M generico del corpo rigido, lo scriviamo con la formula fondamentale della cinematica rigida.
Dobbiamo scrivere il prodotto vettoriale e usiamo il determinante simbolico, quindi metto i, j e k nella prima riga. Nella seconda riga metto le componenti di Ď, quindi 3, 4 e 0. Nella terza riga metto le componenti del vettore M - O, e siccome ho coordinate 0, 0, 0 qui ci viene x, y, z. Facciamo i calcoli.
Dobbiamo sviluppare secondo gli elementi della prima riga, quindi secondo i, j e k. La prima è 25 lungo č, e poi quando facciamo questo prodotto vettoriale, abbiamo 4z - 0, quindi + 4z. Lungo j abbiamo già il -50 e poi dobbiamo calcolare j per il minore principale 3, 0, x, z, ma ha cambiato di segno, quindi qui ci viene 0 per x, -3z. Lungo k mettiamo il 50 che viene da qui, e poi utilizzeremo questo minore, 3 per y -4 per x.
Adesso dobbiamo imporre la condizione di parallelismo tra questo vettore e il vettore Ď. Per imporre la condizione di parallelismo tra due vettori le componenti omologhe devono avere il rapporto che è uguale. Quindi la componente lungo ÄŤ del vettore velocitĂ del punto M, divisa per la componente lungo ÄŤ del vettore velocitĂ angolare, deve essere uguale alle analoghe omologhe componenti lungo j e lungo k.
Il vettore velocitĂ angolare Ď non ha componente lungo k. La prima cosa da fare affinchĂŠ questi due vettori v(M) e Ď siano paralleli è che la componente lungo k di v(M) si annulla.
Abbiamo ottenuto l'equazione dell'asse di Mozzi. La prima equazione sarà 4x - 3y = 50. Se facciamo i calcoli, facendo il denominatore comune portando z al primo membro e i termini noti al secondo membro, troviamo che z = -10 è la seconda equazione, questa è l'equazione dell'asse di Mozzi rispetto al sistema di riferimento che abbiamo chiamato Oxyz.
Se adesso prendiamo un punto che sta sull'asse di Mozzi, quindi un punto le cui coordinate soddisfano queste equazioni, poi le sostituite qui dentro, otteniamo il vettore velocità del punto M. Per esempio, diciamo che la x è uguale a 0, poi ricaviamo la y che vale -50/3 e la z che vale -10 e la andiamo a sostituire qui dentro, e vediamo quanto viene la velocità dei punti dell'asse di Mozzi.
Oppure scriviamo la formula che abbiamo visto nella parte di teoria, che dĂ il vettore velocitĂ dei punti dell'asse di Mozzi attraverso il legame con l'invariante e il vettore velocitĂ angolare, e allora cosĂŹ otterremo il vettore velocitĂ dei punti dell'asse di Mozzi. Lâinvariante vale -125, diviso per il vettore velocitĂ Ď². Il quadrato del modulo di Ď vale 3² + 4², quindi 9 + 16 che fa 25 e poi qui ci va il vettore Ď. che è 3ÄŤ + 4j, quindi - 5 per 3ÄŤ + 4j è il vettore velocitĂ del punto M dell'asse di Mozzi.
Facciamo la prova, prendendo prima un qualunque punto che soddisfi questa equazione, quindi fissiamo una coordinata, la x o la y, calcolate l'altra da questa equazione, la z vale per forza - 10, sostituiamo qui dentro e avrete esattamente questo valore.
Con questi due esercizi, possiamo considerare conclusa la parte degli esercizi di cinematica del corpo rigido. Ă assegnato da risolvere lâesercizio 3.5, inoltre su Dolly ci sono altri due esercizi di cinematica del corpo rigido.
Esercizio 3.5
Di un corpo rigido đ sono noti allâistante tâ la velocitĂ vA del punto A ⥠(-1, 2, 0) e il vettore velocitĂ angolare Ď = 3i - 2 j - k.
Dire qualâè lo stato cinetico di đ, calcolandone lâasse dâinstantanea rotazione o lâasse di Mozzi a seconda che lo stato cinetico risulti rotatorio o elicoidale, nei due casi seguenti:
a) vA = j - 2k
b) vB = i + 2 j - 2k
Esercizio 3.6
Siano Oxyz e Oâxâyâzâ rispettivamente un sistema fisso ed un sistema mobile con O ⥠Oâ e gli assi Oz = Oâzâ coincidenti. Il sistema mobile ruota all'asse z con legge nota Ď = Ď(t), essendo Ď = xOxâ. Un punto P si muove sull'asse Oâxâ con legge nota xâ = xâ(t). Determinare velocitĂ ed accelerazione di P rispetto all'osservatore fisso, facendo uso dei teoremi della cinematica relativa.
Vediamo l'applicazione della parte che abbiamo visto in teoria di teorema di composizione delle velocitĂ e teorema di composizione delle accelerazioni.
Il testo di questo esercizio dice, supponiamo di avere Oxyz e Oâxâyâzâ, rispettivamente un sistema fisso, quindi Oxyz fisso o assoluto, mentre Oâxâyâzâ, un sistema di riferimento mobile o relativo, in cui ci sia Oâ coincidente con O, gli assi Oâzâ e Oz che sono coincidenti. Inoltre, supponiamo che il sistema mobile ruoti attorno all'asse z, quindi all'asse Oz, con una legge Ď = Ďt.
Lâangolo Ď Ă¨ l'angolo che l'asse xâ forma con l'asse x. Poi c'è un punto materiale P che si sta muovendo sull'asse Oâxâ con una legge nota, che è xâ = xâ(t), dove xâ è la coordinata del punto P, misurata su quest'asse xâ, e la sua coordinata xâ la misuriamo a partire da Oâ sull'asse xâ. Anche questa è una legge nota.
Il problema ci chiede di determinare velocitĂ e accelerazione del punto P rispetto all'osservatore fisso utilizzando i teoremi della cinematica relativa.
Calcoliamo v(P), usando il teorema di composizione delle velocitĂ . Il teorema di composizione delle velocitĂ dice che la velocitĂ assoluta del punto P, misurata dall'osservatore Oxyz è uguale alla velocitĂ relativa del punto P + la velocitĂ di trascinamento del punto P. Questo è un problema di cinematica relativa, in quanto la cinematica relativa risolve questo problema, cioè dati due sistemi di riferimento che sono in moto l'uno rispetto all'altro e qui ci siamo, perchĂŠ abbiamo il sistema di riferimento Oxyz fisso e il sistema di riferimento Oâxâyâzâ che sta ruotando attorno all'asse fisso zâ e poi inoltre c'è un punto P, che si muove sia sull'asse xâ, quindi si muove sia rispetto al sistema di riferimento mobile, sia rispetto al sistema di riferimento fisso. Quindi la legge con cui P si muove sull'asse xâ, quindi rispetto al sistema di riferimento mobile, è una legge nota, quindi è noto il moto del punto P rispetto all'osservatore mobile. Ă noto il moto del punto P rispetto all'osservatore mobile, è noto il moto dellâosservatore mobile rispetto a quello fisso, perchĂŠ la legge con cui l'osservatore mobile si muove rispetto all'osservatore fisso, è una legge nota.
Quello che vogliamo fare è determinare velocitĂ e accelerazione del punto P rispetto all'osservatore fisso e quindi possiamo usare il teorema di composizione delle velocitĂ . Lo possiamo usare ed è anche la richiesta che ci viene fatta dalla consegna dellâesercizio.
Cominciamo ad occuparci di vâ(P), che è la velocitĂ relativa del punto P, quindi è la velocitĂ che ha il punto P, misurata dallâosservatore mobile. Si tratta di scrivere il vettore P - Oâ, che nel sistema di riferimento mobile possiamo rappresentare come xâ, yâ. Ci ricordiamo che ci sono i versori yâ, jâ e kâ rispetto all'osservatore mobile, mentre i e j e k sono quelli dell'osservatore fisso. Se adesso io sono l'osservatore mobile e derivo questo secondo membro, l'unica cosa che dipende dal tempo è xâ, perchĂŠ se io sono l'osservatore mobile, per me iâ non dipende dal tempo, perchĂŠ è il versore, sono io stesso come osservatore e non vedo la variazione del tempo di questo iâ.
Adesso vediamo il calcolo di vđ. Per calcolare P - Oâ abbiamo due possibilitĂ :
Utilizzare la formula che ci dice che la velocitĂ di trascinamento del punto P vale dOâ in dt + Ď vettor P - Oâ. dOâ in dt è la velocitĂ dellâorigine del sistema di riferimento mobile, ed essendo questa origine coincidente con O che è un punto fisso, questo vettore velocitĂ vale 0, quindi questo non c'è. Rimane soltanto il contributo di Ď vettor P - Oâ. P - Oâ l'abbiamo giĂ visto, è il vettore posizione di P sull'asse xâ. Ď, in questa formula della velocitĂ di trascinamento, è il vettore velocitĂ angolare del sistema di riferimento mobile. Quindi Ď, in questo problema, sarĂ Ď punto k o kâ. Non importa, perchĂŠ k è uguale a kâ. Quindi questo è il vettore velocitĂ angolare del sistema di riferimento mobile e quindi andiamo a sostituire. Siccome k, vettor ÄŤâ fa jâ , avremo xâ, Ď punto, jâ. In questo modo abbiamo calcolato sia la velocitĂ relativa del punto P, sia la velocitĂ di trascinamento del punto P. Possiamo scrivere l'espressione del vettore velocitĂ del punto P. Per calcolare la velocitĂ di trascinamento, ci sono due possibilitĂ . Una è quella di usare proprio la formula.
L'altra è quella di fare riferimento al significato fisico del vettore vđ(P). Devo ricordarmi che la velocitĂ di trascinamento del punto P è la velocitĂ che il punto P avrebbe, se pensato rigidamente connesso al sistema di riferimento mobile. Quindi dovrei pensare di congelare P su quest'asse, quindi di inchiodare per esempio P sull'asse xâ e mentre l'asse xâ si muove nel suo moto di rotazione attorno all'asse zâ, andare a calcolare la velocitĂ con cui P partecipa al moto dell'asse xâ. Per fare questa operazione, dobbiamo vedere qual è la curva di trascinamento descritta dal punto P e vediamo che se P viene congelato e inchiodato su quest'asse xâ, mentre l'asse xâ ruota attorno all'asse zâ, allora la curva descritta dal punto P sarĂ una circonferenza, curva di trascinamento, non è una curva reale, perchĂŠ P in realtĂ non si muove sull'xâ, ma è una curva che il punto P descriverebbe, quindi fittizia, se fosse congelato, fissato sull'asse xâ. Quindi la curva sarebbe una circonferenza di centro Oâ, raggio xâ, e quindi facendo un disegno nel piano x, y. Facciamo un grafico nella proiezione nel piano xy o xâ yâ.C'è l'angolo Ď di rotazione con cui l'asse xâ ruota rispetto all'asse x. Il punto P è fissato in questa posizione. La curva di trascinamento, quella curva fittizia che indichiamo con Îłđ, è una circonferenza che ha centro in Oâ, raggio xâ, la coordinata di P sull'asse xâ, e l'angolo con cui P descrive questa circonferenza è proprio l'angolo Ď. Fissiamo quindi un sistema di asciutte curvilinee, quindi dobbiamo fissare una sđ, perchĂŠ sta sulla curva Îłđ, e quindi avremo che la vđ(P) sarĂ sđ punto, versore tđ, dove il versore tđ è il versore tangente alla Îłđ nel punto P. Il versore nđ sarĂ il versore normale alla curva Îłđ e poi avremo sempre il versore della binormale, quello che chiamiamo bđ, che sarĂ coincidente con sempre k, kâ, che tanto sono giĂ coincidenti. Calcoliamoci la sđ punto. Se Îłđ è la circonferenza di centro Oâ e raggio xâ, la sđ sarĂ il parametro lunghezza dâarco, quindi il raggio xâ per l'angolo Ď di rotazione, quindi a meno di costanti additive, sarĂ xâ per Ď, piĂš delle costanti che al momento non ci interessano, perchĂŠ dipendono da come abbiamo fissato l'origine degli archi, l'origine degli angoli e cosĂŹ via. Allora la derivata sđ punto; nel modo di trascinamento, la xâ è una costante, perchĂŠ P è stato vincolato rigidamente al sistema di riferimento mobile, quindi x non varia nel tempo, l'unica cosa che varia è Ď. Le costanti non vengono derivate, inoltre il versore tđ, che è sempre tangente alla circonferenza nel punto P, nel moto di rotazione di questâasse, tđ è sempre uguale a jâ. E quindi abbiamo ricavato tutto quello che ci serviva, perchĂŠ vđ(P) vale xâ Ď punto jâ ed è esattamente uguale a quello che avevamo calcolato prima, utilizzando la formula. In questo modo abbiamo ottenuto lâespressione per il vettore velocitĂ v(p).
Adesso dobbiamo calcolare l'accelerazione del punto P. Con il teorema di composizione dell'accelerazione avremo che a(P) è uguale ad aâ(P) + ađ(P), che è l'accelerazione di trascinamento del punto P + ac(P) che è l'accelerazione di Coriolis del punto P.
Partiamo dall'accelerazione relativa del punto P, che sarĂ la derivata temporale, fatta dall'osservatore mobile di questo vettore, dove se io sono l'osservatore mobile e faccio la derivata di questo oggetto c'è solo xâ punto che dipende dal tempo, perchĂŠ ÄŤâ, se io sono l'osservatore mobile non lo vedo variare nel tempo.
Calcoliamo prima l'accelerazione di Coriolis che, per definizione, vale 2 Ď vettor vâ(P). Ď Ă¨ il vettore velocitĂ angolare del sistema di riferimento mobile e quindi vale Ď punto kâ. vâ(P) lo avevamo calcolato prima e quindi andiamo a scriverlo. E siccome kâ vettor ÄŤâ fa jâ, si ottiene 2 xâ punto, Ď punto, jâ e questa è l'accelerazione di Coriolis del punto P.
Adesso ci manca l'accelerazione di trascinamento ađ(P). Ancora una volta, l'accelerazione di trascinamento si può calcolare in due modi. O con la formula che dice che l'accelerazione di trascinamento del punto P è uguale all'accelerazione del punto Oâ + la derivata di Ď fatta rispetto al tempo vettor P - Oâ + Ď vettor P - Oâ.
Il punto Oâ è un punto fisso, di conseguenza la sua accelerazione è il vettore nullo. Vediamo quanto vale la derivata di Ď fatta rispetto al tempo. Se Ď vale Ď punto k, la derivata di Ď fatta rispetto al tempo sarĂ Ď due punti k, vettor xâ ÄŤâ. Dobbiamo fare kâ vettor ÄŤâ, che per la regola del prodotto vettoriale, vale jâ e adesso dobbiamo fare questo doppio prodotto vettoriale.
Il prodotto vettoriale è un vettore, poi a sinistra moltiplichiamo per un vettore che è perpendicolare a questo e poi ancora a sinistra per un vettore che è sempre perpendicolare, quindi moltiplichiamo ogni prodotto vettoriale di questo vettore per un vettore che è ad esso perpendicolare, produce una rotazione di Ď/2 di questo vettore in verso antiorario. Il vettore P - Oâ viene ruotato di Ď/2 in verso orario con la prima moltiplicazione e poi ruotato di nuovo di Ď/2 in verso antiorario con il secondo prodotto vettoriale. Quindi questo doppio prodotto vettoriale, a meno di queste componenti scalari, diventa il vettore P - Oâ, cambiato di segno.
Se invece proviamo a fare, passo passo, i prodotti vettoriali, se facciamo kâ vettor ÄŤâ, questo fa xâ Ď punto jâ, e kâ vettor jâ fa - ÄŤâ, poi c'è xâ per Ď punto per Ď punto e abbiamo ottenuto esattamente il risultato. Adesso dobbiamo mettere assieme i tre termini che abbiamo calcolato.
Mettiamo assieme i termini che sono lungo ÄŤâ, poi mettiamo insieme i termini lungo jâ. Abbiamo ottenuto lâaccelerazione assoluta del punto P, lâespressione che ho racchiuso dentro al riquadro.
Lâaccelerazione di trascinamento l'avrei potuta calcolare anche in un altro modo, ripensiamo alla curva Îł di trascinamento, di fatto è l'accelerazione con cui P descrive questa curva Îłđ, cosĂŹ come la vđ era la velocitĂ con cui P descriveva la curva Îłđ. E allora deve essere l'accelerazione ađ, scritta in forma intrinseca.
Dobbiamo calcolare sđ , nđ e Ďcđ. sđ due punti è la derivata, quindi siccome siamo in un moto di trascinamento, xâ è costante, varia soltanto questo, quindi sarĂ xâ Ď due punti. nđ è il versore normale alla curva Îł, quindi è questo versore verde, che è l'opposto del versore lungo l'asse xâ, cioè esattamente uguale a - il versore ÄŤâ. Poi Ďcđ sarĂ il raggio del cerchio osculatore e, visto che il cerchio osculatore è la circonferenza stessa e quindi il suo raggio è esattamente xâ. Quindi ora abbiamo tutto.
Quello che avevamo ottenuto con la formula, l'abbiamo riottenuto anche pensando al significato fisico.
Con il teorema di composizione delle accelerazioni e delle velocitĂ , abbiamo ottenuto l'accelerazione assoluta del punto P e la velocitĂ assoluta del punto P che avevamo calcolato prima. Non deve destare preoccupazioni il fatto che una velocitĂ assoluta e un'accelerazione assoluta siano scritte usando questi versori, che sono i versori del sistema di riferimento mobile. Questo è dovuto soltanto al fatto che abbiamo rappresentato il vettore velocitĂ assoluta, che come significato fisico è una velocitĂ rispetto all'osservatore fisso, ma per comoditĂ l'abbiamo rappresentato nella base del sistema di riferimento mobile, che è quella piĂš comoda in cui scrivere i vettori. Ă sempre possibile scrivere il vettore velocitĂ , rappresentato nel sistema di riferimento fisso. Se io adesso guardo qual è la relazione tra ÄŤâ, jâ e i versori i e j.
Il versore i e il versore j sono questi versori neri. Invece prendiamo i versori del sistema di riferimento mobile iâ e jâ. Se scriviamo la relazione che c'è tra iâ, jâ e i versori i e j, in funzione di Ď. ÄŤâ, se lo proiettiamo su ÄŤâ e su j, ci viene il coseno di Ď lungo ÄŤ + il seno di Ď lungo j.
Se invece proiettiamo il versore jâ su ÄŤ e su j, sci viene che jâ vale - seno di Ď ÄŤ + coseno di Ď j. Andando a sostituire, se al posto di ÄŤâ e jâ in questa formula v(P), queste due espressioni, otteniamo esattamente l'espressione del vettore velocitĂ assoluta del punto P, scritta in funzione dei versori ÄŤ e j. La stessa cosa la possiamo fare per il vettore accelerazione. Se non avessimo avuto nella consegna l'obbligo, la richiesta di calcolare velocitĂ e accelerazione di P rispetto all'osservatore fisso, facendo uso dei teoremi della cinematica relativa, all'inizio dell'esercizio, avremmo potuto dire che la coordinata x del punto P vale xâ per il coseno di Ď e y vale xâ per il seno di Ď, dove Ď Ă¨ una funzione del tempo.
Possiamo dire che x è uguale a xâ per il coseno di Ď, y è uguale a xâ per il seno di Ď, di conseguenza, siccome queste sono delle xâ(t) per il coseno di Ď(t) e la y(t) una xâ(t) per il seno di Ď(t), posso scrivere il vettore velocitĂ assoluta del punto P come x punto versore ÄŤ + y punto versore j, dove la x punto è la derivata temporale di questo oggetto, che è data da xâ punto, perchĂŠ la xâ dipende dal tempo, per il coseno di Ď non derivato, e poi lascio xâ non derivato e derivo il coseno di Ď(t), e derivando il coseno, ci viene - seno di Ď e siccome Ď dipende dal tempo, ci viene un Ď punto. Analogamente, la y punto. Se adesso andiamo a mettere queste componenti, questa x punto qui dentro, questa y punto qui, e scriviamo l'espressione di v(P), otteniamo la stessa espressione che abbiamo ottenuto con il teorema di composizione delle velocitĂ , dopo aver sostituito ÄŤâ con questo vettore e jâ con questâaltro.
L'esercizio lo potevamo considerare terminato, visto che la consegna era quella di usare a teorema di composizione delle velocitĂ e delle accelerazioni, considerare terminato a questo punto.
Esercizio 3.7
Un punto P percorre il bordo di un disco rigido di raggio R con legge assegnata Ď = Ď(t). A sua volta il disco ruota una legge nota É = É(t) attorno all'asse ortogonale passante per il centro O del disco. Si chiede di determinare il moto assoluto di P.
C'è un punto materiale P che percorre il bordo di un disco di raggio R con legge nota, che è una legge assegnata che è Ď uguale a Ď(t). A sua volta, il disco ruota con una legge nota, Îą = Îą(t), attorno all'asse ortogonale, passante per il centro O del disco. Quindi anche questa è una legge nota con cui il disco ruota attorno allâasse Oâz. Voglio determinare velocitĂ e accelerazione assoluta del punto P.
Prendiamo un sistema di riferimento Oxyz, con O che coincide con il centro del disco, sistema di riferimento fisso. Poi prendiamo un altro sistema di riferimento, Oâxâyâzâ che consideriamo solidale al disco con Oâ coincidente con O. Inoltre l'asse Oz lo prendiamo coincidente con l'asse Oâ, zâ. La legge nota con cui il disco ruota attorno all'asse Oâ, zâ è data da Îą = Îą(t), perchĂŠ l'asse xâ e yâ sono solidali al disco e quindi questa è la legge con cui il disco ruota attorno all'asse Oz, quindi Îą sarĂ l'angolo che l'asse xâ forma con l'asse x. Invece la legge nota Ď = Ď(t) con cui il punto P descrive il disco, è la Ď(t), perchĂŠ questa legge nota è relativa al disco. Queste sono le informazioni che ci sono date dal problema, quindi è come al solito conosciamo, il moto di P rispetto al sistema di riferimento mobile Oâxâyâzâ, mobile solidale al disco e poi c'è questo sistema di riferimento mobile che si muove con una legge nota Îą = Îą(t).E invece la Ď = Ď(t) è quella con cui P si muove rispetto all'asse xâ.
Dobbiamo calcolare la velocità assoluta di P. Usiamo il teorema di composizione delle velocità e poi per l'accelerazione useremo il teorema di composizione delle accelerazioni. La velocità assoluta di P è uguale alla velocità relativa del punto P + la velocità di trascinamento di P.
Partiamo dalla velocitĂ relativa del punto P. Il punto P descrive una circonferenza, allora la cosa piĂš semplice è quella di fissare una sistema di ascisse curvilinee, una terna intrinseca versore tangente, versore normale, che è questo verde e poi ci sarĂ il versore della binormale, lo indichiamo come sempre in viola, che coincide con il versore k, nonchĂŠ col versore kâ che è il versore ortogonale al piano dello schermo e diretto verso di noi.
Conviene scrivere la velocitĂ relativa del punto P in forma intrinseca, sâ punto, versore tangente. Ci metto 1 nella scissa curvilinea, perchĂŠ questa è la scissa curvilinea del punto P, misurata sul bordo del disco, quindi rispetto al sistema di riferimento xâyâzâ. A meno di costanti additive, vale R Ď. Quindi la sâ punto sarĂ R Ď punto.
R Ď punto t è la velocitĂ relativa del punto P.
Adesso veniamo alla velocitĂ di trascinamento vđ(P). La possiamo scrivere sempre con la formula dOâ in dt + Ď, e in questo caso ci mettiamo l'Ď di trascinamento, Ďđ, vettor P - Oâ. Ďđ è la velocitĂ angolare del sistema di riferimento mobile. Siccome Oâ è un punto fisso, è sullâasse di rotazione, questo è il vettore nullo.
Ďđ è la velocitĂ angolare del sistema di riferimento mobile e quindi sarĂ Îą punto, versore kâ, vettor P - Oâ, che sarĂ -R per il versore n. PerchĂŠ n è il versore che punta verso Oâ, quindi P - Oâ sarĂ - R per n.
Facendo i calcoli, siccome kâ, vettor n fa -t, con il meno davanti diventa +t, quindi R Îą punto, versore tangenti ed è la velocitĂ di trascinamento del punto P.
Se volessimo calcolare la velocitĂ di trascinamento usando il significato fisico e non la formula, dovremmo scrivere vđ(P), che è uguale ad sđ punto, versore tangente. Il versore tangente è sempre lo stesso, perchĂŠ la curva Îłđ e la curva a bordo del disco, in questo caso, coincidono. Pensiamo il punto fissato sul bordo del disco, quindi questo pezzo Ď non varia piĂš, mentre il disco ruota varia soltanto Îą, e quindi sarebbe un R Îą + delle costanti. Di conseguenza lâsđ punto è R Îą punto e quindi abbiamo di nuovo lâespressione che abbiamo calcolato prima.
Quello che possiamo concludere è che la velocitĂ assoluta del punto P, è la somma di questo termine e questo. E quindi, siccome il versore è comune, questo diventa R Ď punto + Îą punto, versore tangente.
Adesso veniamo al calcolo dellâaccelerazione assoluta del punto P. Questa vale aâ, lâaccelerazione relativa del punto P, + l'accelerazione di trascinamento del punto P, + l'accelerazione di Coriolis del punto P.
L'accelerazione relativa del punto P sarĂ sâ due punti, versore tangente + sâ² punto su Ďc, versore normale. Il raggio del cerchio osculatore è il raggio del disco stesso, perchĂŠ il cerchio osculatore coincide con il bordo del disco e il versore n ce lâabbiamo. Questa è l'accelerazione relativa del punto P.
Adesso calcoliamo l'accelerazione di Coriolis. L'accelerazione di Coriolis di P vale 2Ď, che coincide con Ďđ, che è la velocitĂ angolare del sistema di riferimento mobile.
Siccome kâ, vettor t, fa il versore n, abbiamo 2R Ď punto e Îą punto versore normale. Abbiamo calcolato l'accelerazione di Coriolis.
Adesso calcoliamo l'accelerazione di trascinamento. Usiamo la formula. Oâ sta sullâasse dâistantanea rotazione, quindi Oâ è fermo e la sua velocitĂ e la sua accelerazione sono zero.
Adesso dobbiamo calcolare la derivata di Ď fatta rispetto al tempo, siccome Ď vale Îą punto, versore k, che coincide con questo Ďđ. P - Oâ è sempre - R per il versore n. Se k è ortogonale, k vettor n fa - t.
Il doppio prodotto vettoriale fa una rotazione di Ď/2 in verso antiorario ad ognuno di questi prodotti vettoriali e quindi quello che si ottiene è + R ι² punto versore normale e cosĂŹ abbiamo calcolato l'accelerazione di trascinamento.
Se vogliamo calcolarla con il significato fisico la calcolate, viene esattamente la stessa cosa. Adesso possiamo andare a vedere quanto vale finalmente l'accelerazione assoluta del punto P, perchĂŠ sarĂ la somma di questi contributi. Adesso prendiamo tutte le componenti lungo il versore tangente. Quindi tutte le componenti lungo il versore tangente mi danno R, che raccogliamo. Adesso andiamo a prendere tutte le componenti lungo il versore normale.
Questo possiamo vederlo come se fosse una giostra, quella con i cavallini, in cui c'è uno spettatore che è esterno. La giostra ruota attorno al suo asse fisso, c'è un bambino che corre sul bordo della giostra e lo spettatore esterno rappresenta il sistema di riferimento fisso. Quindi abbiamo calcolato la velocitĂ con cui il bambino percorre il bordo della giostra, rispetto all'osservatore fisso, la mamma che sta fuori che osserva quello che succede. In particolare, se la velocitĂ angolare con cui la giostra ruota, quindi questo ι punto, è uguale e opposta alla velocitĂ angolare scalare con cui il bambino percorre il bordo della giostra, lo spettatore esterno vede il bambino come se fosse fermo, perchĂŠ la velocitĂ di P, se Îą punto è uguale a - Ď punto, allora la velocitĂ assoluta è uguale a zero e inoltre, anche lâaccelerazione è 0.
Nonostante ci sia in effetti moto relativo tra il disco e il punto P, quindi tra la giostra e il bambino, la velocitĂ assoluta e l'accelerazione assoluta sarebbero nulle in questa ipotesi, altrimenti le espressioni sono quelle calcolate nel corso dellâesercizio.
Se invece volessimo risolvere questo problema, senza usare il teorema di composizione delle velocitĂ e delle accelerazioni, basta vedere che la coordinata x del punto P e la y del punto P; la x vale R per il coseno di Ď + Îą e la y vale R per il seno di Ď + Îą. Quindi possiamo ritrovare esattamente le espressioni ricavate prima, anche se bisogna prima trovare la relazione che c'è tra il versore tangente, come funzione dei versori i e j, e del versore normale come funzione dei versori i e j, e dopodichĂŠ otteniamo esattamente le espressioni che abbiamo visto prima.
Esercizio 3.8 (Base e rulletta del glifo)
Determinare per via analitica base e rulletta di un'asta rigida AB di lunghezza đ i cui estremi A e B si muovono con gli estremi vincolati a scorrere lungo due guide rettilinee ortogonali (rispettivamente asse x e asse y).
Il glifo è un'asta AB che ha lunghezza đ, la sua massa al momento non è importante, è che ha gli estremi vincolati, per esempio l'estremo A è vincolato a percorrere una guida rettilinea che possiamo per esempio assumere come asse x, l'estremo B è vincolato a percorrere un'altra guida rettilinea, che è ortogonale a quella precedente e che quindi possiamo assumere come asse y. Il punto dâincontro di queste due guide lo indichiamo con O e quindi avremo questo glifo, cioè questa asta AB di lunghezza đ che si muove nel piano Oxy. L'asse z sarĂ ortogonale al piano dello schermo e diretto verso di noi.
Quello che si vuole fare per questo glifo è determinare il centro d'istantanea rotazione, nel moto rigido piano, se il vettore velocitĂ angolare Ď Ă¨ diverso da zero, lo stato cinetico del corpo rigido è istante per istante rotatorio e lâasse dâistantanea rotazione è individuato da C, centro di istantanea rotazione, e dal vettore velocitĂ angolare Ď.
Determiniamo il centro di istantanea rotazione per via geometrica; nella lezione precedente abbiamo visto due teoremi che permettono la determinazione del centro di istantanea rotazione per via geometrica e quindi una volta determinata la posizione del centro di istantanea rotazione per via geometrica, potremo, sempre per via geometrica, cercare di individuare la base e la rulletta, cioè vedere che traiettoria genera il centro dâistantanea rotazione rispetto all'osservatore fisso, che abbiamo visto in questo caso è Oxyz e rispetto ad un osservatore mobile, solidale al corpo rigido, che al momento non abbiamo ancora individuato, determineremo l'altra curva, la traiettoria che si chiama rulletta o curva volare mobile.
Per determinare il centro di istantanea rotazione, applichiamo il primo dei teoremi che abbiamo visto per la determinazione del centro dâistantanea rotazione.
Se è nota la traiettoria di un punto della figura rigida piana, per esempio in questo caso il punto A ha una traiettoria che è nota perchĂŠ è l'asse, che noi abbiamo chiamato asse delle x, A è vincolato a percorrere una guida rettilinea. Quindi se è nota la traiettoria descritta dal punto A della figura rigida piana, allora il centro dâistantanea rotazione si trova sulla retta normale alla traiettoria del punto A, condotta per il punto A.
Quindi C, centro dâistantanea rotazione, si troverĂ su questa retta.
La conoscenza della sola traiettoria della figura rigida piana, non permette di determinare univocamente la posizione del centro dâistantanea rotazione. Se però di traiettoria dei punti della figura rigida piana ne conosciamo due, come per esempio in questo caso, perchĂŠ il punto B, l'altro estremo dell'asta AB, descrive questa retta, questa è la traiettoria. Allora per lo stesso motivo, applicando il teorema 1, diciamo che il centro dâistantanea rotazione si deve trovare anche su questa retta, perpendicolare alla traiettoria del punto B e quindi il punto di intersezione di queste due rette sarĂ il centro C dâistantanea rotazione. In questo modo siamo riusciti a individuare velocemente la posizione di C. C non è un punto della figura rigida e piana, varia la sua posizione istante per istante e noi sappiamo che è quell'unico punto del piano che ha velocitĂ di trascinamento nulla. Una volta stabilito dove si trova C, possiamo vedere come sono fatte le traiettorie descritte da C, per prima cosa rispetto all'osservatore fisso.
Per prima cosa determiniamo come è fatta la base. Qual è la traiettoria descritta da C rispetto all'osservatore Oxy? Consideriamo questo rettangolo, il rettangolo OACB. Questa figura OACB è sempre un rettangolo durante il moto del glifo, perchĂŠ quando A si sposta verso destra, il centro dâistantanea rotazione si muove, ma rimane sempre punto d'intersezione tra queste due perpendicolari. Quindi mentre A si sposta verso destra, B si sposta verso il basso e il punto C si muoverĂ , cambierĂ la sua posizione, mentre A si sposta verso sinistra, B si alza e si ha sempre una figura OACB, che è un rettangolo e C è uno dei vertici di questo rettangolo.
Questa figura ha la caratteristica che i suoi lati durante il moto del glifo varieranno, cioè OA, nel momento in cui A si sposta verso destra cresce, mentre OB diminuisce in lunghezza e viceversa, mentre A si sposta verso sinistra OA diminuirà , mentre OB si alza e quindi OB diventerà di misura maggiore.
Quelle che rimarranno costanti, saranno le diagonali di questo rettangolo. In particolare la diagonale OC che è uguale alla diagonale AB, avrĂ costantemente lunghezza đ. Qualâè la traiettoria descritta da C, in modo tale che mentre C si muove, C rimane a distanza fissa đ da un punto O, che si solito si dice centro. Quindi è esattamente la circonferenza. Quindi la base sarĂ una circonferenza di centro l'origine, quindi di centro 0, 0, e raggio đ, perchĂŠ il raggio della circonferenza resta costante, perchĂŠ OC ha sempre lunghezza đ.
Adesso invece vediamo come è possibile determinare geometricamente la traiettoria descritta dal centro dâistantanea rotazione rispetto al sistema di riferimento mobile. La prima cosa da fare è fissare il sistema di riferimento mobile. Prendiamo come origine del sistema di riferimento mobile il punto A. Questo ci sarĂ utile nel momento in cui vorremo determinare le equazioni parametriche di base e rulletta. L'origine del sistema di riferimento mobile deve essere preso in un punto, la cui traiettoria è nota e quindi A è il punto che fa al caso nostro. Poi prendiamo l'asse yâ coincidente con AB e quindi l'asse xâ lo sceglieremo in modo tale che xâ sia perpendicolare all'asse yâ e stia nel piano Oxy. Vediamo qual è la curva descritta dal centro dâistantanea rotazione durante il moto del glifo rispetto all'osservatore Oâxâyâzâ, che è perpendicolare al piano dello schermo e diretto verso di noi.
Durante il moto, il triangolo ACB, è un triangolo rettangolo in C, rimane un triangolo sempre rettangolo in C, che durante il moto, mentre A si sposta verso destro o verso sinistra e quindi corrispondentemente B si muove verso il basso o verso l'alto, è un triangolo che rimane rettangolo in C ed avrĂ i cateti che varieranno la loro lunghezza. Ma quello che rimane costante è la sua ipotenusa. Quindi, istante per istante, ACB rimane un triangolo in C con i cateti che variano la loro lunghezza. Rispetto a questo sistema di riferimento, si avrĂ che la rulletta sarĂ la circonferenza di centro; quando il triangolo rettangolo viene inscritto in una semi-circonferenza? Il centro sarĂ nel punto medio dell'ipotenusa del triangolo, indichiamolo con D, quindi centro D, che rispetto al sistema di riferimento solidale avrĂ coordinate xâ uguale a 0 e yâ = đ/2 e il raggio sarĂ đ/2, cioè metĂ della lunghezza dell'ipotenusa che rappresenta il diametro della circonferenza.
Queste sono la base e la rulletta; la base è questa circonferenza che ho indicato in azzurro, che ha il centro nell'origine è il raggio đ. La rulletta è invece la circonferenza verde che ha il centro in questo punto e il raggio đ/2. In questo modo abbiamo determinato per via geometrica queste due curve.
Abbiamo visto però che è possibile determinare le equazioni parametriche della base e della rulletta, utilizzando le forme che abbiamo dimostrato nella lezione precedente.
Indicando con Ξ e Ρ le coordinate del centro dâistantanea rotazione rispetto all'osservatore fisso, avremo che Ξ è uguale ad a, - db in dĎ e che Ρ è uguale a b + da in dĎ. Queste sono le equazioni parametriche della base.
a e b sono le coordinate dell'origine del sistema di riferimento mobile, misurate dallâosservatore fisso, cioè del punto Oâ. a e b sono funzioni dell'angolo Ď, che rappresenta l'angolo formato dall'asse xâ solidale al corpo rigido, con l'asse x che è un asse fisso. L'angolo Ď quindi è anche l'angolo che il raggio vettore a - b forma con la direzione negativa dell'asse y. Per questo motivo potremmo dire che a è đ per il seno di Ď, cioè la coordinata x del punto a, b è la coordinata y del punto a, quindi vale 0.
Avendo bisogno anche delle derivate, la derivata di a rispetto a Ď, vale đ per il coseno di Ď, la derivata di b rispetto a Ď invece vale 0. Siamo pronti a scrivere le equazioni parametriche della base, cioè avremo che la Ξ è uguale ad a, quindi đ sinĎ, - db in dĎ, che è zero, quindi questo termine non câè. E poi avremo che la Ρ è uguale a b, che è 0, quindi questo termine non c'è, rimane da in dĎ, che vale đ cosĎ.
Queste sono le equazioni parametriche della base. Scritte in questo modo però non è che immediatamente vediamo che queste equazioni parametriche sono le equazioni di questa curva. Conviene scriverle nella forma cartesiana e quindi elevare al quadrato membro a membro, siccome sin² + cos² vale 1 per le note formule trigonometriche, avremo x² + Ρ² = đ². E questa è l'equazione cartesiana di una circonferenza, questa è l'equazione della base che è una circonferenza di centro O e raggio đ.
Adesso cerchiamo di determinare le equazioni della rulletta. Se indichiamo con Ξâ e Ρâ le coordinate del centro dâistantanea rotazione C, rispetto a questo sistema di riferimento quindi la Ξâ e la Ρâ, allora avremo che la Ξâ è uguale a da in dĎ per il seno di Ď, meno db in dĎ coseno di Ď, Ρâ invece vale da in dĎ per il coseno di Ď + db in dĎ per il seno di Ď. Per come sono fatti a e b, e quindi da in dĎ e db in dĎ, si vede subito che db in dĎ Ă¨ 0, quindi questi due termini non ci sono, e di conseguenza, quando andiamo a scrivere le coordinate Ξâ e Ρâ per avere le equazioni parametriche della rulletta, avremo che da in dĎ per seno di Ď fornisce đ cosĎ per sinĎ e invece Ρâ sarĂ đ cosĎ per cosĎ, cioè đ cos²Ď.
Quando abbiamo visto le equazioni parametriche della base, forse una qualche idea che fosse l'equazione parametrica, in funzione del parametro Ď di una circonferenza, potevamo avere qualche indicazione, vedere che questa scritta cosĂŹ è l'equazione parametrica di questa circonferenza risulta piĂš difficile, quindi quello che facciamo è cercare di nuovo l'equazione cartesiana e quindi dobbiamo andare a trasformare queste equazioni, usando le formule di duplicazione, cioè seno di 2Ď vale 2senĎcosĎ e il coseno di 2Ď Ă¨ uguale a 2 cosÂ˛Ď -1. senĎcosĎ Ă¨ seno di 2 Ď/2 e il cosÂ˛Ď diventa il coseno di 2Ď + 1, diviso per 2.
Se eleviamo al quadrato e sommiamo membro a membro, siccome sin²2Ď + cos²2Ď fa 1, rimane đ²/4. Questa è l'equazione cartesiana della rulletta e questa è l'equazione di una circonferenza che ha il centro nel punto di coordinate 0 e đ/2 e il raggio ovviamente đ/2.
E cosĂŹ siamo riusciti a ricavare le equazioni delle due curve, base e rulletta, che avevamo visto in precedenza.
Durante il moto del glifo, base e rulletta rotolano senza strisciare l'una sull'altra, rimanendo istante per istante tangenti nel loro punto di contatto. Per quanto riguarda lo studio del moto del glifo, questo può essere studiato attraverso il moto della rulletta sulla base, tenendo presente che curve sono.
Esercizio 4.1
Considerato questo sistema di forze, si chiede di stabilire a quale sistema elementare è equivalente.
Supponiamo di avere un sistema di forze Ps, Fs, con s = 1, 2, 3, cioè abbiamo un sistema di tre forze. Supponiamo di avere un sistema di riferimento Oxyz di versori fondamentali Ii, j e k e rispetto a questo sistema di riferimento, supponiamo che il punto Pâ abbia coordinate (3, 2, 1) e il vettore Fâ della prima forza sia il vettore 2 ÄŤ - 2j + 6k poi il punto Pâ supponiamo che abbia coordinate (5, 0, 7) e il vettore della forza Fâ vale meno - 3 ÄŤ - 4j - k. Infine, il punto Pâ, punto d'applicazione della terza forza, ha coordinate (2, 4, -6) e come vettore Fâ sarĂ ÄŤ + 6j - 5k. Questo è il sistema delle tre forze che consideriamo e vogliamo classificare questo sistema di forze.
La prima cosa che facciamo è calcolare il vettore risultante. Il vettore risultante è un vettore libero, dobbiamo fare la somma dei vettori delle forze, quindi s che va da 1 a 3, sommatoria degli Fs, quindi in particolare faremo Fâ + Fâ + Fâ, sommiamoli per componenti omologhe e quindi lungo la prima componenti abbiamo 2 - 3 + 1, questa lungo la componente ÄŤ, che è 2 ÄŤ - 3 ÄŤ + ÄŤ e poi andiamo lungo la componente j, abbiamo -2 - 4 + 6 e infine, lungo la componente k, avremo +6 - 1 - 5.
La prima componente è nulla, come tutte le altre, quindi troviamo che il vettore risultante è il vettore nullo. Quali sono i sistemi di forze che hanno vettore risultante 0? Sono il sistema nullo e la coppia. Quindi, per capire se questo sistema di forze è equivalente al sistema nullo o ad una coppia, dobbiamo calcolare il momento risultante. Quindi dobbiamo calcolarci âŚ(O), che sarĂ la sommatoria per s che va da 1 a 3, di Fs vettore O - Ps. O è l'origine del sistema di riferimento e quindi è il punto di coordinate (0, 0, 0). Usiamo i determinanti simbolici, quindi mettiamo ÄŤ, j, k per il primo prodotto vettoriale, cioè quando facciamo Fâ, vettor O - Pâ, mettiamo ÄŤ, j e k. Poi ci mettiamo le componenti del primo vettore, quindi 2 - 2 e 6. Nella terza riga mettiamo le componenti di O - Pâ e quindi metteremo - 3, - 2 e - 1. E questo è il primo prodotto vettoriale.
Nel secondo prodotto vettoriale, ci sarĂ Fâ vettore O - Pâ, quindi -3, -4, -1, che sono le componenti lungo ÄŤ, lungo j, lungo k di Fâ, vettor O - Pâ, quindi -5, 0, -7. Infine l'ultimo prodotto vettoriale, ÄŤ, j, k, come componenti di Fâ ci sono 1, 6 e - 5, e O - Pâ sarĂ - 2, - 4 e + 6. Facciamo i calcoli.
Lungo č abbiamo - 2 per - 1 che fa +2, +12, quindi fa + 14 č. Adesso dobbiamo vedere lungo j questo primo prodotto vettoriale, è il posto 1, 2, quindi cambia segno, per cui sarà -18 + 2, che fa - 16, quindi - 16j. Infine lungo k, questo sarà il minore, quindi 2 per - 2 che fa - 4, - 6 che fa - 10. Quindi questo è un - 10k. E cosÏ abbiamo terminato il primo prodotto vettoriale.
Adesso passiamo al secondo. Lungo ÄŤ abbiamo - per - piĂš, quindi 28 ÄŤ, quindi + 28 ÄŤ. lungo j abbiamo + 5 - 21, che fa - 16 lungo j, e infine lungo k questo fa 0 e diventa - 20k.
Adesso resta l'ultimo prodotto vettoriale, che lungo ÄŤ ci fornisce + 16 ÄŤ, lungo j ci viene + 4j e lungo k ci viene + 8k. Adesso dobbiamo sommare assieme le componenti omologhe, quindi partiamo dagli elementi lungo ÄŤ, + 14 + 28 + 16, fa 58 ÄŤ e poi prendiamo gli elementi lungo j, che sono - 16j - 16 j + 4 j e questo fa - 28 j. Infine abbiamo le componenti lungo k, che sono - 10k, - 20 k e + 8 k e questo da - 22 k.
Il momento risultante del sistema di forze è diverso dal vettore nullo, quindi cosa possiamo concludere? Il vettore risultante nullo, il momento risultante è diverso dal vettore nullo è allora questo ci permette di concludere che il sistema di forze è equivalente ad una coppia. Una qualunque coppia di momento âŚ(O) = 58 ÄŤ - 28j - 22k e le coppie che hanno questo momento sono infinite.
Esercizio 4.2
Considerato questo sistema di forze piane, si chiede di far vedere che il sistema è equivalente ad una forza e quindi di determinare l'asse centrale.
Dato un sistema di forze piane, quindi tutte le forze stanno in un piano, e supponiamo che il piano in cui si trovano le forze sia il piano Oxy di un sistema di riferimento Oxyz.
