Buffl

Esercizi

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by Emma T.

Esercizio 5.1

Un cilindro orizzontale termicamente isolato, chiuso ad ambedue gli estremi, è munito di un pistone conduttore in grado di scorrere senza attrito. Il pistone divide il volume del cilindro in due parti, divise l’una dall’altra (non comunicanti). Inizialmente si tiene il pistone in una posizione tale che il volume alla sua sinistra sia V₀ e quello alla sua destra 3V₀. Il volume a sinistra contiene un gas ideale mono-atomico a temperatura ϑ₀ e pressione 2P₀. Il volume a destra contiene lo stesso gas a temperatura ϑ₀ e pressione P₀. Si lascia libero il pistone.

(a) Quali sono i valori finali della pressione e della temperatura da ciascuna parte?

(b) Quali sono i volumi finali?

(c) Descrivere la trasformazione che porta il pistone a riposo. Si tratta di una trasformazione quasi statica?

La nostra termodinamica è una termodinamica di equilibrio, il pistone che suddivide i due gas è conduttore. Questo significa che noi abbiamo lasciato lì il pistone con i due gas per un tempo lungo e in più la parete che suddivide queste due regioni è una parete conduttiva. Quindi ad un certo punto avremo raggiunto la temperatura di equilibrio ϑ₀. La massa nella parte sinistra sarà diversa dalla massa nella parte destra del sistema. La pressione alla fine sarà la stessa a sinistra e a destra. 

La massa nella parte sinistra, alla fine della trasformazione sarà pari alla massa nella parte sinistra all’inizio della trasformazione e poi alla destra la massa all’inizio della trasformazione sarà pari alla massa alla fine della trasformazione. Dovremo scrivere due equazioni, una che sfrutta il fatto le due pressioni siano uguali alla fine, un’altra che dice che la massa sinistra rimane la massa a sinistra e che la massa destra rimane la massa destra. Il gas è lo stesso.

La prima equazione sfrutta il fatto che nelle due camere c’è lo stesso gas, perché le due costanti dei gas sono sparite sfrutta il fatto che la temperatura iniziale a sinistra e a destra è uguale. Basandomi su p₀ e su V₀  ho scritto a sinistra che p V/m = R ϑ e poi a destra p V/m = R ϑ. Queste due quantità devono essere uguali perché è lo stesso gas alla stessa temperatura. Si deduce che c’è un rapporto tra le due masse che è pari a 3/2, quindi c’è più massa a destra rispetto a sinistra. E questa equazione ci permette in fase finale di sapere la relazione che c’è tra le due masse e poi possiamo sfruttare il fatto che nella fase finale, la pressione a sinistra è uguale alla pressione a destra, è uguale ad una pressione che chiamiamo p₁, così come la temperatura a sinistra che è uguale alla temperatura a destra che è uguale a ϑ₁. Se è così, in più i gas sono uguali, quindi R sono uguali, allora i volumi specifici dei due gas sono uguali. Lo capiamo da una considerazione fisica semplice, oppure dall’equazione dei gas perfetti. 

Dentro la parentesi graffa ho scritto che i due volumi specifici sono uguali e che allora il rapporto tra i volumi è esattamente pari al rapporto tra le masse e poi c’è l’altra equazione che dice che il volume totale non deve variare e poi si risolve.

Il 2° Principio della Termodinamica pone dei limiti effettivi a quello che si può fare con l’energia. Prima di fare questo discorso, riprendiamo un attimo il primo dei due esercizi che abbiamo visto la scorsa volta (5.1). 

Nell’esercizio si parlava di un pistone suddiviso in due camere, quella a sinistra e quella a destra. Il gas è un gas perfetto, le pareti sono di tipo adiabatico. Questo esercizio diceva che il bordo del nostro sistema è di tipo adiabatico. Questa ipotesi si usa con il 1° Principio della Termodinamica, che ci dice che la variazione di energia interna è pari alla somma algebrica di calore scambiato e di lavoro scambiato. Questo principio vale quando si definisce un certo sistema. La cosa naturale sarebbe definire il sistema complessivo formato da entrambi i gas. E quando il sistema complessivo è formato da entrambi i gas, il lavoro scambiato con l’esterno è zero, semplicemente perché il bordo esterno di questo contorno è rigido e quindi il lavoro sarà nullo, il calore sarà nullo, la variazione di energia interna è nulla.

Possiamo pensare di riferirci alla proprietà dei gas perfetti che dice che la variazione di energia interna è una funzione esclusivamente della temperatura. Qui otteniamo che U₁ = U₂ con il 1° Principio della Termodinamica. Allora è possibile determinare le due temperature, essendo uguali? E’ possibile se sappiamo che quella è una funzione monotona, nel senso sempre crescente con la temperatura. In effetti possiamo dire che lo è e aggiungendo il fatto che è monotona, allora si parte dal 1° Principio della Termodinamica, si dimostra che U₁ = U₂, si aggiunge l’idea che U cresce sempre con la temperatura, allora la temperatura che era uniforme nello stato iniziale sarà la temperatura uniforme nello stato finale e saranno uguali. Il rischio è che la U sia una funzione con una regione dove una variazione di T non comporti una variazione di U. Quindi qui bisognerà aggiungere l’idea che l’energia interna sia una funzione sempre strettamente crescente della temperatura.

Esercizio 5.3

In un tubo di vetro a forma di J, chiuso all’estremo più corto, viene versato del mercurio in modo che all’estremo chiuso resti intrappolata dell’aria. Assumendo che l’aria si comporti come un gas ideale, quanto mercurio si può versare prima che trabocchi? Il ramo lungo e quello corto del tubo sono lunghi rispettivamente 1 m e 50 cm, e gli effetti dovuti alla curvatura del foglio sono trascurabili. Si assuma la pressione atmosferica pari a 75 cm di Hg (mercurio).