Se un sistema di forze è piano, questo sistema di forze ha sempre l'invariante nullo. Se un sistema di forze ha tutte le forze che stanno in un piano, sicuramente il vettore risultante sta in quel piano. E quando calcoliamo il momento risultante, per definizione di momento risultante, sono questi prodotti vettoriali, otteniamo che il momento risultante ha una direzione perpendicolare al piano e quindi vettore risultante nel piano delle forze, momento risultante ortogonale al piano, l'invariante è sicuramente 0.
Senza neanche sapere qual è il sistema di forze piane con cui dobbiamo lavorare, ma soltanto per il fatto che abbiamo l'informazione che tutte le forze stanno in un piano, siamo sicuri che il sistema di forze non potrà essere equivalente ad una forza + una coppia, quindi potrebbe essere o equivalente al sistema nullo, o equivalente ad una sola forza, o equivalente ad una coppia.
Prendiamo in considerazione qual è il sistema di forze Ps, Fs, supponiamo che siano tre le forze, e vediamo di andare a fare i calcoli.
Il punto Pâ nel sistema di riferimento in esame ha coordinate 5, -2, evitiamo di mettere la z, perchĂŠ sta nel piano. Il vettore della forza Fâ è ÄŤ + j. Il punto P ha coordinate 3, 0, e il vettore Fâ della forza è 3 ÄŤ - 4j. Infine il punto Pâ ha coordinate nel piano 1, -3 e il vettore Fâ della forza è ha coordinate -2 ÄŤ + 6j.
Questo è il sistema delle tre forze; calcoliamo il vettore risultante. Siccome già sappiamo che l'invariante è 0, se troviamo che il vettore risultante è non nullo, allora possiamo già concludere, perchÊ la condizione necessaria e sufficiente affinchÊ un sistema di forze sia equivalente ad una sola forza, è che l'invariante sia zero e che il vettore risultante sia diverso dal zero. In quel caso, senza far ulteriori calcoli, diciamo che il sistema di forze è equivalente a una forza. Se invece trovassimo che il vettore risultante è 0, allora dobbiamo calcolare anche il momento risultante e poi se il momento risultante è nullo, allora il sistema di forze ha R = 0, ⌠= 0, quindi è equivalente al sistema nullo. Se invece troviamo che il vettore momento risultante fosse diverso da 0, allora sarà equivalente ad una coppia.
Facciamo i calcoli. La componente lungo ÄŤ sarĂ 1 + 3 - 2 e la componente lungo j sarĂ + 1 - 4 + 6. 1 + 3 - 2 fa 2 ÄŤ, 1 - 4 + 6 fa + 3j, il vettore risultante è diverso dal vettore nullo, possiamo concludere che attraverso questa informazione, che l'invariante è 0, e il vettore risultante è diverso da 0, concludiamo che il sistema di forze è equivalente ad una sola forza. Dobbiamo dire come è fatta la forza. Quell'unica forza a cui il sistema di forza è equivalente sarĂ data dal punto A di applicazione e il vettore della forza sarĂ proprio R, cioè 2 ÄŤ + 3j. Ma chi è A? A è un punto qualunque dell'asse centrale. Come è definito l'asse centrale, nel caso in cui il sistema di forze sia equivalente ad una forza? Eâ il luogo geometrico dei punti A dello spazio, tali che il momento del sistema di forze, calcolato con polo in A sia nullo. Quindi questo rappresenta la definizione dell'asse centrale. Andiamo a calcolare l'asse centrale. Dobbiamo imporre che âŚ(A), sommatoria per s che va da 1 a 3 di Fs, vettor A, dove A è questo punto, - Ps, questo sia uguale al vettore nullo.
Calcoliamo âŚ(A) e poi imponiamo questa uguaglianza a 0. Facciamo i prodotti vettoriali ÄŤ, j, k, poi ci va Fâ, che ha componenti 1, 1, 0, vettor A, -Pâ. A ha coordinate x, y, z, Pâ ha coordinate 5, - 2 e 0. Diventa x - 5 lungo ÄŤ, poi y + 2 e z - 0. Facciamo il secondo prodotto vettoriale, ÄŤ, j e k. Le componenti di Fâ sono 3 -4 e 0 e poi avremo A - Pâ, quindi avremo x - 3, y - 0 e z - 0. Infine l'ultimo prodotto vettoriale è Fâ vettor A - Pâ avrĂ - 2, 6, 0 nella seconda riga, che sono le componenti del vettore Fâ e A - Pâ sarĂ x - 1, y + 3 e z - 0, cioè z.
Prima metto tutte le componenti lungo ÄŤ e poi tutte quelle lungo j e poi infine tutte quelle lungo k. Prima componente lungo ÄŤ, ci sarĂ 1 per z, - 0, quindi z, - 4z e infine + 6z come ultimo contributo lungo il versore ÄŤ.
Lungo j abbiamo 0 per questo che fa 0, - z. Quindi - z, poi abbiamo 0 per x - 3 che fa 0, - 3z e infine c'è il + 2z, che viene da questo 0 per x - 1 + 2z e questa è la componente lungo j, infine abbiamo la componente lungo k questa è un po' piÚ laboriosa, abbiamo y + 2 - x + 5, poi abbiamo 3y + 4, che moltiplica x - 3, infine l'ultima ci viene - 2y, - 6 - 6x + 6, questa lungo k.
Facciamo le somme, lungo č abbiamo z - 4z + 6z, che ci viene 3z, lungo j ci viene - 2z. E infine, lungo k abbiamo - 3x, perchÊ abbiamo messo assieme questa, questa e questa, poi lungo y c'è questo termine, questo termine, questo termine, e infine lungo i termini noti, abbiamo questo, questo questo e questi due che si elidono. Quindi avremo - 3x + 2y - 5, questo lungo k. Questo momento dev'essere il vettore nullo.
AffinchĂŠ questo sia il vettore nullo, deve vedere nulle le sue componenti, quindi z = 0 che permette di annullare sia la componente lungo ÄŤ, sia la componente lungo j e infine questa componente che deve essere nulla, - 3x + 2y - 5 = 0. Quindi questa è lâequazione dell'asse centrale.
L'asse centrale è una retta che appartiene al piano in cui stanno tutte le forze, e il generico punto A, avrà coordinate per esempio, decidiamo che la prima è una x, allora la y la andiamo a ricavare da qui, e quindi la y viene fuori che vale 3/2 x + 5/2 e infine la z vale 0.
Quindi se prendiamo questi punti A, aventi queste coordinate, il sistema di forze è equivalente ad una sola forza, dove i punti d'applicazione hanno queste coordinate, cioè stanno sull'asse centrale, e il vettore R della forza è 2 č + 3j.
Se abbiamo un corpo rigido, su cui agiscono questo sistema di tre forze, se a questo sistema di forze, sostituiamo quest'unica forza, gli effetti meccanici sono i medesimi. Questo non è vero, che gli effetti meccanici siano gli stessi se il corpo non è rigido.
Altro metodo
Per arrivare al risultato, avremmo potuto usare anche un altro metodo, che è quello di calcolare, come abbiamo fatto, il vettore risultante, poi calcolare il momento risultante con polo in O, senza fare il discorso che abbiamo fatto allâinizio, del fatto che l'invariante è nullo perchĂŠ il sistema di forza è piano, quindi il metodo che abbiamo visto nell'esercizio precedente, poi calcoliamo l'invariante e a quel punto, una volta che abbiamo l'invariante nullo e il vettore risultante è diverso da 0, questo non diventa uguale a 0 e quindi dobbiamo trovare quei punti A di coordinate x, y, z tali che âŚ(A) sia uguale a 0, ma siccome abbiamo giĂ calcolatoâŚ(O), basterĂ scrivere che âŚ(A) = âŚ(O) + R vettor A - O e imporre che questo sia uguale a zero.
Facciamo i calcoli e si arriva allo stesso risultato.
Esercizio 4.3
Considerato questo sistema di forze, si chiede di far vedere che il sistema è equivalente ad una forza ed una coppia, quindi di determinare l'asse centrale e il momento rispetto ai punti di tale asse.
Supponiamo di avere un sistema di tre forze, che è un numero tale da permettere di non fare troppi calcoli e avere un sistema sufficientemente generale da poterlo classificare.
Supponiamo che, rispetto a un sistema di riferimento Oxyz di versori fondamentali ÄŤ, j e k, il punto Pâ abbia coordinate 1, 0, 0 e il vettore Fâ sia il vettore 3 ÄŤ + j - 2k.
l punto Pâ supponiamo che abbia coordinate 1, 1, 1. Il vettore Fâ invece è - ÄŤ + 2k. Infine, il punto Pâ ha coordinate 1, 2, - 3 e il vettore Fâ è il vettore ÄŤ + j -k.
Vogliamo classificare il sistema di forze cosĂŹ fatto.
In questo caso il sistema è generico, ci chiediamo a quale dei sistemi elementari di forze questo sistema di forze sia equivalente. Ci calcoliamo il vettore risultante, sommiamo 3 č - č + č, quindi 3 - 1 + 1 lungo č, lungo j vedete + 1+1 lungo j e infine, lungo k abbiamo - 2 +2 - 1.
-1 + 1 se ne vanno, rimane un 3 ÄŤ + 2 j, questi - 2 + 2 se ne vanno, - k e abbiamo trovato un vettore risultante diverso dal vettore nullo.
Quindi, vettore risultante diverso dal vettore nullo, o il sistema di forze è equivalente ad una sola forza o è equivalente ad una forza + una coppia. Dobbiamo andare a calcolare, per vedere se siamo in questo caso o in questo caso, dobbiamo calcolarci il momento âŚ(O), dove O è l'origine del sistema di riferimento, quindi il punto di coordinate 0, 0, 0.
Calcoliamo âŚ(O) e facciamo i prodotti vettoriali, abbiamo ÄŤ, j e k, poi mettiamo il vettore Fâ con le sue componenti che sono 3, 1 e - 2, poi mettiamo O - Pâ, che sarĂ -1, 0, 0.
Adesso dobbiamo fare Fâ vettor O - Pâ, quindi avremo il vettore Fâ, quindi - 1, 0 e 2 e poi O - Pâ che è - 1, - 1, - 1. L'ultimo prodotto vettoriale è 1, 1, - 1, che sono le componenti del vettore Fâ e infine O - Pâ, - 1, -2 e 3.
Prima mettiamo tutte le componenti lungo č, poi quelle lungo j, poi quelle lungo k. Componente lungo č, il primo contributo, siccome questi sono zero, non c'è, è zero. Secondo contributo, 0 per - 1 che fa 0 e poi - per fa +, quindi 2 č. Contributo lungo č di quest'ultimo prodotto vettoriale è 3 - 2, che fa 1, quindi 2 + 1, questa è la componente lungo č. Adesso siamo alla componente lungo j, abbiamo - 2 per - 1, che fa + 2, poi abbiamo 2 per - 1 che fa - 2 - 1, che fa - 3. Infine la componente lungo j di questa parte è 1 - 3, che fa - 2.
Adesso andiamo alla componente lungo k, che ci viene 1 + 1 -1. 3 ÄŤ, poi questo e questo se ne vanno, - 3j, questo e questo se ne vanno, + k. Troviamo un momento risultante che è diverso da zero, e allora ancora non possiamo concludere, non sappiamo se ci troviamo qui o qui. PerchĂŠ la condizione necessaria e sufficiente affinchĂŠ il sistema di forze sia equivalente ad una forza è che R sia diverso da zero e l'invariante sia nullo, in questo caso non possiamo saperlo, perchĂŠ abbiamo trovato un âŚ(O) diverso da zero, e invece condizione necessaria e sufficiente affinchĂŠ il sistema di forze sia equivalente ad una forza + una coppia, è che l'invariante sia diverso da zero. Quindi dobbiamo calcolare lâinvariante.
L'invariante sarĂ R scalare âŚ(O), cioè 3 ÄŤ + 2j - k, scalare 3 ÄŤ - 3j + k. ÄŤ scalare ÄŤ fa 1, j scalare j fa 1, k scalare k fa 1 fa 1, mentre tutti gli altri prodotti, ÄŤ scalare j, j scalare k, ÄŤ scalare k sono tutti 0, quindi quello che otteniamo è 3 per 3 che fa 9, - 2 per 3 che fa - 6 e - 1 per + 1 che fa - 1, quindi 2 diverso da 0 è
Il fatto che l'invariante sia diverso da zero ci permette di concludere che il sistema di forze è equivalente ad una forza + una coppia, perchĂŠ abbiamo trovato l'invariante diverso da zero. Se avessimo trovato invariante nullo e vettore risultante diverso da zero, allora avremmo concluso che il sistema di forza è equivalente ad una sola forza. Ma abbiamo trovato invariante diverso da zero, perchĂŠ vale 2, quindi il sistema di forze è equivalente ad una forza + una coppia. Quale forza? La forza di punto d'applicazione A, e vettore R cioè 3 ÄŤÂ + 2j - k, cioè vettore risultante. La coppia quale? Una qualunque coppia che deve avere momento, il momento deve essere quello parallelo al vettore risultante, quindi non può essere questo, che non è parallelo a questo. E allora per trovare il momento, siccome questi punti A di applicazione della forza stanno sull'asse centrale, cioè sono A di coordinate x, y, z, tali che âŚ(A) sia parallelo al vettore risultante, cioè quindi questo è l'asse centrale, allora la coppia deve essere una qualunque coppia che ha momento âŚ(A), che è per forza parallelo ad R.
Si tratta quindi, per finire l'esercizio, di capire come sono fatti i punti A, di trovare l'equazione dell'asse centrale e quindi di determinare il momento âŚ(A). âŚ(A) sarĂ âŚ(O), che l'abbiamo giĂ calcolato, + R vettor A - O. âŚ(O) è 3 ÄŤ - 3j + k, +, mettiamoci il prodotto vettoriale, ÄŤ j k, poi qui ci dobbiamo mettere le componenti del vettore R che sono 3, 2, -1 e infine A meno O, A è il punto di coordinati x, y, z, O è l'origine, quindi x, y, z.
Facciamo i calcoli per questo âŚ(A). La prima componente lungo ÄŤ è 3, e la componente lungo ÄŤ che viene da qua è 2z + y, poi c'è la componente lungo j che è - 3 e lungo j abbiamo quindi - x - 3z, infine lungo k c'è + 1 + 3y - 2x. Questo vettore deve essere parallelo al vettore R. AffinchĂŠ due vettori siano paralleli, devono avere le componenti omologhe che stanno in rapporto costante. Quindi diciamo che 3 + 2z + y, che è la componente lungo ÄŤ del vettore âŚ(A), divisa per 3, deve essere uguale alla componente lungo j - 3 - x - 3z, questa componente, fratto 2. E analogamente, 3 + 2z + y, diviso 3 deve essere anche uguale al rapporto tra questa componente e questa, quindi 1 + 3y - 2x, diviso per - 1.
Si fanno i calcoli e quello che si ottiene è 3x + 2y + 13z + 15 = 0, 3x - 5y - z - 3 = 0 e questa è l'equazione dell'asse centrale. Cioè se prendiamo i punti su questa retta, per esempio su questo asse centrale, allora i punti A, per esempio la x del punto A vale 0, e calcoliamo da qua la y e la z, mettendo x = 0, troviamo i punti A, che sono i punti d'applicazione di questa forza. DopodichĂŠ il vettore âŚ(A), andando a sostituire il valore di un punto, x = 0 e la y e la z che troviamo, otteniamo quanto vale âŚ(A).
Se invece lo vogliamo con la formuletta âŚ(A), è dato dallâinvariante, diviso R² per il vettore R. L'invariante vale 2. il modulo del vettore R al quadrato vale 3 per 3, 9, + 2 per 2, 4, 9 + 4, che fa 13, + 1, 14, quindi qui abbiamo diviso 14, per il vettore R, che è 3 ÄŤ + 2j, - k. E quindi semplificando, ci viene un 7 e qui un 1, 1/7 per 3 ÄŤ + 2j - k e questo è il momento âŚ(A), quel momento che rappresenta il momento della coppia, cioè la coppia è quella che ha momento 3/7 ÄŤ + 2/7 j - 1/7 k, quindi una forza piĂš una coppia. Questa è la forza e la coppia è quella che ha questo momento.
E cosĂŹ abbiamo terminato l'esercizio.
Esercizio 4.4
Si consideri la forza piana
Data la forza piana di punto dâapplicazione P e vettore F della forza y ÄŤ + 2x j, dove x e y sono le coordinate del punto P nel piano dove, come piano, prendiamo il piano coincidente al piano Oxy di un sistema di riferimento Oxyz.
Ci viene richiesto di calcolare il lavoro finito compiuto da questa forza, P, F quando il punto P si sposta dall'origine O del sistema di riferimento, di coordinate 0, 0, al punto A, che ha coordinate 1, 2, percorrendo le seguenti curve:
La retta che congiunge O con A
La parabola di equazione y = 2x²
La spezzata costituita dai tratti rettilinei OB ⪠BA con B ⥠(1, 0)
La spezzata costituita dai tratti rettilinei OC ⪠CA con C ⥠(0, 2)
Ci viene richiesto di calcolare il lavoro compiuto da questa forza P, F, forza piana, quando il punto P si sposta da O fino al punto A. La prima cosa da fare è rappresentare questo piano, quindi qui abbiamo il piano Oxy. Il punto O ha coordinate 0, 0. Il punto A ha coordinate 1, 2.
Dobbiamo considerare la retta che congiunge il punto O al punto A. Poi avremo la parabola che congiunge sempre il punto O al punto A. E infine avremo le due spezzate, quella che va da O a B e poi da B ad A. Il punto B ha coordinate 1, 0 e poi ci sarebbe anche l'altra spezzata, che è quella che va da O a C e poi da C a A, dove C sarebbe il punto di coordinate 0, 2.
Per calcolare questo lavoro, per andare da O a A, siccome tutte le curve, quella nera, quella rossa, azzurra e quella verde, hanno lo stesso punto di partenza e lo stesso punto d'arrivo, se la forza fosse conservativa, allora ammetterebbe potenziale; il lavoro finito, compiuto dalla forza conservativa per andare da un punto iniziale ad un punto finale è la differenza di potenziale tra il potenziale nella posizione finale e il potenziale nella posizione iniziale. Se la forza fosse conservativa, per rispondere a queste 4 domande, si risponderebbe con un unico passaggio, cioè calcolando la funzione potenziale e facendo la differenza di potenziale tra il potenziale in A e il potenziale in B.
La prima cosa che osserviamo è che questa forza è posizionale, in quanto il vettore della forza dipende solo dalla posizione del punto P, quindi in quanto forza posizionale, se non è conservativa, questi 4 lavori dovrebbero avere 4 espressioni diverse, andrebbero calcolati ciascuno sulla curva che ci viene indicata, perchÊ in questo caso se la forza è solo posizionale, ma non conservativa, il lavoro dipende dalla traiettoria che congiunge la posizione iniziale alla posizione finale.
Come facciamo a vedere se una data forza è conservativa? La forza deve essere posizionale e questo è, la forza è posizionale perchÊ se pensiamo al vettore F della forza, scritto con le componenti Fx č + Fy j, abbiamo che la componente Fx del vettore della forza è vale y, la componente Fy del vettore della forza vale 2x e quindi questa forza è posizionale.
A questo punto dobbiamo verificare se esiste una funzione potenziale U, tale che il dL, cioè il lavoro reale infinitesimo compiuto da questa forza, che vale Fx dx + Fy dy, è il differenziale esatto della funzione potenziale. Quindi mi chiedo se questo lavoro reale infinitesimo possa essere scritto come il differenziale esatto di una funzione.
L'analisi matematica ci insegna che affinchĂŠ questo lavoro reale infinitesimo sia esprimibile come un differenziale esatto, allora dobbiamo avere che il dominio deve essere semplicemente connesso e la semplice connessione del dominio in â², come è questo caso, cioè nel piano, significa che il dominio non deve avere buchi e inoltre dobbiamo verificare l'ipotesi di chiusura della forma differenziale, cioè si tratta di verificare che la derivata parziale di Fx fatta rispetto a y sia uguale alla derivata parziale di Fy fatta rispetto a x. Se si verifica che il dominio è semplicemente connesso; assieme allâipotesi di chiusura, c'è anche la semplice connessione del dominio, allora possiamo concludere che la forza è conservativa.
Il dominio è semplicemente connesso perchĂŠ è tutto â², perchĂŠ la y viaggia su tutto â, la x su tutto â, quindi il dominio è semplicemente connesso. Adesso verifichiamo cosa succede quando faccio la derivata della Fx fatta rispetto ad y. La derivata parziale fa 1. Vediamo cosa succede quando faccio la derivata parziale della Fy fatta rispetto a x, vale 2. Le due derivate parziali in croce hanno due valori diversi, quindi la derivata parziale della Fx fatta rispetto a y è diversa dalla derivata parziale della componente Fy fatta rispetto a x, e questo mi permette di concludere che la forza P, F, pur essendo posizionale, non è conservativa.
Dobbiamo quindi calcolarci questi quattro lavori, caso a), b), c) ed d), utilizzando le curve, facendo gli integrali curvilinei.
a) La curva è una retta, questa retta nera, che congiunge il punto O con il punto A. La retta che congiunge l'origine con il punto A di coordinate 2, 1 è la retta di equazione y = 2x.
Dobbiamo calcolare il lavoro, indicato con pedice A, che significa che stiamo calcolando il lavoro lungo la curva nera. Questo è l'integrale fatto sulla curva che congiunge O con A, quindi scrivo il segmento OA, integrale curvilineo del dL. Il dL è y dx + 2x dy, quindi avremo che questo è l'integrale sul segmento OA di y in dx + 2x in dy; vediamo di parametrizzare la retta y = 2x; quando x viaggia tra 0 e 1, allora la y vale 2x. Inoltre avremo che quindi il dy, se y è uguale a 2x, vale 2dx. Questo integrale diventa l'integrale parametrizzato in x, l'integrale tra 0 e 1 di y dx, ma questa y vale 2x. Quindi ci mettiamo 2x in dx, e inoltre questo dy è 2dx, e quindi qua ci viene + 2x per 2dx.
Questo diventa l'integrale tra 0 e 1 di 6x in dx, che fa 3. Quindi il lavoro compiuto dalla forza P, F per andare dall'origine O al punto A, lungo la retta, vale 3.
b) Dobbiamo calcolare il lavoro compiuto dalla forza P, F per andare da O ad A, lungo la parabola che ha equazione y = 2x². Quindi dobbiamo fare lâintegrale, calcolato sulla curva, che è una parabola, del dL. Vale ydx + 2x in dy, dove la y vale 2x² e quindi la x è sempre il parametro su cui integreremo che viaggia tra 0 e 1. Dobbiamo differenziare questa relazione e quindi avremo 4x in dx e quindi, andando a sostituire al posto di y, 2x² al posto del dy, 4x in dx, e integrando tra 0 e 1, avremo 2x² in dx + 2x per 4x in dx. Abbiamo l'integrale tra 0 e 1 di di 10x² in dx e quindi facendo questo integrale definito, si ottiene 10/3 come risposta. Quindi per andare da O ad A lungo la retta, il lavoro vale 3, per andare da O ad A lungo l'arco di parabola, questo lavoro vale 10/3, quindi che è piĂš grande di 3.
c) Dobbiamo calcolare il lavoro compiuto dalla forza P, F per andare da O ad A, però percorrendo prima un segmento parallelo all'asse x, che congiunge O con B, B che ha coordinate 1, 0 e poi un segmento parallelo allâasse y, che congiunge B con A. Il lavoro, L con pedice C, sarĂ l'integrale sulla spezzata OB unito BA e dovremo integrare sempre il dL. Questo lo possiamo fare, andato a sostituire y di x + 2x dy su OB unito BA. Si tratta di fare l'integrale sul tratto OB di y dx + 2x dy + l'integrale sull'altro tratto rettilineo, sempre di y dx + 2x dy. Quello che bisogna fare è parametrizzare i due tratti. Sul tratto OB, prendiamo le due variabili x e y, la x viaggia tra 0 e 1, mentre la y vale 0. x sarĂ la variabile dâintegrazione e viaggia tra 0 e 1. La y è identicamente nulla e quindi il dy sarĂ 0. Lungo il tratto BA invece, che è questo tratto parallelo all'asse y, abbiamo che la x è costantemente uguale ad 1 e quindi il dx è 0, la y invece varia tra 0 e 2 e sarĂ questa la nostra variabile di integrazione, il parametro su cui fare l'integrale. Otteniamo x = 1 nel tratto BA e di conseguenza il dx è 0 e la y, che sarĂ la nostra variabile di integrazione, che viaggia tra 0 e 2. Andiamo a sostituire nell'integrale, quindi lungo il tratto OB, y vale 0 e cosĂŹ anche il dy. Quindi il dy è 0, questo tratto non c'è, ma anche y è 0, e quindi neanche questo c'è. Quindi tutto l'integrale, questo integrale fatto sul tratto OB, non c'è lavoro su questo tratto, il contributo è nullo. Resta solo questo contributo; il dx è 0, quindi il primo addendo dell'integrale non c'è, ci rimane x che vale 1 e il dy che è la variabile di integrazione, quindi noi integriamo tra 0 e 2, che sono le variabili di integrazione, 2 in dy e questo fornisce come risultato 4. Il lavoro compiuto da questa forza per congiungere lo stesso punto iniziale e lo stesso punto finale dei punti precedenti, è ancora aumentato, vale 4.
d) Eâ lasciato da calcolare come esercizio quello che succede, facendo l'integrale lungo la spezzata OC e CA.
Esercizio 4.5
Si considerino le tre forze piane e i relativi vettori:
Verificare che le tre forze sono conservative, determinare il potenziale di ciascuna e calcolarne il lavoro quando il punto dâapplicazione P si muove sulla parabola y = x², partendo dallâorigine fino a raggiungere il punto di ascissa 2.
In questo esercizio sono assegnate tre forze piane, tutte aventi lo stesso punto d'applicazione. La forza P, Fâ, la forza P, Fâ e la forza P, Fâ. P è un punto di coordinate x, y nel piano che chiamiamo Oxy, che è un piano di un sistema di riferimento Oxyz, in cui le forze abbiamo un supposto che stiano in questo piano x, y.
Supponiamo che il vettore della prima forza Fâ sia x ÄŤ + y j, il vettore della seconda forza sia invece y ÄŤ + x j, il vettore della terza forza sia invece x + 2xy lungo ÄŤ + x² lungo j.
Quello che ci viene chiesto è di verificare se le tre forze siano o meno conservative e in caso affermativo determinare il potenziale di ciascuna forza. Inoltre, calcolarne il lavoro, quando il punto d'applicazione P si muove dall'origine del sistema di riferimento, quindi dal punto di coordinate 0, 0, al punto A di ascissa 2 lungo la curva, che è una parabola di equazione y = x².
La prima cosa da fare è quella di vedere qual è l'ordinata del punto A. Se dobbiamo andare dall'origine O al punto A di ascissa 2 lungo la parabola y = x², lâordinata del punto A sarĂ 4, perchĂŠ quando x vale 2, la coordinata y deve valere 4. Questo è quello che dobbiamo calcolare.
1) Partiamo con la prima forza, la forza P, Fâ, quindi Fâ è il vettore x ÄŤ + y j e andiamo a verificare se questa forza è conservativa oppure no. Scriviamo il dLâ, sarĂ x dx + y dy. Fâx, la componente del vettore della forza F lungo x, vale x, e Fâ y, componente del vettore della forza Fâ lungo l'asse y, vale esattamente y.
Queste tre forze sono tutte forze posizionali. Quindi la condizione necessaria per vedere se le forze possano essere conservative è verificata, perchÊ ciascuna di queste forze ha il vettore che dipende solo dalle coordinate del punto P di applicazione, che sono x, y, quindi per questo siamo a posto.
Per vedere se P, Fâ è conservativa, devo vedere se il dLâ, che è il lavoro reale infinitesimo compiuto dalla forza, P, Fâ è il differenziale esatto di una funzione. Per fare questo devo vedere se il dominio è semplicemente connesso; la risposta è sĂŹ, perchĂŠ siamo in un piano e il dominio non ha buchi, e in questo caso è tutto â², perchĂŠ come la x viaggia su tutto â, la y su tutto â.
Adesso verifichiamo l'ipotesi di chiusura, cioè andiamo a vedere se la derivata parziale di Fâx fatta rispetto a y è uguale, oppure no, alla derivata parziale di Fây fatta rispetto a x. Cominciamo a calcolare quanto vale la derivata parziale di Fâx fatta rispetto a y. Siccome Fâx vale x, la derivata parziale di x fatta rispetto a y è 0. La derivata parziale di Fây vale y, fatta rispetto ad x, anche questa vale 0. Abbiamo calcolato che le due derivate parziali sono uguali, quindi la forma differenziale è chiusa; la semplice connessione del dominio, unita all'ipotesi di chiusura, ci dice che la forza è conservativa. Esiste una funzione potenziale Uâ di x, y tale che il dLâ è uguale al dUâ.
Per determinare quella funzione Uâ di x, y, tale che il dLâ sia uguale al differenziale di Uâ, ci sono due metodi. C'è un metodo piĂš intuitivo che permette di passare attraverso le integrazioni direzionali in qualche modo. Poi câè un metodo meno intuitivo, piĂš di calcolo, che utilizza la definizione per calcolare la funzione potenziale.
Allora li vediamo tutte e due, iniziando dal primo metodo. Il primo metodo chiama in gioco il fatto che la funzione potenziale, Uâ di x, y è, per definizione, l'integrale tra Pâ e P del dL. Supponiamo di avere il piano Ξ, Ρ, il punto Pâ ha coordinate xâ, yâ e io devo arrivare fino al punto P di coordinate x, y. Per fare questo calcolo, questo è un integrale curvilineo che congiunge Pâ con P, integrale curvilineo del dL, ma siccome la forza è conservativa, il lavoro finito, e quindi la funzione potenziale anche, non dipenderĂ dalla curva che congiunge Pâ con P, quindi dalla curva che io utilizzo per fare questo integrale. Per fare questo calcolo, mi metto nella condizione piĂš semplice possibile e dico che come curva per fare l'integrale curvilineo, prendo la spezzata, fatta dai due tratti rettilinei che sono il tratto Îłâ, he è parallelo all'asse delle Ξ e il tratto Îłâ che è parallelo all'asse delle Ρ con queste condizioni per la Îłâ: la Ξ viaggia tra xâ e x. La Ρ è costante, uguale al valore yâ, valore che è la seconda coordinata del punto Pâ di partenza, l'estremo della curva. E siccome Ρ è costante, uguale al valore yâ, avremo che il dΡ è nullo.
Lungo Îłâ, invece, si ha una situazione analoga, però con la Ξ che è costantemente uguale al valore x, che è la prima coordinata del punto di arrivo, quindi la Ξ è identicamente uguale ad x e di conseguenza il dΞ, siccome la Ξ non può variare, vale 0 e la Ρ sarĂ la variabile di integrazione che viaggerĂ tra yâ e y. Faremo l'integrale tra Pâ P del dLâ; la x diventa una Ξ e la y diventa una Ρ, in modo tale da poter fare poi quell'integrale definito. Quindi avrò Ξ in dΞ + Ρ in dΡ e quindi questo sarĂ l'integrale fatto su â ⪠γâ di Ξ in dΞ + Ρ in dΡ. Questo è l'integrale che facciamo portare il punto P dalla posizione iniziale Pâ, alla generica posizione, dove P ha le coordinate x, y e quindi avremo la funzione di x e y. Integriamo su Îłâ Ξ in dΞ + Ρ in dΡ +, integriamo su Îłâ la stessa cosa, Ξ in dΞ + Ρ in dΡ.
Concentriamoci sul primo integrale. Lungo Îłâ abbiamo detto che il dΡ vale 0, quindi lo togliamo, la variabile di integrazione è la Ξ, che varia tra x âe x. Facciamo l'integrale tra xâ e x di Ξ in dΞ. Adesso veniamo invece a questo secondo integrale, lungo Îłâ. Ă la dΞ ad essere 0, quindi questo termine non c'è. La variabile di integrazione è la Ρ, che varia tra yâ e y e quindi faremo l'integrale tra yâ e y di Ρ in dΡ.
A meno delle costanti che vengono dai termini; i termini in xâ, yâ vengono considerati delle costanti, qui avremo ½ x² - ½ xâ² + ½ y² - ½ yâ². I termini puri in xâ e yâ vengono inglobati nelle costanti additive, a meno delle quali è sempre definito il potenziale. Quindi, ½ x² + ½ y² + un termine, Uâ*, costante, questa è l'espressione della funzione potenziale. Questo era il primo metodo che ci ha permesso di ricavare quanto vale la funzione potenziale Uâ, che vale ½ x² + ½ y².
Adesso invece vediamo il secondo metodo. Cerco una funzione Uâ di x, y, tale che il dLâ deve essere uguale al differenziale esatto della funzione Uâ, e allora in particolare cerco una funzione Uâ di x,y tale che quando questa viene derivata rispetto ad x, mi deve dare la prima componente Fâx del vettore della forza. Quando invece la derivo rispetto a y, devo ottenere l'altra componente Fây. In questo esercizio, la derivata parziale di Uâ, fatta rispetto a x, mi deve dare x e la derivata parziale di Uâ fatta rispetto a y mi deve dare y.
Parto dalla prima condizione, cerco una funzione Uâ di x, y che quando viene derivata parzialmente rispetto a x, mi deve dare x. In questa funzione ci sarĂ un termine x²/2, che quando lo derivo parzialmente rispetto ad x, mi fornisce x. Poi eventualmente ci sarĂ un termine che non può piĂš dipendere da x, ma o è costante o dipende solo da y. Considero questa seconda condizione, cerco una funzione Uâ di x, y che quando è derivata rispetto a x mi dĂ x²/2, ma quando la deriviamo parzialmente rispetto ad y, mi deve dare y, e allora questo termine dovrĂ essere un termine che sarĂ y²/2. Poi eventualmente, se c'è un altro termine, questo può essere solo un termine costante. Senza fare troppi calcoli, ho ricavato esattamente quello che avevamo ricavato qui. In questo modo ho trovato come è fatta la funzione potenziale.
Quello che bisognava fare era calcolare il lavoro Lâ compiuto dalla forza P, Fâ per andare dal punto di coordinate 0, 0 al punto di coordinate 2, 4. Il fatto che questo punto si dovesse muovere sulla parabola di equazione y = x², nel momento in cui la forza conservativa, diventa irrilevante. Si tratta solo di fare una differenza di potenziale e quindi avremo 2, che è la funzione potenziale calcolata nel punto di coordinate; dobbiamo calcolare Uâ in 2, 4, quindi câè 2 + 8 e questo 10 e poi dobbiamo sottrarre il valore della funzione potenziale in 0, 0. Siccome i termini costanti ci sono da tutte e due le parti e sono sempre uguali, questo rimane esattamente 10 e questo è il risultato, perchĂŠ 1, 0, 0 è esattamente Uâ*, il termine Uâ* câera anche in questa parte e quindi questo è il risultato.
2) Adesso vediamo la seconda forza, P, Fâ. La seconda forza ha il vettore Fâ che è dato da yi ÄŤ + x j. La componente Fâx del vettore della forza è y. E invece la Fây vale x. Allora il dL in questo caso vale y dx + x dy.
La forza che sia posizionale lo abbiamo giĂ detto, il dominio è semplicemente connesso, perchĂŠ è tutto â², perchĂŠ la y viaggia in â, la x viaggia in â. Adesso verifichiamo se la derivata parziale di Fâx fatta rispetto a y sia uguale alla derivata parziale di Fây fatta rispetto ad x. Quanto vale la derivata parziale di Fâx, che è y, fatta rispetto a y? Questa vale 1. Quanto vale la derivata parziale di Fây che è x, fatta rispetto a x? Vale 1 anch'essa. E quindi, anche in questo caso, abbiamo verificato l'ipotesi di chiusura e quindi questo ci permette di dire che la forza P, Fâ è conservativa. EsisterĂ una funzione Uâ di x, y tale che il dLâ deve essere uguale al dUâ. Quindi io cerco una funzione Uâ tale che la derivata parziale di Uâ fatta rispetto a x valga Fâx, cioè y, e che la derivata parzialmente rispetto a y mi dia Fây, cioè mi dia x.
Come sarĂ fatta questa funzione Uâ di x, y? Quando la derivo rispetto ad x, mi deve dare y. Ci sarĂ un termine del tipo x, y, e quando la derivo rispetto ad y, mi deve dare x. Câè giĂ qui, perchĂŠ questa funzione Uâ quando la derivo rispetto ad x, mi dĂ y e quando la derivo rispetto ad y, mi dĂ x. Non ci può essere altro. Eventualmente, se c'è qualcosa altro, sarĂ un termine costante, che non dipende nĂŠ da x nĂŠ da y. E quindi ho determinato la funzione potenziale della forza P, Fâ. In questo caso, per la forza P, Fâ abbiamo usato il primo secondo. Noi potremmo anche calcolare l'integrale e quindi usare il primo metodo.
Cioè calcolare Uâ di x, y, facendo l'integrale su Îłâ ⪠γâ, del dLâ. Dobbiamo usare le variabili mute, al posto di y ci mettiamo la Ρ, al posto di x ci mettiamo la Ξ. Avremo l'integrale su Îłâ di Ρ in dΞ + Ξ in dΡ + l'integrale su Îłâ di Ρ in dΞ + Ξ in dΡ.
Andiamo ad analizzare i due integrali separatamente. Lungo Îłâ, che è il tratto rettilineo, parallelo all'asse delle Ξ, che congiunge Pâ con questo punto, abbiamo che Ρ vale yâ ed è costante, quindi il dΡ è 0 e la Ξ è la variabile di integrazione. Quindi questo termine non c'è, e la variabile di integrazione è la Ξ tra xâ e x, quindi integriamo tra xâ e x, yâ in dΞ +, adesso andiamo su questo integrale. Il dΞ, quindi questo, è 0 perchĂŠ la Ξ è costantemente uguale al valore x. La Ρ sarĂ la variabile di integrazione che viaggia tra yâ e y. Dobbiamo solo mettere costante la Ξ uguale ad x e allora questo + lo riportiamo qui sotto, e qui avremo l'integrale tra yâ ed y della x in dΡ.
Devo integrare tra xâ e x, yâ in dΞ. yâ è una costante, quindi esce dal segno di integrale, e poi dobbiamo integrare tra xâ e x il dΞ. Quindi ci sarĂ la Ξ, calcolata tra xâ0 e x. Adesso veniamo al secondo integrale, x non dipende dalla variabile di integrazione, quindi esce dal segno di integrale e io rimanere soltanto Ρ tra yâ e y. Quando si fa il calcolo in questo modo, tutti i termini misti, cioè che hanno dentro x e xâ, oppure y e yâ, si devono elidere; i termini misti che contengono sia le x, y, sia le xâ, yâ, si devono elidere, altrimenti vuol dire che abbia sbagliato qualcosa.
I termini misti x, yâ e x, yâ si elidono e poi rimane questo che è un termine costante, che è quello che ci permette di dire che la funzione potenziale è definita a meno di una costante additiva. Abbiamo ritrovato quello che avevamo ricavato qui. Il lavoro Lâ per andare dall'origine al punto di coordinate 2, 4 vale Uâ in 2, 4 - Uâ in 0, 0, questo perchĂŠ la forza è conservativa e questo fa 8.
3) Lâultimo caso è il caso della forza P, Fâ, dove la forza di vettore Fâ ha componenti x + 2xy lungo ÄŤ + x² lungo j, quindi vuol dire che la componente Fâx è x + 2xy e la componente Fây invece vale x². Il dLâ è x + 2xy in dx. + x² in dy.
Il dominio è sempre semplicemente connesso, è sempre â², perchĂŠ la x e la y viaggiano su in tutto â. Non ci sono limitazioni. Vediamo l'ipotesi di chiusura. Vediamo se la Fâx, derivata parzialmente rispetto a y, è uguale alla derivata parziale di Fây, fatta rispetto a x. La derivata parziale di Fâx fatta rispetto a y, non dĂ contributo e questa dĂ il contributo di 2x. Facciamo la derivata di Fây fatta rispetto a x, Fây vale x² e quindi questa vale 2x. E anche in questo caso abbiamo trovato l'uguaglianza, quindi la forza P, Fâ è conservativa, perchĂŠ la semplice connessione del dominio, assieme all'ipotesi di chiusura, questa è una condizione necessaria e sufficiente. Adesso cerchiamo se esiste la funzione potenziale Uâ di x, y, tale che il dLâ sia il differenziale esatto di Uâ.
Usiamo il secondo metodo; derivata parziale di Uâ, fatta rispetto a x, deve dare Fâx e quindi deve darmi x + 2xy e quando la derivo parzialmente rispetto a y, devo ottenere Fây, cioè devo ottenere x². Vediamo per integrazione direzionale come può essere fatta. Cerco una funzione Uâ che quando derivo parzialmente rispetto a x mi deve dare x. E quindi ci sarĂ di sicuro un termine x²/2 e poi mi deve dare anche 2xy, quando la derivò parzialmente rispetto a x, e quindi ci sarĂ un termine x² per y. Poi, se c'è qualcos'altro, questo non può dipendere da x, ma eventualmente dipenderĂ solo da y. E se questo termine ci sarĂ o meno, dipende da questa condizione che non abbiamo ancora considerato. Cioè, quando derivo parzialmente la funzione Uâ rispetto a y, devo ottenere x². La x² la ottengo giĂ da questo termine, quindi questa U tilde di y non compare, eventualmente compare soltanto un termine costante. Quindi la funzione Uâ di x, y è x²❠+ x²y + un termine costante Uâ*.
Se vogliamo usare il primo metodo, quello del calcolo, che permette sempre di evitare di fare errori, lo impostiamo e poi lo terminiamo noi. Bisogna integrare sempre su Îłâ ⪠γâ. Dobbiamo fare il dLâ con le variabili mute, quindi la x è la Ξ, la y è la Ρ, quindi dobbiamo integrare + 2Ξ + 2Ρ in dΞ + Ξ² in dΡ. Andiamo a fare tutti i calcoli e dobbiamo riottenere, usando sempre questa struttura. Io ho scelto questa spezzata perchĂŠ è comoda, avrei potuto scegliere anche la spezzata in cui il primo tratto era parallelo all'asse delle Ρ, il secondo parallelo all'asse delle Ξ, il risultato era esattamente analogo. Questa è una parametrizzazione che risulta comoda. In questo modo si ottiene lo stesso risultato.
Volendo calcolare il lavoro Lâ, compiuto dalla forza P, Fâ per andare dal punto di coordinate 0, 0 al punto di coordinate 2, 4 si fa la differenza di potenziale, e in questo caso si va a sostituire, viene 2 + 16 che fa 18 e questo è il risultato.
Poi câè la parte relativa al punto 2 dell'esercizio 4.5, che dice: considerate la forza risultante, quindi punto d'applicazione P e vettore Fâ + Fâ + Fâ che vale 2x + y + 2xy lungo ÄŤ, + x + y + x² lungo j. Verificare che è conservativa, calcolare la funzione potenziale U(x, y), verificando anche che è la somma dei tre potenziali Uâ, Uâ, Uâ, calcolati nella parte precedente dell'esercizio e infine calcolare il lavoro finito, sempre come differenza di potenziale, ammesso che verifichiamo anche la forza conservativa, come differenza di potenziale tra la posizione finale 2, 4 e la posizione iniziale 0, 0, verificando sempre che anche questo lavoro è la somma dei tre lavori precedenti Lâ + Lâ + Lâ.
Esercizio 5.1
Questo esercizio riguarda il moto di un proiettile nel vuoto. Si vuole determinare il moto di un proiettile, che rappresentiamo schematicamente come un punto materiale P di massa m, soggetto alla sola forza peso e che sia in moto nel vuoto. Supponiamo inoltre che le condizioni iniziali siano che il punto P allâistante, che assumiamo come istante 0, si trovi nella posizione Pâ, con una certa velocitĂ che sia vâ.
Quando si deve studiare il moto di un punto materiale, bisogna fissare un sistema di riferimento. Prendiamo un sistema di riferimento Oxyz, in cui prendiamo l'asse Oy verticale ascendente, poi prendiamo lâasse Ox orizzontale e in particolare prendiamo il punto O coincidente con la posizione Pâ del punto, all'istante iniziale. Inoltre, il piano Oxy lo prendiamo in modo tale che il vettore velocitĂ vâ appartenga a questo piano verticale Oxy. Di conseguenza l'asse z risulta un asse perpendicolare allo schermo e con verso uscente, cioè diretto verso di noi.
Per studiare il moto del punto P useremo la legge di Newton, che è m per = F + Ď. a è l'accelerazione del punto P, F è il vettore risultante delle forze attive, in questo caso c'è solo la forza peso, e Ď il vettore delle reazioni vincolari. Siccome il punto materiale è libero, questa Ď. Il punto materiale è libero, quindi Ď Ă¨ uguale a zero.
F è il vettore risultante delle forze attive agenti sul punto. L'unica forza attiva che agisce sul punto è la forza peso m per g e, siccome abbiamo scelto l'asse y verticale ascendente, il cui versore è il versore j, questo sarà - mg versore j. Quindi il vettore F risultante delle forze attive + -m, versore j.
Quanti gradi di libertĂ ha questo problema? Ă un punto materiale libero di muoversi nello spazio e allora 3 è il numero di gradi di libertĂ e i parametri lagrangiani che scegliamo saranno le coordinate cartesiane qâ = x, qâ = y e qâ = z del punto materiale. Allora il vettore accelerazione a, che è l'ultima grandezza che ci manca nell'equazione di Newton, sarĂ x due punti versore ÄŤ + y due punti versore j, + z due punti versore k.
Possiamo andare a scrivere la legge di Newton, quindi m x due punti č + y due punti j + z due punti k = - mgj. Questa è l'equazione vettoriale di Newton che possiamo proiettare lungo le tre direzioni scalari che sono č, j e k e questo ci permette di ottenere mx due punti = 0, proiettando lungo il verro č, quando moltiplichiamo scalarmente per j, č scalare j fa 0, k scalare j fa 0, mentre j scalare j fa 1, quindi si ottiene m y due punti = - mg. E la terza equazione è quella proiettata lungo l'asse z, quindi lungo k, m z due punti = 0. Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni in tre incognite, in particolare andando a semplificare avremo la prima equazione x due punti = 0, la seconda equazione y due punti = - g, la terza equazione z due punti = 0. In questo sistema di tre equazioni in tre incognite, questa è la prima e la terza equazione, sono le piÚ semplici in assoluto, equazioni differenziali del secondo ordine lineari a coefficienti costanti e omogenee, perchÊ è derivata seconda, fatta rispetto al tempo, della funzione uguale a zero.
Queste si integrano per integrazione diretta, quindi si fa un passaggio di integrazione che porta a x punto, uguale ad una costante Câ e z punto, uguale ad una costante, Câ . La seconda equazione, invece, è un'equazione differenziale del secondo ordine, lineare a coefficienti costanti e completa. Anche questa è la piĂš semplice equazione differenziale del secondo ordine lineare a coefficienti costanti completa che si possa incontrare. Il termine che rende completa lâequazione è un termine costante. Anche questa, per integrazione diretta, mi fornisce - g per t + Câ. Con un altro passaggio di integrazione, avrò che la x(t) + Cât + Câ, la y(t) per integrazione diretta viene -½ g t² + Câ + Câ e la z(t) per integrazione diretta è Câ per t + Câ. Questo è l'integrale generale del sistema delle tre equazioni differenziali nelle tre incognite x(t), y(t) e z(t) e questo è l'integrale generale che dipende dalle sei costanti arbitrarie, Câ, Câ, Câ, Câ, Câ e Câ, costanti arbitrarie che determineremo attraverso le condizioni iniziali. Queste condizioni iniziali che qui sono espresse in termini vettoriali, si esprimono in termini scalari in questo modo.
Dire che all'istante t = 0, il punto P si trova in Pâ, dove Pâ l'abbiamo scelto come origine del sistema di riferimento, questo significa che la x all'istante 0 vale 0, che la y all'istante 0 vale 0 e che la z all'istante 0 è 0. Poi l'informazione sulle velocità è che il vettore velocitĂ all'istante iniziale è questo vettore, che possiamo rappresentare con le sue componenti e se diciamo che questa è la componente vâx lungo ÄŤ, questa vây lungo j, perchĂŠ la componente lungo k non câè, perchĂŠ abbiamo scelto il piano Oxy, in modo tale che il vettore Pâ, vâ e il vettore forza peso stessero in questo piano, quindi avremo che la x punto all'istante 0 sarĂ vâx, la y punto all'istante 0 sarĂ vây, mentre la z punto sarĂ 0. Queste è la rappresentazione scalare delle condizioni iniziali. Queste ci serviranno, queste condizioni iniziali, per determinare le 6 costanti che sono nell'integrale generale. Andiamo ad imporle, x all'istante t = 0, deve valere 0, quindi rimane Câ = 0. La y all'istante 0 deve valere 0, quindi vado a calcolare la y in t = 0, questo termine non c'è, rimane solo Câ = 0. Analogamente per la z, mi dice che Câ deve essere uguale a 0, affinchĂŠ la z all'istante 0 valga 0.
Adesso passiamo alle velocitĂ , le velocitĂ le leggiamo da qui, quindi la x punto, che istante per istante è costante ed è uguale a Câ, anche all'istante iniziale deve valere vâx, quindi Câ è uguale a vâx. Poi la y un punto all'istante 0, da qui vedo essere uguale a Câ, impongo che valga vây e infine la Câ deve valere 0. Questo è il sistema delle sei equazioni nelle sei incognite, questo è giĂ risolto perchĂŠ è banale, quindi qui abbiamo ottenuto i valori delle sei costanti, che sostituite in questo infinito alla sei moti possibili, mi forniscono il moto del sistema. Avrò che la x(t) è vâx t, la y(t) è uguale invece a - ½ gt² + vây t e la z(t) invece è identicamente nulla. Da questa analisi si evince innanzitutto, dal fatto che z (t) = 0. La prima informazione che abbiamo è che il moto è un moto piano e il piano del moto è il piano Oxy. Quindi il punto si mantiene nel piano verticale che contiene, all'inizio la forza peso, e il vettore velocitĂ vâ. Come ci insegna poi la cinematica, adesso abbiamo le equazioni cartesiane del moto, possiamo calcolare quale sia la traiettoria del punto. Possiamo chiederci qual è la distanza percorsa in orizzontale dal punto P, nel momento in cui P cade di nuovo sul piano orizzontale, quindi sul terreno, quella che si chiama gittata. Poi ci possiamo chiedere quale sia l'altezza massima raggiunta dal proiettile in questo suo moto.
Ad esempio, per calcolare la traiettoria basta ricavare t dalla prima equazione, che è x, diviso tvâx e poi questo lo andiamo a sostituire nella equazione 2 e otteniamo che y vale -½ g/ vâx² x² + vây / vâx per x. Questa è l'equazione cartesiana della traiettoria percorsa dal punto P, punto P che noi abbiamo creato come modello per il proiettile, in moto nel vuoto.
Questa è una parabola con la concavità rivolta verso il basso.
Esercizio 5.2
Si occupa dello studio del moto del proiettile con la resistenza dell'aria. Introduciamo anche una forza viscosa, creiamo il modello un pochino meno astratto.
La consegna dell'esercizio è determinare il moto di un punto materiale P di massa m, soggetto alla forza peso e ad una forza resistente, cioè una forza viscosa, che simula la resistenza dell'aria e con condizioni iniziali che sono esattamente le stesse di prima. Quindi sono sempre la P all'istante tâ vale Pâ e la velocitĂ all'istante tâ vale sempre vâ.
Questa volta l'unica differenza è che la F non è data dalla sola forza peso, ma c'è l'aggiunta anche della resistenza dell'aria. Come rappresentiamo la resistenza dell'aria? Dobbiamo rappresentarla come una forza che si oppone al moto. Una forza che si oppone al moto la possiamo rappresentare con un vettore - Ν v, dove v è la velocità del punto P e invece Ν è il coefficiente di viscosità che indichiamo come positivo, quindi x punti č + y punto j + z punto k e l'ipotesi è, affinchÊ sia veramente una forza resistente, facciamo l'ipotesi Ν > 0, perchÊ se non mettiamo questa ipotesi, la forza non è definita come forza resistente. Questa è una forza che ha un vettore che si oppone al moto, perchÊ è - Ν.
La legge di Newton, m per a = F + Ď, ha sempre Ď che è uguale a zero, perchĂŠ il punto è libero. F che è la somma del vettore della forza peso e del vettore della forza viscosa e l'accelerazione che è quella che abbiamo calcolato prima. Quindi avremo m x due punti ÄŤ + y due punti j + z due punti k = -mg j - Îť per x punti ÄŤ + y punto j + z punto k e questa è la legge di Newton scritta per il moto del proiettile con la resistenza dell'aria. Questa legge la andiamo a proiettare lungo le tre direzioni scalari, che sono sempre ÄŤ, j, e k.
Quindi moltiplichiamo scalarmente, membro a membro, questa equazione vettoriale per il versore č, versore j e il versore k. Cosa si ottiene? mx due punti al primo membro, quando moltiplichiamo scalarmente per č, l'unico contributo è questo, poi moltiplicando scalarmente per il versore č al secondo membro, questo non dà contributo, questo e questo non danno contributo, resta solo il contributo di - Ν x punto. Adesso moltiplichiamo per scalarmente per j, m y due punti, - mg -Ν y punto. E infine, proiettiamo lungo k, m z due punti = - Ν z punto. Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite x(t), y(t) e z(t). Adesso portiamo tutto al primo membro e dividiamo per m.
Se indichiamo con h la costante Ν su m e per le ipotesi che abbiamo fatto qui, m è la massa positiva, Ν è positivo e questo coefficiente sarà sicuramente positivo. Allora si ottiene x due punti + h x punto = 0, y due punti + h y punto = -g e z due punti + h z punto = 0. Ecco qui le nostre tre equazioni differenziali del moto. Sono tutte equazioni differenziali del secondo ordine, lineari a coefficienti costanti, la prima e la terza omogenee, la seconda completa.
Concentriamoci prima sulla prima equazione e sulla terza. Dall'analisi matematica sappiamo che dobbiamo scrivere l'equazione caratteristica associata a questa equazione differenziale, che diventa ι² + hÎą = 0, le cui soluzioni sono due e sono Îąâ = 0 e Îąâ = -h, quindi l'equazione caratteristica ammette due soluzioni, di conseguenza dobbiamo fare una combinazione lineare di esponenziali in cui il coefficiente della variabile temporale è Îąâ in un caso, Îąâ nellâaltro.
Di conseguenza, la x(t) diventa Câ per e alla Îąâ, che è 0t + Câ per e alla meno ht. Questa è la prima equazione, il primo integrale generale, poi lasciamo spazio un attimo per la y, qua ci mettiamo la z(t) che sarĂ Câ + Câ per e alla -ht.
Adesso veniamo invece all'integrale generale della seconda equazione. Lâintegrale generale di un'equazione differenziale come questa, è una y(t) che è fatta da una yâ(t) che è l'integrale generale dell'omogenea associata, che è esattamente uguale a questa, quindi sarĂ una Câ + Câ per e alla - ht e poi ci va una soluzione particolare della completa. La soluzione particolare della completa, siccome la parte che rende completa l'equazione è una funzione costante, l'analisi matematica ci insegna che la soluzione particolare, l'integrale particolare, va cercata tra i polinomi di grado 1 in t. In realtĂ questa equazione differenziale non contiene termini derivati all'ordine 0, ma solo all'ordine 1 e 2, questo termine βâ lo si può elidere, cioè considerare 0. Adesso dobbiamo imporre che questa y*(t) sia soluzione di questa equazione, allora avremo che la y* punto è uguale a βâ e la y* due punti è uguale a 0. Andiamo a imporre che la y*(t) sia soluzione di questa equazione, cioè facciamo y* due punti + h y* punto = -m. Andiamo a sostituire, la prima è 0, la y* punto vale βâ, quindi abbiamo h βâ = mg, da cui ricaviamo che βâ vale -g/h.
La funzione che dobbiamo aggiungere qui, sarĂ - g / h per t. Questi sono gli integrali generali delle equazioni differenziali, quindi questi tre integrali generali, che dipendono dalle 6 costanti arbitrarie.
Adesso dobbiamo determinare queste costanti e per determinarle dobbiamo imporre le condizioni iniziali. Quindi dobbiamo imporre che all'istante iniziale il punto si trovi nellâorigine del sistema di riferimento, con una velocitĂ che è vâ. La prima cosa da fare è calcolare le derivate. La x(t) punto, siccome Câ è una costante, abbiamo Câ per e alla -h e poi dobbiamo derivare l'esponente, quindi - h. La y(t) punto, Câ è una costante e non dĂ contributo, viene -Câ h per e alla - ht, -o g su h e la z(t) punto è uguale a - Câ h per e alla meno ht. E questo è il sistema delle derivate. Adesso andiamo a imporre le condizioni iniziali.
La x all'istante t uguale a 0 deve valere 0, quindi Câ + Câ deve fare 0. Anche la y all'istante 0 deve valere 0, quindi Câ + Câ deve valere 0, perchĂŠ questo termine per t = 0 se ne va, e infine la Câ + Câ deve valere 0. Adesso veniamo alle derivate prime, la x punto per t = 0, deve valere vâx, quindi - Câh deve valere vâx. La y punto all'istante 0 deve valere vây, quindi -Câh -g/h deve valere vây e infine la z punto, all'istante 0 ,deve valere 0. Abbiamo imposto le condizioni iniziali.
Risolviamo l'ultima equazione, che mi fornisce Câ = 0, da cui, andando a sostituire nella terza equazione, ottengo che anche Câ è uguale a 0. Poi guardo la quarta equazione, mi dice che Câ vale - vâx fratto h. E quindi, andando a sostituire nella prima equazione, ottengo che Câ, che è uguale a - Câ, varrĂ vâx fratto h. Nella quinta equazione ho che Câ vale - vây su h - g/h² e quindi, quando vado a sostituire nella seconda equazione, dove Câ so che è uguale a - Câ, quello che ottengo è vây su h + g su h². E questo ci dĂ le 6 costanti, che sostituite in questo sistema degli integrali generali, ci dĂ esattamente il moto del sistema.
La x(t) vale Câ + Câ per e alla - ht. E siccome Câ vale vâx / h e Câ vale - vâx / h, avrò che la x(t) è uguale a vâx su h per 1 - e alla meno ht. Devo calcolare invece la y(t), andando a sostituire le Câ e Câ che ho trovato. Quindi la y(t) sarĂ uguale vây / h + g su h² per 1 - e alla - ht - g / h per t.
Câ e Câ sono 0, si ottiene che la z(t) è 0 e quindi anche in questo caso il moto è piano. Queste sono le equazioni del moto del proiettile con la resistenza dellâaria.
Se si guarda come è fatta la x(t), per t sufficientemente grandi, il limite per t che tende a piĂš infinito della x(t) è uguale a vâx / h. Quindi la x(t) dopo un tempo transitorio sufficientemente lungo, tende a diventare costante. Questo non si può dire per la y(t), perchĂŠ quando t cresce, ha questo termine che comunque continua a crescere. Se prendiamo la y(t) punto e ne facciamo il limite per t che tende a + infinito alla fine domina soltanto questo termine, quindi diventa costante, - g/h. Per t sufficientemente grandi, quindi dopo un tempo transitorio sufficientemente lungo, il moto del proiettile, con la resistenza dell'aria tende a diventare un moto verticale, perchĂŠ la x(t) tende a diventare costante, quindi tende a diventare un moto verticale e uniforme, perchĂŠ la y(t) punto per tempi sufficientemente lunghi tende a diventare costante, quindi la x(t) tende a non variare dopo un transiente sufficientemente lungo e la y(t) punto, dopo quel transiente, tende a diventare costante. Quando si dice equazioni del moto, si intende sempre le equazioni differenziali del moto. Questo invece, al finito, è il moto, perchĂŠ abbiamo determinato anche le costanti. Questo è il moto del punto P, soggetto a quel tipo di forze, cioè alla forza peso e alla resistenza dellâaria.
Esercizio 5.3 - (5.4 - 5.5)
Adesso studiamo il problema, questa volta sia di statica sia di dinamica, quindi ci poniamo il problema di determinare equilibrio e moto di un punto materiale P di massa m, che si è soggetto alla forza peso e inoltre anche ad una forza elastica di vettore k²(O - P) dove O è lâorigine del sistema di riferimento che prenderemo in considerazione. In particolare, questo punto è vincolato a percorrere una retta orizzontale liscia, passante per questo punto O, che prenderemo anche come origine di un sistema di riferimento cartesiano ortogonale. Assunta questa retta come asse delle x. Poi prendiamo un asse y in questo modo, l'asse z sarĂ ortogonale al piano dello schermo e diretto verso di noi. Allora prendiamo l'asse y, verticale, ascendente e se il punto P è soggetto alla forza peso, si avrĂ che il vettore della forza peso vale - mg j e quindi P - mg j è la forza peso e poi il testo ci dice anche che sul punto agisce una forza elastica di costante elastica k² che richiama il punto P verso O. Quindi la possiamo rappresentare come una molla ideale di lunghezza nulla a riposo, che rappresenta la forza elastica di richiamo di P verso O.
La coordinata del punto P su quest'asse la possiamo indicare con x. Questo problema avrĂ un grado di libertĂ e come parametro lagrangiano possiamo scegliere la coordinata x del punto P sull'asse su cui il punto si muove, che abbiamo assunto come asse del x.
La prima ipotesi è un'ipotesi che la retta su cui si muove il punto sia una retta liscia, cioè che non ci sia attrito e allora noi vogliamo studiare dapprima l'equilibrio e il moto di questo punto materiale in assenza di attrito, ma poi nell'esercizio 5.4 e 5.5 rifacciamo lo stesso problema, supponendo che la retta sia scabra. Vediamo come si modifica lo studio dell'equilibrio e del moto, però in presenza di attrito.
Il sistema delle forze attive che agisce sul punto si ha in tutti e due i casi, con attrito e senza attrito, le forze in gioco sono - mgj per la forza peso e k²(O - P), quindi -k² x versore č per quanto riguarda la forza elastica. Poi dobbiamo anche pensare che sul punto agisce anche una reazione vincolare. Come è fatta la reazione vincolare dipende dal fatto che ci sia o meno attrito. Distinguiamo le due situazioni, quindi prima studiamo l'equilibrio del punto materiale e lo studiamo dapprima senza attrito, quindi ci mettiamo nel caso in cui il vincolo sia liscio e poi studieremo il caso in cui invece c'è attrito.
Studio dellâequilibrio con vincolo liscio
Qual è l'equazione dell'equilibrio del punto. L'equazione dell'equilibrio del punto materiale vincolato con vincolo liscio è l'equazione F + Ď = 0. Questa occorre e basta per studiare l'equilibrio del punto materiale. Nel caso in cui il vincolo sia liscio, l'ipotesi di vincolo liscio ci dice che la reazione vincolare, che è applicata nel punto P, si esplica in direzione normale al vincolo. E normale al vincolo significa, siccome il punto si muove su una retta, significa in un piano, che viene individuato dall'asse delle y e dall'asse delle z, che qua non vediamo, perchĂŠ siamo in una proiezione nel piano Oxy. Quindi si avrĂ che la reazione vincolare applicata in P avrĂ vettore Ďy j + Ďz k. La reazione vincolare si esplica in direzione normale al vincolo perchĂŠ c'è l'ipotesi di vincolo liscio.
F è la somma di - mg j e - k² x ÄŤ e Ď Ă¨ il vettore che abbiamo scritto qui. Quindi questa equazione diventa - mg j - k² x ÄŤ + Ďy j + Ďz k = 0. Questa equazione va proiettata lungo le tre direzioni scalari ÄŤ, j e k e cosĂŹ facendo si ottengono le tre equazioni scalari. La prima equazione, quando proietto lungo ÄŤ, mi viene soltanto - k² x, ÄŤ scalare ÄŤ fa 1, mentre j scalare ÄŤ e k scalare ÄŤ fanno 0, quindi - k² x = 0. Poi moltiplico scalarmente per j, viene - mg + Ďy = 0. E infine, proiettando lungo k, Ďz = 0. Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni scalari nelle tre incognite che sono x, che ci fornisce le eventuali posizioni di equilibrio, Ďy e Ďz.
L'equazione dell'equilibrio è quella che non contiene le reazioni vincolari è la prima equazione del sistema, che fornisce x = 0. Le soluzioni sono tutte e sole le soluzioni dell'equazione x = 0, quindi x = 0. C'è una sola posizione di equilibrio, che è lâorigine.
Dalla seconda equazione ricaviamo l'espressione della Ďy all'equilibrio e nella terza l'espressione di Ďz all'equilibrio. Câè, in assenza di attrito, una sola posizione di equilibrio, che è l'origine degli assi, cioè x* = 0 ed è il punto che ha coordinate 0, 0, 0 sullâasse e la reazione vincolare Ď* in questa posizione di equilibrio vale, mg versore j. Questo è lo studio del problema dell'equilibrio senza attrito, cioè col vincolo liscio.
Studio dellâequilibrio con vincolo scabro (5.4)
Adesso invece ci chiediamo come si modifica il problema dell'equilibrio se supponiamo che la retta sia scabra. Quindi se mettiamo l'attrito, cioè il caso del vincolo scabro, (5.4).
Quando c'è l'attrito, allora quello che cambia. La forza peso e la forza elastica ci sono sempre, ma questa volta il vincolo non è piĂš liscio, quindi la reazione vincolare non è piĂš fatta cosĂŹ, non si esplica piĂš in direzione normale al vincolo, cioè lungo j e lungo k, cioè senza la componente tangente al vincolo. Questa volta la reazione vincolare, che comunque è sempre incognita in intensitĂ , è incognita anche in direzione e verso, mentre prima, almeno in presenza di vincolo liscio, sapevamo che la reazione vincolare stava in un piano. Inoltre, la sola equazione F + Ď = 0 non basta piĂš per studiare l'equilibrio, ma per studiare lâequilibrio, in presenza di attrito, bisogna aggiungere la relazione di Coulomb sull'attrito statico che dice che la Ďt in modulo deve essere minore o uguale del coefficiente di attrito statico per il modulo della Ďn, cioè la prima relazione di Coulomb. E inoltre, ciò che viene modificato è il vettore della reazione vincolare, che ora è totalmente incognito, quindi è un Ďx ÄŤ + Ďy j + Ďz k, cioè un vettore totalmente incognito. Non c'è piĂš solo la componente, come nel caso di vincolo liscio, lungo j e lungo k, ma c'è anche una componente lungo l'asse delle x.
Ďt, dove la t sta per tangente al vincolo, qui c'è Ďn, dove la n rappresenta la normale al vincolo. Dobbiamo capire cosa vuol dire Ďt e cosa vuol dire Ďn in questa rappresentazione cartesiana. Ďt sta per tangente al vincolo e la parte di Ď tangente al vincolo è la componente Ďx ÄŤ, mentre la componente di Ď normale al vincolo, sarĂ quella lungo j e lungo k. Adesso si tratta di andare a sostituire. Il vettore F è sempre quello che avevamo giĂ visto prima, cioè il vettore F è - mg j - k² x ÄŤ, quindi andiamo a scrivere il nostro sistema. Quindi - mg j - k² che è la costante elastica della molla, x versore ÄŤ e poi c'è la reazione vincolare, Ďx ÄŤ + Ďy j + Ďz k che è uguale al vettore nullo. Il modulo della componente tangenziale dellâattrito, quindi il modulo di Ďx e allora qui andiamo a rappresentare il modulo di Ďx, che deve essere minore o uguale del coefficiente di attrito statico per il modulo di questo vettore. Il modulo di Ďn va scritto in componenti cartesiane e il modulo di un vettore che ha queste due componenti cartesiane è la radice quadrata di Ďy² + Ďz². Spesso scrivere il modulo di un vettore attraverso le sue componenti cartesiane genera delle difficoltĂ .
Questo sistema misto, è fatto da un'equazione vettoriale e una disequazione. Proiettiamo lungo le tre direzioni scalari ÄŤ, j e k l'equazione vettoriale e poi aggiungiamo nel sistema misto la disequazione. Proiettando lungo ÄŤÂ avremo - k² x + Ďx = 0, - mg + Ďy = 0, Ďz = 0, e poi c'è la relazione di Coulomb, quindi modulo della Ďx, minore o uguale di fs, coefficiente di attrito statico, per Ďy² + Ďz². Abbiamo ottenuto un sistema misto fatto da tre equazioni e una disequazione. Le incognite di questo sistema sono la x, il parametro lagrangiano, e le tre componenti scalari del vettore della reazione vincolare, Ďx, Ďy e Ďz, all'equilibrio. Qual è l'equazione dell'equilibrio? Prima l'equazione dellâequilibrio era quella che non conteneva le reazioni vincolari. E qui, in caso di attrito, qual è l'equazione dell'equilibrio? Di queste tre equazioni, una disequazione, non ce n'è nessuna che non contenga le reazioni vincolari scalari. Se dalla prima equazione Ďx che vale k² x, dalla seconda equazione ricavo Ďy, che vale m per g. Dalla terza equazione ho giĂ che Ďz è uguale a 0 all'equilibrio, andando a sostituire queste tre espressioni nella disequazione, ottengo una disequazione che non contiene piĂš le reazioni vincolari scalari, quindi questa sarĂ la disequazione che mi dĂ tutte e sole le configurazioni di equilibrio. La risolviamo e abbiamo che il modulo di x deve essere minor uguale di fs per m per g, diviso per k². Se questa grandezza la chiamiamo ad esempio d, allora avremo che le posizioni di equilibrio sono tutte e sole le x* che sono comprese tra - d e + d. Quindi se questo è l'asse delle x e questo è O, supponiamo che d sia questo valore e quindi meno d è questo. Tutti i punti che stanno dentro a questo intervallo che ha ampiezza 2d, sono tutte posizioni di equilibrio per il punto. Cioè vuol dire che se io prendo il punto P e lo metto in una qualunque di queste posizioni, all'istante tâ con velocitĂ 0, cioè con velocitĂ nulla, il punto resta in questa posizione per ogni t maggiore di tâ. E quanto vale la reazione vincolare nelle posizioni x*?
Reazione vincolare, nelle posizioni x* che sono infinite, tutte quelle di un intervallo, la Ďx è k² per x, quindi k² x* lungo ÄŤ + m per g lungo j. Ci sono infinite posizioni di equilibrio. Lâaggiunta dell'attrito, cioè il fatto che la retta sia scabra, ci fa passare da una sola posizione di equilibrio, che è l'origine, ad un intervallo di posizioni di equilibrio, in cui l'origine è contenuta, un'infinitĂ di posizioni di equilibrio, tutte quelle dell'intervallo -d, d.
Studio del moto con vincolo liscio
Adesso invece vogliamo occuparci del problema del moto e ritorniamo a studiare il moto prima in assenza di attrito, quindi vincolo liscio, che vuol dire senza attrito e poi studieremo con lâattrito.
L'equazione del moto è la legge di Newton, m per a = F + Ď, abbiamo sempre la forza peso, - mg j, abbiamo la forza elastica e abbiamo la reazione vincolare Ďy j + Ďz k. Siamo tornati di nuovo al caso in assenza di attrito. Il problema ha sempre due gradi di libertĂ , questa parte l'avevamo giĂ calcolata ed è questo vettore. L'accelerazione del punto che percorre l'asse delle x varrĂ x due punti, versore ÄŤ e al secondo membro dobbiamo andare a mettere F + Ď e quindi - mg j - k² x ÄŤ + Ďy j + Ďz k. Proiettiamo l'equazione lungo le tre direzioni scalari che sono ÄŤ, j e k, e allora avremo mx 2 punti uguale = - k² x. Poi avremo 0 = -mg per g + Ďy e 0 = Ďz. Quindi la prima equazione, la seconda, la terza. Sistema di tre equazioni nelle tre incognite che sono x(t), Ďy e Ďz durante il moto, perchĂŠ siamo nel caso dinamico.
Lâequazione differenziale del moto è la prima, che riconosciamo subito se poniamo Ď² = k²/m, lâequazione differenziale del moto, la 1, diventa x due punti + Ď²x = 0 e questa è l'equazione differenziale dell'oscillatore armonico che abbiamo giĂ visto come si risolve, ha come integrale generale la x(t) = C cos(Ďt + Îł) e, assegnate le condizioni iniziali, C e Îł vengono determinate, cosĂŹ come abbiamo visto nel caso delle oscillazioni libere, avendo assegnato le condizioni iniziali x all'istante 0 e la x punto all'istante 0.
Poi la reazione vincolare si determina dall'equazione 2 e dall'equazione 3, perchĂŠ questa viene dall'equazione 1 poi prendiamo l'equazione 2 che mi fornisce Ďy = m per g, l'equazione 3 che mi fornisce Ďz = 0 e quindi durante il moto, la reazione vincolare vale mg j, identicamente durante il moto. Questi C e Îł dipenderanno da quellâxâ e vâ che abbiamo visto in questo caso. Questo è uno studio del moto del punto materiale vincolato, soggetto alla forza peso, alla forza elastica di richiamo e con vincolo liscio.
Studio del moto con vincolo scabro
Adesso invece vediamo lo studio nel caso in cui il vincolo sia scabro, cioè in cui ci sia attrito e quindi questo è il tema dell'esercizio 5.5. Quindi moto con attrito, cioè col vincolo scabro. Ora sappiamo giĂ che come sono fatti la F e la Ď, le riprendiamo esattamente dal caso che abbiamo visto qui, la Ď Ă¨ fatta in questo modo, e la differenza dello studio del moto con attrito, cioè in presenza di una retta scabra. Avremo la legge di Newton che però da sola non basta piĂš a studiare il moto, a questa dobbiamo aggiungere la relazione di Coulomb sull'attrito dinamico che dice che la Ďt, la componente tangente dellâattrito, vale - fd, coefficiente di attrito dinamico, per il modulo di Ďn, per il vettore v, quindi per il modulo di velocitĂ del punto P, diviso per il suo modulo.
L'espressione della reazione vincolare è sempre Ďx ÄŤ + Ďy j + Ďz k, con la Ďt che è la Ďx ÄŤ e invece la Ďn è Ďy j + Ďz k. Andiamo a scrivere il nostro sistema con la legge di Newton e la relazione di Coulomb, quindi m, lâaccelerazione vale x due punti ÄŤ, poi il vettore F risultante delle forze attive agenti sul punto è ancora - mg j, -k² x ÄŤ e poi c'è Ďx ÄŤ + Ďy j + Ďz k. Infine la relazione di Coulomb ci dice che la Ďx ÄŤ non è altro che -fd per il modulo di Ďn in coordinate cartesiane vale Ďy² + Ďz², tutto sotto radice e poi ci va la velocitĂ del punto P, ma la velocitĂ del punto P è x punto, versore ÄŤ e va divisa per il modulo del vettore velocitĂ e il modulo del vettore velocità è questo, è il modulo di x punto. Queste equazioni vanno tutte proiettate lungo le direzioni scalari, questa ha l'unica direzione non banale che è quella lungo l'asse x e quindi è proprio lungo l'asse x che la proiettiamo. Moltiplicando scalarmente, membro a membro, la prima equazione per il versore ÄŤ, ottengo mx 2 punti = -k² x + Ďx, proiettando lungo j ottengo 0 = - mg + Ďy, proiettando lungo k ho 0 = Ďz.
Proiettando lungo ÄŤ, quindi moltiplicando scalarmente per il versore ÄŤ, membro a membro, la relazione di Coulomb, ottengo che Ďx vale -fd per la radice quadrata di Ďy² + Ďz² x punto, diviso per il modulo di x punto. Abbiamo ottenuto un sistema di quattro equazioni, in quante incognite? La x(t), la Ďx, la Ďy e la Ďz. Anche qui l'equazione differenziale del moto al momento non ce l'abbiamo, perchĂŠ tutte le equazioni contengono le Ď, quindi non c'è un'equazione che non contenga le Ď. Però possiamo rielaborare e dalla prima equazione ho che la Ďx vale mx 2 punti + k²x e dalla seconda ottengo che Ďy vale m per g, dalla terza che Ďz vale 0.
Se adesso queste che ho ottenuto, le vado a sostituire nella quarta equazione, ottengo m x 2 punti + k² x = - fd, la Ďz è 0, la Ďy vale m per g al quadrato sotto radice, m per g e poi ci va x punto, diviso il modulo di x punto. Posso porre Ď² = k² / m e quindi se questa equazione la vado a dividere tutta per m, quindi divido membro a membro per m, quello che ottengo è x 2 punti + Ď²x = - fd per g per x punto, diviso il suo modulo. Posso chiamare questo fd per g, lo posso chiamare a. Inoltre, osservo che x punto, diviso il modulo di x punto, è una funzione che, quando x punto è maggiore di 0 vale + 1, quando x punto è minore di 0, vale - 1. E allora questa è la funzione segno di x punto, quella che vale + 1 quando il suo argomento è positivo e vale - 1 quando il suo argomento è negativo. Allora l'equazione con cui abbiamo a che fare, cioè l'equazione differenziale del moto, è x due punti + Ď² x = - a meno per il segno di x punto e quindi in particolare avremo x due punti + Ď² x uguale = -a se la x punto è positiva, e avremo invece x due punti + Ď² x = a, quando la x punto è minore di zero. Quindi, a seconda che il punto stia percorrendo l'asse delle x nel verso delle x crescenti, o nel verso delle x decrescenti, l'equazione differenziale sarĂ un'equazione completa con l'uguaglianza a - a, o ad a, a seconda dei due casi. Questo ci dice che avremo un'equazione differenziale del moto che cambia il termine noto che rende l'equazione completa in funzione del fatto che che il punto stia percorrendo la retta nel verso delle x crescenti o nel verso delle x decrescenti. Questa parte di risoluzione del moto non la facciamo, cioè vediamo solo qualitativamente che cosa succede al moto di questo punto.
La soluzione di questi due tipi di equazioni differenziali è l'oscillatore armonico, che non è centrato nellâorigine, in 0, ma sarĂ centrato in a / Ď² e in - a / Ď². Quindi a seconda delle condizioni iniziali, a seconda che all'istante iniziale il punto si stia muovendo nel verso delle x crescenti o in quello delle x decrescenti, avremo una successione di oscillazioni.
Supponendo per esempio che all'istante iniziale il punto si trovi in questa posizione xâ, con questa velocitĂ vâ, il nostro punto materiale comincia a muoversi in questa direzione, arriva fino a un certo punto, il punto di inversione del moto, il moto si inverte e ricomincia ad oscillare, però mentre in andata il centro dell'oscillazione, se x punto è > 0, il centro è - a / Ď², quindi se a è positivo da questa parte, quando andiamo in questa direzione, il centro dell'oscillazione diventa a / Ď² e quindi è un susseguirsi di oscillazioni che hanno il centro in + a / Ď², in - a / Ď², a seconda che stiamo andando nel verso delle x crescenti o nel verso delle x decrescenti. Se all'istante t = 0, per esempio, abbiamo che la x di zero = xâ è positiva e anche la x punto di 0 = vâ è positiva, allora la x(t) è altro che C cos(Ďt + Îł) poi câè il termine -a/Ď² e questa vale fino a che il moto non si inverte, quindi questa vale fino a che si arriva a una massima distanza del punto dal centro dell'oscillazione, che dipenderĂ da C e C dipende dalle condizioni iniziali, poi il moto si inverte.
Nel momento in cui il moto si inverte, l'equazione differenziale diventa questa, non è piĂš quella di sopra, per cui la soluzione sarĂ xâ(t) = Câ cos(Ďt + Îłâ) + a/Ď², avendo come condizioni iniziali quelle in cui il punto è arrivato qui, nella massima elongazione, con velocitĂ nulla e quindi sta tornando indietro con questa legge. Il punto continua a muoversi fino a che arriva in un istante di arresto, re-inverte il moto e a questo punto l'equazione differenziale diventa questa e prosegue, e quindi è una successione di oscillazioni che hanno l'ampiezza che via via va diminuendo e questo moto continua fino a che non si arriva ad avere un punto di inversione del moto interno a questo che è l'intervallo delle configurazioni di equilibrio, delle posizioni di equilibrio. Allora arriviamo con velocitĂ nulla, in un dato istante in questa posizione, che è una posizione di equilibrio, per definizione il punto qui rimane e il moto si arresta. Quindi è possibile calcolare, a seconda delle condizioni iniziali, quanto tempo impiega il punto ad arrestare il suo moto, è possibile vedere quante oscillazioni fa e cosĂŹ via. Dal nostro punto di vista è importante arrivare a trovare una situazione, un'equazione differenziale con due espressioni, che ammettono le due soluzioni, a seconda che il moto stia procedendo nella direzione del verso delle x crescenti, come in questo caso, o nel verso delle x decrescenti, come in questo caso.
Esercizio 5.6 (5.8)
Questo esercizio ci permette di studiare l'equilibrio e il moto, quindi facciamo sia statica, sia dinamica del punto materiale. Poi vedremo invece l'esercizio 5.8, che si mette nelle stesse condizioni della consegna dell'esercizio 5.6 con l'unica differenza che l'esercizio 5.6 è in presenza di vincolo liscio, l'esercizio 5.8 invece prevede il vincolo scabro.
Vogliamo determinare equilibrio e moto di un punto materiale P di massa m, che è soggetto alla forza peso e ad una forza elastica, il cui vettore è k², costante elastica della molla, O - P. Punto vincolato a percorrere un piano orizzontale liscio che passa per il punto O e per comodità prendiamo questo piano a cui il punto è vincolato, come piano Oxy di un sistema di riferimento Oxyz, in cui l'asse z è verticale ascendente. La direzione della forza peso è esattamente la direzione dell'asse z.
Supponiamo che siano assegnate le condizioni iniziali, cioè il punto P all'istante iniziale, cioè in 0 si trova nel punto di coordinate xâ, yâ, con una velocitĂ che ha componenti vâx e vây, rispettivamente lungo l'asse x e lungo l'asse y. Allora il punto è un punto vincolato al piano Oxy e il piano è liscio.
La prima cosa che facciamo è studiare il moto. Ci occupiamo dello studio del moto, quindi stiamo risolvendo l'esercizio 5.6, in presenza di vincolo liscio, cioè senza attrito.
La legge di Newton ci viene in soccorso, m per a = F + Ď, questa è l'equazione. del moto. Qual è il sistema di forze che agisce sul punto materiale? Abbiamo scelto lâasse oz verticale ascendente, quindi la forza peso è data da P, -mg k, g è l'accelerazione scalare di gravitĂ , m la massa e k è il versore dell'asse z, ovviamente i soliti versori ÄŤ, j e k fondamentali della terna Oxyz. Poi, tra le forze attive, abbiamo anche la forza elastica, che è applicata in P e di vettore k²(O - P). Allora, quanti gradi di libertĂ ha questo punto materiale? Ă un punto materiale vincolato ad un piano, quindi 2 è il numero di gradi di libertĂ e come parametri lagrangiani qâ, qâ, possiamo scegliere le due coordinate spaziali, le due coordinate cartesiane x e y nel piano. Quindi il vettore della forza peso, k²(O - P), sarĂ il vettore - k²(x ÄŤ + y j). Infine, ci manca il vettore della reazione vincolare. Siccome il vincolo è liscio, la reazione vincolare si esplica in direzione normale al vincolo e il vincolo è il piano Oxy. Quindi normale al vincolo significa lungo la direzione dell'asse z. Quindi Ďz k è il vettore della reazione vincolare. La legge di Newton, m per a = F + Ď, dove a è l'accelerazione del punto P, che in coordinate cartesiane scriveremo come x due punti ÄŤ + y due punti j, è la derivata seconda fatta rispetto al tempo del vettore P - O, quindi a è questo vettore. F è la somma del vettore della forza peso con il vettore della forza elastica e Ď Ă¨ esattamente questo vettore, che rappresenta la reazione vincolare.
Scriviamo l'equazione vettoriale mx due punti ÄŤ + y due punti j e questo è il primo membro della legge di Newton, uguale al vettore F, che è dato da - mg k - k² x ÄŤ - k² y j, quindi abbiamo messo assieme questi due vettori delle forze attive agenti sul punto P e poi c'è + Ďz k. E questa è l'equazione di Newton che noi andremo a proiettare, cioè a moltiplicare scalarmente per i tre versori fondamentali ÄŤ, j e k.
Proiettando lungo il versore ÄŤ si ottiene mx due punti al primo membro e al secondo membro l'unico contributo non panale è quello di - k² x e basta. Poi lungo j otteniamo la seconda equazione scalare m y due punti = -k² y e infine, lungo k, avremo 0 al primo membro = - mg + Ďz. Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite x(t), y(t) e Ďz, la reazione vincolare scalare dinamica, cioè durante il moto. Se noi guardiamo le equazioni differenziali del moto, che ci aspettiamo siano due, perchĂŠ due è il numero di gradi di libertĂ del sistema, vediamo chele equazioni differenziali del moto, sono le prime due, perchĂŠ sono quelle che non contengono la reazione vincolare scalare. Se noi poniamo Ď² = k² / m. Le prime due equazioni ci forniscono, portando tutto al primo membro e dividendo per m, otteniamo x due punti + Ď²x = 0, y due punti + Ď²y = 0. Queste sono le equazioni differenziali del moto del punto e forniscono l'integrale generale del nostro sistema meccanico e poi, assegnate le condizioni iniziali, ci daranno il moto, cioè quell'unico moto possibile per il punto materiale vincolato a stare nel piano liscio Oxy e soggetto alla forza peso e alla forza elastica. Queste nel riquadro rosso sono le condizioni iniziali. Queste sono due equazioni dell'oscillatore armonico, cioè la proiezione del punto P sull'asse x si muove di modo oscillatorio armonico, la proiezione di P sull'asse y si muove di modo oscillatorio armonico, ma il moto del punto materiale in questo piano non è un moto oscillatorio armonico. Risolviamo la prima equazione, otteniamo x(t) = A cos(Ďt + Îą) e la seconda, come integrale generale y(t) = B cos(Ďt + β). Dobbiamo imporre le condizioni iniziali, cioè dobbiamo imporre quanto vale la x all'istante iniziale, che vale xâ, e quanto vale la y e la stessa cosa per le velocitĂ . Prima di andare a imporre queste che potremmo giĂ farlo, calcoliamoci anche la x punto e la y un punto e poi andremo ad imporre le condizioni. La x(t) punto, vale -AĎ sin(Ďt + Îą), la y(t) vale -BĎ sin(Ďt + β) e questo è il sistema delle derivate temporali.
Le condizioni iniziali servono per trovare le costanti A, Îą, B e β per determinare il moto, perchĂŠ al momento abbiamo infinito alla quattro moti possibili e andremo, imponendo le condizioni iniziali, a determinare quell'unico moto possibile. Imponiamo che la x all'istante 0 valga xâ, quindi A cos Îą = xâ e poi avremo anche che B cos β = yâ, in quanto la x all'istante 0 deve valere xâ e la y allâistante 0 deve valere yâ. Adesso mettiamo le condizioni sulle derivate prime e quindi dobbiamo calcolare la x punto e la y punto a distante 0 e imporre che la prima valga i vâx e la seconda vây. Quindi avremo -AĎ sin Îą = vâx e - BĎ sin β = vây. Abbiamo ottenuto un sistema di quattro equazioni nelle quattro incognite A, Îą, B, β. Quindi dobbiamo determinare queste costanti, sulla base di questi che sono i dati del nostro problema x â, yâ, vâx e vây.
Per risolvere questo sistema, io considero A cos Îą = xâ e - AĎ sin Îą = vâx, cioè considero la prima e la terza equazione. Faccio quadrati e poi li sommo. Le elevo al quadrato, membro a membro e sommo, la classica cosa che abbiamo visto per l'oscillatore armonico. Guardiamo che la terza si può scrivere come A sin Îą = - vâx / Ď, quindi quello che facciamo è prendere questa prima equazione ed elevarla al quadrato e sommare questa terza equazione ed elevata al quadrato. Siccome sin² + cos² = 1, si otterrebbe A² = xâ² + vâx / Ď, tutto al quadrato.
Analogamente, nella quarta equazione, avere ricavato B sin β = - vây / Ď, si prende la seconda equazione, B cos β = yâ, si eleva al quadrato membro a membro e la si somma con la quarta equazione, scritta in questa forma, al quadrato, in modo tale da ottenere B². Quindi faremo la seconda equazione al quadrato piĂš la quarta equazione al quadrato e allora questo mi dice che B² sarĂ uguale a yâ² + vây / Ď, tutto al quadrato. Adesso, per ricavare Îą, prendo la terza equazione e, membro a membro, la divido per la prima equazione. Questo lo possiamo fare a patto di supporre che il cos Îą, quindi che xâ sia diverso da 0. Prendiamo la terza equazione e la dividiamo per la prima equazione e in questo modo troviamo subito che tangente di Îą, perchĂŠ facendo A sin Îą / A cos Îą, A e A se ne vanno, rimane la tangente di Îą, è uguale a - vâx / Ď xâ. Quindi questo presuppone che xâ sia diverso da 0. Analogamente, supponendo yâ diverso da 0, se noi facciamo la quarta equazione per la seconda, quello che otteniamo è la tangente di β = - vây / Ď yâ.
La A la possiamo prendere come + la radice quadrata di xâ² + vâx ²/ Ď². B sarĂ la radice quadrata di yâ² + vây ²/ Ď² e Îą avrĂ come soluzione l'arcotangente di - vâx / Ď xâ e β sarĂ l'arcotangente di - vây / Ď yâ.
Questi valori A, ι, B e β, sostituiti qui dentro, ci daranno il moto. Attraverso le condizioni iniziali, avremo determinato il moto del sistema.
Ci possiamo chiedere qual è la traiettoria descritta dal punto P nel piano Oxy. Per trovare la traiettoria, dobbiamo lavorare su questa equazione, dobbiamo cercare di capire, a seconda delle condizioni iniziali, quindi dei valori di A, Îą, B e β, determinati da xâ, yâ e da questi vâx e vây, qual è la traiettoria descritta dal punto P. Per fare, andiamo a scrivere il moto, quindi diciamo che la x(t) = A cos(Ďt + Îą), la y(t) = B cos(Ďt + β), dove ci ricordiamo che, siccome queste Îą e β sono degli angoli, sono le fasi iniziali dell'oscillazione in x e dell'oscillazione in y, possiamo scrivere il β come somma di Îą + l'angolo che serve per arrivare a β. Se scriviamo β come Îą + un certo Îľ, allora la y(t) la possiamo scrivere come B cos(Ďt + Îą) + l'angolo Îľ, che è quello che serve per ottenere β partendo da Îą. Se per esempio l'angolo Îą vale Ď/6 e l'angolo β vale Ď/2, possiamo ottenere β, cioè il Ď/2, facendo Ď/6, che è Îą, + quello manca per arrivare al Ď/2, cioè il Ď/3. Cioè se β è 90° e Îą invece è 30°, allora il 90° lo scriviamo come 30 + 60. Siccome abbiamo il coseno di Ďt + Îą, adesso abbiamo anche qui dentro questa espressione.