Il volume del fluido contenuto nella zona curva non è trascurabile. La pressione si misura in Pascal, cioè N/m². Per via di come si costruivano i barometri storicamente, che venivano costruiti con un tubo verticale immerso in una bacinella di mercurio e il tubo è parzialmente riempito di mercurio. La pressione si può anche misurare in mm di mercurio. Si definisce una densità del mercurio, che è molto elevata e a partire dalla densità si può definire una specie di equivalente della pressione fatta con una colonna di mercurio. Che significa che se io ho una colonna di una certe altezza h di mercurio, posso moltiplicare ρ h g. C’è un’idea di base che è una specie di misura della pressione che è legata alla colonna di mercurio. Esiste qualcosa del genere anche per l’acqua; una colonna d’acqua di 10.33 m corrisponde a questo tipo di quantità. 

Visto che chiede qual’è la situazione poco prima che trabocchi, in grigio c’è il mercurio fino all’estremità e dopo in azzurro l’aria che rimane dentro.

L’aria che è inclusa nel tubo a U, rappresenta tutta l’aria che sta nel tubo. La soluzione dipende da quanta aria c’è e allora dobbiamo fare l’ipotesi su quanta aria sia. L’ipotesi che prendiamo è che il tubo a U inizialmente sia tutto riempito di quella stessa quantità dell’aria che adesso è costretta in una zona più piccola, per via della pressione che applica quel mercurio, altrimenti non è possibile risolverlo.

L’aria è 1000 volte meno pesante dell’acqua e il mercurio è tipo 14 volte più pesante dell’acqua, quindi la colonna d’aria, rispetto alla colonna di mercurio offre una differenza di pressione che è del tutto trascurabile. Il fatto che l’aria sia disposta in un tubo che parzialmente va in verticale non conta. E possiamo assumere che la pressione sia uniforme in tutto il tratto di tubo curvo.

La pressione dentro al gas sarà pari alla pressione atmosferica, che secondo l’esercizio corrisponde a 75 cm di mercurio, + il tratto 𝓁, che è la nostra incognita. S sarà la superficie di contatto tra mercurio e aria, pS sarà pari a ρ del mercurio per g e poi possiamo sommare due lunghezze, la lunghezza del mercurio + una lunghezza che corrisponde alla pressione atmosferica, che viene esercitata sul menisco, sulla parte superiore di quel mercurio e quindi la chiamiamo 𝓁a, per esempio, che significa 75 cm e questa è la nostra incognita. Quella stessa pS sarà la pressione in tutto il tratto curvo. Possiamo pensare che ci sia un gradiente lineare di pressione nel tratto che risale del tubo, però quel gradiente lineare di pressione è proporzionale alla densità per l’accelerazione di gravità. La densità dell’aria è 14.000 volte più piccola delle altre. Non ci interessa andare a prendere la cifra giusta fino alla 5ª cifra decimale.

Quindi si suppone che pS sia la pressione del gas e a questo punto, trascurando quello che succede nella parte curva, nella parte dritta a destra ho 1 m di tubo, quindi 𝓁D = 1 m, 𝓁s = 0.5 m. Possiamo assumere una sezione del tubo S e allora sapremo che nello stato iniziale, a pressione atmosferica, l’aria che occupava il tubo era di volume (1 m + 0.5 m) • S, che è incognita e ad un certo punto sparirà dall’equazione. Il volume allo stato iniziale è Vi, mentre quello allo stato finale è Vf. Il volume iniziale sarà pari alla lunghezza di destra + la lunghezza di sinistra • la superficie. Il volume finale sarà la lunghezza di destra + la lunghezza di sinistra, meno 𝓁 che è la nostra incognita, per la superficie.

E in più sappiamo che la pressione iniziale è uguale alla pressione atmosferica e la pressione finale del gas è pS. Un’altra cosa che si assume è che visto che stiamo parlando di termodinamica di equilibrio, la temperatura iniziale del gas sia uguale alla temperatura finale.

Esercizio 8.1

Il vapore è il fluido che opera nel ciclo Rankine ideale. Il vapore in condizione di saturazione entra nella turbina a 8 MPa (80 bar) e il fluido saturato esce dal condensatore a 8 millesimi di MPa. La potenza che produce il sistema è di 100 MW. Determinare per il ciclo il rendimento (a), il rapporto tra il lavoro nella pompa, cioè la potenza meccanica consumata nella pompa, diviso la potenza meccanica prodotta dalla turbina (b), la portata in massa dentro al circuito (c), il calore scambiato in ingresso, quindi alla caldaia (d), il calore scambiato in uscita, quindi al condensatore (e).



Il vapore in condizione di saturazione entra nella turbina, significa che il circuito a cui si fa riferimento è un circuito senza surriscaldamento, quindi di quelli che in effetti non si possono realizzare, perché non è possibile espandere in turbina un fluido che sta dentro la campana di Andrews e quindi un fluido che è composto in modo misto da vapore e da liquido, perché se si espande il vapore, il liquido è una sostanza che rovina le palette della turbina e il rendimento della turbina, quindi si fa attraverso un surriscaldamento e un’espansione. 

Quindi questo è un esercizio che da un lato è ideale e dall’altro è anche irrealizzabile per questo motivo.


Il condensatore fornisce il liquido in condizione di saturazione, quindi abbiamo due punti che conosciamo già e che stanno sul bordo della campana.