Quando abbiamo il moto espresso in forma cartesiana, dove le funzioni sono delle funzioni trigonometriche, a rigore bisognerebbe ricavare t da una e andarlo a sostituire nell'altra, ma quando si hanno delle funzioni trigonometriche, conviene lavorare, cosĂŹ come abbiamo fatto in questo caso con la 1 e con la 3, elevare al quadrato membro a membro e poi sommare. in modo tale da sfruttare le identitĂ trigonometriche fondamentali. Stiamo cercando di determinare la traiettoria del punto P nel piano. Riscriviamo la prima equazione dividendo per A, intanto A è una quantitĂ diversa da zero, quindi x / A = cos(Ďt + Îą) e poi consideriamo questa seconda equazione, y(t) = a questa, dove dividiamo membro a membro per B e applichiamo il coseno della somma di angoli. Quindi avremo y / B = cos(Ďt + Îą) cos Îľ - sin(Ďt + Îą) sin Îľ.
Adesso ci accorgiamo che a questo secondo membro, c'è un coseno di Ďt + Îą, che per l'equazione di sopra, può valere x/A. Posso andare a sostituire, al posto del coseno di Ďt + Îą questo x/A. Ma prima di fare questa cosa facciamo, vediamo un paio di ipotesi.
Se siamo nell'ipotesi che il seno di Îľ, cioè se l'angolo Îľ è tale che il suo seno è 0, cioè se Îą e β differiscono tra loro o per Ď oppure sono lo stesso angolo, quindi se Îľ è o zero o Ď, se Îľ è 0 significa che Îą e β, le due fasi, sono uguali, cioè le condizioni iniziali sono tali per cui Îą e β sono lo stesso angolo. Oppure se Îľ è Ď, cioè se Îą e β differiscono per Ď,, se seno di Îľ è 0, questo termine non c'è, quindi questo termine sparisce, il coseno di Îľ è uguale a 1, oppure a - 1. y/B = x/A per il coseno di Îľ che è Âą x/A, quindi avremo che y - B/A x se Îľ = Ď, avremo y = B/A x se Îľ = 0.
In questo caso particolare, cioè quando le condizioni iniziali sono tali per cui Îą e β, cioè le fasi iniziali differiscono o per 0 o per Ď, la traiettoria risulta un tratto di retta o questa o questa. Il moto di questo punto è sicuramente confinato, per come sono scritte queste equazioni, dentro al rettangolo di lati 2A e 2B. Questo è il piano Oxy, quindi il moto del punto avviene dentro a questo rettangolo. In questo caso, in cui siamo nel caso seno di Îľ = 0, allora lâequazione della traiettoria è questa, nel caso in cui Îľ sia uguale a 0, oppure questa, nel caso in cui espiano sia Ď. Quindi per esempio, se Îľ = 0, il punto si muoverĂ su questa retta e invece se Îľ è uguale a Ď, il punto oscillerĂ su questa retta, cioè si muoverĂ qui sopra. Quindi questa è la traiettoria del punto nel caso Îľ = 0 o Îľ = Ď. Quindi la traiettoria è una retta.
Questa era la prima ipotesi, cioè se il seno di Îľ = 0 e quindi se ho annullato questo termine qui dentro, ci abbiamo messo y / B = x / a per il coseno di Îľ, coseno di Îľ che è o piĂš o meno. Adesso invece veniamo al caso in cui seno di Îľ è diverso da 0, cioè vuol dire Îľ non è nĂŠ 0 nĂŠ Ď. Se Îľ non è nĂŠ 0 nĂŠ Ď, andiamo a sostituire questo x / A dentro e l'equazione è y / B = x / A cos Îľ e poi câè - sin(Ďt + Îą) sin Îľ.
Adesso dividiamo tutto per il sin Îľ, cosa che si può fare, perchĂŠ seno di Îľ è diverso da 0, ci viene - y / B + x / A coseno di Îľ e questo l'abbiamo diviso per il seno di Îľ e qui rimane un seno di Ďt + Îą, cioè vogliamo ricavare seno di Ďt + Îą, perchĂŠ poi assieme a quest'altra equazione, vedremo che possiamo quadrare e sommare. Se prendiamo questa che è x / A = cos(Ďt + Îą). Adesso se eleviamo al quadrato, membro a membro e poi sommiamo, sin² + cos² = 1, di conseguenza, quello che si ottiene è x²/A² + (-y/B) + x(A cos Îľ, tutto al quadrato e poi câè 1/sin² Îľ = sin² + cos² che fa 1. Svolgiamo i calcoli.
Moltiplichiamo membro a membro per sin² di ξ, lo possiamo fare perchÊ tanto la nostra ipotesi è sempre questa, di sin² ξ, diverso da 0.
Dopo i calcoli, otteniamo l'equazione della traiettoria del punto P che si muove sempre nel rettangolo. Siamo sempre dentro a questo rettangolo di lati 2A e 2B e questa è l'equazione della traiettoria. Se se il coseno di ξ è diverso da 0, cioè quindi questo termine è diverso da 0, e inoltre A è diverso da B, allora, questa è l'equazione di un'ellisse che ha i semiassi sono ruotati rispetto ai semiassi x e y che individuano il quadrato.
Se invece il coseno di Îľ è uguale a 0, significa che questo che è il termine rettangolo in questa equazione è 0, e quindi qui siamo nel caso Îľ = Âą Ď /2, vuol dire che Îą e β differiscono per Âą Ď/2, sono sfasati in questo modo, allora l'equazione della traiettoria è unâellisse, però quella riferita ai suoi semiassi, quindi x²/A² + y²/B² = 1. Infine, se abbiamo il coseno di Îľ = 0, cioè vuol dire sempre Îľ = Âą Ď /2 e inoltre abbiamo A = B, quindi qua eravamo nell'ipotesi anche A â B, allora abbiamo una circonferenza di centro l'origine e il raggio A o B, non importa, cioè la circonferenza è x² + y² = A².
Riassumendo, le traiettorie possibili, sono nel caso in cui il seno di Îľ sia uguale a 0, cioè le due fasi iniziali differiscono o per 0 o per Ď, l'equazione della traiettoria è una retta o questa o questa, a seconda che Îľ sia 0 o Ď.
Nel caso invece in cui i due angoli Îą e β differiscono per un valore Îľ che non è nĂŠ 0 nĂŠ Ď, allora l'equazione della traiettoria sarĂ unâellisse che è coi semiassi ruotati, oppure un'ellisse riferita ai suoi assi, quella in forma normale, o infine una circonferenza. Queste sono tutte le possibilitĂ . In questo modo, abbiamo studiato il moto del punto P.
Studio dellâequilibrio
Adesso veniamo invece allo studio dell'equilibrio. Siamo sempre nell'esercizio in assenza di attrito, quindi adesso ci studiamo il problema dellâequilibrio, sempre con vincolo liscio, cioè senza attrito.
L'equazione è F + Ď = 0, questa è l'equazione dellâequilibrio. Tutto quello che ci serve ce l'abbiamo giĂ , perchĂŠ F ce l'abbiamo e Ď ce l'abbiamo, quindi - mgk, il vettore della forza peso, - k²(x ÄŤ + y j), che era il vettore della forza elastica e il vettore della reazione vincolare che è Ďz k, uguale al vettore nullo.
Adesso di nuovo proiettiamo lungo ÄŤ, lungo j e lungo k, ormai questo l'abbiamo capito. Proiettando lungo ÄŤ si ottiene - k² x = 0, proiettando lungo j si ottiene - k² y = 0 e infine, proiettando lungo k, - mg + Ďz = 0. Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite che sono x, y, non x(t), adesso siamo allâequilibrio, quindi x, y e poi la reazione vincolare scalare all'equilibrio. Le prime due equazioni sono le equazioni dell'equilibrio e allora queste ammettono soluzione, una sola soluzione, x* = 0, y* = 0, cioè una sola posizione di equilibrio che è lâorigine O di coordinate 0, 0. La reazione vincolare all'equilibrio ci viene fornita dalla terza equazione che vale m per g, e di conseguenza, allâequilibrio, la reazione vincolare vale Ď* = mg k. Quindi questa è la situazione.
Esercizio 5.8
Ci mettiamo nelle stesse condizioni di vettori delle forze attive che avevamo visto per l'esercizio 5.6, però supponiamo che questo piano sia un piano scabro, cioè ci sia attrito tra il punto e il piano a cui è vincolato. Studiamo il problema dell'equilibrio in presenza di attrito.
Non dobbiamo piĂš usare la sola equazione F + Ď = 0, ma dobbiamo aggiungere anche la relazione di Coulomb sull'attrito statico, la prima relazione di Coulomb, che dice che il modulo della componente tangenziale al vincolo del vettore della reazione vincolare è minor uguale di fs, coefficiente di attrito statico, per il modulo della componente normale al vincolo del vettore della reazione vincolare. Mentre il vettore delle forze attive, cioè il vettore risultante delle forze attive F è sempre uguale a prima, quindi - mgk - k² x ÄŤ + y j, cioè forza peso + forza elastica, il vettore della reazione vincolare questa volta è cambiato, perchĂŠ questa volta, in presenza di attrito, cioè con vincolo scabro, il vettore della reazione vincolare è un vettore che è totalmente incognito in intensitĂ e questa volta è incognito anche in direzione e verso.
Dobbiamo aggiungere Ďx ÄŤ + Ďy j + Ďz k = 0. Qui si tratta qual è la relazione tra questi Ďt e Ďn con Ďx, Ďy e Ďz. Siccome Ďt vuol dire tangente al vincolo, Ďn vuol dire normale al vincolo. Il vincolo è questo, tangente al vincolo, siamo nel piano. Normale al vincolo vuol dire lungo l'asse z. Di conseguenza, avremo che in questa reazione vincolare questa parte sarĂ la Ďt e invece questa sarĂ la Ďn. Il modulo di Ďt sarĂ la radice quadrata di Ďx² + Ďy², che dovrĂ essere minore o uguale di fs per il modulo di Ďz, perchĂŠ in questo caso il modulo di Ďn, siccome Ďn è questo, coincide con il modulo di Ďz. Invece il modulo della Ďt, Ďt che ha componenti Ďx ÄŤ + Ďy j, è la radice quadrata della somma dei quadrati di quelle componenti.
Proiettiamo questa equazione lungo le tre direzioni scalari ÄŤ, j e k e quindi otteniamo - k² x + Ďx = 0, -k² x + Ďy = 0. -mg + Ďz = 0 e infine la relazione di Coulomb sullâattrito statico, radice quadrata di Ďx² + Ďy² ⤠fs per il modulo di Ďz. In questo caso abbiamo ottenuto un sistema misto, fatto da tre equazioni e una disequazione. Apparentemente qui le equazioni dell'equilibrio non ci sono, perchĂŠ non c'è nessuna delle equazioni e neanche la disequazione che sono libere dalle reazioni vincolari. Quindi dobbiamo lavorare un po' sulle equazioni. Dalla prima possiamo ricavare Ďx, perchĂŠ questo è un sistema misto, in cui ci sono tre equazioni e una disequazione, e le incognite sono i due parametri lagrangiani all'equilibrio, cioè la x e la y, e le reazioni vincolari scalari all'equilibrio, cioè Ďx, Ďy e Ďz. Ricaviamo dalla prima equazione Ďx che vale k²x, dalla seconda equazione Ďy che vale k²y, dalla terza equazione ricaviamo Ďz, che vale m per g. Infine, andiamo a sostituire nella quarta disequazione, dove ricaveremo radice quadrata di (k² x)² + (k²y)², minor o uguale di fs e il modulo di Ďz che vale mg, che tanto è positivo. Abbiamo ricavato dove sta l'equilibrio. La disequazione ci dĂ lâequilibrio è questa, perchĂŠ non contiene piĂš le reazioni vincolari. Lavoriamo un attimo su questa equazione, e siccome sono tutte quantitĂ positive, possiamo elevare al quadrato membro a membro, quindi kâ´ x² + k² y² â¤Â fs mg x, tutto al quadrato, da cui, raccogliendo al primo membro un kâ´ e dividendo per kâ´, si ottiene x² + y² â¤Â fs mg, diviso k² e tutta questa quantitĂ al quadrato.
Questa disequazione ci dà tutti e soli i punti di equilibrio, cioè le posizioni di equilibrio del punto materiale vincolato al piano scabro, soggetto alla forza peso e a una forza elastica, che richiama P verso O.
Sono infiniti, sono una qualunque coppia x*, y* che soddisfi questa disequazione y*² + y*² ⤠fs mg / k² al quadrato e questi sono tutti i punti del piano Oxy non esterni alla circonferenza di centro l'origine O e raggio fs mg, diviso k². Rispetto al caso in cui il vincolo era liscio, o senza attrito, in cui avevamo trovato una sola posizione di equilibrio con questa reazione vincolare, nel caso in cui il vincolo è scabro, abbiamo ottenuto infinite posizioni di equilibrio, cioè tutti i punti del piano non esterni alla circonferenza.
La reazione vincolare la otteniamo andando a sostituire le posizioni di equilibrio qui dentro. Quindi la Ďx sarĂ k² x*, la Ďy k² y*, la Ďz è sempre uguale ad m per g, indipendentemente dalla posizione di equilibrio.
Per mantenere la posizione di equilibrio, la reazione vincolare deve essere fatta in questo modo. La presenza dell'attrito favorisce l'equilibrio, perchĂŠ si passa da una posizione di equilibrio quando l'attrito non c'era, a infinite posizioni di equilibrio.
Esercizio 5.7
Dato un sistema di riferimento Oxyz con l'asse Oz verticale ascendente. Si vuole determinare l'equilibrio e il moto di un punto materiale P di massa m, che è appoggiato al piano Oxyz, che supponiamo per comodità liscio. Sul punto agisce la forza peso e, allora visto che abbiamo scelto l'asse Oz verticale ascendente, il vettore della forza peso sarà - mgk. Inoltre, oltre alla forza peso, supponiamo che sul punto agisca anche una forza elastica che richiama di vettore k²(A - P) che richiama il punto P verso il punto A, punto A che ha coordinate (0, 0, h), con h maggiore di 0. Piano orizzontale, perchÊ se l'asse z è verticale ascendente, il piano è orizzontale. Il punto P viene richiamato dalla forza elastica verso A.
Ă un punto materiale appoggiato ad un piano liscio, 2 è il numero di gradi di libertĂ . Quindi prendiamo le coordinate cartesiane qâ e qâ, qâ = x e qâ = y.
Questo è l'analogo dellâesercizio 5.6, in cui il punto P era vincolato a stare sul piano. L'unica differenza è che, mentre la forza elastica nell'esercizio che stiamo guardando adesso richiama P verso un punto che non sta nell'origine del sistema di coordinate, ma sta in alto, nella parte positiva dellâasse z, qui invece P era richiamato verso O e inoltre questo vincolo era un vincolo di appartenenza al piano, mentre quello che stiamo considerando ora è un vincolo di appoggio. Dal punto di vista di come si svolge lâesercizio, rimane sempre tutto molto simile.
Il punto P ha coordinate x, y e 0, di conseguenza A - P sarà il vettore dato da - x č - y j + h k. h è una costante positiva, che mi dice che il punto A si trova su questo semiasse z positivo. Questo è il sistema delle forze attive.
La reazione vincolare che agisce sul punto P, in virtĂš del fatto che il piano a cui il punto è appoggiato è un piano liscio, la reazione vincolare Ď si esplica in direzione normale al vincolo e, inoltre deve avere stessa direzione e verso opposto di uno spostamento totalmente proibito. La reazione vincolare sarĂ una Ďz versore k con la componente scalare Ďz che deve essere maggiore o uguale di 0, perchĂŠ gli spostamenti totalmente proibiti sono tutti e soli quelli di ingresso nel piano e quindi perpendicolari al piano, quindi ce n'è uno solo, quindi la reazione vincolare, che deve avere stessa direzione e verso opposto dello spostamento totalmente proibito, sarĂ diretta con direzione e verso compatibile con l'asse z.
Partiamo dal problema dell'equilibrio, quindi vediamo di studiare l'equilibrio. L'equazione dellâequilibrio del punto è F + Ď = 0. F è il vettore risultante delle forze attive agenti sul punto, quindi sarĂ la somma del vettore della forza peso + il vettore della forza elastica, che richiama P verso A. E Ď invece sarĂ esattamente quello che abbiamo scritto lĂŹ. Quindi andando a declinare quest'equazione nel nostro caso, avremo - mg k - k² che è la costante elastica della molla x lungo ÄŤ - k² y j + k² h k + Ďz versore k = 0.
Quindi questa è l'equazione dell'equilibrio per questo problema. Adesso l'equazione dell'equilibrio la proiettiamo lungo le tre direzioni scalari che sono ÄŤ, j e k, quindi moltiplichiamo scalarmente, membro a membro, l'equazione prima per il versore ÄŤ, poi per il versore j, poi per il versore k e qui otteniamo - k² x = 0, proiettando lungo j, -k² y = 0, proiettando lungo k - mg + k² h + Ďz = 0. Inoltre ci ricordiamo che la Ďz componente scalare del vettore della reazione vincolare, affinchĂŠ sia rispettato il vincolo, deve essere maggiore o uguale a zero. E allora qui aggiungiamo che, assieme a quelle equazioni che abbiamo scritto sopra, deve valere anche la disequazione Ďz maggiore o uguale a zero. Due sono le equazioni dell'equilibrio che ci aspettiamo di trovare, e in effetti qui ci sono le due equazioni che non contengono la reazione vincolare e queste sono le due equazioni dell'equilibrio. Queste risolte ci danno x* = 0, y* = 0, che è come avevamo visto nel caso dell'esercizio della volta scorsa, c'è un'unica posizione di equilibrio che è l'origine, però a patto che sia soddisfatta questa disequazione. Come facciamo a vedere se è soddisfatta? Ricaviamo dalla terza equazione il valore della Ďz che vale m per g - k² e questa deve essere maggiore o uguale di 0. Esiste una sulla posizione di equilibrio per questo problema che è data dall'origine, quindi l'origine è posizione di equilibrio per il punto P se è rispettata questa disequazione, cioè se h è minor uguale di m per g / k². Quindi se siamo in questa condizione, allora il vincolo di appoggio è rispettato e P si trova qui e c'è una sola posizione di equilibrio e se h è minore o uguale di m per g / k², questa è la sola posizione di equilibrio con il vincolo che viene rispettato.
Se invece h, il punto di sospensione, quindi il punto in cui si trova A, è tale per cui h è maggiore di m per g / k², allora non c'è nessuna posizione di equilibrio, nel senso che il vincolo non è rispettato, il punto si stacca dal piano e quindi bisogna riconsiderare il problema, diventa un problema a 3 gradi di libertà e quindi dobbiamo ricominciare da capo.
Studio del moto
Dobbiamo studiare il moto del punto materiale e la legge del moto è m per a = F + Ď. F e Ď li abbiamo giĂ scritti, sono quelli di prima, ci manca soltanto l'accelerazione del punto. E siccome il punto è vincolato, è appoggiato al piano, la sua accelerazione nel sistema di coordinante che abbiamo scelto, vale x due punti ÄŤ + y due punti j. Ecco allora che possiamo scrivere la legge di Newton, m per x due punti ÄŤ + y due punti j è uguale, il vettore F delle forze attive è - mg k - k² x ÄŤ - k² y j + k² h k + Ďz versore k e Ď sarĂ Ďz k, sempre con la stessa condizione, ricordiamoci che è un vicolo da appoggio. k² è la costante elastica della molla. Questo sistema di due equazioni permette di risolvere il problema del moto.
Abbiamo bisogno di considerare le tre equazioni scalari che ci vengono dalla proiezione della legge di Newton lungo le tre direzioni scalari, quindi avremo m x2 punti = - k² x, poi lungo j, m y due punti = - k² y e infine 0 = -mg + k² h + Ďz e la presenza del vincolo dâappoggio, Ďz ⼠0. Un sistema di tre equazioni e una disequazione. Le incognite sono la x(t), la y(t) e la Ďz durante il moto.
Queste due equazioni che non contengono le reazioni vincolari sono le equazioni differenziali del moto. Sono due, perchĂŠ due è il numero di gradi di libertĂ del sistema. Ma queste le riconosciamo. sono le equazioni differenziali dell'oscillatore armonico e quindi ponendo Ď² = k² / m, otteniamo le due equazioni, x due punti + Ď²x = 0 y due punti + Ď²y = 0, che sono le due equazioni differenziali del moto che avevamo trovato anche nel caso del punto vincolato a stare nel piano con la forza peso e la forza elastica che richiamava P verso lâorigine.
Dalla terza equazione ricaviamo di nuovo Ďz che vale m per g - k² h. Questa deve essere maggiore o uguale di 0, quindi le equazioni differenziali del moto sono queste, a patto che durante il moto, cioè che h sia minor uguale di m per g / k², quindi questo è per avere rispettato il vincolo di appoggio.
Lâequazione differenziale del moto, quindi il moto, sarĂ tale per cui la proiezione di P sull'asse delle x si muove di moto oscillatorio armonico, la proiezione di P sull'asse y si muove di moto oscillatorio armonico e il vincolo di appoggio è rispettato se h è minor o uguale di m per g / k². Il problema resta a gradi di libertĂ con tutte le caratteristiche che aveva nel caso in cui il punto P era giĂ vincolato al piano e con la molla che richiamava P verso O anzichĂŠ verso A, cioè il caso con questo valore di h = 0.
Esercizio 5.10
Studiare il moto di un punto materiale (P, m) vincolato a muoversi nel piano orizzontale liscio Oxy, soggetto al peso e a due forze elastiche di vettori kâ²(H - P) e kâ²(K - P), essendo H e K le proiezioni di P rispettivamente sull'asse y e sull'asse x. Sono assegnate le condizioni iniziali:
Esercizio 5.11
Questo esercizio prevede la presenza di un punto materiale P di massa m che è vincolato a percorrere una retta orizzontale liscia che noi prendiamo come asse Oâxâ, il versore è il versore ÄŤâ e questa retta orizzontale su cui il punto P si muove, a sua volta sta ruotando con velocitĂ angolare costante, quindi Ďâ è costante, kâ è costante, attorno appunto all'asse fisso, ecco perchĂŠ kâ è costante, all'asse fisso e Oâzâ. Sul punto agisce la forza peso e anche una forza elastica che richiama P verso il punto Oâ, che è l'origine del sistema di riferimento Oâxâyâzâ, che abbiamo detto essere un sistema di riferimento ruotante, ruota uniformemente attorno a quest'asse fisso.
Indichiamo con xâ l'ascissa del punto P su questa retta orizzontale. Assegniamo le condizioni iniziali, quindi assegniamo la posizione di P sull'asse xâ all'istante 0, che indichiamo con xââ e la sua velocitĂ scalare all'istante iniziale, che è vââ. Il problema ci chiede di determinare il moto relativo e l'equilibrio relativo di P. Il sistema di riferimento Oâxâyâzâ è un sistema di riferimento mobile. Quindi P si muove su questa retta, retta che a sua volta ruota con velocitĂ angolare costante attorno all'asse fisso zâ.
Studio dellâequilibrio relativo
Lâequazione dell'equilibrio relativo è F + Ď - m ađ = 0. PerchĂŠ usiamo l'equazione dell'equilibrio relativo? PerchĂŠ il sistema di riferimento Oâxâyâzâ, rispetto al quale vogliamo trovare l'equilibrio, è un sistema di riferimento mobile. Le posizioni di equilibrio relativo del punto P, sono le posizioni di equilibrio di P sull'asse xâ, però che si sta muovendo, quindi le posizioni di equilibrio relativo non sono posizioni di equilibrio assolute, cioè rispetto ad un osservatore Oxyz che si trova qui, fisso nello spazio. Di conseguenza, per l'osservatore inerziale o assoluto, le posizioni di equilibrio di P su questa retta che poi sta ruotando non sono posizioni di equilibrio, mentre noi cerchiamo le posizioni di equilibrio relativo di P, rispetto a questo osservatore mobile.
Andiamo a vedere quali sono i vettori che entrano in gioco in questa equazione, quindi chi è F, chi è Ď e chi è questo meno m ađ che è il vettore della forza di trascinamento, forza di trascinamento che entra in gioco quando si scrivono le equazioni o dell'equilibrio o del moto rispetto a un osservatore mobile.
Il problema ha 1 grado di libertĂ , parametro lagrangiano, è la coordinata xâ, lâascissa di P sull'asse xâ.
Le forze sono la forza peso, - mg lungo kâ, la forza elastica k²(Oâ - P), è rappresentata da una molla ideale di lunghezza nulla a riposo, che richiama P verso Oâ, quindi - k² xâ ÄŤâ. ÄŤâ è il versore dell'asse xâ. Quindi questo è il vettore della forza elastica e adesso câè da mettere a posto il vettore della reazione vincolare. Quindi la reazione vincolare, siccome l'asse è un asse liscio, il vincolo è liscio, la reazione vincolare si esplica in direzione normale al vincolo, quindi lungo yâ e lungo zâ, quindi Ďyâ jâ + Ďzâ kâ.
Adesso ci manca invece ađ, che è l'accelerazione di trascinamento del punto P. Si può scrivere o usando la definizione, quindi derivata seconda di Oâ fatta rispetto a t², + la derivata del vettore velocitĂ angolare del sistema di riferimento mobile, quindi in questo caso Ďâ, vettor P - Oâ + Ďâ, vettor Ďâ, vettor P - Oâ. Innanzitutto Oâ è l'origine del sistema di riferimento mobile che ruota uniformemente attorno all'asse fisso zâ. Questo Oâ è un punto fisso e quindi la sua accelerazione vale 0. Derivata temporale del vettore velocitĂ angolare Ďâ, ma Ďâ è un vettore costante, perchĂŠ la rotazione dell'asse xâ attorno all'asse zâ è uniforme, quindi la derivata di Ďâ è 0, perchĂŠ la rotazione è uniforme, quindi questo termine non c'è, resta soltanto l'ultimo termine, l'ultimo addendo della somma, è dato dal doppio prodotto vettoriale. Abbiamo Ďâ kâ vettor Ďâ kâ vettor P - Oâ, che è xâ ÄŤâ. O facciamo i calcoli facendo proprio tutti i vari passaggi, cioè Ďâ kâ vettor xâ ÄŤâ, siccome kâ vettore ÄŤâ fa jâ, questo è altro che xâ Ďâ jâ. Ă rimasto Ďâ kâ vettor xâ Ďâ jâ e siccome kâ vettor jâ fa - ÄŤâ, qui rimane - xâ Ďâ² versore iâ. Quindi cosĂŹ, facendo i calcoli, si ottiene l'espressione di ađ.
Quando si ha un doppio prodotto vettoriale di un vettore che è P - Oâ che viene moltiplicato vettorialmente a destra per due volte per lo stesso vettore che è perpendicolare a P - Oâ, cioè Ďâ kâ è perpendicolare a xâ ÄŤâ, è ortogonale e allora ciascuno di questi prodotti vettoriali, porta una rotazione, i questo vettore, di Ď/2 in verso anti-orario. Quindi il primo prodotto vettoriale mi porta P - Oâ a ruotare di Ď/2 in verso anti-orario con un fattore Ďâ. DopodichĂŠ lâaltro prodotto vettoriale porta una seconda rotazione di Ď/2 in verso antiorario, quindi questo vorrebbe dire che questo prodotto vettoriale è - Ďâ²(P - Oâ), cioè -Ďâ² xâ ÄŤâ, che è esattamente quello che avevamo trovato qui facendo i calcoli.
L'accelerazione di trascinamento si può calcolare anche pensando alla curva di trascinamento. Che cos'è l'accelerazione di trascinamento? Ă l'accelerazione che il punto P avrebbe se pensato rigidamente connesso al sistema di riferimento mobile. Quindi possiamo pensare di inchiodare P su quest'asse. Quest'asse nel frattempo ruota attorno all'asse fisso zâ. E allora qual è la curva di trascinamento descritta dal punto P? Ă una circonferenza di centro Oâ e raggio, considerato fisso, xâ. Questo punto P descriverĂ la circonferenza con una velocitĂ angolare scalare che è Ďâ. Facciamo una proiezione nel piano Oâxâyâ, il punto P si trova su xâ fissato, per cui il suo raggio è esattamente xâ. Il punto P descrive questa circonferenza, che è la curva di trascinamento, questa è quella che noi chiamiamo la Îłđ è la circonferenza di centro Oâ e raggio xâ. Se fissiamo una terna intrinseca, avremo il versore tangente, tđ, poi ci mettiamo il versore normale, nđ e inoltre avremo il versore della binormale, il versore bđ che è il versore kâ. Se vogliamo scrivere ađ utilizzando la formula, che è l'accelerazione con cui il punto punto P descrive la curva di trascinamento Îłđ. Questa è una curva fittizia, non è una curva vera, è la curva che il punto P descriverebbe se noi lo fissassimo rigidamente all'asse x, ma in realtĂ il punto P si muove sull'asse xâ, quindi è solo un modo per fare i calcoli. Quindi ađ sarebbe s due punti đ, versore tđ + sđ² punto / Ďcđ, versore nđ. Dobbiamo vedere chi sono sđ, Ďcđ, tđ e nđ.
sđ è lâascissa curvilinea del punto P che descrive la circonferenza di centro Oâ e raggio xâ, quindi è il parametro lunghezza dâarco. La velocitĂ angolare scalare Ď sarĂ quella che compare nella sđ punto, perchĂŠ la sđ è il raggio xâ per l'angolo di rotazione. sđ punto sarĂ xâ, il raggio, per la Ďâ che è la velocitĂ angolare scalare con cui il punto P nel moto di trascinamento descrive la curva. E siccome nel moto di trascinamento xâ è costante e la rotazione è uniforme, quindi anche Ďâ è costante, la sđ due punti sarĂ uguale a 0.
Ďcđ è il raggio del cerchio osculatore, che in questo caso coincide con la circonferenza stessa, con la traiettoria Îłđ, quindi è xâ. tđ è il versore tangente alla circonferenza di centro Oâ e raggio xâ e, istante per istante, siccome P è fissato sull'asse xâ, questo tđ è altro il versore jâ. Invece nđ è l'opposto del versore ÄŤâ, quindi nđ è uguale a - ÄŤâ. Ecco allora che abbiamo tutto a questo punto, perchĂŠ la sđ due punti è uguale a 0, quindi questo termine non c'è, rimane soltanto questo termine in cui sđ punto vale xâĎâ, Ďcđ vale xâ e nđ è - ÄŤâ e andando a sostituire, otteniamo esattamente - xâĎ², versore ÄŤâ, che è esattamente quello che avevamo trovato qui.
Adesso dobbiamo andare a sostituire tutto quello che abbiamo, quindi abbiamo trovato F che è la somma di questo vettore + questo e poi + Ď, poi prendere ađ e moltiplicarlo per - m. Andiamo a sottolineare tutte le cose che ci servono per avere F, ricordando che ađ lo dobbiamo moltiplicare per - m.
Andiamo a mettere tutto insieme e otteniamo l'equazione dell'equilibrio relativo e questa la proiettiamo come sempre lungo ÄŤâ, jâ e kâ per ottenere le equazioni scalari che poi ci daranno l'equazione dell'equilibrio relativo e le espressioni delle reazioni vincolari scalari all'equilibrio. Proiettiamo lungo ÄŤâ, -k² xâ, perchĂŠ i termini lungo ÄŤâ sono questo e questo, + m xâ Ďâ² e questo è uguale a 0. Poi proiettiamo lungo jâ, c'è soltanto questo termine e quindi ci viene Ďyâ = 0, lungo kâ - mg perchĂŠ c'è questo termine e questo termine, quindi - mg kâ + Ďzâ = 0. Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite xâ all'equilibrio, Ďyâ e Ďzâ. La prima equazione che non contiene le reazioni vincolari scalari, è l'equazione dell'equilibrio relativo. Raccogliamo xâ, rimane - k² + m Ď² = 0. Questa è l'equazione dell'equilibrio relativo di P sulla retta. Adesso la dobbiamo risolvere e vediamo quante sono e quali sono le posizioni di equilibrio relativo del punto. Quante soluzioni ammette? C'è un coefficiente moltiplicativo davanti a xâ, quindi questo coefficiente moltiplicativo non è sempre diverso da 0. facciamo unâipotesi, se k² è diverso da mĎâ², quindi vuol dire se questo coefficiente moltiplicativo è diverso da 0, allora c'è una sola soluzione xâ* = 0, quindi una posizione di equilibrio relativo del punto P, che è l'origine. In questa posizione la Ďâ è uguale a 0. La Ďzâ vale all'equilibrio m per g. Quindi la reazione vincolare che realizza il vincolo all'equilibrio è la Ď* che vale mg kâ.
Cosa succede invece se k² è uguale ad mĎâ² quadro? Se questo fattore moltiplicativo, questo coefficiente davanti a xâ è identicamente nullo, allora questa equazione è soddisfatta per qualunque xâ e allora una qualunque posizione xâ* asterisco sull'asse Oâxâ è posizione di equilibrio relativo del punto. E in particolare, la reazione vincolare in quella posizione sarĂ sempre mg kâ. Quindi in questo caso ci sono infinite posizioni di equilibrio, quindi siamo nel caso k² = Ďâ², se io prendo il punto P, lo metto nella posizione Pâ all'istante tâ in quiete, in una qualunque di queste posizioni, nellâipotesi k² = Ďâ², il punto resta nella posizione Pâ per ogni t maggiore di tâ. Ci sono tutti i punti su questa retta se mĎâ² = k² sono posizioni di equilibrio. Se k² / m, che rappresenta la pulsazione propria della eventuale oscillazione del punto P, è uguale alla velocitĂ angolare scalare con cui l'asse xâ ruota attorno all'asse zâ, allora il punto si trova costantemente in equilibrio con la reazione vincolare scalare che è uguale a m g kâ.
Studio del moto relativo
Per studiare il moto relativo del punto P abbiamo bisogno dell'equazione del moto relativo, che è m aâ, dove aâ è l'accelerazione relativa del punto P, uguale ad F + Ď - m ađ - m ac. F, Ď e - m ađ li abbiamo giĂ calcolati, sono quelli che abbiamo evidenziato in verde. Evidenziamo anche questo - m, che ce lo ricordiamo, che ci va. Adesso dobbiamo invece aggiungere quello che ci manca qui in questa equazione, e cioè dobbiamo dire chi è aâ e chi è - m ac, cioè scrivere il vettore della forza di Coriolis e il vettore accelerazione relativa del punto P.
Lâaccelerazione relativa del punto P sarĂ xâ due punti ÄŤâ e quindi questo sarĂ il termine aggiuntivo che ci serve. Poi ci vuole - m ac, allora l'accelerazione di Coriolis è data da 2Ďâ vettor vâ, quindi 2Ďâkâ, la velocitĂ vâ è la velocitĂ relativa del punto P, quindi sarĂ xâ punto ÄŤâ. E allora siccome kâ vettor ÄŤâ fa jâ, questo ci dĂ 2Ďâxâ punto lungo jâ. - m ac sarĂ - 2mĎâxâ punto jâ. Adesso andiamo a mettere questi vettori che avevamo giĂ evidenziato in verde, li mettiamo nella equazione differenziale del moto, quindi m x due punti ÄŤâ è uguale, il vettore F avrĂ la forza peso - mg kâ, la forza elastica - k² xâ ÄŤâ, poi c'è la forza di trascinamento, - m ađ, che è - m per - xâĎâ² ÄŤâ, quindi + mxâ Ďâ² ÄŤâ lungo ÄŤâ e poi ci va - m ac, quindi - 2m Ďâxâ punto jâ, poi ci va la reazione vincolare + Ďyâ jâ + Ďzâ k. In questo modo abbiamo l'equazione vettoriale, che adesso andremo a proiettare lungo le direzioni scalari ÄŤâ, jâ e kâ. Prendiamo i termini lungo ÄŤâ che sono 3, quelli verdi. Poi prendiamo i termini invece in jâ e quindi avremo 0 al primo membro, uguale a -2m Ďâxâ punto + Ďyâ.
Infine l'ultimo termine, che è quello lungo kâ, cioè l'ultima proiezione, che darĂ 0, uguale a - m per g + Ďzâ. In questo modo ho ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite, che sono xâ(t), Ďyâ, Ďzâ. La prima equazione che non contiene le reazioni vincolari scalari è l'equazione differenziale del moto. E se dividiamo tutto per m e portiamo tutto al primo membro, avremo xâ due punti, poi poniamo anche Ď² = k² / m, facciamo questa ipotesi, diventa xâ due punti + Ď² - Ďâ² xâ = 0. E questa è l'equazione differenziale del moto che dal punto di vista analitico è un'equazione differenziale del secondo ordine, è lineare a coefficienti costanti, omogenea. Questa equazione differenziale noi la sappiamo risolvere. Questa non è l'equazione differenziale dell'oscillatore armonico, perchĂŠ questo coefficiente non è sempre positivo. Se questo coefficiente è positivo, allora questa è l'equazione differenziale dell'oscillatore armonico. Ma se questo coefficiente è nullo, oppure negativo, le cose cambiano. Questa che è l'equazione differenziale del moto, che è un'equazione unica, però prevede tre tipi di soluzione diversa:
A seconda che si abbia Ď² > Ďâ²
Oppure che si abbia, secondo caso, Ď² = Ďâ²
Oppure che si abbia Ď² < Ďâ²
Queste due equazioni invece, la Ďyâ e la Ďzâ, risolte, ci daranno l'espressione delle reazioni vincolari scalari durante il moto. Qua c'era l'equazione 1, che risolta mi dĂ l'equazione differenziale del moto. L'equazione 2 e l'equazione 3, la 2 mi dice che la Ďyâ vale 2m Ďâxâ punto. La 3 mi dice che durante il moto la Ďzâ è uguale ad m per g. Una volta determinato il moto in questi 3 casi, uno ciascuno, avremo anche l'espressione del vettore della reazione vincolare.
Analizziamo separatamente i tre casi.
Caso 1, Ď² > Ďâ². Ď² è k² / m. Ďâ² è il quadrato della velocitĂ angolare scalare di rotazione dell'asse xâ. Questo coefficiente è maggiore di 0, quindi indico con Ď² proprio questa differenza, Ď² - Ďâ². E allora l'equazione differenziale diventa veramente quella dell'oscillatore armonico. La soluzione, cioè lâintegrale generale è xâ(t) = C cos(âŚt + Îł) la pulsazione è la radice quadrata di questo coefficiente, quindi ci va âŚ. C e Îł si determineranno attraverso le condizioni iniziali, che sono date qui, xâ(0) deve valere xââ e xâ(0) punto deve valere vââ. Quindi fissate le condizioni iniziali, questo comporta C cos Îł = xââ e sulla derivata - C ⌠sin Îł = vââ. Abbiamo il sistema delle due equazioni in C e Îł e otteniamo, attraverso le condizioni iniziali, che C è uguale alla radice quadrata di xââ² + vââ², diviso âŚÂ˛ e di nuovo Îł è tale per cui la tangente di Îł, ammesso che xââ sia diverso da zero, vale - vââ / xââ âŚ. Quindi in questo caso il moto è un moto oscillatorio armonico.
Il caso 2 è il caso in cui Ď² = Ďâ². In questo caso l'equazione differenziale, se questo coefficiente è 0, rimane xâ due punti = 0. Questa è l'equazione banale del moto uniforme. Le condizioni iniziali ce le abbiamo, quindi il moto, assegnando anche le condizioni iniziali, diventa vâât + xââ.
Il terzo caso, quando questo coefficiente è negativo Ď² < Ďâ². Chiamiamo h² = Ďâ² - Ď² > 0, questa è una quantitĂ sicuramente positiva, per questo che la chiamiamo h², perchĂŠ cosĂŹ non abbiamo dubbi che sia positiva. Allora l'equazione differenziale diventa xâ due punti - h² xâ = 0. Questa è diventata l'equazione differenziale del moto nel caso terzo. Lâanalisi matematica ci insegna che noi scriviamo l'equazione caratteristica associata a questa equazione differenziale del secondo ordine lineare a coefficienti costanti e omogenea e vediamo che questa ammette due soluzioni, Îťâ = - h e Îťâ = h. Ecco allora che l'integrale generale è Câ per e alla - ht + Câ per e alla ht. Dobbiamo imporre le condizioni iniziali. Quindi imponendo le condizioni iniziali ricaviamo Câ e Câ e vediamo cosa viene fuori. Calcoliamoci anche la x punto, cosĂŹ ce l'abbiamo giĂ , quindi la xâ(t) punto vale - Câh per e alla - ht + Câ h per e alla ht. Quindi imponiamo le condizioni iniziali, la xâ all'istante 0 vale Câ per e alla 0 + Câ per e alla 0, quindi Câ + Câ e questo deve essere uguale a xââ. Poi la seconda condizione iniziale è che la xâ(0) punto deve valere vââ, quindi andiamo qui e la calcoliamo in 0. E quindi avremo che - Câh + Câh deve essere uguale a vââ. Questo è il sistema delle due equazioni nelle due incognite Câ e Câ che andiamo a risolvere. Moltiplico la prima equazione per - h e poi le sommo, quello che ottengo è - 2hCâ, + un termine - Câh + Câh che se ne va, uguale a - h xââ + vââ. In questo modo ottengo Câ, che vale h xââ - vââ, tutto fratto 2h. Adesso invece ricavo Câ, moltiplico la prima equazione per + h e poi sommo membro a membro. Quello che si ottiene è che + hCâ - hCâ si elidono, poi rimane + 2 hCâ = xââ + vââ. Quindi Câ vale h xââ + vââ, diviso 2h. Ecco che cosĂŹ abbiamo determinato le due costanti che mi servono, Câ e Câ da andare a sostituire qui dentro per avere il moto. Quindi xâ(t), mettiamo h xââ - vââ / 2h, perchĂŠ ci dobbiamo mettere Câ qua, che è questa, per e alla - ht, + il Câ che è h xâ + vââ, diviso 2h per e alla ht. Questo è il moto del punto P, nel caso che abbiamo visto, Ď² < Ďâ². In questo caso c'è questo termine che essendo positivo, e alla - ht dopo un certo transiente svanisce e questo invece che ha il termine dominante che realizza il moto nell'ultimo caso, che era il terzo caso.
Esercizio 5.12
Supponiamo di avere un punto materiale P di massa m, che è vincolato a muoversi su di un piano orizzontale e supponiamo che questo piano orizzontale sia il piano Oâxâyâ che supponiamo inoltre liscio, cioè senza attrito e supponiamo inoltre che questo piano si stia muovendo, ruotando uniformemente, cioè con velocitĂ angolare costante Ďâ kâ attorno all'asse fisso Oâzâ, che avrĂ versore k. Questi sono i versori ÄŤâ e jâ.
Sul punto agisce la forza peso, che per la scelta che abbiamo fatto dell'asse zâ verticale ascendente, la forza peso sarĂ diretta lungo kâ e inoltre è soggetto anche ad una forza elastica che richiama il punto P verso il punto Oâ, quindi forza elastica che ha vettore k²(Oâ - P).
Quello che ci viene richiesto è determinare le posizioni di equilibrio relativo del punto P e inoltre le equazioni differenziali del moto di P rispetto al sistema di riferimento Oâxâyâzâ.
Quando si richiede di determinare il moto del punto, significherebbe scrivere l'equazione differenziale del moto e risolverla, quindi trovare il moto finito del punto. Quando invece si chiedono le equazioni del moto, o in maniera piĂš specifica, le equazioni differenziali del moto, proprio queste equazioni differenziali.
In questo esercizio, per quanto riguarda il moto, non ci viene richiesto di calcolare l'integrale generale e quindi di risolvere il problema di Cauchy, ma semplicemente di fermarsi alle equazioni differenziali del moto.
Partiamo dal problema di equilibrio relativo. Ďâ, il vettore velocitĂ angolare con cui il piano Oâxâyâ ruota attorno all'asse fisso Oâzâ è costante, quindi la rotazione è uniforme. Quindi Ďâ è una costante e kâ è una costante.
Câè la forza peso, -mg kâ e poi c'è la forza elastica k²(Oâ - P), dove k² è la costante elastica della molla.
Il nostro problema è quello di studiare l'equilibrio relativo del punto P. L'equazione dell'equilibrio relativo del punto è F + Ď - m ađ = 0. Questa è l'equazione dell'equilibrio relativo del punto P, e quindi quando dobbiamo scrivere un problema di equilibrio rispetto ad un osservatore immobile, lâequazione a cui dobbiamo fare riferimento è questa, quindi prendere il vettore risultante delle forze attive, agenti sul punto, il vettore risultante delle reazioni vincolari e infine bilanciarlo con il vettore della forza di trascinamento- m per l'accelerazione di trascinamento è il vettore della forza di trascinamento. Vediamo quali sono le forze in gioco. Questo è un problema a due gradi di libertĂ , perchĂŠ è un punto che è vincolato a muoversi nel piano, quindi possiamo prendere come parametri lagrangiani qâ, qâ, che sono le coordinate cartesiane xâ e yâ nel piano ruotante Oâxâyâ. Il vettore F sarĂ il vettore della forza peso, - mg kâ, + il vettore della forza elastica, k²(Oâ - P). E siccome (Oâ - P) dipenderĂ dai parametri lagrangiani xâ, yâ, questo diventa - k² xâ ÄŤâ + yâ jâ e questo è il vettore F delle forze attive. Adesso vediamo come è fatto il vettore della reazione vincolare. Il vettore della reazione vincolare, siccome il punto è vincolato al piano orizzontale e il piano è liscio, questo piano su cui si muove il punto P è un piano liscio, allora il vettore della reazione vincolare si esplica in direzione normale al vincolo, quindi sarĂ un Ďz kâ, dove non è un vincolo d'appoggio per cui il segno di Ďz non sappiamo se è positivo o negativo o nullo. Abbiamo sistemato quindi il vettore F, il vettore Ď, adesso dobbiamo calcolare l'accelerazione di trascinamento ađ.
Per calcolare l'accelerazione di trascinamento ađ si può usare sia la formula, sia il significato fisico, cioè il fatto che l'accelerazione di trascinamento è l'accelerazione che il punto P avrebbe, se pensato rigidamente connesso al sistema di riferimento mobile, quindi in questo caso dovremmo vincolare P su questo piano orizzontale, mentre il piano ruota.
Adesso lo calcoliamo solo con la formula, derivata a seconda di Oâ fatta rispetto a t due volte + la derivata del vettore velocitĂ angolare del sistema di riferimento mobile, che è Ďâ, vettor P - Oâ + Ďâ vettor Ďâ vettor P - Oâ. Siccome il punto Oâ di cui qua dobbiamo mettere lâaccelerazione è un punto dell'asse di rotazione, sarĂ un punto fisso, di conseguenza questo è uguale a 0 e non c'è. Ďâ è un vettore costante in intensitĂ , direzione e verso, di conseguenza questa derivata sarĂ zero e quindi anche il contributo di questo termine non c'è. Rimane solo Ďâkâ, vettor Ďâkâ, vettor P - Oâ, che è xâ ÄŤâ + yâ jâ. O facciamo i calcoli, quindi questi prodotti vettoriali e poi il risultato viene moltiplicato vettorialmente a destra per questo vettore, ma quando c'è un vettore P - Oâ ortogonale ad un vettore che viene moltiplicato per due volte da questa parte rispetto a questo, allora si ottiene il vettore di partenza, ruotato per due volte di Ď /2 in verso antiorario e quindi a meno poi di questo fattore, che è lâĎâ, si ottiene - Ďâ² per il vettore P - Oâ, cioè xâ ÄŤâ + yâ jâ.
In maniera esplicita, kâ vettore ÄŤâ fa jâ, kâ vettor jâ che fa - ÄŤâ e poi di nuovo questo prodotto vettoriale. Sottolineiamo quali sono i vettori che ci interessano, allora abbiamo il vettore F, poi c'è Ď che è questo e poi c'è ađ che va moltiplicato per - m e lo uguagliamo a zero. Andiamo a scrivere l'equazione che ci serve, quindi mettiamo - mg kâ - k² xâ ÄŤâ - k² yâjâ e poi abbiamo la Ď che è + Ďz kâ, infine dobbiamo fare il -m per ađ, quindi ci viene + mĎâ² xâ ÄŤâ e un + mĎâ² yâ jâ e questo va uguagliato a 0. Questa è l'equazione dell'equilibrio relativo del punto P e quindi la possiamo proiettare adesso lungo le tre direzioni scalari ÄŤâ, jâ e kâ, allora lungo ÄŤâ c'è questo termine e questo termine, e quando moltiplico scalarmente lungo ÄŤâ, ci viene - k² xâ + m â² xâ = 0. Quando proietto lungo jâ abbiamo questo termine e questo, quindi ci viene - k² yâ + m Ďâ² yâ = 0 e infine i termini lungo kâ che sono - m per g + Ďz e questo deve essere uguale a 0. Abbiamo ottenuto quindi un sistema di tre equazioni nelle tre incognite che sono xâ, yâ e Ďz. Le prime due equazioni che non contengono la componente scalare del vettore della reazione vincolare, cioè non contengono la Ďz sono le due equazioni dell'equilibrio relativo. Quindi le posizioni di equilibrio che ha il punto P sul piano, piano che però si sta muovendo, perchĂŠ ruota qui attorno.
Le equazioni le possiamo riscrivere raccogliendo xâ come mĎâ² - k² xâ = 0 e m Ďâ² - k² yâ = 0 e queste sono le due equazioni dell'equilibrio relativo. La terza equazione invece mi fornisce la reazione vincolare scalare all'equilibrio. Vediamo quante sono e quali sono le posizioni di equilibrio del punto P. In questo sistema di due equazioni nelle due incognite xâ e yâ c'è un coefficiente che non è detto che sia sempre diverso da 0 e quindi. a seconda del valore di queste costanti. si avranno due situazioni diverse.
Se m Ďâ² è diverso dalla costante elastica della molla, cioè la k², allora l'unica possibilitĂ perchĂŠ questo prodotto si annulli è che ci sia xâ* = 0 con yâ* = 0 e quindi c'è una sola posizione di equilibrio relativo che è l'origine e in questa posizione la reazione vincolare Ď* vale m per g kâ. Se invece il coefficiente che sta davanti a xâ e yâ nel sistema, cioè questa costante è nulla, cioè m Ďâ² è uguale alla costante elastica della molla, allora avremo che una qualunque coppia di valori nel piano, quindi una qualunque coppia di coordinate xâ*, yâ* nel piano, è posizione di equilibrio relativo. Ci sono infinite posizioni di equilibrio relativo, un qualunque punto nel piano è posizione di equilibrio relativo, se siamo in questa particolarissima condizione in cui la costante elastica della molla uguaglia il prodotto della massa del punto per il vettore velocitĂ angolare al quadrato. In questo caso, il vettore della reazione vincolare, allâequilibrio, è indipendente dalla posizione e quindi vale sempre m per g kâ.
Quindi se siamo nel caso mĎâ² = k², se io metto il punto P in questa posizione all'istante tâ con velocitĂ nulla, il punto qui rimane per ogni istante t maggiore di tâ nel caso in cui la costante elastica della molla uguagli m per Ďâ².
Adesso studiamo invece il moto relativo. Lâequazione del moto relativo è m aâ = F + Ď - m ađ - ac. Quindi il vettore accelerazione relativa del punto P, moltiplicato scalarmente per m, deve uguagliare la somma del vettore risultante delle forze attive, del vettore risultante delle reazioni vincolari, vettore della forza di trascinamento e vettore della forza di Coriolis. Mentre F, Ď e - m ađ li abbiamo giĂ calcolati, che sono quelli che abbiamo sottolineato in verde, adesso ci manca da calcolare aâ e l'accelerazione di Coriolis. E allora questo è proprio quello che faremo. Lâaccelerazione aâ è la derivata seconda del vettore P - Oâ, quindi xâ due punti ÄŤâ + yâ due punti + jâ. L'accelerazione di Coriolis vale 2 volte il vettore velocitĂ angolare del sistema di riferimento mobile, moltiplicato vettorialmente, quindi vettor vâ, velocitĂ relativa del punto P. Quindi 2Ďâkâ, vettore xâ punto ÄŤâ + yâ punto jâ. E allora facciamo il prodotto vettoriale, kâ vettor ÄŤâ fa jâ, quindi 2 Ďâ xâ punto jâ. kâ vettor jâ fa -ÄŤâ, quindi viene -2â yâ punto ÄŤâ. Adesso lo moltiplichiamo giĂ per - m cosĂŹ dopo abbiamo tutto quello che ci serve, - m ac, questo diventa - 2m Ďâxâ punto jâ + 2mĎâ yâ punto ÄŤâ.
aâ e - m ac vanno aggiunti alle cose che avevamo sottolineato in verde prima, quindi il vettore F, il vettore Ď e -m ađ. Quindi adesso scriviamo la nostra equazione del moto relativo, m aâ = F + Ď - m ađ - ac. Mettendo tutto insieme, otteniamo l'equazione differenziale del moto. E adesso questa la proiettiamo lungo le tre direzioni scalari. Prendiamo prima i termini in ÄŤâ, che sono questo, questo, questo e questo in giallo. Adesso invece dobbiamo proiettare lungo jâ, moltiplichiamo scalarmente per jâ membro a membro, quindi i termini che mi servono sono questi in azzurro.
Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni in tre incognite. Due sono equazioni differenziali, l'altra no. Le tre incognite sono xâ(t), yâ(t) e la Ďz, reazione vincolare durante il moto. Le prime due equazioni che non contengono la reazione vincolare scalare sono le equazioni differenziali del moto del punto P che si sta muovendo su questo piano mobile. La terza equazione invece è quella che ci fornisce la reazione vincolare scalare durante il moto, quindi durante il moto la reazione vincolare vale identicamente m per g. Questo è un sistema di due equazioni differenziali del secondo ordine che sono lineari, a coefficienti costanti, ma non sono disaccoppiate. La prima equazione contiene la xâ e le sue derivate, ma contiene anche la derivata di yâ. Analogamente, la seconda equazione contiene yâ e le sue derivate, ma contiene anche la derivata di xâ. La consegna dell'esercizio ci chiedeva di arrivare alle equazioni differenziali del moto, ma siccome non essendo le due equazioni del sistema indipendenti, l'integrale generale non è immediato, cioè bisogna passare attraverso alcune sostituzioni, noi consideriamo il problema finito a questo punto, cioè diciamo che il nostro problema finisce qui, abbiamo determinato quello che ci veniva richiesto.
Esercizio 5.15
Vediamo il problema del satellite geostazionario, ossia della prima velocitĂ astronautica. Vogliamo determinare la velocitĂ scalare v(r) di un punto materiale P di massa m pesante che descrive unâorbita circolare nel piano equatoriale ad una distanza r dalla superficie terrestre. La Terra possiamo rappresentarla schematicamente, come una sfera che ha il centro in questo punto Oâ e prendiamo lâasse Oâzâ come asse terrestre sud-nord. Poi prendiamo un sistema di riferimento degli assi nel piano equatoriale e prendiamo l'asse xâ che passa per il punto P, quello di massa m, di cui vogliamo calcolare la velocitĂ tale per cui questo punto va da descrivere un'orbita nel piano equatoriale, ad una distanza r dalla superficie terrestre, quindi r è la distanza che separa P in direzione radiale dalla superficie terrestre, R è il raggio della Terra che abbiamo supposto essere una sfera. Abbiamo indicato appunto con Oâ il baricentro della Terra e Oâxâyâzâ è una terna di riferimento, che è solidale con la Terra.
La velocitĂ angolare di rotazione della Terra, la rotazione della Terra possiamo supporla uniforme, e quindi la velocitĂ angolare di rotazione della Terra è il vettore Ďâ, dato dallo scalare Ďâ, che è una costante, per il versore kâ. Ci viene richiesto di risolvere un problema di equilibrio relativo, perchĂŠ se vogliamo determinare la velocitĂ con cui il punto materiale descrive questa orbita circolare nel piano equatoriale, a questa distanza r dalla superficie terrestre, ci stiamo chiedendo di determinare la velocitĂ v(r) con cui un punto P si mette in movimento, in modo tale da essere in equilibrio rispetto all'osservatore mobile Oâxâyâzâ. Quindi cosĂŹ come avevamo visto nel caso della definizione del peso del punto, dobbiamo risolvere un problema di equilibrio relativo.
Lâequazione dell'equilibrio relativo è F + Ď - m ađ = 0. Adesso vediamo chi sono questi vettori in questo caso particolare. Partiamo da Ď, che è il vettore della reazione vincolare, ma siccome il punto materiale è libero di muoversi, deve muoversi in questo piano equatoriale, rimanendo ad una distanza r dalla superficie terrestre, Ď Ă¨ uguale a 0 e quindi questo lo togliamo.
Il vettore F è il vettore della forza di attrazione gravitazionale tra il punto P, quello rosso, e la Terra. La massa del punto P è m, se indichiamo con M la massa della Terra, avremo che il vettore della forza di attrazione gravitazionale punto - Terra vale - G, costante di gravitazione universale, per m M, diviso per R + r, tutto al quadrato, lungo il versore ÄŤâ. La trazione gravitazionale che agisce sul punto è nella direzione di xâ e tende a portare P verso Oâ, di conseguenza è il - ÄŤâ, che è il versore dell'asse xâ.
Adesso ci manca - m ađ. Siccome la rotazione della Terra attorno allâasta è una rotazione uniforme, questa è la forza centrifuga. La forza centrifuga sarĂ data da m per R + r, perchĂŠ ci dobbiamo mettere la distanza di P dal centro della Terra, dall'asse di rotazione, poi ci va la velocitĂ angolare al quadrato per il versore ÄŤâ, forza centrifuga, questa agisce concordemente al versore ÄŤâ. Ecco allora che tutti i versori li abbiamo sistemati.
Andiamo ad inserire i vettori in questa equazione uguagliata a zero e quindi avremo - G m M su R + r, tutto al quadrato, versore ÄŤâ + m R + r per Ďâ² e questo lungo ÄŤâ, uguale al vettore nullo. Questa equazione è unâequazione vettoriale, è tutta lungo il versore ÄŤâ, quindi basterĂ moltiplicarla scalarmente, membro a membro, per ÄŤâ per ottenere una relazione scalare che è - G, costante di gravitazione universale, per m M, diviso R + r, al quadrato, + m(R + r)Ďâ² = 0 e questa è quella che viene chiamata la condizione di imponderabilitĂ del punto P e rappresenta quella relazione che ci serve per ricavare quella v(R) che stiamo cercando. La v(R) con cui P descrive quellâorbita circolare nel piano equatoriale è il raggio di questa circonferenza, quindi R + r per il vettore velocitĂ angolare Ďâ con cui la terra ruota. Tenendo presente questo, considero la condizione di imponderabilitĂ e, per poter vedere dovâè v(r) qui dentro, moltiplico e divido qui per R + r, quindi io qui scrivo nella condizione di imponderabilitĂ , - g m M, diviso R + r al quadrato + m per R + r e moltiplico e divido per R + r e quindi al numeratore ci viene un R + r al quadrato, al denominatore un R + r e poi c'è Ďâ² e questo deve essere uguale a 0. Il vettore circondato è v(r)² e quindi possiamo ricavare v²(r), che è uguale a G M, diviso, perchĂŠ la massa qui si semplifica e questo si può togliere, e quindi abbiamo G M, fratto R + r e quindi, siccome queste sono delle quantitĂ positive, possiamo scrivere che v(r), cioè quella che cercavamo è la radice quadrata di G M, diviso per R + r.
Abbiamo trovato quello che stavamo cercando, cioè la risposta, qual è la prima velocitĂ astronautica, quella che serve per mantenere in orbita il satellite, per avere un satellite geostazionario, questa è esattamente la radice quadrata della costante di gravitazione universale G per la massa della Terra, fratto questa distanza di P dal centro della Terra. Quindi se adesso poniamo gâ primo uguale a G M su R + r, tutto al quadrato, allora la v(r) diventa la radice di gâ di R + r.
Siccome G M, fratto R² è l'accelerazione di gravitĂ , che è circa 9.8 metri su secondo quadro, quella che di solito approssimiamo con il 9.81 m/s², questa è l'approssimazione che di solito viene fatta e in questo modo possiamo calcolare anche quanto vale la gâ, per esempio se vogliamo calcolare la prima velocitĂ astronautica per un r che valga circa 160 km, allora il raggio R lo possiamo approssimare circa con 6.370 km, per cui R + r sarĂ circa uguale a 41/40 di R. La gâ, che è GM su R + r al quadrato, diventa G M, poi moltiplichiamo e dividiamo per R², R + r al quadrato e questo diventa uguale a circa 40/41 al quadrato per g, che è circa 9.3 metri su secondo al quadrato. Di conseguenza, quello che si ottiene è che v, che è la radice di gâ per R + r diventa circa 28.000 km all'ora, avendo trasformato. Quindi il satellite geostazionario è un satellite che si muove nel piano equatoriale, però rimanendo fisso rispetto ad un osservatore solidale con la Terra. Ecco perchĂŠ abbiamo trovato la condizione di imponderabilitĂ e abbiamo utilizzato lâequazione del moto relativo.
Esercizio 6.1
Cominciamo da un esercizio di statica, in cui supponiamo il sistema per ipotesi in equilibrio e quello che ci viene richiesto è il solo calcolo delle reazioni vincolari. Per determinare queste reazioni vincolari all'equilibrio, utilizzeremo, se abbiamo a che fare con un sistema meccanico, le equazioni cardinali della statica che per i corpi rigidi, che sappiamo essere necessariamente soddisfatte nelle configurazioni dâequilibrio.
Supponiamo di avere un'asta AB che sia omogenea, di massa 3m e lunghezza 6d e supponiamo che questâasta sia in equilibrio, appoggiata su due supporti lisci nei punti C e D, dove C dista da A, d, e invece D dista da A, 4d. Poi all'estremo B dell'asta è appesa mediante un filo una massa puntiforme P di massa m.
Quello che ci viene richiesto è di determinare le reazioni vincolari all'equilibrio, che saranno in C e in D. Qua non c'è appoggio, è solo che ho rappresentato un sistema di riferimento cartesiano ortogonale in cui x passa per la base dei supporti e y, che è perpendicolare ad x e perpendicolare all'asta AB, in quanto x sarà parallelo all'asta AB, passa per l'estremo A, ma non c'è nessun vincolo.
Quello che ci viene richiesto è di calcolare le reazioni vincolari in C e in D e useremo le equazioni cardinali della statica. Per semplicità , conviene pensare che il punto P, e in questo caso di equilibrio è possibile, anzichÊ tenerlo appeso, tanto le tensioni del filo si trasmetteranno inalterate, possiamo pensare che il punto P coincida con l'estremo B. E quindi risolveremo l'esercizio in questa situazione particolare.
La prima domanda è calcolare all'equilibrio il valore della reazione vincolare in C e della reazione vincolare in D, in quanto gli unici vincoli, che sono vincoli di appoggio, si hanno in questi due punti. Innanzitutto scriveremo per questo sistema, asta e punto insieme, che è diventato un unico corpo rigido, e quindi per questo sistema che avrĂ massa 3m + m, possiamo scrivere le equazioni cardinali della statica, allora avremo che Fe, vettore risultante delle forze attive esterne, + Ďe, vettore risultante delle reazioni vincolari esterne, è uguale a zero e âŚe calcolato in un certo polo, + Ńąe, calcolato nello stesso polo, dovrĂ essere uguale a zero. Queste sono necessariamente soddisfatte allâequilibrio.
Quali sono le forze attive che agiscono sul punto materiale. Questa è un'asta pesante e quindi c'è sicuramente la forza peso, forza peso dell'asta AB che supponiamo applicata nel baricentro G, quindi la forza peso avrà vettore - 3m per G e supponiamo che l'asse y sia verticale ascendente e l'asse x sia orizzontale, allora - 3 mgj è la forza G, - 3 mgj è il vettore della forza peso. E siccome l'asta ci viene detto che è un'asta omogenea, allora possiamo dire che il baricentro si trova nel punto medio.
Inoltre c'è la forza peso del punto materiale, quindi P, questa massa m, quindi - mgj e poi ci sono le reazioni vincolari. Le reazioni vincolari sono in C e in D, e quindi avremo applicata in C la ĎC, che ha la componente scalare ĎC lungo j e in D la reazione vincolare ĎD che ha la componente scalare ĎD lungo j. Questo è un vincolo liscio, di conseguenza la reazione vincolare si esplica in direzione normale al vincolo e siccome tutte le forze, che sono soltanto le forze peso, stanno tutte nel piano Oxy, anche la reazione vincolare dovrĂ stare nel piano e quindi l'unica componente che dovremo considerare è la componente lungo j e quindi possiamo dire che nel punto C agisce questa reazione vincolare, ĎC j e in D, la ĎD j.
Adesso vediamo qual è il polo da scegliere per l'equazione dei momenti. Il polo è arbitrario, arbitrario significa che il risultato non dipende dalla scelta del polo. In C è applicata una reazione vincolare, forse conviene scegliere come polo per il calcolo di questi momenti, proprio uno dei due. Quindi, per esempio, C, in modo tale che questa reazione vincolare non dia contributo. Scriviamo le coordinate dei punti in esame. Il punto A ha coordinate 0, il punto C ha la coordinata xC che vale d, il baricentro G si troverĂ a metĂ dell'asta, quindi coordinata 3d sull'asse delle x. L'altro punto di appoggio D si trova ad una scissa uguale a 4d e la xP del punto P che coincide con la x dell'estremo B si trova nella posizione 6d. Vediamo di calcolare i momenti e decidiamo di mettere il polo in C. Ίe con polo in C è il momento risultante delle forze attive esterne, quindi il momento risultante di queste forze, delle due forze peso, quella in G e quella in P. Allora faremo -3 mgj, vettor (C - G) e poi câè -mgj polo C - P. Siccome C - G, la coordinata di C è d, la coordinata di G è 3d, il vettore C - G diventa -2d ÄŤ, invece quando facciamo C - P, siccome la coordinata di C è d, la coordinata di P è 6d, questo varrĂ -5d ÄŤ.
Facciamo i prodotti vettoriali, quindi j vettor ÄŤ fa -k, - per - per - otteniamo - 6 mgd k +, adesso facciamo il calcolo di j vettor ÄŤ, che fa -k, - per -, + per -, -, quindi avremo - 5mgd k e questo fa -11 mg d k.
Adesso calcoliamo la Ńąe con polo in C, quindi il momento risultante delle reazioni vincolari esterne. La ĎC, essendo applicata in C, che abbiamo scelto come polo, non dĂ contributo. Resta solo il contributo della ĎD lungo j, vettor polo C - D. Quindi ĎD j, vettor C - D, che è -3d ÄŤ, quindi j vettor ÄŤ fa - k, - per - fa +, quindi 3 ĎD d versore k e questa è la Ńąe di C. Quindi se adesso andiamo a riportare i vettori nella prima equazione e nella seconda, avremo - 3mgj, poi ci va - mgj, poi + ĎC j + ĎD j e questo sarĂ il vettore nullo. Per la seconda equazione dobbiamo sommare âŚe con polo in C a Ńąe con polo in C e questa somma uguagliarla a zero, quindi quello che otteniamo è - 11mgd + k + 3 ĎD d versore k e questo deve essere uguale a 0.
Questo è il sistema delle equazioni cardinali della statica che andremo a proiettare, in questo caso lungo l'unica direzione non banale che è quella dell'asse y, perchÊ non c'è altro, quindi moltiplichiamo scalarmente per j e uguagliamo a 0. E questa, lungo k, la moltiplichiamo scalarmente lungo k e la uguagliamo a 0.
- 3 mg - mg + ĎC + ĎD uguale a 0 e infine - 11 mgd + 3 ĎD d uguale a 0. Queste sono le due equazioni, questa volta sono solo nelle due incognite ĎC e ĎD perchĂŠ questo sistema è in equilibrio, è supposto in equilibrio. Ricaviamo dalla seconda equazione la ĎD, quindi ĎD è uguale a 11/3 mg e poi andiamo a sostituire questa qui dentro e quindi quello che si ottiene è che la ĎC è uguale, questo diventa - 4 mg, portato al secondo membro è un 4 mg - ĎD, quindi - 11/3 mg e il risultato è â mg. La ĎD vale 11/3 mg e la ĎC vale â mg. E cosĂŹ abbiamo risposto alla prima domanda che ci chiedeva di determinare le reazioni vincolari in C e in D.
Adesso ci viene richiesto di calcolare in quale punto dell'asta occorre appoggiare un punto materiale, Q di massa 2m, affinchĂŠ le reazioni vincolari in C e in D abbiano lo stesso modulo. Io vorrei mettere un punto Q di massa 2m in una certa posizione sull'asta, quindi cerco una xQ, in modo tale che la ĎC sia uguale alla ĎD. Dobbiamo essere ancora in equilibrio, riscriveremo queste equazioni, dove però dobbiamo tenere presente che c'è l'aggiunta di un altro punto Q, la cui coordinata è un'incognita, perchĂŠ la coordinata del punto Q la possiamo indicare con xQ e vogliamo trovare quella coordinata in modo tale che la ĎC e la ĎD abbiano lo stesso modulo. Riscriviamo le equazioni, Fe + Ďe uguale al vettore nullo, âŚe, possiamo sempre riscriverla con il polo in C + Ńąe in C uguale al vettore nullo.
Oltre alle forze attive che c'erano prima, dobbiamo aggiungerci anche questo in Q, - 2mgj, però li dobbiamo riscrivere, utilizzando anche quest'ulteriore condizione. La prima equazione questa volta diventa - 3mgj, - mgj, ci aggiungiamo - 2mgj e poi c'è + ĎC j + ĎD j e questa è uguale a 0. La âŚe di C che c'era giĂ prima ce l'abbiamo ancora, dobbiamo aggiungerci anche il contributo dato da questa forza, quindi la nuova âŚe con polo in C è la vecchia, quindi - 11 mgd versore k, che è il contributo che avevamo trovato qui, della forza peso del punto P e a questa dobbiamo aggiungere questo contributo, - 2 mgj vettor C polo - Q. Q quindi questo diventa - 11 mgd versore k. C - Q è la coordinata x di Q, - la coordinata di C, che vale d, lungo il versore ÄŤ. Quindi questo vettore sarĂ d - x versore ÄŤ e quindi, siccome j vettor ÄŤ fa - k, per - fa +, qui ci viene + 2mg per d - x versore k.
La Ńąe con polo in C è rimasta esattamente uguale, non cambia rispetto a prima, perchĂŠ le reazioni vincolari non sono aumentate, quindi ci viene 3 ĎD d per il versore k ed ecco che allora possiamo scrivere la nuova equazione qui, che sarĂ data da - 11 mg d versore k + 2 mgd - x versore k + 3 ĎD d versore k uguale a 0. Proiettiamo la prima equazione lungo j e quindi abbiamo - 3mg, - mg - 2mg + ĎC + ĎD uguale a 0. Poi la seconda equazione la proiettiamo lungo k, - 11 mg d, + 2 mg d - x, + 3 ĎD d, uguale a 0. Poi ci dobbiamo ricordare però che c'è una condizione, vogliamo imporre che ĎC sia uguale a ĎD.
Imponiamo subito che ĎC sia uguale a ĎD, di conseguenza ci viene 2 ĎC, che è uguale, - 3 - 1 - 2 che fa - 6mg, quindi + 6mg e quindi quello che si trova, e lo andiamo a mettere qui, è che ĎC uguale a ĎD deve essere uguale a 3mg. Siccome quello che dobbiamo trovare è la x, adesso andiamo a sostituire al posto di questa ĎD, questo 3mg, quindi questa la andiamo a mettere qui dentro e quello che si ottiene è - 11mg d + 2 mg d, - 2 mgx e qui ci viene + 9 mg d, uguale a 0. Andando a sostituire, ottenete che questo + questo + questo fa 0 e quindi quello che si ottiene è che x = 0 è la posizione che deve avere il punto Q affinchĂŠ le due reazioni vincolari si uguaglino in modulo. Quindi dove dobbiamo mettere questo punto Q affinchĂŠ le due reazioni vincolari siano uguali in modulo? Questo punto Q va messo in A. Se mettiamo il punto Q in A, allora le due reazioni vincolari in C e in D saranno equilibrate. E questo risponde alla seconda domanda e con questo termina lâesercizio.
Esercizio 6.5
L'esercizio del glifo prevede che ci sia un piano verticale Oxy con Oy verticale ascendente. In questo piano è mobile un'asta rigida omogenea AB di massa m e lunghezza đ che ha gli estremi A e B vincolati a percorrere senza attrito rispettivamente l'asse x, l'estremo A, e l'asse y, l'estremo B. Quindi x è orizzontale, y l'abbiamo scelto verticale ascendente e supponiamo che sull'asta agisca la forza peso, e inoltre una forza costante nel punto A, quindi nel punto A agisce una forza di vettore - F ÄŤ con F che è una costante positiva. Quello che ci viene richiesto nella consegna è di determinare le configurazioni di equilibrio e l'equazione differenziale del moto per questo glifo.
Il problema è un problema ad un grado di libertĂ . Il parametro lagrangiano che possiamo scegliere per determinare le configurazioni del glifo è l'angolo Ď, che il raggio vettore A - B forma con la direzione negativa dell'asse y e lo scegliamo positivo in verso antiorario, in modo tale che il vettore velocitĂ angolare dell'asta AB sia dato da Ď punto versore k. I versori saranno i versori fondamentali ÄŤ, j e k, quindi ÄŤ è il versore dell'asse x, j è dell'asse y e k sarĂ il versore ortogonale al piano dello schermo e diretto verso di noi, in modo tale che ÄŤ, j e k formino una terna destra.
La prima cosa da fare è quella di cercare di scrivere le coordinate dei punti del sistema meccanico in esame in funzione del parametro lagrangiano. Questo ci sarĂ utile nel seguito, qualunque tipo di metodo noi utilizzeremo, per studiare l'equilibrio. La coordinata x del punto A, che è questo estremo del glifo, dell'asta che scorre lungo l'asse x, varrĂ đ per il seno di Ď, mentre la coordinata y del punto A sarĂ 0. Il punto B avrĂ una x che è 0, mentre la y del punto B sarĂ đ per il coseno dell'angolo Ď. Se consideriamo il baricentro G dell'asta, visto che l'asta è omogenea, il baricentro coincide con il punto medio. Allora la x del baricentro G sarĂ uguale a đ/2 seno di Ď e la y del baricentro G sarĂ đ/2 per il coseno di Ď.
Adesso ci poniamo il problema di studiare lâequilibrio del glifo e abbiamo visto nella parte di teoria che per studiare l'equilibrio di un sistema meccanico, cioè per determinare le configurazioni di equilibrio di un sistema meccanico, abbiamo a disposizione tre metodi. Questi tre metodi sono l'equazione cardinale della statica, il metodo del potenziale e il principio dei lavori virtuali. Ciascuno di questi metodi ha le proprie condizioni di applicabilitĂ . Pensiamo alle equazioni cardinali della statica, che si applicano come condizione sufficiente, quindi per determinare le configurazioni di equilibrio, se si ha un corpo rigido, in questo caso l'asta è un corpo rigido, soggetto a vincoli perfetti. E qui abbiamo anche i vincoli perfetti, perchĂŠ in A e in B i vincoli sono lisci, infatti lâipotesi è che A e B siano vincolati a percorrere senza attrito l'asse x e l'asse y, quindi vincoli lisci, di conseguenza vincoli perfetti, e quindi si possono applicare le equazioni cardinali della statica. E infatti questo sarĂ il primo metodo che vedremo applicato.
Ci sono anche il metodo del potenziale e il principio dei lavori virtuali. Il principio dei lavori virtuali è una condizione necessaria e sufficiente per determinare l'equilibrio per un sistema meccanico a vincoli perfetti e qui i vincoli perfetti ci sono, quindi possiamo applicare anche, per determinare lâequilibrio, il principio dei lavori virtuali. Per quanto riguarda il metodo del potenziale, la determinazione delle configurazioni di equilibrio interne per il sistema meccanico meccanico e in questo caso tutte le eventuali configurazioni di equilibrio saranno per forza interne, perchĂŠ non ci sono configurazioni di confine, per applicare il mezzo del potenziale dobbiamo avere un sistema meccanico conservativo. Il sistema meccanico in questione è conservativo, perchĂŠ è un sistema meccanico olonomo, scleronomo, ha vincoli perfetti e inoltre è soggetto ad un sistema conservativo di forze attive, perchĂŠ le forze in gioco sono la forza peso, che è una forza costante, e quindi è conservativa, cioè la forza applicata in G di vettore - mgj, e inoltre la forza applicata in A, anchâessa è una forza costante e quindi sono entrambe due forze conservative, se applicate ad un sistema meccanico olonomo, scleronomo, a vincoli perfetti, danno luogo a un sistema meccanico conservativo. Quindi possiamo utilizzare tutti e tre i metodi, equazioni cardinali della statica, principio dei lavori virtuali e metodo del potenziale. E quindi adesso li vedremo in sequenza.
Equazioni cardinali della statica
Partiamo dalle equazioni cardinali della statica, quindi Fe + Ďe uguale al vettore nullo âŚe, poi vedremo qual è il polo che ci converrĂ a scegliere, + Ńąe, sempre rispetto allo stesso polo che al momento non mettiamo in evidenza, uguale al vettore nullo. Fe è il vettore risultante delle forze attive esterne, quindi le forze attive esterne per l'asta AB sono il vettore della forza peso e il vettore della forza costante in A. Quindi Fe sarĂ - mgj - F ÄŤ.
Poi abbiamo il vettore delle reazioni vincolari, che sono quelle che devono rappresentare i due vincoli che sono solo in A e in B. Il vincolo è liscio, pertanto la reazione vincolare, per esempio in A, si esplica in direzione normale al vincolo e in questo caso vuol dire, visto che il vincolo è una retta e l'asse delle x, normale al vincolo vorrebbe dire, nel piano individuato da y e da z, cioè nel piano perpendicolare all'asse x. Ma siccome tutte le forze attive sono nel piano, una è lungo l'asse x, una lungo l'asse delle y, allora possiamo limitarci a considerare la reazione vincolare nel piano, anche se a rigore dovremo mettere anche la componente ĎAz lungo k, ma facendo i calcoli troveremmo che è 0. Quindi se vogliamo non mettere in evidenza anche il termine ĎAz k, dobbiamo prima fare questo discorso dicendo che la direzione vincolare sarebbe nel piano yz, quindi con una componente ĎAy lungo j e una componente ĎAz lungo k, ma siccome tutte le forze agiscono nel piano e questo è un corpo rigido che si muove nel piano Oxy, la componente lungo z la possiamo pensare identicamente nulla.
Analogamente per la reazione vincolare in B, la reazione vincolare in B sarĂ diretta lungo l'asse delle x e quindi sarĂ una ĎBx lungo il versore ÄŤ, per lo stesso motivo, la componente ĎBz lungo k la consideriamo nulla per quello che abbiamo detto prima. Di conseguenza il vettore risultante delle forze attive esterne sarĂ la somma di ĎAy lungo j + ĎBx lungo il vettore ÄŤ e questo sistema la prima equazione, sommeremo poi questo Fe a questo Ďe e imporremo l'uguaglianza al vettore ÄŤ.
Adesso dobbiamo occuparci della seconda equazione cardinale, cioè quella dei momenti. Vettore risultante delle forze attive esterne + il vettore risultante delle reazioni vincolari esterne, devono essere uguali a 0. Qual è il polo che ci conviene scegliere? Questa equazione è indipendente dal polo, cioè il risultato lo otterremo comunque, qualunque sia il polo che andiamo a scegliere, ma sicuramente la scelta di un polo o di un altro, farĂ cambiare la complessitĂ delle operazioni algebriche. Siccome abbiamo il punto A a cui è applicata una forza attiva esterna e una reazione vincolare, se scegliamo come polo il punto A, sicuramente faremo meno calcoli e cosĂŹ faremo. Infatti âŚe con polo in A sarĂ dato da -mgj vettor A - e poi dovremo metterci - F ÄŤ vettor A polo - A, punto l'applicazione e questo termine non câè, perchĂŠ Il punto di applicazione e il polo coincidono. Quindi questo termine non dĂ contributo, rimane soltanto il contributo della forza peso, - mgj vettore A - G.
A - G sarĂ xA - xG lungo il versore ÄŤ, + yA - yG lungo il versore j. Quindi sarĂ il vettore đ/2 sin Ď ÄŤ e poi ci sarĂ - đ/2 cosĎ j. E allora facendo il calcolo, siccome j vettor ÄŤ fa - k, e - per - fa +, qui ci viene mg đ/2 seno di Ď versore k e infine j vettor j fa 0, quindi il contributo termina qui con mg đ/2 seno di Ď k.
Adesso calcoliamo il momento Ńąe con polo in A, dove il contributo di ĎA lo trascuriamo, perchĂŠ polo e punto d'applicazione coincidono, quindi ĎAy j vettor polo A - punto d'applicazione A da 0, rimane + ĎBx versore ÄŤ, vettor polo A - punto d'applicazione B. E siccome le coordinate dei punti A e B le abbiamo scritte qui, A - B sarĂ xA - xB lungo il versore ÄŤ + yA - yB lungo il verso j. Quindi đ sinĎ lungo ÄŤ e poi avremo invece - đ coseno di Ď lungo j. E per lo stesso motivo di prima, ÄŤ vettor ÄŤ fa 0, ÄŤ vettor j fa k, questo diventa - ĎBx đ coseno di Ď versore k. Abbiamo tutto per scrivere le equazioni cardinali della dinamica. La prima equazione verrĂ proiettata lungo le due direzioni non banali, che sono ÄŤ e j, e la seconda equazione verrĂ proiettata lungo l'unica direzione non banale che è k. La Fe + Ďe ha solo componenti lungo ÄŤ e lungo j. La âŚe(A) + Ńąe(A) ha solo componenti lungo k. Abbiamo - mgj - F ÄŤ, poi c'è + ĎAy j + ĎBx lungo ÄŤ e questo deve essere il vettore nullo.
E l'altra è mg đ/2 seno di Ď versore k - ĎBx đ coseno di Ď versore k. Queste sono le equazioni cardinali della dinamica che proiettate, ci forniranno le equazioni scalari, in cui avremo una che è l'equazione dellâequilibrio e le due equazioni scalari che ci danno le reazioni vincolari scalari all'equilibrio. Proiettiamo la prima equazione lungo il versore ÄŤ. Otteniamo - F + ĎBx uguale a zero. Proiettiamo lungo j, - mg + ĎAy, questo è uguale a zero. E adesso proiettiamo la seconda equazione, quella dei momenti lungo il versore k, otteniamo mg đ/2 sinĎ - ĎBx đ cosĎ = 0. Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite che sono Ď, ĎBx e ĎAy. Al momento non c'è nessuna delle tre equazioni che non contenga le reazioni vincolari scalari, quindi al momento non ce l'abbiamo l'equazione dell'equilibrio, ma la possiamo trovare ricavando dalla prima equazione ĎBx che è uguale ad F, e andando a sostituire poi nella terza equazione, che produce mg đ/2 sinĎ -, al posto di ĎBx ci mettiamo F, quindi - Fđ coseno di Ď uguale a 0. E questa, opportunamente semplificata, fornirĂ l'equazione dell'equilibrio, cioè mg/2 seno di Ď - F coseno di Ď uguale a 0. E questa è l'equazione dell'equilibrio del glifo, soggetto alla forza peso e alla forza costante in A.
La seconda equazione l'avevamo tralasciata, sarĂ invece quella che mi fornisce la ĎAy all'equilibrio. Abbiamo risolto il nostro problema, abbiamo ottenuto che la ĎBx all'equilibrio vale F, la ĎAy all'equilibrio vale m per g, e questa è l'equazione dell'equilibrio del glifo. Questa equazione va risolta per vedere quante sono e quali sono le configurazioni di equilibrio del glifo. Ă un'equazione trigonometrica, siccome i valori di Ď che annullano il coseno non sono soluzione di questa equazione, perchĂŠ i valori di Ď che annullano il coseno, portano ad avere mg/2 uguale a zero e quindi non possono essere soluzione, allora possiamo dividere per il coseno di Ď, si ottiene un'equazione in tangente di Ď e quindi questa equazione fornisce tangente di Ď uguale a 2F/ m per g, che è come dire tangente di Ď uguale a una costante, perchĂŠ F è una costante positiva, mg sono costanti positive, poi c'è un 2, e quindi trovare le soluzioni di questa equazione è molto semplice, perchĂŠ se pensiamo alla circonferenza trigonometrica, quella di raggio 1.
Questo termine è 2F/ mg, allora tangente di Ď uguale a 2F/ mg, fornisce questi due angoli, Ďâ e Ďâ. Quindi la soluzione ci dice che le configurazioni dâequilibri sono Ďâ uguale all'arco tangente di 2F/ mg e questa è la soluzione che sta tra 0 e Ď/2. E poi c'è la seconda, Ďâ, che è Ďâ + Ď e di conseguenza è quella che sta tra Ď e 3/2 Ď. Quindi le configurazioni di equilibrio sono due, perchĂŠ lâangolo Ď Ă¨ varia tra 0 e 2Ď, cioè quando A si trova nellâorigine, Ď Ă¨ uguale a 0, dopodichĂŠ piano piano B scende e quindi Ď può variare, perchĂŠ A si può spostare a destra e sinistra dellâorigine sullâasse x e B può scendere e salire sopra e sotto l'origine. Quindi Ď Ă¨ un parametro che viaggia tra 0 e 2Ď. Quindi le configurazioni d'equilibrio del glifo sono due, sono Ďâ e Ďâ, e in particolare avremo che in Ďâ arcotangente di 2F/mg la reazione vincolare in A sarĂ mg j e in B sarĂ F ÄŤ e quando invece prendiamo la Ďâ, che è Ďâ + Ď, allora avremo che in A la reazione vincolare sarĂ esattamente uguale, perchĂŠ le reazioni vincolari scalari in questo problema non dipendono dalle configurazioni d'equilibrio, quindi sono sempre dello stesso tipo.
Nello spazio fisico, come sono queste configurazioni? Il glifo supponiamo sia in questa configurazione, qui abbiamo A e qui abbiamo B e qua c'è la configurazione Ďâ e la seconda configurazione, quando c'è Ďâ, sarĂ questa. Questa volta lâangolo Ďâ è Ďâ + Ď. Abbiamo le due situazioni, la reazione vincolare in A che è messa cosĂŹ. In A ci sarĂ la reazione vincolare ĎA e qui in B ci sarĂ la reazione vincolare ĎB. Questa è la soluzione del problema. Avendo scelto in questa equazione dei momenti come polo A, siamo arrivati a una situazione in cui le tre equazioni dell'equilibrio contenevano tutte la componente scalare delle reazioni vincolari e quindi abbiamo dovuto fare dei calcoli per ottenere l'equazione dellâequilibrio.
Se invece avessimo scelto un altro polo e in particolare avessimo scelto come polo il centro dâistantanea rotazione, che in virtĂš del fatto che questo è un moto rigido piano, sappiamo che esiste e che è il punto di incontro di queste due perpendicolari. Se avessimo scelto C come polo dellâequazione dei momenti, avremmo ottenuto direttamente l'equazione dellâequilibrio, perchĂŠ le due reazioni vincolari, quella in A e quella in B, per come sono fatte, hanno la linea d'azione che passa per C e quindi non danno contributo all'equazione dei momenti. Infatti se usiamo C, se calcoliamo âŚe con polo in C, avremo - mgj vettor polo C - punto d'applicazione G e - F ÄŤ vettor polo C, - il punto d'applicazione A. Qui la forza a peso è applicata in G, quindi ci viene - mgj vettor C - G e - F ÄŤ, vettor C - A. Dobbiamo scrivere anche le coordinate di C. La x del punto C vale đ seno di Ď, la y del punto C vale đ coseno di Ď. E allora adesso siamo in grado di scrivere C - G e C - A per calcolarci l'equazione dei momenti, in modo tale da ottenere subito l'equazione dellâequilibrio.
I calcoli li dobbiamo fare noi, alla fine otterremo mg đ/2 seno di Ď versore k, - F đ coseno di Ď versore k. La Ńąe con polo in C diventerebbe ĎAy j vettor polo C - punto d'applicazione A + ĎBx ÄŤ vettor polo C - punto d'applicazione B e in questo caso C - A è diretto lungo j e C - B è diretto lungo ÄŤ e quindi questo viene il vettore nullo. In questo modo, otteniamo direttamente, quando andiamo a proiettare lungo il versore k, perchĂŠ câè rimasto solo âŚe(C) uguale a 0, otteniamo mgđ sinĎ - Fđ cosĎ uguale a 0, che è esattamente questa equazione.
Metodo del potenziale
Vediamo l'equilibrio con il metodo del potenziale e cerchiamo di riottenere l'equazione dellâequilibrio, utilizzando il metodo del potenziale. Si può applicare, perchĂŠ il sistema meccanico è conservativo. Bisogna calcolare innanzitutto il potenziale, che sarĂ una funzione del parametro lagrangiano Ď e per determinare le configurazioni di equilibrio, dobbiamo cercare i punti di stazionarietĂ della funzione potenziale, che adesso scriveremo. La funzione potenziale è data dal potenziale della forza peso, -mg per la y del baricentro G - il potenziale della forza costante, che è - F per la x del punto A di applicazione e poi c'è un termine costante, U*, quindi andiamo a vedere quanto vale la yG, vale đ/2 coseno di Ď e la xA, che ci serve dopo, è đ sinĎ. Questa funzione potenziale è - mg đ/2 coseno di Ď - F đ seno di Ď, + il termine costante; la funzione potenziale è sempre definita a meno di una costante additiva. Quindi questa U* convoglia tutti i termini costanti. Per determinare le configurazioni di equilibrio dobbiamo risolvere l'equazione Uâ(Ď), dove Uâ significa la derivata di U fatta rispetto a Ď uguale a zero.
Deriviamo rispetto a Ď questa funzione e quindi la derivata del coseno è - seno, quindi mg đ/2 seno di Ď, la derivata del seno è il coseno, quindi - Fđ coseno di Ď uguale a 0. Abbiamo riottenuto in due passaggi l'equazione dell'equilibrio che avevamo ottenuto qui, attraverso le equazioni cardinali della statica. L'equazione si risolve esattamente allo stesso modo, quindi non la risolvo di nuovo.
Usando la funzione potenziale, possiamo anche vedere se le configurazioni di equilibrio che abbiamo ottenuto, cioè l'arcotangente di 2F/mg, che era la soluzione che stava tra 0 e Ď/2, e Ďâ, cioè Ďâ + Ď, che è la soluzione che sta tra Ď e 3/2 Ď, sono configurazioni di equilibrio stabile o instabile. Per far questo dobbiamo vedere se sono dei punti di massimo o di minimo per il potenziale. Dobbiamo calcolare la derivata seconda. Quindi siccome la Uâ di Ď Ă¨ questa, dobbiamo derivare di nuovo e calcolare la derivata seconda, quindi diventa mg đ/2 cosĎ e poi la derivata del cos è - seno, quindi + Fđ senĎ. Adesso calcoliamo la derivata seconda in Ďâ. Dovremmo fare mg đ/2 cosĎâ + Fđ sinĎâ. Ďâ è l'arco la cui tangente è 2F/mg. Se vogliamo calcolare esattamente il valore, in funzione dei dati, quindi di mg, di đ, di F, dobbiamo esprimere la tangente di Ďâ in funzione del seno e del coseno, quindi usare le formule.