Disegniamo un diagramma T - s. Il fluido entra nella turbina in condizioni di vapore saturo e visto che è un ciclo di Rankine ideale, deve fare una trasformazione di tipo isoentropico, quindi perfettamente verticale. Nel condensatore si trasforma fino ad arrivare alle condizioni di liquido saturo, poi c’è la compressione in pompa e il passaggio in caldaia a pressione costante.

Il tratto di pressione elevata è a 8.0 MPa e la bassa pressione è 8 kPa. Andiamo a vedere dalle tabelle le caratteristiche del punto 1. Nella prima colonna mettiamo le pressioni, nella seconda l’entropia e nella terza entalpia.

Prima di tutto andiamo a vedere dalle tabelle le caratteristiche del punto 1. Ci sono varie proprietà nelle tabelle. Nella tabella A.6 dell’acqua satura si trovano le caratteristiche dell’acqua sia nelle condizioni di vapore saturo, sia nelle condizioni di liquido saturo con dei valori interi della colonna della temperatura. Ci viene fornita la pressione per esempio del vapore all’ingresso del tunnel, quindi andiamo avanti fino alla tabella A.7 fino alla tabella della pressione. La prima colonna è espressa in kPa, quindi per trovare gli 8 MPa che avevamo visto nell’esercizio, dobbiamo trovare il valore di 8000 kPa, ovvero 8 MPa.

Quello che possiamo iniziare a valutare è l’entalpia, l’entropia e il volume specifico delle condizioni che ci interessano. Qui abbiamo il volume specifico del vapore saturo, poi energia interna non ci serve, entalpia e entropia del vapore saturo. Quindi abbiamo che l’entropia del vapore saturo sarà 5.7450 kJ/(kg • K) e l’entalpia del vapore saturo sarà 2758.7 kJ/kg.

La prima cosa che dobbiamo fare è calcolare qualcosa di simile per il punto 2. Il punto 2, come abbiamo visto sul diagramma che abbiamo tracciato, non sta su una delle curve del vapore saturo o del liquido saturo. Quindi dovremo utilizzare qualche equazione in più per calcolare l’entropia e l’entalpia.

Ci servirà calcolare il titolo del vapore, che è pari alla massa del vapore, diviso la massa di tutto il sistema, che è formato dal vapore e dal liquido. Come facciamo a calcolare il titolo del vapore del punto 2?

Non sappiamo quasi niente del punto 2. Sappiamo la sua pressione e il valore della sua entropia, per il fatto che la trasformazione del fluido dal punto 1 al punto 2 è una isoentropica e quindi l’entropia dovrà essere uguale a quella che abbiamo appena trovato, cioè 5.7450 kJ/(kg • K).

Avevamo fatto un conto simile con il volume di una miscela. L’entropia specifica dello stato 2 per la massa totale dello stato 2 sarà pari all’entropia specifica del vapore nella stessa pressione dello stato 2 per la massa del vapore, + l’entropia specifica del liquido alla stessa pressione dello stato 2 per la massa del liquido. Adesso possiamo ri-esprimere questa equazione attraverso il titolo, quindi dividiamo a sinistra e a destra per la massa totale e otteniamo che l’entropia è uguale all’entropia del vapore per il titolo + l’entropia del liquido per 1 - il titolo. Adesso possiamo raccogliere il titolo. Qui abbiamo tutto, cioè l’entropia del vapore allo stato 2, l’entropia del liquido allo stato 2 e quindi possiamo calcolare χ.

Il titolo sarà dato dall’entropia, meno l’entropia del liquido, diviso l’entropia del vapore, meno quella del liquido. Questa curva di trasformazione dal liquido al vapore, è una curva dove i vari livelli del titolo sono suddivisi equamente, vale la regola della leva. E se prendo l’esatta mezzeria di questo segmento, avrò titolo 0.5, se prendo il il primo 10%, avrò come titolo 0.1 e poi ci sono le proprietà dell’entropia: l’entropia di una miscela è la somma delle diverse parti. Abbiamo usato queste due idee per arrivare a questa equazione.

Dobbiamo mettere l’entropia che abbiamo appena calcolato al punto 1, poi gli altri valori li troveremo in tabella, però corrispondenti alla pressione di condensazione. L’esercizio imponeva come pressione di condensazione, una pressione di 8 kPa. Adesso se guardiamo le tabelle, quella quantità non c’è, allora per semplicità decidiamo che nell’esercizio la pressione bassa non è 8 kPa, ma è 7.5 kPa.

Guardiamo nelle tabelle, l’entropia del liquido saturo sarà 0.5763 kJ/(kg • K). L’entropia del vapore è 8.2501 kJ/(kg • K). Alla fine viene un numero che è il titolo. 

Per adesso, nel diagramma abbiamo prima di tutto valutato le proprietà del punto 1, che è molto facile, semplicemente perché compaiono immediatamente nelle tabelle. Adesso ci proponiamo di calcolare entalpia e entropia del punto 2. Per calcolarle, dobbiamo basarci sui valori di entropia e entalpia sulla curva del vapore saturo e sulla curva del liquido saturo, ma prima di tutto dobbiamo calcolare il titolo, cioè la proporzione del vapore totale e quindi anche 1 - la proporzione del liquido sul totale. Per fare questo, ci siamo basati sul fatto che la trasformazione 1 - 2 è di tipo isoentropico e quindi conosco l’entropia del punto 2. A partire dall’entropia del punto 2 riesco a calcolare con la regola della leva il titolo nel punto 2.

Adesso userò delle formule che mi dicono che l’entalpia del punto 2 sarà pari all’entalpia del liquido alla stessa pressione, per 1 - χ + l’entalpia del vapore alla stessa pressione per il titolo e poi l’entropia del punto 2 sarà uguale, cioè sarà l’entropia del liquido alla stessa pressione per 1 - χ + l’entalpia del vapore per il titolo.