Ma quello che a noi serve non è l'esatto valore della derivata seconda in Ďâ, ci serve il segno e per stabilire il segno, non abbiamo bisogno di esprimere effettivamente il coseno di Ďâ e il seno di Ďâ in funzione di 2F e di m per g. Ci basta sapere che Ďâ è un angolo che sta tra 0 e Ď/2, quindi il suo coseno e il suo seno sono delle grandezze positive e quindi, come somma di due quantitĂ positive, la derivata seconda di Ďâ è positiva e quindi questo ci permette di concludere che Ďâ è una configurazione di equilibrio instabile per il glifo, perchĂŠ la derivata seconda maggiore di 0, significa che Ďâ è un minimo per la funzione potenziale e quindi la teoria ci dice che Ďâ è una configurazione di equilibrio instabile. Calcoliamo ora la derivata seconda in Ďâ e questa è mg đ/2 coseno di Ďâ + F đ seno di Ďâ e siccome Ďâ è un angolo che sta tra Ď e 3/2 Ď, avremo che il seno e il coseno di questi due angoli sono entrambi negativi e come somma di due quantitĂ negative questa derivata seconda sarĂ negativa e questo ci basta per dire che Ďâ è una configurazione di equilibrio stabile per il glifo, in quanto Ďâ sarĂ un massimo per la funzione potenziale.
Quindi con il metodo del potenziale, oltre a determinare le equazioni dell'equilibrio e le configurazioni dell'equilibrio, abbiamo anche studiato la stabilità . L'altra cosa che si evince è che il metodo del potenziale è sicuramente un metodo molto piÚ veloce rispetto a quello delle equazioni cardinali della statica, perchÊ prescinde dalle reazioni vincolari. Chiama in gioco soltanto le forze attive, che sono quelle che contribuiscono al potenziale.
Principio dei lavori virtuali
Adesso vediamo come si calcola l'equilibrio per il glifo, usando il principio dei lavori virtuali che può essere applicato, è una condizione necessaria e sufficiente per l'equilibrio di un qualunque sistema meccanico a vincoli perfetti. Il principio dei lavori virtuali dice che condizione necessaria e sufficiente affinchĂŠ Câ sia configurazione di equilibrio per un sistema meccanico a vincoli perfetti è che il lavoro virtuale compiuto da tutte le forze attive agenti su sistema meccanico sia minore o uguale di 0, per ogni spostamento virtuale δC, a partire dalla configurazione Câ. Se poi gli spostamenti virtuali sono tutti invertibili, come in realtà è in questo caso, visto che le configurazioni sono tutte di tipo interno, non ci sono configurazioni di confine, allora il principio dei lavori virtuali vale con il segno di uguaglianza e quindi sarĂ un δL = 0 per ogni δC a partire dalla configurazione Câ.
Scriviamoci il lavoro virtuale compiuto dalle forze attive. Di forze attive in questo caso ne ho due, quindi conviene scrivere il lavoro virtuale compiuto dalle forze attive come somma dei due lavori virtuali delle singole forze. Quindi δL lo scriviamo come - mgj scalare punto d'applicazione che è δG, spostamento virtuale del punto d'applicazione - F č scalare δA, dove A è il punto d'applicazione. Questo deve essere uguale a zero. -mgj scalare, δG è lo spostamento virtuale del punto dell'applicazione G, quindi sarà δxG versore č + piÚ δyG versore j. Poi c'è - F č, scalare δxA versore č + δyA versore j. j scalare č fa 0, perchÊ sono ortogonali, j scalare j fa 1, quindi - mg δyG e di nuovo č scalare č fa 1, č scalare già j fa 0, quindi abbiamo -F δxA e questo deve essere uguale a 0 qualunque sia lo spostamento virtuale δC. Allora adesso il nostro problema si sposta nel calcolo di questi spostamenti virtuali.
Siccome la xG sappiamo che è đ/2 sinĎ e la xA è đ/2 cosĎ, dobbiamo scrivere δxG e δyG, quindi dobbiamo differenziare queste due quantitĂ . E quindi otterremo il differenziale di questo è đ/2 coseno di ĎÎ´Ď e il differenziale di questo è -đ/2 sinĎ Î´Ď. Quindi avremo δxG che è uguale a đ/2 cosĎ Î´Ď, δyG è uguale a đ/2 sinĎ Î´Ď. Analogamente, per δxA e δyA, avremo δxA che vale đ/2 cosĎ Î´Ď e siccome la yA è 0, il δyA vale 0. E quindi qui avremo che - mg per δyA viene - mg per - đ/2 seno di Ď Î´Ď e poi c'è - F per δxA che è đ coseno di Ď Î´Ď. Questo dovrĂ essere uguale a 0, cosa vuol dire in questo caso per ogni spostamento virtuale δC? VorrĂ dire per ogni Î´Ď diverso da 0.
Lavoro virtuale δL sarĂ , - per -, + quindi mg đ/2 seno di Ď Î´Ď, che però lo raccogliamo a fattore comune, - Fđ coseno di Ď, tutto per δĎ, uguale a zero per ogni δĎ. AffinchĂŠ questo δL sia uguale a 0 per ogni Î´Ď non nullo, si avrĂ necessariamente che la quantitĂ tra parentesi, mg đ/2 seno di Ď - Fđ coseno di Ď, dovrĂ essere necessariamente uguale a 0 e questo ci permette di ritrovare di nuovo l'equazione dell'equilibrio che avevamo determinato prima con il metodo del potenziale e qui con le equazioni cardinali della statica.
In questo modo abbiamo ricavato anche con il terzo metodo sempre la stessa equazione. Il principio dei lavori virtuali potrebbe essere usato, unâestensione, per calcolare anche le reazioni vincolari scalari all'equilibrio, ma questo non lo faremo.
Moto (Equazioni cardinali della dinamica)
C'è quest'asta AB omogenea, di lunghezza đ e massa m, che è vincolata con i due estremi A e B a percorrere rispettivamente l'asse x e l'asse y, soggetta alla forza peso e a una forza costante applicata nel punto A. Per studiare questo problema di moto, visto che si tratta di un sistema meccanico, in particolare è un corpo rigido soggetto a vincoli perfetti, allora abbiamo a disposizione le equazioni cardinali della dinamica che possiamo applicare come condizione sufficiente, visto che abbiamo l'ipotesi di corpo rigido soggetto a vincoli perfetti e inoltre un altro metodo che possiamo utilizzare per studiare il moto sono le equazioni di Lagrange. In particolare abbiamo visto che questo è un sistema meccanico conservativo, quindi potremo studiare il moto con le equazioni di Lagrange, scritte per i sistemi meccanici conservativi, quindi o con la lagrangiana oppure con energia cinetica e funzione potenziale.
Per adesso partiamo dalle equazioni cardinali della dinamica e quindi consideriamo il teorema del moto del baricentro, quindi massa per accelerazione del baricentro G, uguale a Fe + Ďe, vettore risultante delle forze attive esterne, vettore risultante delle reazioni vincolari esterne, dove Fe è - mgj meno F ÄŤ e invece Ďe è uguale a ĎAy j + ĎBx ÄŤ. Per questa prima equazione ci mancherebbe soltanto da calcolare l'accelerazione del baricentro G. E allora ricordiamo che la xG è đ/2 seno di Ď e la yG è invece đ/2 coseno di Ď. E quindi per avere l'accelerazione G del baricentro dovremo calcolarci le derivate seconde di xG e yG rispetto al tempo. Quindi xG punto, sarĂ data da đ/2 Ď punto, coseno di Ď; xG è funzione del tempo attraverso Ď, cioè seno di Ď di t, quindi quando facciamo la derivata temporale, dobbiamo fare la derivata di funzione di funzione.
E poi c'è la yG punto, che sarĂ - đ/2 Ď punto, seno di Ď. Adesso dobbiamo fare la derivata seconda e quindi la xG due punti, si tratta di fare questa volta una derivata di un prodotto, perchĂŠ Ď punto dipende dal tempo e coseno di Ď dipende dal tempo. Qui avremo đ/2 Ď due punti per il coseno non derivato e poi dovremo lasciare Ď punto in un derivato e derivare il coseno di Ď, che è funzione di funzione, quindi ci viene - seno di Ď e poi c'è un altro Ď punto. Quindi, đ/2 Ď due punti, - đ/2 Ď² punto, seno di Ď. Per la yG due punto avremo di nuovo - đ/2 Ď due punti e lasciamo il seno non derivato e poi - đ/2 Ď² punto, quando deriviamo il seno, ci viene il coseno; quando deriviamo il Ď ci viene un altro Ď punto.
Per quanto riguarda questa equazione, gli elementi in gioco sono questo, questo e questi due termini. Questo xG due punti sarĂ lungo il versore ÄŤ e yG due punti lungo il versore j.
Adesso dobbiamo occuparci della seconda equazione, che prevede la scelta di un polo. Per le equazioni cardinali della statica avevamo usato come polo prima A, perchÊ al punto A erano applicate una forza attiva e una reazione vincolare, quindi semplificava un po' il calcolo. Poi abbiamo usato il centro all'istantanea rotazione C, perchÊ la scelta di C portava all'eliminazione del vettore momento risultante delle reazioni vincolari. Adesso però, nel caso della dinamica, abbiamo la presenza di questo termine aggiuntivo e quindi conviene scegliere o un punto fisso, in questo caso non c'è, oppure conviene scegliere il baricentro.
Quindi scriviamo l'equazione dei momenti in cui la scelta del polo cade su G, quindi significa che questo termine non c'è e inoltre il K di G, momento angolare con polo in G, cioè il momento delle quantitĂ di moto con polo in G è uguale al momento relativo delle quantitĂ di moto con polo in G e in questo caso cosa significa che vogliamo il momento delle quantitĂ di moto rispetto ad un osservatore baricentrico e traslante, quindi veniamo al grafico del glifo, cercheremo di scrivere il momento delle quantitĂ di moto, rispetto a questo osservatore, con origine nel baricentro, quindi Gxâyâzâ, dove l'asse z' è perpendicolare al piano dello schermo e diretto verso di noi e gli assi Gx' e Gy' sono traslanti, cosĂŹ come Gz', e rimangono Gx' parallelo ad Ox, Gy' parallelo ad Oy e Gz' parallelo ad Oz. Il moto del corpo rigido rispetto ad un suo punto è rotatorio, istante per istante, e quindi la rotazione è attorno all'asse Gzâ, lâasta AB è nel moto rispetto all'osservatore relativo che è traslante, è come se stesse ruotando attorno all'asse fisso Gz' con velocitĂ angolare Ď punto k e quindi nel calcolo del momento, possiamo pensare ad un corpo rigido con asse fisso, che sarebbe l'asse Gzâ.
Quindi il momento dâinerzia dell'asta AB rispetto all'asse Gzâ per il vettore velocitĂ angolare, come quando si deve calcolare il momento delle quantitĂ di moto del corpo rigido con asse fisso. Il momento dâinerzia dell'asta AB rispetto all'asse baricentrico e ortogonale allâasta, vale massa per lunghezza dellâasta al quadrato, diviso 12 e il vettore velocitĂ angolare è Ď punto k.
Dobbiamo fare la derivata temporale, quindi la derivata di K di G fatta rispetto al tempo diventa mđ²/12 Ď due punti versore k. E quindi abbiamo sistemato questo primo termine dell'equazione, quella del momento delle quantitĂ di moto.
Adesso invece ci occupiamo di âŚe con polo in G. Siccome il polo è nel baricentro, la forza peso non dĂ contributo, mentre la forza applicata in A dĂ contributo con il termine - F ÄŤ, vettor G - A. Dobbiamo fare la coordinata xG meno la coordinata xA e questo fa - đ/2 sin Ď versore ÄŤ e la yG - yA lungo j, che fa đ/2 cosĎ j e siccome ÄŤ vettor ÄŤ fa 0, mentre ÄŤ vetro j fa k, quello che si ottiene è - F đ/2 cosĎ versore k.
Adesso dobbiamo calcolare la Ďe con polo in G, che sarĂ data da ĎAy j, vettor G - A + ĎBx ÄŤ, vettor G - B. E quindi avremo ĎAy j, vettor, G - A sarĂ xG - xA, quindi di nuovo quello di prima, - đ/2 sinĎ ÄŤ + đ/2 cosĎ j.
Adesso dobbiamo fare G - B, + ĎBx ÄŤ vettor G - B che è đ/2 sinĎ ÄŤ - đ/2 cosĎ j.
Abbiamo j vettor ÄŤ fa - k e - per - fa +, quindi ĎAy đ/2 sinĎ k, poi j vettor j fa 0, abbiamo ÄŤ vettor ÄŤ che fa 0, ÄŤ vettor j che fa k, quindi viene - ĎBx đ/2 cosĎ k e questo è lâaltro termine che ci serve da mettere al secondo membro della equazione dei momenti. Quindi adesso proiettiamo la prima equazione lungo ÄŤ e lungo j. Quando proiettiamo lungo j avremo massa per la yG due punti, al secondo membro - mg + ĎAy. Quindi abbiamo m(đ/2 Ď due punti cosĎ - đ/2 Ď² punto sin) = - F + ĎBx poi m(-đ/2 Ď due punti sinĎ - đ/2 Ď² punto cosĎ) = -mg + ĎAy. E quindi cosĂŹ abbiamo sistemato la prima equazione proiettata lungo ÄŤ e lungo j. Adesso dobbiamo prendere questa equazione, che ha soltanto le componenti lungo k. Quindi avremo mđ²/12 Ď due punti, che è uguale a - F đ/2 cosĎ + ĎAy đ/2 sinĎ - ĎBx đ/2 cosĎ.
In questo modo abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite che sono la Ď(t), la ĎAy e la ĎBx, quindi tre equazioni in tre incognite. Essendo un problema ad un grado di libertĂ , ci aspettiamo di trovare una equazione differenziale del moto. Al momento non c'è nessuna delle tre equazioni che non contenga le reazioni vincolari scalari dinamiche. Quindi si tratta di ricavare dalla prima equazione, ricaviamo la ĎBx, che sarĂ uguale a F + m đ/2 Ď due punti cosĎ + m đ/2 Ď² punto sinĎ e questa è l'espressione della reazione vincolare scalare dinamica, cioè durante il moto, per quanto riguarda la reazione vincolare applicata in B. Poi dalla seconda equazione ricaviamo ĎAy, che vale m per g - mđ/2 Ď due punti sinĎ - mđ/2 Ď² punto cosĎ e questa rappresenta la reazione vincolare scalare dinamica applicata in A. Adesso andando a sostituire ĎBx e ĎAy, dentro nella terza, e queste calcoli li facciamo noi, si ottiene l'equazione mđ²/3 Ď due punti = mg đ/2 sinĎ - Fđ cosĎ e questa è l'equazione differenziale del moto del glifo, soggetto alla forza peso, applicata nel baricentro e soggetto anche ad una forza costante applicata nel punto A.
Un glifo è un sistema meccanico molto semplice, ma un sistema semplice cosÏ fatto ha un'equazione differenziale che è non lineare, cosÏ come nel caso del pendolo semplice è un'equazione che non si risolve in maniera analitica con i metodi, quelli per esempio come somma finita di funzioni elementari.
Moto (Equazioni di Lagrange)
Si può arrivare allo stesso risultato, utilizzando le equazioni di Lagrange. Questo sistema meccanico è un sistema meccanico conservativo, quindi le equazioni di Lagrange si possono scrivere in questa forma. Inoltre, è un problema ad un grado di libertĂ , quindi derivata temporale della derivata parziale di T, fatta rispetto a Ď punto, - la derivata parziale di T fatta rispetto a Ď, uguale alla derivata parziale di U fatta rispetto a Ď. Queste è l'equazione di Lagrange, ce nâè una sola perchĂŠ, uno è il numero di gradi di libertĂ . Ci serve l'energia cinetica per il glifo e la funzione potenziale, ma la funzione potenziale ce la siamo giĂ calcolata quando abbiamo utilizzato il metodo del potenziale per lo studio dell'equilibrio.
Quindi la riportiamo qui. La funzione potenziale U di Ď Ă¨ questa, da cui la derivata parziale di U fatta rispetto a Ď sarĂ U' di Ď, mg đ/2 sinĎ - F đ cosĎ, questo è quello che andrĂ al secondo membro dell'equazione di Lagrange. Adesso ci dobbiamo concentrare sul primo membro, in particolare sull'energia cinetica che poi provvederemo a derivare. L'energia cinetica del glifo, la possiamo calcolare col teorema di KĂśnig, per esempio, quindi dire che l'energia cinetica del glifo è l'energia cinetica del baricentro G, pensando concentrata in esso tutta la massa del sistema, + la TG, cioè l'energia cinetica rispetto al baricentro, che vuol dire l'energia cinetica del glifo, rispetto all'osservatore Gxâyâzâ, quindi baricentrico e traslante.
Andiamo a calcolare l'energia cinetica con il teorema di KÜnig, ½ m vG² + TG. vG² è la velocità del baricentro G al quadrato, quindi varrà ½ m xG² punto + yG² punto. Queste le abbiamo già calcolate, perchÊ la xG punto e la la yG punto ce le abbiamo qui.
La TG è l'energia cinetica del corpo rigido, rispetto all'osservatore Gxâyâzâ baricentrico e traslante. E rispetto a questo osservatore, l'asta, l'abbiamo detto anche nel calcolo del momento relativo delle quantitĂ di moto, è animata da un moto di rotazione, cioè istante per istante, lo stato cinetico è rotatorio, attorno allâasse Gzâ, quindi per calcolare la TG è come se avessimo un corpo rigido con l'asse fisso Gz' e velocitĂ angolare scalare Ď punto. E allora questa è l'energia cinetica del corpo rigido con asse fisso Gz' per Ď' al quadrato. Andiamo a fare i calcoli, ci vuole ½ m (đ²/4 Ď² punto cos² Ď + đ²/4 Ď² punto sin² Ď) + ½, il momento dâinerzia dellâasta Ab di lunghezza đ e massa m, rispetto ad una retta baricentrica e ortogonale allâasta, vale mđ²/12 per Ď² punto. Siccome sin² + cos² fa 1, allora questo diventa mđ²/8 Ď² punto + mđ²/24 Ď² punto e quindi lâenergia cinetica vale mđ²/6 Ď² punto. Quindi la funzione potenziale che abbiamo calcolato era questa, l'energia cinetica è questa.
C'è anche un metodo alternativo per calcolare questa energia cinetica, che non prevede l'utilizzo del teorema di KĂśnig. Ed è semplicemente pensare che il glifo, siccome si muove di modo rigido piano, ammette questo centro dâistantanea rotazione, quindi istante per istante, il glifo si muove, è una successione di stati cinetici rotatori, con asse dâistantanea rotazione Cz, quindi l'asse perpendicolare al piano del moto che passa per C, e la velocitĂ angolare è Ď punto k. Di conseguenza, l'energia cinetica del glifo è quella di un corpo rigido con asse Cz' fisso e velocitĂ angolare Ď punto k. Per cui si può scrivere la sua energia cinetica come cinetica di un corpo rigido con l'asse Cz' fisso e velocitĂ angolare scalare Ď punto e quindi ½, il momento dâinerzia rispetto all'asse Cz' per Ď² punto. ½, quanto vale il momento dâinerzia del glifo rispetto all'asse Czâ? Per il teorema di Huygens vale il momento d'inerzia rispetto all'asse parallelo e baricentrico Gzâ + la massa del glifo per la distanza tra i due assi al quadrato. Questo diventa ½(mđ²/12 +, la distanza da C a G è đ/2, quindi mđ²/4) Ď² punto. Questo fa mđ²/6 Ď² punto e questo ci permette di ricavare lâenergia cinetica che abbiamo visto prima.
Adesso abbiamo tutto, abbiamo questo secondo membro sistemato che è questo, dobbiamo ricavarci il secondo membro. Derivata totale, fatta rispetto al tempo, della derivata parziale dell'energia cinetica, fatta rispetto a Ď punto, che vale mđ²/3 Ď punto. Poi ci sarebbe - la derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto a Ď, ma l'energia cinetica dipende da Ď punto, e quindi Ď non c'è, c'è solo Ď punto, non dipende quindi da Ď, per cui la derivata parziale di T fatta rispetto a Ď Ă¨ 0. Quindi qua ci viene uguale alla derivata parziale di U fatta rispetto a Ď che è mgđ/2 sinĎ - Fđ cosĎ - Fđ cosĎ.
Questa quantitĂ va derivata rispetto al tempo e quindi avremo mđ²/3 Ď due punti = mg đ/2 sinĎ - Fđ cosĎ e questa è l'equazione differenziale del moto del glifo, che è la stessa che avevamo trovato prima con le equazioni cardinali della dinamica.
Con le equazioni di Lagrange si ottiene l'equazione differenziale del moto, però non si ottengono le espressioni delle reazioni vincolari scalari durante il moto e infatti sono passaggi piÚ semplici, perchÊ prescindono dalle reazioni vincolari.
Esercizio 6.6
Supponiamo di avere un disco che rotola senza strisciare, su di una guida orizzontale rettilinea. Il disco è omogeneo di massa m e raggio R, è vincolato a muoversi in questo piano in cui l'asse Ox è orizzontale, su cui il disco rotola senza strisciare e l'asse Oy è verticale ascendente. Sul disco agisce, oltre alla forza peso, G, -mg j. Lâasse Oz è ortogonale al piano dello schermo e diretto verso di noi, verso lo spettatore. Sul corpo đ, oltre alla forza peso, agisce anche una coppia di forze che ha momento ⌠uguale ad mg R coseno di Ď k, dove m è la massa del disco, g è l'accelerazione scalare di gravitĂ , R è il raggio del disco e Ď Ă¨ l'angolo di rotazione del disco, positivo in verso antiorario. k è il versore dell'asse z, quindi ortogonale al piano dello schermo e diretto verso di noi.
Vogliamo determinare le configurazioni di equilibrio del disco e le equazioni differenziali del moto del disco. Questo è un problema ad un grado di libertĂ , come parametro lagrangiano scegliamo l'angolo Ď, che non è un parametro periodico. Questo perchĂŠ a variazioni di Ď di 2Ď, come ci si aspetterebbe dalla periodicitĂ di un angolo di rotazione, non corrispondono le stesse posizioni nello spazio fisico. A variazioni di Ď di 2Ď corrispondono configurazioni nello spazio fisico che sono diverse tra loro. Quindi Ď Ă¨ una variabile angolare periodica che viaggia su tutto â, cioè vada - â a + â. Adesso ci serve scrivere come sono fatte le coordinate x e y, scritte in funzione del parametro lagrangiano, quindi le coordinate x e y dei punti notevoli, quindi per esempio in questo caso del punto G e del punto H, abbiamo chiamato con H il punto di contatto.
La x del baricentro G, visto che il disco rotola senza strisciare, a meno di una costante additiva, questo vale - R Ď + un termine costante che può essere qualunque, dipenderĂ dalle condizioni iniziali, e la y del baricentro G invece vale R. Analogamente la x del punto H è sempre - R per Ď + il termine costante e la y di H vale 0. Quindi queste sono le coordinate dei punti. Cominciamo dallo studio dellâequilibrio del disco che rotola senza strisciare. A disposizione per lo studio dell'equilibrio abbiamo i tre metodi, che sono le equazioni cardinali della statica, il metodo del potenziale e il principio dei lavori virtuali e ciascuno avrĂ le proprie condizioni di applicabilitĂ .
Le equazioni cardinali della statica si possono applicare come condizione sufficiente, quindi per la determinazione delle configurazioni di equilibrio, se si ha un corpo rigido soggetto a vincoli perfetti. Il corpo rigido c'è, perchÊ il disco è un corpo rigido, omogeneo, di massa m, ecc. Il vincolo di puro rotolamento è un vincolo perfetto, quindi non solo si possono applicare le equazioni cardinali della statica come condizione sufficiente, ma in virtÚ del fatto che c'è un vincolo perfetto, si può applicare il principio dei lavori virtuali. Quanto al metodo del potenziale, abbiamo bisogno di un sistema meccanico conservativo e allora di quello ce ne occuperemo nel momento in cui affronteremo lo studio con il metodo del potenziale.
Equilibrio (Equazioni cardinali della statica)
Partiamo dalle equazioni cardinali della statica che sono Fe + Ďe = 0. âŚe e il polo per il momento non lo scriviamo + Ńąe = 0. In questo caso, il vincolo non è liscio, ma il vincolo è un vincolo scabro, perchĂŠ affinchĂŠ ci sia puro rotolamento, il vincolo in H deve essere un vincolo scabro. Quando c'è attrito, non si può lavorare come nel caso del vincolo liscio, cioè in assenza di attrito, ma bisognerĂ aggiungere le relazioni di Coulomb sull'attrito statico, che dice che il modulo della componente tangenziale del vettore della reazione vincolare, tangenziale al vincolo. Quindi il modulo di Ďt, dove Ďt è la componente della reazione vincolare tangente al vincolo, deve essere minore o uguale di fs, coefficiente di attrito statico, per il modulo della componente normale al vincolo della reazione vincolare nel punto in cui c'è il vincolo. Queste saranno le due equazioni vettoriali e la disequazione con cui avremo a che fare nello studio di questo problema.
Concentriamoci sulla prima equazione vettoriale, Fe + Ďe = 0. Fe è il vettore risultante delle forze attive esterne, le forze attive che agiscono su questo sistema sono la forza peso e poi una coppia di cui conosciamo il momento. Il vettore Fe sarĂ - mgj, c'è soltanto questo, perchĂŠ ci va il vettore risultante della forza peso, che è questo, e poi ci andrebbe il vettore risultante della coppia, ma in una coppia il vettore risultante è zero. Quindi Fe è quel vettore. Adesso guardiamo chi è invece Ďe. In H c'è una reazione vincolare, che in virtĂš del fatto che c'è attrito, è totalmente incognita, quindi vale ĎHx ÄŤ + ĎHy j. Ci sarebbe anche la componente lungo k, lungo l'asse z, ma siccome questo problema è un problema di moto piano, le forze sono tutte nel piano, perchĂŠ la forza peso sta lungo j, e siccome la coppia ha un momento lungo k, di necessitĂ la coppia sarĂ una coppia nel piano, di conseguenza in questa reazione vincolare possiamo omettere ĎHz k, che tanto sarĂ uguale a 0.
La reazione vincolare in H è scritta con le due componenti ĎHx e ĎHy, mentre nella relazione di Coulomb compaiono una Ďt e una Ďn. La Ďt è la componente di Ď tangente al vincolo, e la Ďn sarĂ la componente, quella normale al vincolo, quindi la ĎHy sarĂ la Ďn e cosĂŹ abbiamo sistemato questa la questione di avere troppe incognite. Ďe sarĂ ĎHx ÄŤ + ĎHy j. Nella prima equazione cardinale della statica avremo - mg j + ĎHx ÄŤ + ĎHy j, uguale al vettore nullo.
Adesso veniamo all'equazione dei momenti. Le forze attive sono applicate nel baricentro G. La reazione vincolare, ce n'è una sola, è applicata in H. Se in questa equazione usiamo come polo H, allora sicuramente questo termine, la Ńąe di H, sarĂ zero. Usando come polo H, che è il punto d'applicazione dell'unica reazione vincolare che c'è, si vede che la Ńąe di H, essendo l'unica reazione applicata in H, vale 0 e allora si tratta di fare il calcolo soltanto della âŚe di H, quindi - mgj vettor H - G e poi ci va il momento della coppia di forze, che è indipendente dal polo, perchĂŠ una condizione necessaria e sufficiente, affinchĂŠ un sistema di forze abbia il momento indipendente dal polo, è che il vettore risultante sia 0 e nella coppia il vettore risultante è 0. Quindi qualunque fosse il polo che potevamo scegliere, i ci va comunque il contributo di questo momento, mg Rcoseno di Ď k. Oltre a questo, ci mettiamo + mg R coseno di Ď versore k. E siccome H - G è il vettore - R lungo j, siccome queste due forze sono parallele, perchĂŠ questo è - Rj, allora questo termine non c'è e rimane solo mg R cosĎ versore k.
Quindi qui avremo mg R cosĎ versore k uguale a 0, che è l'equazione dei momenti. La relazione di Coulomb ci dice che il modulo di ĎHx deve essere minor o uguale di fs per il modulo di ĎHy. Adesso proiettiamo la prima equazione lungo i versori ÄŤ e j, gli unici non banali, questa lungo il versore k. La disequazione è giĂ tra le componenti scalari e allora avremo ĎHx uguale a 0, che viene dallâavere moltiplicato scalarmente per ÄŤ questa prima equazione. Poi proiettiamo lungo j, -mg + ĎHy, questo è 0.
Infine, mgR cosĎ = 0 è l'equazione dei momenti, e infine la relazione di Coulomb ĎHx minor uguale di fs per il modulo di ĎHy. Abbiamo ottenuto un sistema misto, in cui ci sono tre equazioni e una disequazione. L'equazione dell'equilibrio è quella che non contiene le reazioni vincolari, quindi questa è l'equazione dell'equilibrio. Quindi, tre equazioni e una disequazione. Le incognite sono la Ď, ĎHx, ĎHy e inoltre c'è questa disequazione, che deve essere soddisfatta affinchĂŠ il vincolo di puro rotolamento sia rispettato all'equilibrio. Dalla prima equazione abbiamo che ĎHx deve essere uguale a 0 all'equilibrio. Dalla seconda equazione troviamo che ĎHy deve essere uguale ad m per g e anche questo all'equilibrio deve valere, perchĂŠ queste equazioni scalari riguardano lâequilibrio.
La terza equazione è l'equazione dell'equilibrio, possiamo eliminare tutte queste costanti, coseno di Ď uguale a 0 è l'equazione dell'equilibrio. Andando a sostituire nella quarta equazione, si trova 0 minore o uguale di fs per m per g, che è identicamente soddisfatta. Vuol dire che una volta risolta l'equazione dellâequilibrio, le configurazioni di equilibrio saranno tali perchĂŠ il vincolo di puro rotolamento è rispettato. Da coseno di Ď uguale a 0 ricaviamo Ďk. Qui la variabile Ď viaggia su tutto â, di conseguenza qui otteniamo Ďk = Ď/2 + k Ď, con k intero, quindi queste sono tutte le configurazioni di equilibrio del disco che rotola senza strisciare; ce ne sono infinite di configurazioni di equilibrio, perchĂŠ ad ogni variazione da Ď/2 + multipli interi di Ď, quindi Ď/2 e poi 3/2 Ď, oppure - Ď/2 e cosĂŹ via, questi sono tutte configurazione dell'equilibrio, perchĂŠ una volta che abbiamo un Ď, quando lo spostiamo di 2Ď per la periodicitĂ , otteniamo una posizione diversa nello spazio. E di conseguenza, ce ne sono infinite e non come nel pendolo semplice, che all'equazione dell'equilibrio invece corrispondevano soltanto due soluzioni nell'intervallo 0 - 2Ď.
All'equilibrio la reazione vincolare è questa. La ĎH vale mg j in ogni configurazione di equilibrio.
Equilibrio (Metodo del potenziale)
Abbiamo visto l'equilibrio con le equazioni cardinali della statica, adesso ci chiediamo di determinare lâequilibrio con il metodo del potenziale. Allora vediamo come si fa col metodo del potenziale. In questo caso, per poter applicare il metodo del potenziale, il sistema meccanico deve essere conservativo. Ă un sistema meccanico olonomo, scleronomo, a vincoli perfetti e soggetto a un sistema conservativo di forze attive? Le prime caratteristiche, olonomo, scleronomo, vincoli perfetti ci sono. Le forze attive sono la forza peso e la coppia di forze di momento âŚ, la forza di peso è conservativa, la coppia di forze di momento âŚ, diretto lungo k, dove k è parallelo all'asse dâistantanea rotazione del corpo rigido, nella parte di teoria, abbiamo visto che luogo la coppia di forze che ha quel momento, dĂ luogo ad una coppia di forze che è conservativa.
Possiamo calcolare il potenziale, quindi il potenziale esiste e ha senso considerarlo. SarĂ una funzione di Ď e sarĂ in particolare la somma del potenziale della forza peso + il potenziale della coppia di forze, poi c'è piĂš + famoso termine costante. Il potenziale della forza peso quanto vale? - m g per la quota y del baricentro, che è costante, vale R, questo potenziale della forza peso è costante e quindi verrĂ inglobato in questo termine. Il potenziale della coppia invece, sarĂ l'integrale di ⌠funzione di Ď in dĎ dove ⌠è la componente del vettore del momento, quello che è diretto come l'asse dâistantanea rotazione, quindi sarĂ mgR coseno di Ď e questo è uguale all'integrale mgR coseno di Ď in dĎ ed è mg R seno di Ď, + sempre il termine costante.
Da dove viene questo? Questo viene dal fatto che il dL della coppia sarĂ uguale al vettore risultante della coppia, scalare dOâ + âŚ(Oâ) scalare a dĎ. Ma siccome il vettore risultante della coppia è 0 questo termine non c'è. Qui rimane soltanto il momento della coppia, che è mg R cosĎ k, e questo, che è lo spostamento infinitesimo reale, può essere soltanto un dĎ k, non ci può essere una rotazione attorno ad un altro asse, perchĂŠ questo deve rimanere nel piano Oxy. Quindi questo spostamento infinitesimo è dĎ k, quindi scalare dĎ k, ed ecco che il dL della coppia vale mg R cosĎ dĎ, che è proprio quello che abbiamo messo qui, cioè ⌠di Ď in dĎ, perchĂŠ qua ci va l'integrale del dL. E quindi abbiamo visto che il potenziale U sarĂ dato soltanto da questo, dal potenziale della coppia. Quindi mR seno di Ď, poi tutte le costanti le inglobiamo qui. Quindi + lâU*. Quindi questa è la funzione potenziale U che adesso andiamo a mettere qui, la incaselliamo.
Adesso dobbiamo fare la derivata prima. Quindi derivata prima uguale a zero, per cui vuol dire mgR cosĎ uguale a zero. Ed ecco che abbiamo ritrovato l'equazione cosĎ uguale a zero, cioè l'equazione dellâequilibrio, che avevamo ricavato con le equazioni cardinali della statica. Visto che abbiamo utilizzato il metodo del potenziale, potremmo anche andare a vedere lo studio della stabilitĂ di queste configurazioni, perchĂŠ basterebbe calcolare la derivata seconda della funzione potenziale e in questo modo, dopo aver calcolato la derivata seconda, vediamo se si tratta di massimi o di minimi. Quindi diciamo che le soluzioni sono Ďk uguale a Ď/2 + k Ď, con k intero. La derivata prima è mgR coseno di Ď, la derivata del coseno è - seno, quindi - mgR seno di Ď.
Adesso avremo che la derivata seconda calcolata in Ďk, dovremo distinguere il caso in cui k è pari, cioè per esempio uguale a 2h, dal caso in cui k invece è dispari. PerchĂŠ se k è pari, allora vuol dire che questa è del tipo Ď/2 + 2k Ď e quindi vuol dire che il seno di Ď/2 vale 1 ed è di tutti i suoi multipli e quindi la derivata seconda sarĂ - mgR.
Se troviamo una derivata seconda negativa, vuol dire che la funzione potenziale ha un massimo e quindi vuol dire che le configurazioni del tipo Ď2h sono configurazioni di equilibrio stabile. Invece nel caso in cui k sia dispari, allora qui siamo nel caso per esempio 3/2 Ď e quindi il seno vale - 1, quindi la derivata seconda vale mrR, cioè è positiva. E allora questo ci dice che le configurazioni con il k dispari sono configurazioni di equilibrio instabile. Le configurazioni del tipo Ď2h sono stabili, Ď2h + 1 sono configurazioni di equilibrio instabile.
In questo caso non utilizziamo il principio dei lavori virtuali, anche se si potrebbe utilizzare, e invece veniamo subito allo studio del moto. Per il moto useremo sia le equazioni cardinali della dinamica, sia le equazioni di Lagrange. Andiamo a vedere le equazioni cardinali della dinamica. Sono la massa per la derivata seconda di G, fatta rispetto a t due volte, uguale ad Fe + Ďe e poi c'è la derivata del momento delle quantitĂ di moto. Utilizziamo come polo il polo G, cosĂŹ il termine aggiuntivo di questa seconda equazione non c'è e si semplifica il calcolo. + Ńąe di G.
In questo caso c'è sempre il vincolo di puro rotolamento, però siamo in dinamica, a rigore e uno dovrebbe metterci la relazione di Coulomb sull'attrito dinamico, ma questo è l'unico caso in cui il vincolo è vero che è scabro, ma il vincolo di puro rotolamento, si realizza con una velocitĂ di trascinamento del punto di contatto che è 0 e quindi in dinamica non andremo a mettere la relazione di Coulomb sull'attrito dinamico, ma anche in dinamica metteremo sempre la relazione di Coulomb sull'attrito statico. Questo perchĂŠ il punto di contatto ha velocitĂ di trascinamento nulla e quindi non possiamo mettere la relazione di Coulomb sull'attrito dinamico, perchĂŠ la velocitĂ di trascinamento è zero. Il secondo membro della prima equazione ce l'abbiamo giĂ , perchĂŠ Fe + Ďe l'abbiamo calcolato prima ed è sempre il - mgj + ĎHx ÄŤ + ĎHy j. Adesso dobbiamo calcolare la derivata seconda della xG e yG. Quindi questa è - R per Ď + una costante. La xG punto vale - R Ď, la yG punto vale 0 e la xG due punti vale - RĎ due punti, la yG due punti è ancora 0. La prima equazione diventa - m R Ď due punti ÄŤ = -mg j + ĎHx ÄŤ + ĎHy j.
Poi c'è l'equazione dei momenti. Dobbiamo ricalcolare la âŚe di G e anche la Ńąe di G, perchĂŠ prima le abbiamo calcolate con polo in H. K di G è uguale al K' di G, cioè il momento assoluto delle quantitĂ di moto con polo in G è uguale al momento relativo delle quantitĂ di moto con polo in G. E il K' di G, che è il momento delle quantitĂ di moto di questo disco che rotola senza strisciare, sarĂ un momento delle quantitĂ di moto, calcolate rispetto ad un sistema di riferimento Gxâyâzâ, baricentrico e traslante. E in questo sistema di riferimento cosa sta facendo il corpo rigido? Sta ruotando attorno all'asse fisso Gz'. E quindi, dal punto di vista del calcolo del momento, è il momento di un corpo rigido che ruota attorno a un asse fisso Gz' con velocitĂ angolare Ď punto k.
E quindi ci calcoleremo questo K(G), momento d'inerzia del disco, rispetto all'asse Gzâ, moltiplicato per il vettore velocitĂ angolare Ď. Quanto vale il momento dâinerzia di un disco rispetto ad un asse normale al disco e passante per il suo baricentro? Massa per il raggio al quadrato diviso 2, Ď punto k è il vettore velocitĂ angolare. Quindi la derivata del momento delle quantitĂ di moto con polo in G vale m R²/2 Ď due punti versore k. Adesso dobbiamo calcolarci âŚe con polo in G, c'è la forza peso, però avendo il punto d'applicazione in G, questa non dĂ contributo. Poi c'è il momento della coppia, che questo c'è comunque, qualunque sia il polo, quindi mgR cosĎk. Quindi + mgR cosĎk e questa è la âŚe.
Infine c'è da calcolare la Ńąe con polo in G, cioè ĎHx ÄŤ + ĎHy j è il momento delle reazioni vincolari esterne, quindi polo G - punto d'applicazione H. G - H vale Rj, quindi ci viene ÄŤ vettor j che fa k, quindi un ĎHx R versore k e invece j vettor j che fa 0, e quindi anche questo è l'ultimo termine che ci serviva da mettere nell'equazione dei momenti, che andiamo a inserire quindi qui e diremo m R²/2 Ď due punti k = mgR cosĎk + ĎHx Rk e poi câè la disequazione ĎHx ⤠fs per il modulo di ĎHy, quindi un sistema misto formato dalle due equazioni vettoriali e dalla disequazione. La prima equazione la proiettiamo lungo ÄŤ e lungo j, la seconda la proiettiamo lungo k e questa è giĂ scalare. Avremo - mR Ď due punti uguale a ĎHx. Poi abbiamo 0 uguale a - m per g + ĎHy, è la proiezione della seconda equazione lungo l'asse y e poi c'è la proiezione lungo k della seconda equazione m R²/2 Ď due punti, uguale a ĎHx R + m g R coseno di Ď e qui ci mettiamo modulo di ĎHx, minore o uguale di fs per il modulo di ĎHy.
Abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni e una disequazione, le incognite sono l'angolo Ď, la ĎHx e la ĎHy. Al momento l'equazione differenziale del moto non c'è e la dobbiamo andare a ricavare. Dalla prima equazione ricaviamo subito che durante il moto ĎHx vale - mR Ď due punti. E questa è l'espressione della reazione vincolare scalare dinamica lungo l'asse x. Poi abbiamo che la ĎHy vale durante il moto m per g, questo valeva anche allâequilibrio, però anche durante il moto si mantiene. E adesso, se andiamo a sostituire al posto di ĎHx qui dentro, - mR Ď due punti, avremo mR²/2 Ď due punti, poi uguale a - mR² Ď due punti + mgR coseno di Ď e allora facendo, un po' di calcoli, si porta questo al primo membro, si vede che si ottiene 3/3 mR² Ď due punti, uguale a mgR cosĎ. Possiamo semplificare per R, semplificare per m e quindi quello che si trova è Ď due punti uguale a 2g su 3R per il coseno di Ď. Questa è l'equazione differenziale del moto.
Non abbiamo ancora preso in considerazione questa disequazione. Quest'ultima è l'equazione differenziale del moto se si verifica che ĎHx in modulo, quindi se il modulo di - mR Ď due punti ⤠fs per il modulo di ĎHy, che è m per g. Quindi questa è l'equazione differenziale del moto se vale quello che câè scritto qui sopra e allora andiamo a rielaborarlo in questo modo. Il modulo di - mR Ď due punti ⤠fs per m per g è la condizione di puro rotolamento che possiamo scrivere come Ď due punti in modulo minor uguale di, questo lo semplifichiamo, quindi di fs per g diviso R.
Se si verifica questo, allora Ď due punti uguale a 2g su 3R coseno di Ď Ă¨ l'equazione differenziale del moto. Siccome da qui vediamo che Ď due punti in modulo deve essere minore o uguale di questa quantitĂ , ma durante il moto Ď due punti vale questa quantitĂ , vado a sostituire al posto di Ď due punti, 2 g su 3 R coseno di Ď in modulo, minor uguale di fs per g su R, posso semplificare g su R con g su R e quindi la condizione di puro rotolamento diventa che il coseno di Ď in modulo deve essere minor uguale di 3/2 fs. Quindi, l'equazione differenziale del moto è questa che abbiamo incasellato, a patto che il Ď di t sia tale per cui il suo modulo è sempre minore o uguale di 3/2 fs. Se non si verifica questa condizione, allora non c'è piĂš il moto di puro rotolamento. Quindi il problema cambia, non è piĂš un problema a un grado di libertĂ , vuol dire che il disco rotola e striscia, diventa un problema a 2 radi di libertĂ e i parametri lagrangiani saranno la coordinata x del punto di contatto e l'angolo Ď di rotazione.
Siccome questo è un sistema meccanico conservativo, le equazioni di Lagrange le possiamo scrivere o con la lagrangiana oppure con l'energia cinetica e la funzione potenziale. La derivata totale della derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto a Ď punto, c'è un unico parametro lagrangiano, quindi c'è una sola equazione di Lagrange. Quindi derivata totale della derivata parziale di T fatta rispetto a Ď punto, - la derivata parziale di tTfatta rispetto a Ď deve essere uguale alla derivata parziale di U fatta rispetto a Ď.
La funzione potenziale l'abbiamo giĂ calcolata prima, era mg R seno di Ď + un termine costante. L'energia cinetica T, la calcoliamo o con il teorema di KĂśnig, ½ m vG² + TG. Questo calcolo lo dobbiamo fare noi, oppure si può calcolare l'energia cinetica pensando che questo corpo rigido è animato da moto rigido piano e in particolare c'è il centro di istantanea rotazione che è proprio nel punto H. Quindi questo disco, istante per istante, passa attraverso istanti cinetici rotatori con asse dâistantanea rotazione Hz e velocitĂ angolare Ď punto k. Quindi basterĂ scrivere l'energia cinetica di un corpo rigido con asse fisso Hzâ per il vettore velocitĂ angolare al quadrato. E questo è il momento di inerzia del disco.
Per il teorema di Huygens, il momento di inerzia del disco rispetto all'asse Hz' vale il momento dâinerzia del disco rispetto all'asse Gz', + la massa del disco per la distanza tra i due assi al quadrato. Il momento dâinerzia del disco rispetto all'asse baricentrico e ortogonale al disco vale m R²/, la distanza di G da H vale R, quindi qua c'è un R² per Ď² punto.
Quello che troviamo è ž mR² Ď punto quadro, che è poi quello che trovate qui, facendo il teorema di KĂśnig. L'energia cinetica è questa, il potenziale è questo e quindi possiamo scrivere le equazioni di Lagrange. La derivata temporale della derivata parziale di T fatta rispetto a Ď punto, quindi 3/2 mR² Ď punto, poi lâenergia cinetica non dipende da Ď, quindi questa derivata parziale è zero è uguale alla derivata parziale di U, fatta rispetto a Ď, quindi mgR coseno di Ď. Andiamo a derivare, rispetto al tempo, soltanto questa parte qui dentro, 3/2 mR² Ď due punti = mgR cosĎ e abbiamo ritrovato esattamente l'equazione differenziale del moto che avevamo trovato qui. Ed ecco che in questo modo siamo arrivati al risultato.