Questa in realtà la sappiamo già, perché è sempre la stessa. Andiamo a vedere quant’è l’entalpia del liquido saturo e quant’è l’entalpia del vapore saturo.

Prendiamo le tabelle e vediamo che l’entalpia del vapore saturo è 2574.0 kJ/kg e quella del liquido saturo è 168.75 kJ/kg. In queso modo siamo in grado di calcolare l’entalpia finale, che è 1788.84 kJ/kg.

Adesso dobbiamo valutare le caratteristiche del punto 3. Il punto 3 è alla fine del condensatore e troveremo una pressione che è sempre la stessa, cioè 7.5 • 10³ Pa e troveremo un’entropia e un’entalpia che sono pari all’entropia e all’entalpia del liquido saturo a quella pressione. Quindi andiamo a ricontrollare in quelle tabelle. L’entalpia è 168.75 kJ/kg e l’entropia è 0.5763 kJ/(kg • K).

A questo punto, andiamo a valutare le proprietà del punto 4. Abbiamo un valore di pressione che è pari alla pressione elevata, perché siamo appena usciti dalla pompa, quindi 8 • 10⁶ Pa. Ho un valore di entropia identico a quello del punto 3, perché si suppone che la compressione in pompa sia isoentropica e il valore di entalpia invece lo possiamo valutare con la formula, che dice che h₄ - h₃ è uguale al volume specifico del liquido saturo, che moltiplica p₄ - p₃. Ci serve il volume specifico del punto 3, che lo possiamo prendere dalla tabella. Quindi il volume specifico del liquido saturo è 0. 001008 m³/kg, oppure 1.008 • 10⁻³ m³/kg. L’entalpia in 4 sarà maggiore dell’entalpia in 3. p₄ è 7.5 kPa e p₃ è 8 MPa. Il risultato è 8.05 kJ/kg.

E quindi possiamo ottenere l’entalpia nel punto 4, sommando all’entalpia nel punto 3 questo valore di 8.05 kJ/kg. Quindi l’entalpia del punto 4 sarà 176.80 kJ/kg.


Adesso possiamo ritornare all’esercizio e vedere che cosa ci chiedeva. La richiesta (a) è il rendimento termico, che si calcola come 1 - (h₂ - h₃)/(h₃ - h₄). La seconda domanda la lasciamo perdere e passiamo alla domanda (c). Finora abbiamo fatto i conti usando sempre dei valori specifici. A questo punto ci chiedono quant’è la portata in massa del vapore dentro questo ciclo. La quantità attraverso cui possiamo calcolarla è 100 MW del lavoro netto di questo ciclo.

Il lavoro netto è 100 MW, che sarà pari al valore assoluto del lavoro che riesco ad ottenere nella turbina, meno il valore assoluto del lavoro che consumo nella pompa. Questo sarà m punto, poi nella turbina abbiamo h₁ - h₂ e a questo dobbiamo sottrarre h₄ - h₃ e quindi la portata in massa si calcolerà come il rapporto tra la potenza netta, diviso questa differenza di differenze di entalpia.

Esercizio 1 - Spinta dinamica su gomito

Abbiamo una tubazione orizzontale di cui conosciamo il diametro = 10 cm, che termina con un gomito a sezione decrescente, che devia verso l’alto di 30° un getto d’acqua e fluente nell’atmosfera, quindi l’acqua sbocca nell’atmosfera. Sappiamo che il gomito è inclinato di un angolo ϑ = 30° e il diametro della sezione 2 è 4 cm. Conosciamo anche la portata, pari a 14 l/s, inoltre sappiamo che il centro della sezione di sbocco è a quota 30 cm rispetto all’asse del tubo, quindi andando a fissare un sistema di riferimento in cui x sarà la direzione del flusso nella sezione 1 orizzontale e z indica indica la direzione perpendicolare, sappiamo che questa distanza è 30 cm, quindi abbiamo z₁ = 0 e z₂ = 30 cm.

Ci chiede di calcolare la pressione nel centro della sezione iniziale del gomito, quindi p₁ e la spinta dinamica (la forza esercitata dal fluido sulle pareti, quindi la forza uguale e opposta a quella che abbiamo visto al membro a destra dell’equazione).


L’esercitazione di oggi riguarderà la fluidodinamica e in particolare andremo a risolvere degli esercizi in cui è richiesta la soluzione dell’equazione di bilancio della quantità di moto.

Rivediamo l’equazione della quantità di moto. L’equazione di bilancio della quantità di moto nella sua forma integrale, applicata ad un volume di controllo qualsiasi, che sia deformabile, fisso e in movimento, dice che la variazione nel tempo della quantità di moto del volume di controllo, qui rappresentata dall’integrale attraverso il volume di ρ per v in dV, dove v è la quantità di moto + il flusso della quantità di moto attraverso le superfici del volume di controllo, dove vR è la velocità relativa del fluido rispetto alla superficie di controllo, non è la velocità assoluta come v del fluido, ma nel caso in cui la superficie del volume di controllo è fissa, vR corrisponde alla velocità del fluido, è uguale alla forza risultante esterna, agente sul volume di controllo.

Andando a suddividere le forze, tra forze di superficie, quindi applicate alla superficie del volume di controllo e forze di volume, che agiscono sull’intero volume di controllo. Nella maggior parte delle applicazioni d’interesse pratico, è possibile ricondurrei a sistemi in cui si esaminano volumi di controllo fissi e non deformabili, dove vR corrisponde alla velocità assoluta e in cui il fluido entra nel volume di controllo attraverso determinate sezioni.

Disegniamo il nostro volume di controllo. E’ quindi possibile riscrivere l’equazione in un’altra forma, che ci sarà più utile per gli esercizi che è la seguente.

Prima di farlo, bisogna considerare alcune ipotesi, ovvero assumeremo che la densità sulla sezione generica k-esima sia costante, che la superficie Sk assumiamo che sia piana e trasversale, ovvero perpendicolare alla direzione del flusso. Questa ipotesi ci consente di scrivere la velocità alla sezione come ± il modulo della velocità, moltiplicato per la normale uscente dalla superficie, quindi la velocità avrà la stessa direzione, ma verso concorde o discorde con la normale uscente dalla sezione d’ingresso. Infine andiamo a considerare trascurabili gli sforzi di taglio sulla sezione d’ingresso e d’uscita.

Così facendo, è possibile riscrivere l’equazione di bilancio della quantità di moto nella seguente forma, la variazione temporale della quantità di moto + la sommatoria fatta per k che varia da 1 alla somma del numero di ingressi e di uscite della quantità di moto entrante o uscente dal volume di controllo attraverso le sezioni d’ingresso, dove ρk è la densità, βk è il coefficiente di ragguaglio della quantità di moto, serve per tenere conto del fatto che il flusso di quantità di moto medio attraverso la superficie non è uguale alla quantità di moto media, trasportata dalla velocità media. Ovvero la media del prodotto delle velocità è differente dal prodotto delle medie delle velocità.

La parentesi quadra è l’operatore media sulla superficie k-esima e quindi per esempio la media della velocità sulla superficie è 1/S integrale sulla superficie di v in dS. Quindi abbiamo riscritto il membro a sinistra, a destra c’è il vettore della forza risultante. In questo caso, andando a trascurare sforzi di taglio e sforzi superficie, avremo quelli generati dalle pressioni sulle sezioni d’ingresso e d’uscita. Poi avremo la forza totale applicata dalle pareti sul fluido + la forza peso del fluido all’interno del volume di controllo. Questa sarà la forma del bilancio che andremo ad utilizzare nell’ esercitazione.


Esercizio 1 - Spinta dinamica su gomito 

Per prima cosa, per calcolarci la pressione, utilizzeremo l’equazione di bilancio dell’energia meccanica, che in assenza di fenomeni dissipativi, l’energia meccanica specifica alla sezione 1 sarà uguale all’energia meccanica alla sezione 2.

Nel problema potremo assumere un coefficiente di ragguaglio della velocità α = 1.09 e un coefficiente di ragguaglio della quantità di moto pari a β = 1.02.

Sappiamo che z₁ è nullo, p₂ la pressione relativa è nulla, perché abbiamo detto che il getto sfocia in atmosfera. Di conseguenza potremmo scrivere la pressione p₁. Abbiamo già l’espressione della pressione, quello che manca è il valore della velocità nelle due sezioni, 1 e 2.

Il problema ci ha fornito la portata Q, oltre all’equazione di continuità, dall’espressione della portata riusciamo a calcolare la velocità in 1 e in 2. Secondo l’equazione di continuità la portata è uguale alla velocità media, moltiplicata per il valore della sezione in 1, ma anche in 2.

Andiamo a sostituire per ricavare il valore della pressione. 1 litro equivale a 10⁻³ metri cubi. A questo punto possiamo andare a sostituire anche dentro l’espressione della pressione. Sappiamo che il fluido è acqua, che ha una densità costante ρ pari a 1000 kg/m³. α abbiamo detto che possiamo assumerlo uguale a 1.09. Sarebbe 69 300 Pa e quindi 69.3 kPa.

Rimane da calcolare la forza applicata dal fluido sulle pareti. Riscriviamo la nostra equazione di bilancio della quantità di moto. In questo caso abbiamo un ingresso e un’uscita e finché la scriviamo nella forma vettoriale non c’è bisogno di distinguere dal fatto che sia in ingresso o un’uscita. Il flusso della quantità di moto, che è una quantità vettoriale ha un modulo che è dato dal prodotto tra ρ β, il quadrato del modulo della velocità, poi due scalari per la sezione. La direzione e il verso sono dati dal verso normale e unitario uscente dalla superficie.

Quindi quando andremo a scomporre nelle due equazioni vettoriali lungo le due direzioni, ci saranno da scrivere le componenti del versore normale, ma per ora non c’è bisogno di distinguere. Hanno tutti un contributo positivo, ma β dipende unicamente dal vettore normale uscente. Le forze agenti sul volume di controllo, partiamo dalle forze dovute alla distribuzione di pressione sulle superfici di ingresso e di uscita, utilizziamo la pressione relativa e quindi sappiamo che nella sezione 2 la pressione relativa è nulla, ce l’abbiamo però nella sezione 1. Anche in questo caso il segno - lo utilizziamo per questione di notazione, perché la pressione ha stessa direzione e verso opposto rispetto alla normale uscente. Ci mancherebbe la forza di gravità del fluido, ma la trascuriamo.

Vediamo che altre ipotesi possiamo assumere per semplificare la nostra equazione. Generalmente si studia il problema supponendo condizioni di moto stazionario, quindi la variazione nel tempo della quantità di moto si può considerare nulla. E poi stiamo trascurando la forza di gravità. Un’altra cosa che stiamo trascurando sono le perdite concentrate o distribuite lungo la sezione.