Esercizio 6.7
Supponiamo di avere un piano verticale Oxy con Oy che è verticale ascendente e in questo piano è mobile un'asta AB omogenea di massa m, lunghezza đ, che ha un estremo A che è vincolato a percorrere senza attrito l'asse delle x. Sull'asta, oltre alla forza peso, agiscono anche due forze elastiche rappresentate da due molle uguali di costante elastica k², una che ha gli estremi fissati in O e in B e l'altra invece che ha gli estremi fissati nel punto A, lâaltro estremo dell'asta, quello che scorre lungo l'asse x e l'altra fissata in C che è un punto di coordinate 2đ, 0. Assumiamo come parametri lagrangiani l'ascissa x del punto A e inoltre l'angolo Ď che il raggio vettore B - A, forma con la direzione negativa dell'asse x e positivo in verso antiorario.
Quello che vogliamo fare è determinare diverse cose. La prima richiesta è di determinare il potenziale, l'energia cinetica e le equazioni differenziali del moto. Rispetto agli esercizi che abbiamo visto in precedenza, questo è un problema con due gradi di libertĂ . Quindi l'asta in questione ha due gradi di libertĂ e i parametri lagrangiani sono la x, e l'angolo Ď di rotazione.
Intanto scriviamo quali sono le forze che agiscono su questo sistema meccanico. C'è la forza peso, che è applicata nel baricentro G e visto che l'asta è omogenea, il baricentro G coincide con il punto medio, quindi - mg j. Poi ci sono le forze elastiche. C'è la forza elastica che è applicata in A di vettore k²(C - A). Cioè, la forza elastica in A è quella che tende a richiamare A verso C, dove C è il punto di coordinate 2đ, 0.
L'altra forza elastica, quella applicata in B, è quella che ha la funzione di richiamare B verso O, la costante elastica è k², perchĂŠ le due molle hanno la stessa costante elastica, e quindi questa sarĂ k²(O - B). Adesso conviene scrivere le coordinate dei punti del sistema meccanico in funzione dei parametri lagrangiani. Partiamo dall'estremo A dell'asta, che ha coordinate xA uguale a x, e yA che è uguale a 0. Poi consideriamo l'altro estremo dell'asta, cioè B. La x del punto B varrĂ la x del punto A, da cui toglieremo questa parte, quindi sarĂ x - đ per il coseno di Ď. La y del punto B, invece, dobbiamo fare la proiezione di AB sull'asse y, poi siamo nel semipiano delle y negative, quindi - đ seno di Ď Ă¨ la y del punto B. Adesso veniamo alla x e alla y del baricentro, che qualitativamente hanno la stessa natura della xB e della yB, quindi avremo x - đ/2 cosĎ e la yG che sarĂ - đ/2 sinĎ. Infine, la xC e la yC, che in realtĂ le avevamo giĂ scritte di sopra, ma le mettiamo in questa forma e sono 2đ e 0.
a) La prima domanda che ci viene posta è calcolare il potenziale U, l'energia cinetica T e le equazioni differenziali del moto. La U sarĂ una funzione di x e di Ď, calcolare l'energia cinetica e poi le equazioni differenziali del moto. Nel momento in cui ci viene richiesto di calcolare prima la funzione potenziale, poi l'energia cinetica, è opportuno scrivere le equazioni differenziali del moto usando le equazioni di Lagrange. Partiamo dalla funzione potenziale U(x, Ď) sarĂ dato dal potenziale della forza peso - mg per la quota y del baricentro.
Non abbiamo ancora scritto le forze elastiche in funzione dei parametri, allora le scriviamo. Quindi la forza elastica applicata in A ha di vettore k² per C - A. Questa diventa k² per 2đ - x lungo il versore ÄŤ e quindi questa è l'espressione del vettore della forza elastica applicata nel punto A. Adesso veniamo all'espressione del vettore della forza elastica applicato in B e qui avremo k² e poi dobbiamo fare la x del punto O che è 0, - la x del punto B e quindi avremo che questa vale đ cosĎ - x lungo ÄŤ e poi avremo y del punto O che vale 0, - la y del punto b, quindi + đ sinĎ versore j e questa è l'espressione del secondo vettore della forza elastica.
Tornando alla funzione potenziale, la funzione potenziale è data dalla somma del potenziale della forza peso, che vale - mg yG, poi ci va il potenziale della forza elastica applicata in B, che vale - ½ k² per l'allungamento della molle al quadrato e infine il potenziale della forza elastica in A che vale - ½ k² per l'allungamento della forza elastica applicata nel punto A + un termine costante, che indichiamo con U*. Adesso facciamo i calcoli perchĂŠ le coordinate ce le abbiamo, quindi - mg per la yG, ci viene - per - che fa + mg đ/2 sinĎ, poi -½ k² e dobbiamo mettere il quadrato di O - B, quindi avremo đ cosĎ - x, tutto al quadrato, + đ sinĎ², infine -½ k² per lâallungamento C - A o A - C, ma essendo al quadrato cambia poco.
- ½ k²(2đ - x)² + U*. Il termine costante è sempre presente, perchĂŠ la funzione potenziale è sempre definita a meno di una costante additiva. Quindi abbiamo mg đ/2 sinĎ - ½ k²(đ² cosĎ + x² - 2đ x cosĎ + đ² sin²Ď) e infine câè -½ k²(4 đ² + x² - 4đx) + U*.
Tutti i termini costanti nella funzione potenziale, possono essere inglobati nel termine costante U*. E allora avremo che la nostra funzione potenziale U(x, Ď) sarĂ data da mg đ/2 sinĎ. Nella parentesi, sin² + cos² per la nota identitĂ trigonometrica fa 1 e quindi rimarrebbe -½ k² đ², ma questo, essendo un termine costante, lo inglobiamo direttamente dentro al termine U*o, quindi questo lo ignoriamo. Il termine successivo sarebbe -½ k² x² e poi câè - per -, + k² đ x cosĎ. Il termine successivo, che diventerebbe - 2k² đ² lo inglobiamo di nuovo dentro al termine U*, quindi rimane - ½ k²x², però siccome ce lâabbiamo giĂ , questi li mettiamo assieme e abbiamo -k² x². Poi abbiamo lâultimo termine, câè - per - che fa +, 2kđx + U*, che ora contiene anche gli altri termini.
La funzione potenziale U è quella che abbiamo scritto qui. Dipende da x e da Ď. L'energia cinetica la calcoliamo usando il teorema di KĂśnig, ½ m vG² + TG. Partiamo dall'energia cinetica del baricentro, quindi ci serve la vG² e basterĂ derivare rispetto al tempo le coordinate xG e yG. La xG punto sarĂ data da x punto - đ/2 e poi dobbiamo derivare il coseno, la derivata del coseno è il - seno, quindi sin di Ď e poi dobbiamo derivare l'argomento, quindi Ď punto.
Adesso deriviamo la yG e ci viene - đ/2 Ď punto cosĎ e questa è la yG punto. Di conseguenza, la velocitĂ di G al quadrato è uguale a xG² punto + yG² e quindi avremo x punto + đ/2 Ď punto sinĎ, tutto al quadrato, + đ/2 Ď punto cosĎ al quadrato, uguale a x punto + đ²/4 Ď² punto sinÂ˛Ď + đ x punto Ď punto sinĎ + đ²/4 Ď² punto cosĎ.
Abbiamo di nuovo un đ²/4 Ď² punto sinÂ˛Ď + đ²/4 Ď² punto cos²Ď, quindi abbiamo x² punto + đ x punto Ď punto sinĎ + đ²/4 Ď² punto e questo termine è vG². Adesso ci va la TG, che è l'energia cinetica dell'asta rispetto all'osservatore baricentrico e traslante Gxâyâzâ.
Rispetto a questo osservatore, da quale moto è animata lâasta? Istante per istante, sarĂ uno stato cinetico rotatorio, attorno all'asse Gz', z' è perpendicolare al piano dello schermo e diretto verso di noi e la velocitĂ angolare scalare di rotazione è Ď punto. Quindi per calcolare l'energia cinetica TG, è come se dovessimo calcolare l'energia cinetica di un corpo rigido con asse fisso e l'asse fisso sarebbe Gz'. Quindi nella TG andiamo a mettere l'energia cinetica di un corpo rigido con asse Gz' fisso per ² punto dellâasta AB.
Adesso possiamo fare i calcoli e abbiamo ½ m x² punto + ½ mđ x punto Ď punto sinĎ + â mđ² Ď² punto e infine qui abbiamo ½, quanto vale il momento di inerzia dell'asta AB rispetto ad un asse baricentrico e perpendicolare all'asta stessa? Vale massa per lunghezza dell'asta al quadrato diviso 12. E quindi qui abbiamo ½ mđ²/12 Ď² punto. Adesso possiamo scrivere l'energia cinetica, che e dipende da Ď, da Ď punto, da x e da x punto. Abbiamo ½ m x² punto + ½ mđ x punto Ď punto sin Ď e poi dobbiamo sommare â mđ² Ď² punto a 1/24 mđ² Ď² punto. Quindi ci viene + mđ²/6 Ď² punto e questa è l'espressione dellâenergia cinetica dellâasta a due gradi di libertĂ .
Dopo aver calcolato la funzione potenziale, l'energia cinetica, possiamo scrivere le equazioni di Lagrange.
Il problema è a 2 gradi di libertĂ , quindi le equazioni sono due, quindi derivata totale della derivata parziale di T fatta rispetto a x punto, alla prima q punto, che è la x, - la derivata parziale di T fatta rispetto a x, uguale alla derivata parziale di U fatta rispetto a x. Poi c'è la derivata totale della derivata parziale di T fatta rispetto a Ď punto, - la derivata parziale di T fatta rispetto a Ď, uguale a dU in dĎ. E queste sono le due equazioni di Lagrange, che poi ci daranno le equazioni differenziali del moto.
Cominciamo a guardare le derivate parziali dell'energia cinetica. Derivata totale rispetto al tempo della derivata parziale di T fatta rispetto a x punto. Il primo termine con x punto è questo, quindi ci viene m x punto. Poi c'è un altro termine con x punto, che è questo, e allora ci viene + 1/m mđ Ď punto sinĎ, perchĂŠ stiamo facendo la derivata parziale rispetto a x punto. E poi ci viene - la derivata parziale di T fatta rispetto a x. Qui non c'è la x, c'è la x punto, ma la x non c'è. Di conseguenza, questo termine è 0 e quindi se ne va. Allora rimane soltanto la derivata parziale di U fatta rispetto a x al secondo membro. E siccome U è questo, la derivata parziale di U fatta rispetto a x ci fornisce il termine - 2k² x, + k²đ cosĎ e poi c'è l'ultimo termine che viene da questo, deriviamo parzialmente rispetto a x, + 2k²đ.
Passiamo alla seconda equazione, derivata temporale della derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto a Ď punto. Qui Ď punto non c'è, e invece Ď punto sta qui e qui, nel secondo e nel terzo termine. E quindi otteniamo ½ mđ x punto sinĎ + mđ²/3 Ď punto. Questa è la derivata parziale di T fatta rispetto a Ď punto. Poi ci viene - la derivata parziale di T fatta rispetto a Ď e invece Ď ora c'è, mentre nella prima equazione questa derivata parziale non c'era, era 0. E qui invece compare, perchĂŠ il Ď Ă¨ qui. E quindi abbiamo - ½ mđ x punto Ď punto cosĎ. Ď e Ď punto, quando facciamo le derivate parziali, sono due cose diverse e quindi la presenza di Ď o l'assenza di Ď fa sĂŹ che questa derivata parziale di T fatta rispetto a x è zero. Infine, dobbiamo arrivare alla derivata parziale di U fatta rispetto a Ď e siccome Ď nella U compare nel primo termine e nel terzo, deriviamo parzialmente rispetto a Ď, la derivata del seno è il coseno, la derivata del coseno è - seno e quindi qui avremo i due termini che sono mg đ/2 coseno di Ď e - k² đx sinĎ.
Non abbiamo ancora finito, perchĂŠ dobbiamo fare la derivata totale della quantitĂ dentro parentesi, cioè della derivata parziale di x punto e della derivata parziale di Ď punto. Quindi derivando rispetto al tempo, abbiamo mx due punti +, qui dentro dipendono dal tempo, Ď punto e seno di Ď, quindi + ½ mđ Ď due punti e sinĎ non lo deriviamo, poi + ½ mđ Ď punto, adesso dobbiamo derivare il seno di Ď, che dĂ cosĎ e poi derivare l'argomento che ci dĂ un altro Ď punto, = 2k² x + k²đ cosĎ + 2k²đ.
Passiamo alla seconda equazione e deriviamo qui, ½ mđ x due punti sinĎ + ½ mđ x punto, perchĂŠ x punto dipende dal tempo e Ď dipende dal tempo. Questa è la derivata di un prodotto e poi qui câè funzione di funzione, quindi ½ mđ x punto Ď punto cosĎ + mđ²/3 Ď due punti. Poi câè -½ mđ x punto Ď punto cosĎ = mgđ/2 cosĎ - k² đ x sinĎ.
Adesso abbiamo scritto tutto quello che ci serve e possiamo semplificare opportunamente, c'è + ½ mđ x punto Ď punto cosĎ e lo stesso termine con il -, e quindi otteniamo che le equazioni sono m x due punti + ½ mđ Ď due punti sinĎ + ½ mđ Ď² cosĎ = -2k² x + k²đ cosĎ + 2k²đ.
Nellâultima equazione mettiamo per primo mđ²/3 Ď due punti + ½ mđ x due punti sinĎ = mgđ/2 cosĎ - k²đx sinĎ. In questo modo abbiamo ottenuto le equazioni differenziali del moto.
b) La domanda successiva era di calcolare le equazioni dellâequilibrio, utilizzando il metodo del potenziale. La funzione potenziale l'abbiamo calcolata, quindi usando il metodo del potenziale per calcolare le equazioni dell'equilibrio, non le configurazioni d'equilibrio. Quindi vuol dire che dobbiamo solo scrivere le equazioni dell'equilibrio e non risolverle, probabilmente sono equazioni che non ammettono una soluzione semplice in maniera analitica. Riprendiamo la funzione potenziale.
Con il metodo del potenziale, dobbiamo calcolare la derivata parziale di U fatta rispetto a x e uguaglianza a zero e la derivata parziale di U fatta rispetto a Ď e uguagliarla a zero. Queste due derivate parziali le abbiamo giĂ calcolate qui, come secondo membro delle equazioni di Lagrange e quindi dobbiamo prendere questo termine e questo e queste saranno le due equazioni dell'equilibrio. Quindi avremo il - 2k² x + k² đ cos² + 2k²đ = 0 e l'altra equazione che è mg đ/2 cosĎ - k²đx sinĎ = 0. E queste sono le due equazioni dell'equilibrio. Non le risolviamo, eventualmente qui si può semplificare. Ci viene richiesto soltanto di scrivere le due equazioni dell'equilibrio. Dalla prima equazione si otterrebbe x = đ/2 cosĎ - đ, ma comunque insomma non le dobbiamo risolvere.
c) Nella terza domanda ci viene richiesto di ritrovare le equazioni dell'equilibrio con il principio dei lavori virtuali. Dobbiamo ritrovare questo sistema. Dobbiamo scrivere il lavoro virtuale compiuto dalle forze attive, quindi - mg j, scalare, punto dâapplicazione, che è δG, poi ci andrĂ + k²(O - B), che è l'altra forza in gioco, scalare δB, + k²(C - A), scalare δA. Le forze attive in gioco sono la forza peso applicata in G, questa forza elastica applicata in A, l'altra forza elastica applicata in B, quindi per definizione il lavoro virtuale è la somma di questi prodotti scalari. Facciamo i calcoli. Quindi, - mg j scalare δxG ÄŤ + δyG j + k²(O - B), scalare δxB lungo ÄŤ + δyB j, infine + k²(C - A), che moltiplica scalarmente δxA ÄŤ + δyA j. Siccome j scalare ÄŤ fa 0, mentre j scalare j fa 1, qui rimane - mg δyG e poi abbiamo k²(O - B) che adesso dobbiamo scrivere e sarĂ + k² (đ cosĎ - x lungo ÄŤ + đ sinĎ lungo j, questo è O - B), scalare δxB lungo ÄŤ + δyB lungo j, infine + k²(2đ - x) ÄŤ, che è C - A, scalare δxA ÄŤ + δyA j. Eâ rimasto -mg δyG, poi câè ÄŤ scalare ÄŤ che fa 1, quindi câè + k²(đcosĎ - x) δxB, quelli in croce, ÄŤ scalare j e j scalare ÄŤ fanno 0 e j scalare j fa 1, quindi è k² đ sinĎ Î´yB. Stiamo elencando tutte le parti vettoriali, infine câè lâultimo prodotto scalare da fare, che è ÄŤ scalare ÄŤ, che dĂ 1, quindi + k²(2đ - x) δxA, in quanto ÄŤ scalare j fa 0.
Siccome in questo problema tutte le configurazioni sono di tipo interno, il principio dei lavori virtuali vale con il segno di uguaglianza, perchĂŠ tutti gli spostamenti virtuali sono invertibili. δL deve essere uguale a 0 qualunque sia lo spostamento virtuale. Che cosa dobbiamo scrivere adesso? δyG, δxB, δyB e δxA. Siccome yG è - đ/2 sinĎ, la δyG, dobbiamo fare il differenziale, sarĂ - đ/2 cosĎ Ď.
Poi la xA vale x, di conseguenza δxA vale δx, adesso dobbiamo sistemare xB e yB. xB è x đ cosĎ, la yB è - đ seno di Ď, per cui δxB sarà δx + đ sinĎ Î´Ď. δyB sarĂ -đ cosĎ Î´Ď. Adesso abbiamo tutto quello che ci serve da sostituire.
δL sarĂ uguale a -mg(-đ/2 cosĎ Î´Ď) + k²(đ cosĎ - x), che va moltiplicato per δxB, quindi per δx + đsinĎ Î´Ď, infine câè +k² đ sinĎ, che va moltiplicato per -đ cosĎ Î´Ď e infine câè lâultimo termine, + k²(2đ - x) per δxA, che è δx. Questo deve essere uguale a 0 per ogni spostamento virtuale, quindi per ogni Î´Ď e per ogni δx diversi da 0. Adesso dobbiamo rielaborare un po' questa formula, raccogliamo tutti i δx e tutti i δĎ, quindi avremo δL = + mg đ/2 cosĎ Î´Ď + k² đ cosĎδx - k² xδx + k²đ² sinĎ cosĎ Î´Ď - k²xđ sinĎ Î´Ď.
Adesso câè il penultimo termine, -k² đ² sinĎ cosĎ Î´Ď + 2k² đ δx - k² x δx = 0, sempre per ogni Ď e δx. Adesso raccogliamo prima tutti i termini in δx. Quindi avremo k²đ cosĎ, poi i due termini si possono sommare, quindi -2k²x + 2kđ per δx. Adesso prendiamo gli altri termini e li segniamo in azzurro. E allora abbiamo + mg đ/2 cosĎ. Qui ci sono dei termini che si elidono, perchĂŠ questo termine se ne va con questo e quindi rimane il - k ² đx sinĎ Î´Ď e questo deve essere uguale a 0 per ogni Î´Ď e per ogni δx. AffinchĂŠ questo succeda, dobbiamo uguagliare a zero questo termine e questo, che sono le due equazioni che avevamo ottenuto con il metodo del potenziale.
d) Usare le equazioni cardinali della statica ritrovando le equazioni che abbiamo appena visto. Dobbiamo scrivere le equazioni cardinali della statica, che sono Fe + Ďe = 0, âŚe + Ńąe = 0.
Fe ce l'abbiamo, perchĂŠ è la somma del vettore della forza peso, - mg j. Poi ci va il vettore della forza elastica applicata in B, quindi + k² đ cosĎ - x lungo ÄŤ + đ sinĎ lungo j. La forza elastica in A, quindi + k²(2đ - x) ÄŤ e poi câè la reazione vincolare. La reazione vincolare è unica, è soltanto in A, perchĂŠ c'è un vincolo di scorrimento, l'estremo A dell'asta scorre senza attrito lungo l'asse delle x, quindi la reazione vincolare si esplica in direzione normale al vincolo e dovrĂ rimanere nel piano, perchĂŠ tutte le forze sono nel piano, e quindi la reazione vincolare in A sarĂ A, ĎAy lungo j. Quindi c'è un'unica reazione vincolare per cui la Ďe sarĂ data da ĎAy j.
Come polo per l'equazione dei momenti, siccome la forza peso è applicata in G. La forza in A, k²(C - A) è applicata in A, poi c'è un'altra forza applicata in B che è k²(O - B). Il fatto che ci sia una reazione vincolare unica applicata in A e anche una forza attiva applicata in A, ci fa dire che scegliendo come polo A, faremo meno calcoli. Primo punto perchĂŠ la Ńąe con polo in A, essendo questo il momento delle reazioni vincolari esterne, calcolato con polo in A, l'unica reazione applicata in A, questo fa 0, è il vettore nullo. E allora adesso si tratta di calcolare il momento delle forze attive con polo in A, quindi âŚe(A) vale - mg j vettor polo A, - punto d'applicazione G. Poi, questa forza applicata in A non dĂ contributo, questa invece dĂ contributo, quindi c'è + k² [(đ cosĎ - x) ÄŤ + đsinĎ j] vettor (A - B). - mg j vettor, il vettore A - G, dobbiamo fare la xA - la xG, quindi đ/2 cosĎ ÄŤ e poi la yA - yG, quindi + đ/2 sinĎ j.
Quindi abbiamo x - x + đ/2 cosĎ e 0, - per -, + đ/2 sinĎ, quindi questo è quello che abbiamo scritto qui. Per tutti gli altri, per A - B si fa in maniera analoga, quindi + k² đ cosĎ - x lungo ÄŤ + đ sinĎ lungo j, questo si moltiplica vettorialmente per A - B, che sarĂ đ cosĎ ÄŤ + đ sinĎ j. Questo perchĂŠ dobbiamo fare la xA - la xB, che dĂ đ cosĎ e la yA - yB che dĂ đ sinĎ.
Adesso facciamo i calcoli di questi prodotti vettoriali. Dobbiamo fare j vettor ÄŤ che fa - k, - per - +, quindi mg đ/2 cosĎ vettore k, j vettor j fa 0. Adesso abbiamo ÄŤ vettor ÄŤ che fa 0, mentre ÄŤ vettor j che fa k, quindi qua avremo + k²đ (đcosĎ - x) sinĎ k e poi dobbiamo fare il prodotto vettoriale j vettor ÄŤ, che fa -k e quindi ci viene -k²đ² sinĎ cosĎ k, mentre j vettor j fa 0. Qui câè un termine che è k² đ² cosĎ sinĎ lungo k, e poi câè -k²đ² sinĎ cosĎ k. Quindi questo si semplifica con questo contributo, rimane mg đ/2 cosĎ k, - k² đ x sinĎ k.
La parte gialla è la parte che va nella seconda equazione, quella dei momenti. E poi c'è invece la prima, dove dobbiamo mettere questo termine proiettato e questo, sommati, in verde.
Quando proiettiamo la prima equazione, quella in verde, quindi la somma di questi due proiettata lungo ÄŤ, otteniamo k² đ cosĎ - k²x + 2k² đ - k² x = 0. Poi proiettiamo lungo j, avremo il contributo di questo termine, questo termine e questo, quindi - mg + k² đ sinĎ + ĎAy = 0. Infine abbiamo il contributo in giallo, proiettato lungo k, mg đ/2 cosĎ - k²đx sinĎ = 0. In questo modo abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite, che sono x, Ď e ĎAy. Le equazioni dell'equilibrio sono quelle che non contengono le reazioni vincolari, quindi sono la 1 e la 3, sono le equazioni dell'equilibrio che avevamo giĂ ottenuto precedentemente. La seconda equazione ci fornisce la ĎAy all'equilibrio, quindi m per g - k² đ sinĎ Ă¨ l'espressione della componente scalare del vettore delle reazioni vincolari allâequilibrio.
e) Ci viene richiesto di scrivere le equazioni cardinali della dinamica, ritrovando le equazioni del moto che avevamo visto al punto a), cioè con le equazioni di Lagrange. Scriviamo direttamente le equazioni cardinali della dinamica, massa per l'accelerazione del baricentro G = Fe + Ďe, e inoltre la seconda equazione cardinale, la derivata del momento delle quantitĂ di moto, il polo che avevamo usato nell'equazione dei momenti per le equazioni cardinali della statica era il polo A. Anche se A non è nĂŠ il baricentro, nĂŠ un punto fisso, quindi câè questo termine aggiuntivo m vG, vettor la velocitĂ del polo di cui dobbiamo tener conto quando scriviamo l'equazione dei momenti. CosĂŹ facendo, Fe + Ďe e âŚe + Ńąe di A li abbiamo giĂ calcolati quando abbiamo scritto le equazioni cardinali della statica, cioè il punto d).
Per cui potremmo tranquillamente andare a prendere questi termini, questi che abbiamo sottolineato in verde, che danno Fe + Ďe. E questo termine in giallo, che è âŚe di A, perchĂŠ la Ńąe di A è uguale a zero. Si tratta di sistemare i primi membri di questa equazione, quindi questo e questo e anche questo termine aggiuntivo. Partiamo dallâaccelerazione del baricentro G. Siccome la x del baricentro G e la y del baricentro G, li richiamiamo, sono rispettivamente, x - đ/2 cosĎ e - đ/2 sinĎ, quando andiamo a derivare al rispetto al tempo, e questo l'abbiamo giĂ fatto per il calcolo della velocitĂ del baricentro, dell'energia cinetica, abbiamo đ/2 Ď punto sinĎ e - đ/2 Ď punto cosĎ. Adesso si tratta solo di fare un'altra derivata temporale e da qui deriviamo, ci viene x due punti e poi dobbiamo derivare questo che è il prodotto di funzioni, quindi đ/2 Ď due punti e il seno lo lasciamo non derivato e poi abbiamo Ď punto che lasciamo non derivato e deriviamo il seno, che ci dĂ il coseno e anche Ď punto.
Adesso facciamo la stessa cosa con la yG punto, avremo - đ/2 Ď due punti cos non derivato e poi lasciamo Ď punto non derivato, deriviamo il coseno, che ci dĂ un - sin e un altro Ď punto. Queste sono le due componenti del vettore accelerazione del baricentro G, che andranno messe assieme a Fe + Ďe, quando scriviamo la prima equazione cardinale della dinamica. Quindi l'accelerazione, la derivata seconda di G fatta rispetto a t due volte, è xG due punti lungo ÄŤ + yG due punti lungo j. In questo modo abbiamo sistemato la prima equazione cardinale della dinamica.
Adesso abbiamo la derivata del momento delle quantitĂ di moto con polo in A. Abbiamo bisogno di calcolarci K di A. A è un punto che si muove, non è un punto fisso, non è il baricentro, quindi per calcolare il momento assoluto delle quantitĂ di moto con polo in A, conviene passare attraverso il momento relativo delle quantitĂ di moto con polo in A, cioè, pensando di calcolare il momento delle quantitĂ di moto, rispetto ad un osservatore che ha l'origine in A ed è traslante, sempre dello stesso tipo Axâyâz'. CosĂŹ facendo, possiamo vedere che K di A si scrive come K' di A + la massa per la velocitĂ del punto A, vettor polo aA - G. Nel sistema di riferimento con origine in A e traslante, qual è il moto che anima quest'asta? SarĂ una rotazione attorno all'asse fisso Azâ, quindi Kâ di A sarĂ il momento dâinerzia dell'asta AB rispetto all'asse Az' per il vettore velocitĂ angolare Ď. Questo perchĂŠ è come se, per il calcolo di K', quindi nel sistema di riferimento che abbiamo appena disegnato, è come se l'asta, istante per istante, fosse animata da uno stato cinetico rotatorio attorno all'asse al Az' e quindi si muove con velocitĂ angolare Ď punto k. E quindi questo è il motivo per cui si scrive cosĂŹ. Poi c'è + la massa, la velocitĂ di A sarĂ x punto ÄŤ, prodotto vettoriale A - G e il vettore A - G è đ/2 cosĎ ÄŤ + đ/2 sinĎ j.
Il momento di inerzia di un'asta AB rispetto ad una retta ortogonale all'asta e passante per un suo estremo, vale la massa, la lunghezza dell'asta al quadrato, diviso 3. E il vettore velocitĂ angolare Ď Ă¨ Ď punto k. Poi dobbiamo fare questi prodotti vettoriali, ÄŤ vettor ÄŤ fa 0, ÄŤ vettor j fa invece k, e quindi abbiamo + đ/2 x punto sinĎ k.
Adesso dobbiamo fare la derivata temporale di questo vettore, k non dipende dal tempo, Ď punto dipende dal tempo, cosĂŹ come x punto e come Ď, quindi avremo mđ²/3 Ď due punti versore k + mđ/2 x due punti sinĎ k, poi lasciamo x punto non derivato e deriviamo il seno di Ď rispetto al tempo, quindi Ď punto coseno di Ď lungo il versore k. E quindi questo termine è quello che si va ad aggiungere, adesso lo sottolineiamo, ai termini che avevamo sottolineato in giallo, quindi ad âŚe di A, Ńąe di A invece era uguale a zero.
Manca vG vettor vA. m velocitĂ del baricentro G, vettor la velocitĂ del polo A, quindi m x punto versore ÄŤ, vettor la velocitĂ di G, quindi avremo massa per x punto + đ/2 Ď punto sinĎ versore ÄŤ, - đ/2 Ď punto cosĎ versore j, vettor x punto ÄŤ.
Siccome ÄŤ vettor ÄŤ fa 0, mentre j vettor ÄŤ fa - k, - per - fa +, e quindi avremo m đ/2 x punto Ď punto coseno di Ď, versore k e questo è un altro termine che dobbiamo aggiungere alla seconda equazione, quella dei momento. Adesso prendiamo la prima equazione e la proiettiamo lungo ÄŤ e lungo j. Non ci sono altri termini, perchĂŠ l'accelerazione dĂ solo contributo lungo ÄŤ e j, Fe + Ďe hanno solo componenti lungo ÄŤ e lungo j, di conseguenza proiettiamo la prima equazione lungo ÄŤ per prima cosa, quindi m per x due punti + đ/2 Ď due punti sinĎ + đ/2 Ď² punto cosĎ, questo sarĂ uguale, ci vogliono le componenti dei vettori delle forze lungo l'asse delle x, che sono solo k²đ cosĎ - 2k²x + 2k²đ.
Adesso invece passiamo alla proiezione di lungo j, quindi avremo massa per - đ/2 Ď due punto cosĎ - đ/2 Ď² punto sinĎ = k²đ sinĎ - mg + ĎAy. Adesso dobbiamo proiettare l'equazione dei momenti e questa la dovremo proiettare soltanto lungo il versore k, perchĂŠ è l'unica direzione non banale che c'è. Abbiamo la derivata del momento delle quantitĂ di moto, quindi mđ²/3 Ď due punti + mđ/2 x due punti sinĎ + mđ/2 x punto Ď punto cosĎ. Questa è la componente lungo l'asse z. Adesso dobbiamo mettere al secondo membro lâ mgđ/2 cosĎ - k²đx sinĎ e infine dobbiamo aggiungerci il termine aggiuntivo m vG vettor vA, quindi + mđ/2 x punto Ď punto cosĎ. In queste equazioni questo termine se ne va con questo, abbiamo ottenuto un sistema di tre equazioni nelle tre incognite che sono la Ď di t, la x di t e la ĎAy. La seconda equazione, che è quella che contiene la reazione vincolare scalare, ci fornisce la reazione vincolare scalare dinamica, mentre la prima e la terza, che non contengono le reazioni vincolari, sono le equazioni differenziali del moto, che devono coincidere con le equazioni che abbiamo ricavato prima e sono esattamente uguali a quelle che ci sono qui.
f) Come ultimo punto per risolvere questo esercizio, ci viene richiesto di determinare un integrale primo del moto, assumendo che all'istante t = 0, il punto B coincida con l'origine O del sistema di riferimento e inoltre l'asta AB sia in quiete all'istante iniziale, con il punto A che si trova alla destra del punto B.
B deve trovarsi in O, inoltre l'asta è in quiete e A si trova alla destra di B, quindi l'asta si trova qua sopra, per cui all'istante iniziale avremo che la Ď Ă¨ 0, che la x all'istante 0 vale đ, perchĂŠ B si trova qui e a sta qui sopra e siccome l'asta deve essere in quiete, anche la x punto e la Ď punto all'istante iniziale saranno zero. Quindi le condizioni iniziali che ci vengono fornite sono queste, che la x(0) deve essere uguale ad đ, la Ď(0) deve essere 0, mentre sia la x punto, sia la Ď punto all'istante iniziale devono essere uguali a 0, perchĂŠ il sistema si trova inquiete.
Queste sono le condizioni iniziali che servono perchĂŠ nella determinazione degli integrali primi le costanti del moto si determinano attraverso le condizioni iniziali. Quale sarĂ l'integrale primo del moto che possiamo esprimere in questo caso? Sicuramente il sistema meccanico è conservativo, per cui l'integrale primo che dobbiamo determinare è lâintegrale primo di conservazione dell'energia meccanica totale, cioè T + V = E. E come determineremo questa energia meccanica totale? Questa sarĂ data dalle condizioni iniziali, cioè dalla somma dell'energia cinetica T all'istante iniziale + l'energia potenziale all'istante iniziale. L'energia cinetica ce l'abbiamo. Anche il potenziale l'avevamo giĂ calcolato. Sappiamo che V è uguale a - U, di conseguenza l'energia potenziale sarĂ - mg đ/2 sinĎ + k²x² - k²đx cosĎ - 2k²đx + V*. Possiamo scrivere il teorema di energia meccanica totale, dicendo che l'energia cinetica T, quindi ½ m x² punto + ½ mđ x punto Ď punto sinĎ + mđ²/6 Ď² punto, quindi T + V, quindi -mg đ/2 sinĎ + k² x² - k² đx cosĎ - 2k² đx questo sarĂ uguale, adesso ci dobbiamo mettere l'energia meccanica totale, che sarĂ la somma di T all'istante iniziale + la V all'istante iniziale.
E allora vediamo quanto vale la T all'istante iniziale, vale ½ la massa per la x punto all'istante iniziale. La x punto all'istante iniziale vale 0, quindi questo termine non c'è. La x punto e la Ď punto allâistante iniziale sono zero e quindi anche questo non câè, cosĂŹ come la Ď punto, quindi questo termine non dĂ contributo. L'energia cinetica all'istante iniziale è zero, quindi Tâ è zero, perchĂŠ l'abbiamo calcolata. Adesso vediamo quanto vale la V all'istante iniziale. mgđ/2 per il seno di zero vale 0, + k², la x allâistante 0 vale đ, quindi viene k²đ².
Poi qui c'è - k²đ per đ per il coseno di 0, quindi di nuovo - k²đ². Infine, ci manca questo termine, + 2k²đ per đ, quindi +2kđ². l termini costanti non li ho messi, perchĂŠ se li avessi messi, avrei avuto un + V* di qua e un + V* di qua, che si elidono perchĂŠ sono esattamente due contributi uguali, posti da due parti diverse dell'uguaglianza dell'equazione. Quindi Vâ è altro che 2k²đ², di conseguenza l'energia meccanica totale vale proprio 2k²đ².
E questo, che è lâintegrale primo di conservazione dell'energia meccanica totale, sarebbe un'equazione differenziale del primo ordine, che in qualche modo può sostituire una delle equazioni differenziali del moto e ha il vantaggio di essere di ordine inferiore rispetto alle equazioni differenziali del moto. Questo è il contributo costante dell'energia meccanica totale durante il moto, cioè la T e la V variano nel tempo, ma la loro somma rimane, istante per istante sempre uguale, perchĂŠ il sistema meccanico è conservativo.
Esercizio 6.9
Abbiamo un piano verticale Oxy con Oy verticale ascendente e in questo piano è mobile un sistema materiale pesante, che è costituito da due aste rigide omogenee che sono OA e AB, OA che ha lunghezza 2đ e massa m e AB che ha sempre lunghezza 2đ e massa M. Lâasta OA ha lâestremo O che è fissato nell'origine del sistema di riferimento e l'altro estremo è invece incernierato all'asta AB e il suo estremo A. Su questo sistema, oltre alla forza peso, agisce anche una forza costante, che è applicata nel punto B e ha vettore F, diretto lungo il versore ÄŤ. ÄŤ è il versore dell'asse x e j è il versore dell'asse y. Il versore dell'asse z, che è ortogonale al piano dello schermo diretto verso di noi, è il versore k.
Supponiamo i vincoli lisci e quello che ci viene richiesto determinare le configurazioni di equilibrio del sistema e le equazioni differenziali del moto. Questo è un problema a due gradi di libertĂ . E come parametri lagrangiani possiamo scegliere l'angolo Îą, che il raggio vettore A - O forma con la direzione negativa dell'asse y e positivo in verso antiorario, e come secondo parametro lagrangiano, l'angolo β, che il raggio vettore B - A forma con la direzione negativa dell'asse y, anche questo positivo in verso antiorario. Entrambi questi angoli hanno un intervallo di variabilitĂ che possiamo prendere tra 0 e 2Ď, in quanto queste coordinate angolari sono periodiche, quindi l'asta OA può fare un giro completo allâasse Oz e l'asta AB può compiere anche un giro completo sovrapponendosi all'asta OA, attorno all'asse Az.
Prima di tutto cerchiamo di determinare le configurazioni di equilibrio, quindi ci occupiamo prima di tutto della statica. Quando si deve affrontare un problema di questo tipo, conviene scrivere le coordinate del sistema meccanico in esame in funzione dei parametri lagrangiani. Le coordinate dell'origine sono 0, 0, le coordinate del punto A saranno 2đ per il seno dell'angolo Îą e la y del punto A sarĂ - 2đ per il coseno di Îą. Sono aste omogenee per cui il baricentro si trova nel punto medio per entrambe le aste, quindi indichiamo con Gâ e Gâ, rispettivamente, il punto medio dell'asta OA e il punto medio dell'asta AB, quindi avremo che la x del baricentro Gâ sarĂ đ per il seno di Îą, la y di Gâ sarĂ - đ per il coseno dell'angolo Îą. Poi abbiamo la coordinata del baricentro Gâ, che scriveremo 2đ sinÎą + đ sinβ e -2đ cosÎą - đ cosβ.
E infine andiamo a scrivere le ultime coordinate, quelle del punto B, a cui è applicata la forza di vettore F ÄŤ, le coordinate di B saranno 2đ seno di Îą + 2đ seno di β e - 2đ coseno di Îą - 2đ coseno di β. A questo punto ci poniamo il problema di studiare l'equilibrio. Vogliamo studiare la statica di questo bipendolo e per studiare la statica e quindi l'equilibrio di un sistema meccanico abbiamo a disposizione le equazioni cardinali della statica, il metodo del potenziale e il principio dei lavori virtuali.
Partiamo dalla parte piĂš corposa, dalle equazioni cardinali nella statica. Questo è un sistema articolato. Il sistema articolato non è un corpo rigido, perchĂŠ prendiamo il punto Gâ e il punto Gâ, durante il moto la loro distanza non rimane costante, quindi varia. Di conseguenza questo non è un corpo rigido, ma essendo un sistema articolato, è formato da singole parti rigide. Possiamo scrivere le equazioni cardinali della statica per le singole parti rigide, quindi per l'asta OA separatamente e per l'asta AB separatamente. Quindi dobbiamo dividere il sistema nelle singole componenti rigide, però facendo attenzione che in A esiste una coppia di reazioni vincolari di tipo interno per l'intero sistema, che separeremo a metĂ e metteremo una reazione vincolare OA, che rappresenta lâazione dell'asta AB sull'asta OA. E quando consideriamo l'asta AB, per la quale scriveremo anche per questa le equazioni cardinali della statica, metteremo l'altra reazione uguale e opposta alla precedente, che rappresenta l'azione dell'asta OA sull'asta AB.
CosĂŹ facendo, scriveremo le equazioni cardinali della statica per l'asta OA, avendo cura di mettere una delle due reazioni vincolari interne che agiscono in A, proprio sullâasta OA. Poi scriviamo le equazioni cardinali della statica per l'asta AB e in A abbiamo messo la reazione uguale e opposta alla precedente e la annoveriamo anchâessa tra le forze di tipo esterno che agiscono sull'asta AB, quando si vanno a scrivere le equazioni cardinali della statica. Quindi dobbiamo scrivere le equazioni cardinali della statica, che sono Fe + Ďe = 0, âŚe + Ńąe, poi penseremo al polo, uguale al vettore nullo e ne scriveremo una coppia per l'asta OA e un altro sistema per l'asta AB separatamente.
Partiamo dall'asta OA e facciamo l'elenco di tutte le forze attive e reazioni vincolari che agiscono sull'asta OA e che per l'asta OA da sola sono tutte esterne. Abbiamo la forza peso che agisce nel baricentro Gâ, quindi - mg j, perchĂŠ lâasse Oy è verticale ascendente. Poi abbiamo la reazione vincolare, quella in O, che è esterna per lâasta OA, ma sarebbe esterna anche per tutto il sistema, perchĂŠ rappresenta la reazione vincolare che permette al punto O di rimanere incernierato nell'origine del sistema di riferimento. E siccome il vincolo è liscio e quella è una reazione di punto fisso, avremo ĎOx ÄŤ + ĎOy j, cioè questa reazione vincolare è totalmente incognita, perchĂŠ è un vincolo di punto fisso. Le componenti delle reazioni vincolari lungo l'asse z non ci vanno, cioè sono 0, perchĂŠ tutte le forze attive stanno nel piano e il moto deve avvenire nel piano.
Poi dobbiamo aggiungere la reazione vincolare nel punto A, questa reazione vincolare che indichiamo con punto d'applicazione A e vettore ĎA, che sarĂ dato da ĎAx ÄŤ + ĎAy j e questa è la reazione vincolare che rappresenta l'azione dell'asta AB sull'asta OA. Il vettore Fe sarĂ - mg j. Il vettore Ďe sarĂ ĎOx ÄŤ + ĎOy j + ĎAx ÄŤ + ĎAy j. E adesso dobbiamo scrivere l'equazione dei momenti. L'equazione dei momenti conviene scriverla con il polo in O, che giĂ contiene una reazione vincolare. Quindi scriverò âŚe con polo nel punto O, che poi è anche un punto fisso, ma per le equazioni cardinali della statica poco importa, avremo - mgj vettor vettor polo, che è O, - punto d'applicazione, che è Gâ. Adesso facciamo il calcolo, - mg j vettor, O - Gâ, quindi sarĂ -m đ sinÎą ÄŤ + đ cosÎą j. E adesso facciamo i calcoli.
Quindi siccome j vettore ÄŤ fa - k, abbiamo - per -, + per -, -, ci viene - mg đ sinÎą k e j vettor j fa 0, quindi âŚe con polo in O, perchĂŠ abbiamo scelto O come polo per l'equazione dei momenti, dĂ questo contributo. Adesso dobbiamo calcolarci il momento risultante delle reazioni vincolari esterne. Quando lavoriamo con l'asta OA, ĎO è esterna, perchĂŠ era comunque esterna anche per tutto il bipendolo, e A, ĎA, siccome stiamo considerando la sola asta OA senza AB, questa per l'asta OA rappresenta una reazione vincolare esterna. Quindi la reazione vincolare in O, avendo scelto come polo il punto d'applicazione stesso, non dĂ contributo, mentre la ĎA, invece darĂ il suo contributo e quindi lo andiamo a calcolare, ĎAx ÄŤ + ĎAy j vettor polo - punto dâapplicazione, allora ĎAx ÄŤ + ĎAy j vettor, il vettore O - A, sarĂ - 2đ sinÎą ÄŤ + 2đ cosÎą j. ÄŤ vettor ÄŤ fa 0, ÄŤ vettor j fa k, quindi 2đ ĎAx cosÎą k, poi j vettor ÄŤ che fa -k, - per -, +, quindi 2 j vettor i che fa meno k, meno per meno piĂš, quindi 2đ ĎAy sinÎą k e infine j vettor j che fa 0.
Lâequazione dei momenti è âŚe(O) + Ńąe(O), che vado a proiettare solo lungo k, invece Fe + Ďe = 0, sarĂ da proiettare lungo ÄŤ e lungo j, quindi ĎOx è la componente lungo ÄŤ + ĎAx = 0, -mg + ĎOy + ĎAy, perchĂŠ stiamo proiettando la prima equazione, Fe + Ďe = 0 lungo l'asse x, quindi moltiplichiamo scalarmente per il versore ÄŤ e poi per ottenere questa moltiplichiamo scalarmente per il versore j. Infine l'equazione âŚe(O) + Ńąe(O), moltiplicata scalarmente per il versore k, ci fornisce - mgđ seno di Îą k, otteniamo - mgđ seno di Îą + 2đ ĎAx cosÎą + 2đ ĎAy sinÎą e questo è uguale a zero. Questo sarebbe il sistema delle equazioni scalari, andando a proiettare lungo ÄŤ e lungo j questa equazione, lungo k questa per l'asta OA. Adesso questo stesso sistema lo scriviamo per l'asta AB. Lasciamo qui un po' di spazio e andiamo qui sotto, perchĂŠ dopo, assieme a queste equazioni, andremo a mettere anche le altre che vengono dall'asta AB.