La nostra incognita è la forza esercitata dal fluido sulla parete e questo, per il principio di azione e reazione, sappiamo essere il contrario del membro che è a destra della nostra equazione. Di conseguenza, andando a valutare la forza del fluido sulla parete, avremo a destra un segno negativo, ci converrà portarlo al membro di sinistra ed esplicitare l’equazione in funzione di questa forza e portare tutto il resto a destra. A questo punto abbiamo la nostra equazione vettoriale. Per andare a risolverla, si tratta in realtà di due equazioni nelle due direzioni x e z andiamo a scomporla e sostituire n con le sue componenti lungo x e z.

n₁ ha componente -1, perché ha componente x, ma di verso opposto e lungo 0 lungo z. La normale n₂ ha delle componenti che dipendono dall’angolo ϑ che conosciamo, in particolare lungo x sarà cosϑ e lungo z sinϑ positivi. La componente n₁ lungo z è nulla, quindi non darà contributo.

Adesso ci basta sostituire e troveremo il vettore risultante. Assumiamo un β = 1.03.

cosϑ è √3/2 e la forza che otteniamo sarà in N. sin di 30° invece è ½.

Abbiamo determinato la spinta dinamica della forza esercitata dal fluido sulle pareti del nostro condotto, quindi sappiamo che ha componente orizzontale lungo x e negativa lungo z.

Se volessimo invece vorremmo determinare il modulo e l’angolo, per l’angolo potremmo fare l’arcotangente di 80/664 e ci viene l’inclinazione.

Se questo gomito fosse stato ad esempio un gomito a U, avremmo avuto che anche la normale uscente dalla sezione 2, sarebbe stata diretta verso le x negative e quindi anche questo termine legato alla sezione 2 sarebbe venuto uguale ad un quantità positiva, quindi i contributi legati al flusso della quantità di moto si sarebbero sommati e la spinta sarebbe risultata maggiore. Un altro esercizio sarebbe provare, usando gli stessi dati, pressione, diametro e portata con il gomito a U. 

Esercizio 2 - Rubinetto flangiato

E’ la spinta su una flangia. Abbiamo un rubinetto flangiato di diametro d = 2 e da questo fuoriesce a regime permanente (quindi di moto stazionario) una portata d’acqua Q = 1.5 l/s. La pressione nella sezione iniziale è 80 kPa. Il rubinetto ha peso pari a 1.5 kg forza e quindi la forza peso esercitata dalla massa di 1.5 kg, quindi per 9.81 m/s² = 14.7 N.

Determinare la forza che si scarica sulla flangia T.



In questo caso non sarà altro che la reazione vincolare che deve esercitare per mantenere fermo questo rubinetto e quindi questa forza sarà uguale alla forza peso del rubinetto, perché deve sostenere il peso del rubinetto stesso + la forza che è esercitata dal fluido sulle pareti, quindi legata al flusso dentro al rubinetto.

Guardiamo le ipotesi. Abbiamo un moto stazionario, trascuriamo le perdite concentrate e distribuite,  assumiamo il coefficiente di ragguaglio unitario β = 1. Non è un’ipotesi molto forte, perché sappiamo che nel caso di regime turbolento β deve avere un errore del 2-3%, quindi sarebbe uno 0.2 - 0.3.

Scriviamo direttamente l’equazione di bilancio della quantità di moto, nella forma che abbiamo già visto precedentemente. Per la sezione 1 sappiamo sempre che β è uguale a 1, che il flusso avrà la stessa direzione e verso opposto rispetto alla normale uscente dalla sezione 1.

Alla sezione 2 la pressione relativa è uguale a 0, quindi non stiamo a scriverlo. Consideriamo anche la forza peso del fluido.

Per trovare la forza ci manca la velocità, ma noi sappiamo la portata dall’equazione di continuità e con il fatto che la sezione 1 è uguale alla sezione 2, perché il condotto ha sezione costante. Quindi sappiamo che le velocità sono uguali e sono uguali alla portata diviso la sezione. Otteniamo 4.77 m/s.

La forza peso del fluido la possiamo calcolare supponendo che la densità la conosciamo, dovremmo conoscere il volume, non abbiamo informazioni, ma possiamo calcolare il volume, ipotizzando che sia uguale al volume del cilindro, avente base uguale alla sezione e lunghezza pari a 5 volte il diametro. Questa è una cosa che dovrebbe essere scritta nel testo, oppure si potrebbe ricavare dal disegno. Quindi facciamo la densità per il volume per l’accelerazione di gravità.

A questo punto andiamo a scrivere l’equazione nelle due direzioni x e z. 

n₁ ha componenti -1 e 0. n₂ ha componenti 0 e -1, che è diretta verso il basso la normale uscente alla sezione 2 e la componente della forza peso è nulla.

Lungo z il flusso della quantità di moto all’ingresso non dà contributo, perché la normale n₁ è 0, la componente 2 invece, la normale ha componente -1, la pressione relativa è nulla, abbiamo però la componente della forza peso, perché g è diretta verso il basso e quindi -.

Possiamo andare a sostituire. Otteniamo che la forza esercitata dal fluido sulle pareti è una forza che ha componente positiva lungo x e lungo z. In particolari ha componenti 32.3 N e 6.86 N.

A noi non serve la spinta esercitata sul rubinetto dal fluido, ma ci serve la forza che si scarica sulla flangia, ma questa forza è uguale alla forza peso del rubinetto + questa forza che abbiamo appena calcolato.

Quindi la componente x è data dalla componente x della forza del fluido sulla parete + la componente x della forza peso del rubinetto, che sappiamo essere nulla perché è diretta verso il basso e la componente z che invece è diretta verso il basso. Quando facciamo questo passaggio dalla forma vettoriale alla forma scalare dobbiamo tenere in considerazione del verso e della direzione. Quindi se la forza z è positiva, uguale a 6.86 N, la forza peso del rubinetto è -14.7 N.

Otteniamo -7.84 N. Quindi sebbene il fluido eserciti una forza diretta verso l’alto, la risultante che si scarica sulla flangia sarà diretta verso il basso. La componente orizzontale invece è positiva.

Esame scritto di Fisica Tecnica - 14 luglio 2021 (Esercizio 9)

Esercizio 1 (Termodinamica)


I Mega sono 10⁶. Il titolo è il rapporto tra la massa del vapore, diviso la massa totale, che sarebbe la massa del liquido.

Faccio il disegno, quindi ci metto la pressione e il volume specifico, poi disegno la campana di Andrews. La pressione massima (critica) era di 22 MPa e la temperatura è maggiore di 300 °C.

Se guardiamo questi dati, sembra che siamo sotto i livelli della zona critica; di solito è quasi sempre così, perché sopra la zona critica avremo solo un gas e allora l’esercizio sarebbe un esercizio con i gas perfetti.

La trasformazione è isobara. Quindi p₁ = p₂ = 3.347 MPa, t₁ = 195°C, t₂ = 240°C, χ₂ = 0.76. Le richieste sono s₁ = ? e Δh = ?

La prima cosa che ci sembra abbastanza chiara è che questa trasformazione starà su un segmento orizzontale, perché dev’essere un’isobara; sappiamo qualcosa dello stato finale, che sta a titolo 0.76. Con la regola della leva avevamo dimostrato che bisogna prendere questo segmento, il 76% della lunghezza, quindi siamo a ¾ e sappiamo già che il punto 2 starà qui, perché viene indicata la pressione e l’entalpia. 

Le isoterme sono fatte così, quindi questa dovrà per forza essere l’isoterma a 240°C e poi il punto 1 sta su un’isoterma che è a 195°C cioè più bassa.

Dentro la campana di Andrews le trasformazioni isobare sono anche isoterme. Se la temperatura deve scendere, mantenendo la pressione costante, siamo sicuri che il punto 1 sarà nel campo del liquido sottoraffreddato. Tante volte queste deduzioni non si riescono a fare come abbiamo fatto adesso, tante volte richiedono l’utilizzo delle tabelle.

Possiamo disegnare la linea tratteggiata del titolo, che taglia i segmenti al 76% della loro lunghezza.


La prima domanda richiede s₁, che sarebbe l’entropia del liquido sottoraffreddato. Le tabelle sono di due tipi, ci sono le tabelle delle condizioni sature in cui troviamo su colonne tutte le quantità. Per esempio il volume specifico, l’entalpia, l’entropia, il legame tra pressione e temperatura che vigono sulla curva del liquido saturo e la curva del vapore saturo.

C’è un altro tipo di tabella che riguarda solo i vapori surriscaldati (regione azzurra). Non c’è niente sui liquidi;  come facciamo a conoscere l’entropia di un liquido, se non ci sono tabelle di liquidi sottoraffreddati? Noi abbiamo capito dalla legge delle fasi di Gibbs che un componente con un solo stato di aggregazione dipende da due parametri liberi (possiamo scegliere pressione e temperatura), però i liquidi li abbiamo sempre classificati come delle entità incomprimibili, che significa che se noi guardiamo la pressione, questi variano di poco per esempio la densità, entropia, energia interna. Significa che uno può dire che l’entropia nei liquidi è una funzione esclusiva della temperatura, quindi posso prendere il valore dell’entropia nel liquido pari al valore dell’entropia in un liquido che conosco alla stessa temperatura, allora dovrò considerare il trattino rosso, che è un tratto isotermo. Se l’entropia dipende solo dalla temperatura, significa che l’entropia per il liquido su quel tratto non cambia, allora posso prendere la tabella del liquido sottoraffreddato, che qui abbiamo disegnato con il giallo e prendere l’entropia e chiudere la prima domanda subito.

Vediamo le tabelle. Dobbiamo ricavare l’entropia del liquido saturo a 195°C. Quindi s₁ = ss, cioè di saturazione alla temperatura caratteristica del punto di partenza t₁ cioè a 195°C.

Prendiamo le tabelle. Nelle tabelle della temperatura acqua satura ci sono valori tondi, quindi con decimali pari a zero. Invece nella tabella della pressione ci sono i valori tondi per la pressione. A noi serve un valore tondo della temperatura, 195, quindi cerchiamo 195 e andiamo a vedere la colonna dell’entropia del liquido saturo, quindi dalle tabelle s₁ = ss = 2.2831 kJ/kg K.

Il discorso introduttivo che abbiamo fatto, si trova nelle dispense al paragrafo § 6.7, che si chiama ‘Approssimazioni valide nel liquido sottoraffreddato’.

Adesso dobbiamo calcolare la variazione di entropia h₂ - h₁. Calcoliamo h₂, poi h₁ e infine la differenza. Calcoliamo h₂; noi conosciamo la definizione di titolo, che è pari alla massa del vapore, diviso la massa del vapore + la massa del liquido e sappiamo che per noi è 0.76. Se noi vogliamo conoscere l’entalpia del punto 2, quella potrà essere calcolata attraverso l’entalpia specifica del liquido per (1 - χ), che fa m𝓁 diviso mv + m𝓁, quindi 0.24 sarebbe 1 - il titolo del liquido, poi mettiamo il contributo all’entalpia totale del vapore, quindi l’entalpia del vapore per il titolo. Queste due quantità le dobbiamo estrarre dalle tabelle e nel disegno saranno rappresentate dai due punti segnati in arancione. Quindi l’entalpia del liquido saturo a 240°C e l’entalpia del vapore saturo. Proseguiamo nella nostra tabella dove ci sono 240°C. Le due entalpie sono 1037.5 e 2803.0 kJ/kg.