Per l'asta AB abbiamo come forze attive che agiscono sull'asta AB la forza peso che è applicata nel baricentro Gâ, la massa M, quindi Gâ - Mg j. Poi c'è una forza costante che agisce in questo punto e quindi c'è la forza B, F ÄŤ con F costante. Poi c'è la reazione vincolare in A uguale e opposta a quella che abbiamo messo sull'asta OA. Questa reazione A - ĎA, rappresenta l'azione dell'asta OA sull'asta AB. In quanto coppia di forze è di tipo interno per l'intero sistema, quando il sistema meccanico viene separato nelle singole parti rigide, cioè asta OA e asta AB, queste due devono essere uguali e opposte. Fe + Ďe = 0 scritta per l'asta AB la possiamo giĂ proiettare lungo ÄŤ e lungo j, quindi abbiamo F - ĎAx = 0 e - Mg - ĎAy = 0. E poi dobbiamo scrivere l'equazione dei momenti. L'equazione dei momenti, per l'asta AB, c'è un'unica reazione vincolare applicata in A, quindi conviene scriverla con polo in A. Quindi âŚe con polo in A diventa - mg j vettor polo, meno punto dâapplicazione, -Mg j vettor A - Gâ, dobbiamo fare le coordinate di A, meno le coordinate di Gâ. Quindi xA - xGâ lungo ÄŤ, quindi 2đsinÎą, - 2đsinÎą, che si elidono, - đsinβ, quindi qui ci viene - đsinβ lungo ÄŤ e poi dobbiamo fare la coordinata y del punto A, -2đ cosÎą, - la coordinata y di Gâ, quindi + 2đcosÎą, e questi si elidono, + đcos β lungo j.
Di forze ce ne sono due. Adesso mettiamo quello che manca, ci manca + F ÄŤ vettor polo A - punto dâapplicazione B. Adesso andiamo a rimetterci questo qua. Andiamo a vedere quanto vale A - B, sarĂ -2đ sinβ ÄŤ + 2đ cosβ j. j vettor ÄŤ fa - k, quindi - mgđ seno di β versore k. E poi c'è j vettor j che fa 0, ÄŤ vettor ÄŤ che fa 0, ÄŤ vettor j che fa + k, quindi + 2 Fđ coseno di β versore k. Infine, Ńąe con polo in A, siccome c'è un'unica reazione vincolare applicata in A, questa dĂ il vettore nullo. E allora questa equazione, l'equazione âŚe con polo in A + Ńąe con polo in A uguale a 0, sarĂ la somma soltanto di questi due contributi uguagliati a 0 e proiettati lungo il versore k, mi forniranno - Mgđ seno di β + 2Fđ coseno di β uguale a 0. Abbiamo ottenuto un sistema di sei equazioni in sei incognite, Îą, β, ĎOx, ĎOy, ĎAx, ĎAy. Il nostro problema ha due gradi di libertĂ , quindi ci aspettiamo di trovare due equazioni dell'equilibrio. Quali sono le equazioni dell'equilibrio? Quelle che non contengono le reazioni vincolari scalari, l'unica è questa, quindi questa è giĂ un'equazione dell'equilibrio. Invece, per ottenere l'altra, dalla quarta equazione ricaviamo ĎAx, che vale F.
Dalla quinta equazione ricaviamo ĎAy che vale - M g. Quindi queste sono due informazioni che ci danno le espressioni delle reazioni vincolari scalari all'equilibrio e poi le andiamo a sostituire qui dentro e cosĂŹ dalla prima equazione ottengo che ĎOx vale - ĎAx, vale - F e dalla seconda equazione ho che ĎOy è uguale a - ĎAy + Mg, quindi diventa uguale ad m + M per g. Quindi anche qui abbiamo ottenuto l'informazione sulle reazioni vincolari scalari all'equilibrio.
Con ĎAx e ĎAy, valgono queste espressioni, andiamo a sostituire qui dentro e quindi otterremo le equazioni dell'equilibrio che saranno queste.
Nella terza equazione, cioè qui, andiamo a sostituire al posto di ĎAx la F e al posto di ĎAy, - mg e quindi otteniamo - mgđ seno di Îą + 2Fđ cosÎą - 2mgđ sin Îą = 0, perchĂŠ abbiamo sostituito queste qui dentro. Adesso abbiamo invece le equazioni dell'equilibrio, che sono questa prima equazione, in cui raccogliamo - m + 2M gl sinÎą + 2Fđ cosÎą = 0, che viene dall'equazione 3 e infine l'equazione 6, -Mgđ sinβ + 2Fđ cosβ = 0. Queste sono le due equazioni dell'equilibrio. Sono due equazioni disaccoppiate in Îą e in β. Dalla prima equazione, siccome i valori di Îą che annullano il coseno non sono soluzione di questa equazione, perchĂŠ si otterrebbe m + 2M g đ = 0, allora possiamo trasformare in tangente. Quindi divido per il coseno di Îą e quindi ottengo che la tangente di Îą è uguale, qui semplifichiamo perchĂŠ tanto si può, la tangente di Îą è uguale a 2F, diviso m + 2M g.
Per lo stesso motivo, dalla seconda equazione, trasformiamo in tangente di β e diventa 2F su Mg. Queste sono delle equazioni trigonometriche, dove c'è la tangente di un angolo, uguale ad una costante. Se ho tangente di x = k, con una costante k che è maggiore di 0, allora la soluzione è presto fatta. Se questo è il k positivo, le due soluzioni saranno quest'angolo e lo stesso angolo + Ď. Riassumendo, nel nostro caso abbiamo che da tangente di Îą uguale alla costante positiva 2F, diviso m + 2Mg g si ottiene Îąâ che sarĂ l'arco tangente di 2F, diviso m + piĂš 2M g e questo sarĂ un angolo che sta, per quello che abbiamo detto qui, starĂ tra 0 e Ď/2. Seconda, Îąâ sarĂ Îąâ + Ď e questa sarĂ tra Ď e 3/2 Ď. D'altra parte, poi, la stessa cosa per la tangente di β, uguale a 2F su Mg, questa fornisce βâ uguale all'arco tangente di 2F, diviso Mg e questa starĂ tra 0 e Ď/2 e βâ che è uguale a βâ + Ď e questo starĂ tra Ď e 3/2 Ď.
Quante sono e quali sono le configurazioni di equilibrio di questo sistema meccanico? Siccome queste due equazioni sono disaccoppiate, ciascuna di queste fornisce due soluzioni Îąâ, Îąâ, βâ e βâ, allora le configurazioni d'equilibrio sono quattro.
Câ che è Îąâ, βâ, Câ che è Îąâ, βâ e Câ che è Îąâ, βâ e Câ che è Îąâ, βâ. In O ci sarĂ la reazione vincolare che ha come componente lungo ÄŤ, -F e come componente lungo j, m + M g. Quindi in O c'è la reazione vincolare che vale - F ÄŤ + (m + M)g lungo j e in A la reazione vincolare, quella uguale e opposta, che sull'asta OA rappresenta l'azione dell'asta AB esercitata sull'asta OA e nell'altra viceversa, vale F ÄŤ - Mg j.
Rappresentiamo la prima configurazione, che sarĂ quella in cui Îąâ e βâ. Questa è la configurazione Câ.
La configurazione Câ è quella fatta cosĂŹ. C'è Îąâ e βâ.
La configurazione Câ è questa, in cui c'è Îąâ e βâ. E fine adesso abbiamo la configurazione Câ che facciamo cosĂŹ, quindi Îąâ, βâ. Quando c'è il βâ, questi due aste sono parallele, quando c'è βâ, queste sono parallele, cosĂŹ per tutti gli altri.
Le forze attive sono quelle date, in B c'è la forza costante che sempre agisce cosÏ in tutte queste configurazioni, poi ci sono le forze peso e le reazioni vincolari in O e in A. Con questo abbiamo risolto completamente il problema dell'equilibrio, riuscendo lo stesso ad applicare le equazioni cardinali della statica facendo questa suddivisione nelle singole parti rigide.
Questo sistema è un sistema meccanico conservativo, allora adesso cerchiamo di ritrovare le equazioni dell'equilibrio usando il metodo del potenziale. Questo è un sistema conservativo, perchÊ ci sono le forze peso che sono conservative, la forza costante, che è sempre un altro esempio di forza conservativa con le forze peso e in piÚ il sistema meccanico è olonomo, scleronomo e a vincoli perfetti, perchÊ questi vincoli sono lisci e quindi in particolare sono perfetti.
Per scrivere la funzione potenziale, il potenziale sarĂ la funzione di due variabili, Îą e β, e questa funzione potenziale sarĂ la somma del potenziale della forza peso dell'asta OA + il potenziale della forza peso dell'asta AB + il potenziale della forza costante applicata in B, + il termine U*. Il potenziale della forza peso dell'asta OA vale - mg per la quota y del baricentro Gâ. La y del baricentro Gâ lâabbiamo scritta, - đ cosÎą, di conseguenza, - per - fa + e quindi ci viene mgđ cosÎą, sempre piĂš un termine costante. I termini costanti li ingobbiamo tutti dentro a U*. Poi il potenziale della forza peso dell'asta AB sarĂ , - M g per la quota y del baricentro Gâ e siccome il baricentro Gâ ha queste coordinate, - 2đ cosÎą, - đ cosβ è la y di Gâ, allora andiamo a scrivere MgđcosÎą + Mgđ cosβ.
Poi potenziale della forza costante, è costante solo diretta lungo l'asse delle x, quindi si prende F e lo si moltiplica per la x del punto B. La F per la x del punto B, otteniamo F 2đ sinÎą + F 2đ sinβ. Adesso possiamo scrivere la funzione potenziale, funzione di Îą e di β, mettiamo insieme questo, questo e questi termini e quindi (m + 2M) g đ cosÎą + Mgđ cosβ + 2Fđ(sinÎą + sinβ) + U*. Questa è la funzione potenziale del bipendolo.
Le configurazioni di equilibrio interne di un sistema meccanico conservativo, e qui è quello che abbiamo e che vogliamo, sono tutte e sole date dai punti di stazionarietà della funzione potenziale.
Quindi devo calcolare âU in âÎą ed eguagliarlo a 0, âU in âβ, uguagliarlo a zero e queste ci daranno le due equazioni dell'equilibrio. Derivata parziale di U fatta rispetto ad Îą, vale - m + piĂš 2Mgđ sinÎą, quindi deriviamo il coseno di Îą che dĂ - sinÎą, deriviamo il seno di Îą, che è il coseno di Îą, quindi 2Fđ cosÎą e questa dovrĂ essere uguagliata a 0. La derivata parziale di U fatta rispetto a β, la derivata del coseno è - seno, quindi - Mgđ sinβ, la derivata del seno è il coseno, quindi + 2Fđ coseno di β, e anche questa è uguale a zero. CosĂŹ abbiamo ritrovato le due equazioni dell'equilibrio che avevamo trovato qui e quindi si risolve tutto allo stesso modo.
Quello che si può aggiungere con il metodo del potenziale è di cercare la stabilitĂ delle quattro configurazioni Câ, Câ, Câ e Câ che abbiamo determinato prima e che se tornassimo a risolvere questo sistema, torneremo a determinare. Come si fa a studiare la stabilitĂ ? Bisogna trovare, vedere se Câ, Câ, Câ e Câ sono dei punti di massimo o di minimo per la funzione potenziale. E siccome questa è una funzione a due variabili, allora bisogna calcolare la matrice hessiana e poi calcolare il determinante nelle configurazioni di equilibrio.
A seconda poi del segno degli elementi sulla diagonale principale della matrice hessiana, vedremo se si tratta di punti di equilibrio stabile, instabile o se sono delle selle, cioè nĂŠ stabili e nĂŠ instabili. Cominciamo con le derivate, derivata seconda di U fatta rispetto ad Îą due volte, dobbiamo derivare questa di nuovo rispetto ad Îą. La derivata del seno è il coseno, quindi -(m + 2M)gđ cosÎą, la derivata del coseno è - seno, quindi - 2Fđ seno di Îą. E qui ho sistemato la derivata seconda di U, fatta rispetto ad Îą due volte.
Adesso deriviamo rispetto a β due volte, e quindi la derivata del seno è coseno, - Mgđ coseno di β e - 2Fđ seno di β. Poi ci vogliono le derivate miste, la derivata seconda di U fatta prima rispetto ad Îą e poi rispetto a β, visto che per la regola di Schwarz, questa è la stessa cosa che vale 0, perchĂŠ queste due derivate, questa è solo con Îą e questa è solo con β. Quindi la matrice hessiana, quella che ha sulla diagonale principale questo elemento e questo, e sulle diagonale secondarie, questi due elementi che sono zero, è giĂ una matrice diagonale. Quindi il determinante della matrice hessiana, che sarebbe la matrice che ha sulla diagonale principale, questi due elementi, fuori dalla diagonale questo si calcola questo determinante, moltiplicando la derivata seconda di U, fatta rispetto ad Îą due volte per la derivata seconda di U fatta rispetto a β due volte e siccome - per - dĂ +, questo d+ m piccolo + 2Mgđ cosÎą + 2Fđ sinÎą, che moltiplica Mgđ cosβ + 2Fđ sinβ e questo è il determinante della matrice hessiana.
Adesso ci concentriamo sulla configurazione Câ, quindi devo calcolare il determinante della matrice hessiana in Îąâ, βâ. Îąâ sta tra 0 e Ď/2, βâ tra 0 e Ď/2, e Îąâ è l'arco la cui tangente è questo valore, βâ l'arco la cui tangente è 2F su Mg. Ma siccome a noi non serve tanto il valore preciso quanto il segno, ci basta vedere che Îąâ ha seno e coseno positivi, βâ ha seno e coseno positivi, quindi questo è positivo, questo è positivo, il prodotto di due numeri positivi è positivo. Allora se il determinante è maggiore di 0 possiamo andare a vedere se abbiamo a che fare con un minimo o con un massimo. Guardiamo la derivata seconda della funzione potenziale calcolata nella configurazione Câ, quindi guardiamo questo termine, oppure sarebbe uguale anche guardare questo, non cambia niente, tanto sono concordi. Îąâ ha il coseno positivo e il seno positivo, entrambe con un meno davanti, quindi questa derivata seconda calcolata in Câ è negativa e allora Câ è un massimo per la funzione potenziale e di conseguenza Câ è una configurazione di equilibrio stabile.
Adesso guardiamo Câ, che è data da Îąâ, che va tra 0 e Ď/2 e βâ, che sta invece tra Ď e 3/2 Ď. Devo calcolare il determinante della matrice hessiana in Îąâ, βâ. Îąâ ha seno e coseno positivi, βâ ha seno e coseno negativi, + per -, -. Se il determinante della matrice hessiana è negativo, sappiamo che questo Câ è un punto di sella, quindi non sarĂ nĂŠ una configurazione di equilibrio stabile, nĂŠ instabile, cioè avrĂ delle direzioni in cui è stabile, delle direzioni in cui è instabile, ma globalmente è un punto di sella.
Analogamente Câ che è la configurazione data da Îąâ che sta tra Ď e 3/2 Ď e βâ, che sta tra 0 e Ď/2, questa configurazione ha sempre il determinante della matrice hessiana negativo, perchĂŠ Îąâ ha seno e coseno negativi, quindi questo è negativo, e βâ seno e coseno positivi, - per +, questo fa -, e quindi anche Câ è un punto di sella, cioè nĂŠ stabile nĂŠ instabile, è comunque una configurazione.
Infine abbiamo Câ, che è la configurazione con Îąâ e βâ , in cui sia Îąâ, sia βâ sono degli angoli che stanno tra Ď e 3/2 Ď, che significa che hanno seno e coseno sono negativi. Quindi - questo per - questo, fa +, determinante maggiore di zero. Guardando il segno di una delle due derivate seconde, calcolata nella configurazione, per esempio derivata seconda di U fatta rispetto ad Îą due volte, calcolata in Câ, siccome Îąâ ha seno e coseno negativi, con un - davanti, diventano positivi. Quindi questo è maggiore di zero e questo ci dice che allora Câ è una configurazione di equilibrio instabile.
E in questo modo abbiamo ricavato le configurazioni di equilibrio e abbiamo ricavato anche la stabilitĂ . Si potrebbe risolvere il problema anche con il principio dei lavori virtuali, ma non lo faremo.
Il moto del bipendolo lo studieremo con le equazioni cardinali della dinamica, con la stessa tecnica che abbiamo visto per le equazioni cardinali della statica e poi ricaveremo di nuovo le equazioni del moto anche con le equazioni di Lagrange.
Partiamo dalle equazioni cardinali della dinamica. CosĂŹ come avevamo fatto per le equazioni cardinali della statica, le equazioni cardinali della dinamica sono una condizione necessaria per il moto di un qualunque sistema meccanico, diventano sufficienti se abbiamo un corpo rigido soggetto a vincoli perfetti. Quindi cosĂŹ come abbiamo fatto per lo studio dell'equilibrio, anche in questo caso dobbiamo separare il sistema nelle singole parti rigide, quindi prendere lâasta OA, separarla dall'asta AB a patto di separare la coppia di reazioni vincolari interne che agisce in A e che rappresentano una l'azione dell'asta AB sull'asta OA e l'altra l'azione dell'asta OA sull'asta AB.
Le due forze, le due reazioni vincolari sono uguali e contrarie e quando separiamo il sistema nelle singole parti rigide, cioè nel momento in cui io considero la reazione vincolare in A e di vettore ĎAx ÄŤ + ĎAy j, questa rappresenta l'azione dell'asta AB sull'asta OA, e viceversa, quando lavoriamo sull'asta AB. Consideriamo l'asta OA, abbiamo giĂ visto che le forze attive che agiscono sull'asta OA sono date soltanto dalle forze peso, quindi c'è la forza peso applicata nel punto Gâ di vettore - mg j, poi c'è la reazione vincolare nel punto O, che è una reazione vincolare esterna per il bipendolo e quindi in particolare anche per l'asta OA, poi c'è la reazione vincolare in A che per tutto il sistema, quando lo consideriamo globalmente, sarebbe una reazione vincolare di tipo interno, ma nel momento in cui abbiamo separato il sistema articolato nelle due parti, nelle singole parti rigide, questa la possiamo come se fosse una reazione vincolare esterna per lâasta OA, perchĂŠ rappresenta l'azione dell'asta AB sull'Asta OA.
Queste sono le equazioni cardinali, quindi massa per l'accelerazione del baricentro Gâ, uguale ad Fe + Ďe, poi abbiamo la derivata del momento delle quantitĂ di moto, derivata temporale, uguale alla somma del momento delle forze attive esterne e del momento delle reazioni vincolari esterne. Conviene come polo il punto O, che è l'estremo O dellâasta, che è fissato nell'origine del sistema di riferimento. CosĂŹ facendo, si semplifica sia il calcolo di K di O, sia il fatto che nella seconda equazione, quella dei momenti, il termine aggiuntivo, massa del sistema per la velocitĂ del baricentro, vettor la velocitĂ del polo, non compare. CosĂŹ come avevamo fatto per le equazioni cardinali della statica, Questo secondi membri c'erano giĂ quando abbiamo scritto le equazioni cardinali della statica. Sono esattamente i termini che avevamo in queste equazioni, questi primi tre.
Di conseguenza, non li stiamo a ricalcolare, quindi abbiamo riportato qui sotto il momento âŚe con polo in O, che rappresenta il contributo della forza peso, e il momento delle reazioni vincolari, la prima ĎO non dĂ contributo, perchĂŠ il punto di applicazione coincide con il polo, la seconda reazione vincolare invece è quella che dĂ questo contributo. Adesso si tratta di calcolare questi due vettori che stanno al primo membro. Partiamo dall'accelerazione del baricentro Gâ, ce l'abbiamo facendo, la derivata seconda del x del punto Gâ e della y del punto Gâ. Quindi la derivata temporale di đ seno di Îą, mi fornisce đ Îą punto, coseno di Îą e la derivata temporale di -đ coseno di Îą, mi fornisce đ Îą punto, seno di Îą.
Deriviamo ulteriormente, quindi facciamo la derivata seconda di x di Gâ e la derivata seconda di y di Gâ, qui abbiamo un prodotto di Îą punto che dipende dal tempo e del coseno di Îą, che dipende dal tempo, quindi una derivata del prodotto ci porterĂ ad avere đ Îą due punti coseno di Îą, perchĂŠ abbiamo derivato questo e lasciato invece il coseno di Îą non derivato e poi dobbiamo lasciare invece Îą punto non derivato e derivare il coseno di Îą e quindi queste sono le espressioni xGâ due punti = đ Îą due punti cosÎą - đ ι² punto sinÎą.
La y due punti di Gâ sarĂ đ Îą due punti sinÎą + đ ι² punto cosÎą. La prima equazione che poi andremo a proiettare lungo ÄŤâ e lungo jâ, cioè moltiplichiamo scalarmente questa equazione, membro a membro, prima per ÄŤâ e poi per jâ, ci fornirĂ le due equazioni scalari che provengono dalla prima equazione cardinale. Adesso ci dobbiamo occupare della seconda equazione e in particolare di K di O. K di O, se andiamo a rivedere comâè fatto il nostro sistema, l'asta OA è vincolata al punto fisso qui in O. La possiamo vedere come un'asta, quindi come un corpo rigido, con un asse fisso, l'asse fisso sarebbe l'asse Oz e l'angolo di rotazione dell'asta attorno all'asse fisso Oz è Îą. Quindi la velocitĂ angolare di questo corpo rigido con asse fisso è Îą punto k. Di conseguenza possiamo considerare il calcolo del momento delle quantitĂ di moto, proprio il momento delle quantitĂ di moto di un corpo rigido con asse fisso, e quindi sarĂ il momento dâinerzia dell'asta OA rispetto all'asse Oz, per il vettore velocitĂ angolare Îą punto k.
Il momento dâinerzia di un'asta di massa m e lunghezza 2đ rispetto ad una retta perpendicolare all'asta e passante per un suo estremo, è il prodotto della massa per la lunghezza dell'asta al quadrato, divisa per 3. E poi c'è Îą punto k e quindi quello che otteniamo è 4/3 mđ² ι² punto.
La derivata temporale del momento delle quantitĂ di moto con polo in O sarĂ 4/3 mđ² Îą due punti k. Ecco allora che siamo pronti per proiettare la prima equazione lungo ÄŤâ e quindi ci viene mđ Îą due punti cosÎą - đ ι² punto sinÎą, qui ci dobbiamo mettere il vettore Fe proiettato lungo ÄŤ, ma Fe ha solo componente lungo j. Poi c'è Ďe, che sarĂ ĎOx ÄŤ + ĎOy j + ĎAx ÄŤ + ĎAy j. Quando lo proietto lungo ÄŤ, mi darĂ il contributo di ĎOx e di ĎAx. Quindi qui metto ĎOx + ĎAx e qui abbiamo ottenuto la prima equazione. Adesso, massa per đ Îą due punti sinÎą + đ ι² punto cosÎą, poi ci devo mettere il contributo della forza peso, - mg e poi ci sarĂ il contributo della reazione vincolare in O lungo l'asse delle y e della reazione vincolare in A lungo l'asse delle y. Poi infine questa equazione e questa dobbiamo proiettarla lungo l'unica direzione non banale, che è quella lungo k.
I vettori sono questi, sono - mgđ seno di Îą k, questo Ńąe di O che è sempre lungo k e quest'altro vettore, che è diretto lungo k. Quindi 4/3 mđ² Îą due punti = -mgđ sinÎą + 2đ ĎAx cosÎą + 2đ ĎAy sinÎą. In questo modo abbiamo scritto le prime tre equazioni scalari le prime due dalla prima equazione cardinale della dinamica e l'altra dalla seconda equazione cardinale della dinamica.
Adesso dobbiamo fare la stessa operazione, quindi scrittura delle equazioni cardinali della dinamica, però per l'asta AB. Come avevamo visto nel caso dell'equilibrio, sull'asta AB agisce la forza peso, la forza costante applicata in B e la reazione vincolare, uguale e opposta a quella che abbiamo applicato sull'asta OA. Anche questa è applicata nel punto A, che è la cerniera che collega l'asta OA con l'asta AB.
Le equazioni cardinali questa volta sono massa M per l'accelerazione di Gâ, uguale ad Fe + Ďe e la seconda equazione è quella dei momenti. Questa volta conviene scriverla, utilizzando come polo il baricentro. Questo perchĂŠ a differenza del caso precedente, in cui abbiamo scritto le equazioni cardinali della dinamica per l'asta OA, che ruota attorno all'asse fisso Oz, l'asta AB invece si muove nel piano, ma non riconosciamo un moto rigido piano, non c'è un moto preferenziale che ci permetta di rendere piĂš semplice il calcolo della seconda equazione. Allora conviene utilizzare come polo il baricentro e cosĂŹ si semplifica il calcolo di K di G e inoltre manca il termine aggiuntivo nell'equazione dei momenti.
Fe sarĂ - mg j + F ÄŤ. Ďe invece è esattamente - ĎA. Adesso dobbiamo scrivere l'accelerazione del baricentro Gâ, dove abbiamo l'espressione della derivata prima della x di Gâ e della derivata prima della y di Gâ. Quindi, adesso facciamo la x due punti di Gâ che diventa, allora siccome Îą punto dipende dal tempo e il coseno di Îą dipende dal tempo, è una derivata di un prodotto, quindi avrò 2đ Îą due punti e lascio il coseno non derivato e poi lascio invece Îą punto non derivato rispetto al tempo il coseno di Îą, quindi ci viene - sinÎą e poi ci viene un altro termine, Îą punto, che va a moltiplicare lâÎą punto precedente. Poi adesso dobbiamo fare + đ, β punto che dipende dal tempo, il coseno di β che dipende dal tempo, quindi avremo đ, β due punti e il coseno di β lo lasciamo non derivato e poi c'è β punto, che rimane non derivato e deriviamo il coseno di β, - seno di β e poi ci viene un altro β punto. Stessa cosa la facciamo per la y, calcoliamo la y due punti di Gâ, 2đ Îą due punti seno di Îą + 2đ ι² punto quadro coseno di Îą + đ β due punti seno di β + đβ² punto cosβ.
L'accelerazione del baricentro Gâ è xGâ due punti lungo il versore ÄŤ + yGâ due punti lungo il versore j. Adesso dobbiamo scrivere sia K di Gâ, sia questi due vettori, perchĂŠ non li avevamo calcolati nelle equazioni cardinali della statica. K con polo in Gâ è uguale, quindi il momento assoluto con polo nel baricentro, coincide con il momento relativo con polo nel baricentro. E perchĂŠ andiamo a calcolare il momento assoluto, utilizzando il momento relativo? Il K' di Gâ è il momento delle quantitĂ di moto dell'asta AB, rispetto ad un sistema di riferimento con origine in Gâ, quindi baricentrico, e traslante, quindi assi xâ, y' e z', che istante per istante rimangono paralleli agli assi x, y e z, rispettivamente. E quindi, in questo sistema di riferimento che è rappresentato in verde, l'asta AB in questo sistema di riferimento baricentrico e traslante, è come se stesse ruotando attorno all'asse fisso Gâz' con velocitĂ angolare β punto k.
E allora il momento delle quantitĂ di moto di un corpo rigido con asse Gâz' fisso e velocitĂ angolare β punto k si calcola facendo il momento dâinerzia dell'asta AB rispetto a quell'asse di rotazione, per il vettore velocitĂ angolare β punto k. Quindi questo momento dâinerzia vale la massa M per la lunghezza dell'asta al quadrato, diviso 12, perchĂŠ l'asse Gâz' è normale all'asta e passante per il baricentro e poi c'è per β punto k e quindi questo è Mđ²/3 β punto k. Adesso qui ci scriviamo da parte la derivata temporale, che poi ci servirĂ dopo, quindi Mđ²/3 β due punti k. E questo è l'altro termine, che va al primo membro della seconda equazione cardinale della dinamica.
Adesso calcoliamo il secondo membro di questa equazione, âŚe con un polo in Gâ, la forza peso ha il punto d'applicazione in Gâ, quindi non dĂ contributo al calcolo dei momenti. La forza applicata in B invece dĂ contributo e quindi sarĂ una F ÄŤ, vettor polo Gâ, - punto d'applicazione B.
Le coordinate di B, cioè la xB e la yB, saranno come queste, ma con un 2 qui davanti, perchĂŠ è 2đ seno di Îą + 2đ seno di β e la y di Gâ è - 2đ coseno di Îą - 2đ coseno di β, quindi facendo Gâ - B, avrò x di Gâ, - la x di B lungo ÄŤ e la y di Gâ - la y di B e quindi quello che otteniamo è F ÄŤ, vettor -đ sinβ lungo ÄŤ, + đ coseno di β lungo j, e siccome ÄŤ vettor ÄŤ fa 0, mentre ÄŤ vettor j fa k, allora avremo Fđ cosβ k.
Adesso calcoliamo la Ďe con polo in Gâ, quindi avremo - ĎAx ÄŤ - ĎAy j, perchĂŠ Ďe di Gâ è il momento delle reazioni vincolari esterni con polo in Gâ, quindi vettor polo Gâ, meno punto d'applicazione A e Gâ - A è uguale e opposto a Gâ - B, perchĂŠ il vettore Gâ - A è uguale e opposto al vettore Gâ - B ed ecco che allora qui avremo - ĎAx ÄŤ - ĎAy j, vettor đ sinβ ÄŤ - đ cosβ j, cioè l'opposto di quello che avevamo qui; questi sono due vettori uguali e opposti. ÄŤ vettor ÄŤ fa 0, ÄŤ vettor j fa k e quindi questo diventa ĎAx đ cosβ versore k e poi abbiamo j vettor ÄŤ, che fa - k, quindi + ĎAy đ seno di β versore k, dopodichĂŠ questo j vettor j fa 0 e quindi questo ci permette di dire che abbiamo tutto quello che ci serve, perchĂŠ la âŚe di Gâ + la Ďe di G è la somma di questo termine e questo termine in giallo. E invece, al primo membro la derivata di K di Gâ è questo vettore.
Poi, adesso dobbiamo fare la massa M, moltiplicarla per questo x due punti di Gâ, quando andiamo a moltiplicare scalarmente la prima equazione cardinale della dinamica per il versore ÄŤâ, è uguale alla componente di Fe lungo ÄŤ, ed è F e poi ci va la componente di Ďe lungo ÄŤ che è - ĎAx, quindi questo diventa F - ĎAx. La seconda equazione, quando proiettiamo lungo j, avremo - Mg - ĎAy, perchĂŠ c'è il contributo di questo termine e di questo termine. Infine, abbiamo la derivata del momento delle quantitĂ di moto, quindi Mđ²/3 β due punti, proiettata questa lungo k, perchĂŠ qua stiamo proiettando lungo l'unica direzione non banale e va uguagliato alle componenti gialle. Quindi Mđ²/3 β due punti e questo sarĂ uguale a - Fđ cosβ e poi c'è + ĎAx đ coseno di β + ĎAy đ sinβ. In questo modo abbiamo ottenuto un sistema di sei equazioni in 6 incognite. Le 6 equazioni vengono dall'avere proiettato le equazioni cardinali della dinamica per l'asta OA e le 3 equazioni cardinali della dinamica per l'asta AB e lungo le direzioni scalari ÄŤ, j e k.
Le sei incognite invece sono Îą(t), β(t), ĎOx, ĎOy, ĎAx e ĎAy, le reazioni vincolari scalari durante il moto, che dipenderanno da Îą(t), β(t), Îą punto, β punto, Îą due punti e β due punti. Ecco allora. Quali sono le equazioni differenziali del moto? Al momento qui non ci sono in esplicito, perchĂŠ nessuna di queste sei equazioni è libera dalle reazioni vincolari scalari, però se noi prendiamo la quarta equazione e da questa ricaviamo ĎAx, poi prendiamo la quinta equazione e da questa ricaviamo la ĎAy.
DopodichĂŠ andiamo a sostituire nella terza equazione, che vedete ha la ĎAy e la ĎAx e nella sesta equazione che ha ĎAx e ĎAy, cosĂŹ facendo, otteniamo le equazioni differenziali del moto per il bipendolo.
Dobbiamo fare noi i calcoli. Dalla prima equazione, visto che ĎAx ce lâabbiamo, possiamo ottenere ĎOx. Dalla seconda equazione, visto che ĎAy ce lâabbiamo, perchĂŠ lâabbiamo ottenuta dalla quinta equazione, possiamo ricavare ĎOy. E in questo modo avremo tutto ciò che serve per lo studio del moto.
Abbiamo giĂ studiato il moto con le equazioni cardinali della dinamica, separando il sistema nelle singole parti rigide e avendo cura di separare le reazioni vincolari di tipo interno che sono applicate in A, mettendone una sull'asta OA, l'altra sull'asta AB. Adesso studiamo il moto di questo sistema, complessivamente del bipendolo, utilizzando le equazioni di Lagrange.
Siccome questo è un problema a 2 gradi di libertà , le equazioni di Lagrange saranno due. La derivata temporale della derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto ad ι punto, - la derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto ad ι, uguale alla derivata parziale di U fatta rispetto ad ι.
Poi derivata totale rispetto al tempo, della derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto a β punto, - la derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto a β, uguale alla derivata parziale di U fatta rispetto a β. Queste sono le due equazioni di Lagrange e ci daranno il moto del bipendolo. Le equazioni di Lagrange si possono scrivere per i sistemi meccanici olonomi a vincoli perfetti e bilaterali e in particolare in questa forma si scrivono per i sistemi meccanici conservativi, dove qui al secondo membro ci sono le derivate parziali di U fatte rispetto ad ι e rispetto a β.
E siccome queste derivate parziali di U le avevamo già calcolate, adesso le andiamo a prendere. Quindi il secondo membro delle equazioni di Lagrange l'abbiamo già calcolato, perchÊ sono le derivate parziali prime della funzione potenziale che abbiamo usato per studiare il problema dell'equilibrio con il metodo del potenziale. Adesso quindi l'unica cosa che ci rimane da fare è calcolare l'energia cinetica, che poi deriveremo parzialmente rispetto ai parametri lagrangiani e alle velocità generalizzate e poi dovremo fare questa derivata totale della derivata parziale di T, fatta rispetto alle q punto.
L'energia cinetica del bipendolo è la somma dell'energia cinetica dell'asta OA + l'energia cinetica dell'asta AB. Calcoliamo separatamente queste due energie cinetiche. Energia cinetica dell'asta OA, siccome l'asta OA, istante per istante, passa attraverso stati cinetici rotatori attorno all'asse Oz. Quindi il moto lo possiamo vedere come rotatorio attorno all'asse Oz e la velocitĂ angolare è data da Îą punto k, Îą è l'angolo di rotazione. Quindi per il calcolo dell'energia cinetica di questâasta, abbiamo un corpo rigido che ruota attorno a un asse fisso, quindi l'energia cinetica è ½, il momento di inerzia dell'asta OA rispetto all'asse di rotazione Oz e poi ci va la velocitĂ angolare al quadrato, che è ι² punto. Quindi abbiamo ½ e poi abbiamo il momento dâinerzia dell'asta OA rispetto all'asse di rotazione, quindi massa per lunghezza dell'asta al quadrato, diviso 3, perchĂŠ l'asse Oz è perpendicolare allâasta e passante per un suo estremo, ι² punto, quindi quello che si ottiene è â mđ² ι² punto e questa è l'energia cinetica dell'asta OA.
Adesso veniamo allâenergia cinetica dell'asta AB e usiamo il teorema di KĂśnig, quindi 1/2 massa dell'asta AB per la velocitĂ del suo baricentro, che è Gâ² + TGâ, cioè l'energia cinetica dell'asta AB rispetto al baricentro Gâ, cioè rispetto ad un sistema di riferimento con origine in Gâ e traslante, quindi Gâxâyâzâ, i cui assi si mantengono, istante per istante, paralleli agli assi omologhi del sistema di riferimento fisso. Quindi Gâxâ parallelo ad Ox, Gâyâ parallelo ad Oy e cosĂŹ via. Che cosa fa l'asta AB in questo sistema di riferimento con Gâxâyâzâ? E' come se ruotasse attorno all'asse fisso Gâzâ con velocitĂ angolare β punto k. Quindi nel calcolo della TGâ, cioè dell'energia cinetica rispetto al baricentro, dovremo tenere conto di questo fatto. Mentre per il calcolo di questo primo addendo del teorema di KĂśnig dobbiamo semplicemente calcolare la velocitĂ di Gâ al quadrato. E siccome la x punto di Gâ l'avevamo giĂ calcolata qui, si tratta di fare la somma dei quadrati di queste componenti.
Per avere la velocitĂ di G al quadrato, facciamo la x punto di Gâ al quadrato + la y punto di Gâ al quadrato. Abbiamo 2đ Îą punto cosÎą + đ β punto cosβ, questo al quadrato, + 2đ Îą punto sinÎą + đ β punto sinβ e anche questo va al quadrato. Quando faccio il quadrato di questo termine, mi viene 4đ² ι² punto cos²ι. Quando faccio il quadrato di questo termine, mi viene 4đ² ι² punto sin²ι e siccome il coefficiente di cos² e sin² è lo stesso, lo posso raccogliere a fattore comune e per il fatto che sin² + cos² fa sempre 1, rimane 4đ² ι² punto. E cosĂŹ abbiamo sistemato questi primi due quadrati. Adesso faccio il quadrato di questo termine, đ² β² punto cos²β, che sommato ad đ² β² punto sinβ, mi fornisce + đ²β² punto. Adesso ci sono i doppi prodotti, + 4đ² Îą punto β punto cosÎą cosβ e questo è il primo dei doppio prodotti, c'è l'altro doppio prodotto, + 4đ² Îą punto β punto sinÎą sinβ. Lo possiamo scrivere come 4đ² ι² punto + đ² β² punto, se adesso guardiamo questi due termini e raccogliamo il coefficiente, che tanto è comune, quindi + 4đ² Îą punto β punto, rimane cosÎą cosβ + sinÎą sinβ e questo è il coseno della differenza tra l'angolo Îą e l'angolo β.
La velocitĂ di Gâ al quadrato è questo termine, quindi possiamo andare a scrivere qui ½ M 4đ² ι² punto + đ² β² punto + 4đ² Îą punto β punto cos(Îą - β) e cosĂŹ abbiamo sistemato l'energia cinetica del baricentro dell'asta AB, pensando concentrata in esso tutta la massa del sistema. Dobbiamo sistemare la TGâ, che è l'energia cinetica dell'asta AB, come se l'asta AB stesse ruotando attorno all'asse fisso Gâzâ con velocitĂ angolare Ď dell'asta AB, cioè β punto k.
L'energia cinetica dell'asta AB è, facciamo questi prodotti, 2M đ² ι² punto + ½ Mđ² β² punto + 2M² Îą punto β punto cos(Îą - β) e infine + ½, il momento dâinerzia dell'asta AB rispetto ad una retta baricentrica e ortogonale all'asta vale M, la massa dell'asta, per la lunghezza dell'asta al quadrato diviso 12, perchĂŠ l'asse è baricentrico e ortogonale e l'Ď Ă¨ β² punto e quindi da qua otteniamo che siccome questo è ½ Mđ² β² punto, questo termine diventa â Mđ² β² punto, il termine finale diventa 2Mđ² ι² punto + â Mđ² β² punto + 2Mđ² Îą punto β punto cos(Îą - β). Questo è il secondo addendo che avevamo qui, l'energia cinetica dell'asta AB che è questa.
Adesso queste due energie cinetiche le dobbiamo sommare, quindi il termine verde con i termini gialli che abbiamo indicato qui e quindi ho che l'energia cinetica T vale 2/3 mđ² ι² punto + 2Mđ² ι² punto + â Mđ² β² punto + 2Mđ² Îą punto β punto cos(Îą - β). Il contributo dato dal moto dell'asta AB è prevalente in quanto complessitĂ del calcolo rispetto a quello dell'energia cinetica dell'asta OA.
Visto che abbiamo l'energia cinetica e questi secondi i membri ce li abbiamo giĂ , dobbiamo occuparci del primo membro delle equazioni di Lagrange per poterle scrivere. Derivata temporale della derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto ad Îą punto. Îą punto compare nel primo termine dell'energia cinetica, nel secondo termine, nel terzo no e infine nel quarto termine. Quindi la derivata parziale di T fatta rispetto ad Îą punto mi dĂ 4/3 mđ² Îą punto + 4Mđ² Îą punto + 2Mđ² β punto cos(Îą - β). La derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto ad Îą siamo qui, qui Îą non c'è, perchĂŠ Îą punto non è Îą, quindi qui non c'è, qui non c'è, ecco che Îą punto c'è solo nel quarto addendo dell'energia cinetica. E quindi dobbiamo metterci la derivata parziale dell'energia cinetica, fatta rispetto ad Îą. Quindi siccome la derivata del coseno è - seno, qui ci viene - 2Mđ² Îą punto β punto sin(Îą - β), poi bisogna derivare anche l'argomento rispetto ad Îą, ma ci viene 1 e quindi non fa cambiare quello che abbiamo scritto e poi uguale a questo termine, che è la derivata parziale di U fatta rispetto ad Îą.
Adesso veniamo invece alla seconda equazione, dobbiamo fare la derivata totale della derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto a β punto. Qui β punto non c'è, qui non c'è, compare nel terzo termine, nel terzo addendo dell'energia cinetica e nel quarto addendo. Avremo 4/3 Mđ² β punto + 2Mđ² Îą punto cos(Îą - β) - la derivata parziale dell'energia cinetica fatta rispetto a β. E β non c'è nel primo, non c'è nel secondo, non c'è nel terzo addendo, ma compare solo nel quarto. La derivata del coseno è - seno, quindi ci viene - 2Mđ² Îą punto β punto sin(Îą - β), ma quando andiamo a derivare l'argomento rispetto a β, ci viene un - 1, che moltiplicato per questo - 1, fa un + 1 e infine avremo la derivata parziale di U fatta rispetto a β, cioè Mgđ sinβ + Fđ cosβ, quindi - Mgđ sinβ + 2Fđ cosβ. Dobbiamo ancora fare un po' di calcoli, ma queste sono le equazioni di Lagrange, dobbiamo però ancora derivare rispetto al tempo questa derivata parziale di t fatta rispetto ad Îą punto e questa derivata parziale di t fatta rispetto a β punto.
Deriviamo, 4/3 m đ² Îą due punti + 4Mđ² Îą due punti +, dovendo derivare rispetto al tempo, dobbiamo derivare β punto e lasciare il coseno non derivato, e poi lasciare β punto non derivato e derivare questa funzione di funzione. Quindi avremo + 2Mđ² β due punti cos(Îą - β) - 2Mđ² β punto, che lo lasciamo non derivato e dobbiamo derivare il coseno, quindi - sin (Îą - β), ma poi dobbiamo derivare rispetto al tempo anche l'argomento, quindi ci viene un (Îą punto - β punto). E poi c'è - per -, fa + 2Mđ² Îą punto β punto sin(Îą - β) = -(m + 2M)gđ sinÎą + 2Fđ cosÎą.
Adesso passiamo a questa seconda equazione, in cui dobbiamo derivare rispetto al tempo queste quantitĂ . E come prima avremo 4/3 Mđ² β due punti + 2Mđ² Îą due punti e lasciamo il cos(Îą - β) non derivato e poi invece dobbiamo lasciare Îą punto non derivato e derivare il coseno, cioè - sin(Îą - β) e poi ci va anche la derivata dellâargomento, Îą punto - β punto. E poi ci sarĂ questo + per - che dĂ -, quindi ci viene - 2Mđ² Îą punto β punto sin(Îą - β) =, c'è l'ultimo termine, cioè la derivata parziale di U fatta rispetto a β, - Mgđ sinβ + 2Fđ cosβ.
Adesso andiamo a vedere questa prima equazione, ci sono dei termini che si semplificano, perchĂŠ 2Mđ² Îą punto β punto sin(Îą - β) si semplifica con il -2Mđ² Îą punto β punto sin(Îą - β).
E quindi la prima equazione rimane 4(m/3 + M)đ² Îą due punti + 2Mđ² β due punti cos(Îą - β) +, e poi câè - per - che fa + 2Mđ² β² punto sin(Îą - β) e questo è uguale a -(m + 2M)gđ sinÎą + 2Fđ cosÎą e questa è la prima equazione.
Adesso vediamo la seconda, 4/3Mđ² β due punti + 2Mđ² Îą due punti cos(Îą - β), poi il termine - 2Mđ² Îą punto β punto sin(Îą - β) si semplifica con il + 2Mđ² Îą punto β punto sin(Îą - β), e quindi qua rimane soltanto un - 2Mđ² ² punto sin(Îą - β) = - Mgđ sinβ + 2Fđ cosβ e questa è l'equazione B.
Queste sono le due equazioni differenziali del moto del bipendolo. A queste stesse equazioni, quindi allâequazione A e allâequazione B, ci si arriva, utilizzando le equazioni cardinali della dinamica, quindi facendo i calcoli su queste sei equazioni in cui dalla quarta si ricava ĎAx, dalla quinta si ricava ĎAy, e andando a sostituire nella terza equazione e nella sesta equazione, si ritrovano le equazioni A e B. A volte c'è bisogno di rimaneggiarle un po', magari se ne trova una e l'altra invece non è esattamente uguale a quella ricavata, ma combinandole opportunamente, si riescono a ritrovare le equazioni A e B.
E quindi con questo abbiamo terminato lo studio anche del moto del bipendolo. Per il bipendolo abbiamo studiato la statica e per determinare le configurazioni di equilibrio abbiamo utilizzato le equazioni cardinali della statica, separando il sistema nelle singole parti rigide e poi abbiamo utilizzato anche il metodo del potenziale, e dopo aver trovato le configurazioni di equilibrio con il metodo del potenziale, ne abbiamo anche studiato la stabilitĂ . Per quanto riguarda le equazioni del moto, le abbiamo determinate con le equazioni cardinali della dinamica e con le equazioni di Lagrange.
Per quanto riguarda l'esame, la parte dinamica del bipendolo, quindi con le equazioni cardinali della dinamica, non sarà oggetto di accertamento, cioè non ci saranno domande sulle equazioni cardinali della dinamica per il bipendolo, mentre saranno oggetto di accertamento sia le equazioni di Lagrange, sia le equazioni cardinali della statica e il metodo di potenziale per questo esercizio del bipendolo.
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