L’entalpia del liquido è quella più piccola, perché è una misura del contributo energetico del fluido e il fluido in condizioni di vapore ha più energia. Abbiamo ottenuto h₂.


A questo punto facciamo il calcolo dell’entalpia del liquido sottoraffreddato. La prima osservazione è che per l’entalpia potrebbe valere, in prima approssimazione, la stessa cosa che abbiamo detto prima per l’entropia. Siccome siamo nell’ambito dei liquidi, si può dire che molte caratteristiche non dipendono molto dalla pressione. Se è vero che per l’energia interna questa è un’ottima approssimazione, cioè l’energia interna di un liquido dipende solo dalla temperatura, quando si può considerare il liquido incomprimibile, nell’espressione dell’entalpia c’è anche un termine di pressione, c’è il prodotto della pressione per il volume specifico, allora per essere più precisi si può tener conto di quel termine.

Quindi ci apprestiamo a calcolare h₁, che è nel liquido sottoraffreddato e vediamo una piccola parentesi di teoria. Si definisce h come u + pv (tutte qualità specifiche). Allora si può scrivere che h - h di saturazione è uguale a; questa è un’approssimazione di prim’ordine, nel senso che deriva dall’espressione differenziale dh = du + pdv + v dp. Quindi linearizzando le funzioni, h, p, v e u, si può scrivere = u - u di saturazione + p per v - v di saturazione + v per p - p di saturazione e per queste due quantità, si può scegliere p di saturazione e v di saturazione. Abbiamo detto che nei liquidi la variazione dell’energia interna a temperatura costante è circa 0, la variazione di volume specifico a temperatura costante è circa zero. Il prodotto del volume specifico per la differenza di pressione non lo sappiamo, perché dipende dalla differenza di pressione. Allora una migliore approssimazione potrebbe essere che h è uguale alla h di saturazione alla stessa temperatura + v di saturazione per p - p di saturazione.

Quindi dobbiamo calcolare h₁, che è uguale ad h di saturazione alla temperatura t₁ + v di saturazione alla temperatura t₁, che moltiplica p₁ - p di saturazione alla temperatura t₁.

Ci servono 3 quantità da guardare sulle tabelle, una sarebbe h di saturazione a t₁, un’altra sarebbe il volume specifico nelle condizioni di saturazione alla temperatura t₁ e la terza sarebbe la pressione in condizioni di saturazione alla temperatura t₁. Invece p₁ la conosciamo perché è 3.347 MPa.

Prendiamo le tabelle, dobbiamo andare a 195°C e trovare h del liquido saturo, poi il volume specifico del liquido saturo e la pressione di saturazione in kPa. Quindi possiamo scrivere che hs è 829.78 kJ/kg, poi v è 1.1449 • 10⁻³ m³/kg, 1398.8 kPa. Torniamo al calcolo, quindi h di saturazione a temperatura t₁ è 829.78 + 1.149 • 10⁻³ per p₁ - 1.398 • 10³.

Il contributo del termine aggiuntivo che moltiplica il volume nelle condizioni di saturazione per la differenza di pressione, tra la pressione vera e la pressione in condizioni di saturazione, fa una differenza di 3 kJ su kg.


Riprendiamo un attimo il passaggio teorico. L’entalpia è definita attraverso l’energia interna con questa equazione, h = u + p v. Questa è un’equazione che dice che l’entalpia in un certo punto è definita dalla sola energia del sistema in un certo stato, definita attraverso l’energia interna + il prodotto di p e v del sistema. Poi uno potrebbe dire, facciamo il differenziale di questo, di dh = du + p dv + v dp. Questa è vera perché queste differenze di volume e di pressione sono infinitesime.

Se uno volesse scrivere questa stessa equazione in termini finiti, quindi h₁ - h di saturazione = u₁ - u di saturazione + gli altri termini, bisogna fare l’ipotesi che queste variazioni siano piccole o che ci sia un andamento lineare in queste differenze. Poi continua con p₁ - v di saturazione + v per p₁ - p di saturazione. Questi come li scelgo? Scelgo quelli di saturazione o nel punto 1? È indifferente perché tanto comunque è un’equazione approssimata e a seconda delle scelte, il livello di approssimazione sarà sempre lo stesso, cioè il primo ordine.

Visto che conosciamo le condizioni di saturazione, conviene scegliere quelle in saturazione. Poi si considera che questo termine è trascurabile, perché è la variazione di un volume specifico di un fluido in due punti dove la temperatura è la stessa, quindi è 0. E poi si dice che anche questa è trascurabile, perché è la variazione di energia interna di un fluido in due condizioni dove la temperatura è la stessa e l’ultimo termine non possiamo dire che sia 0, perché nonostante il liquido sia incomprimibile, io posso elevare la pressione di molto e quindi potrebbe non essere trascurabile.

Esame scritto di Fisica Tecnica - 3 novembre 2021 (Esercizio 12)

Esercizio 1 (Termodinamica)


Qui dobbiamo fare un’interpolazione lineare. C’è un piccolo paragrafo nelle appendici delle dispense, che si chiama ‘Interpolazione lineare’. La trasformazione è un’isoterma, t₁ = t₂ = 185°C, p₁ = 1.4 MPa, p₂ = 0.8 MPa.

Bisogna calcolare s₁ e Δh = h₂ - h₁.

Nel diagramma t-s facciamo la campana di Andrews meno raccolta verso sinistra. Le isoterme sono delle barre orizzontali e le isobare sono delle funzioni crescenti. Una cosa che potremmo fare è ricordarci che la pressione critica è di 22 MPa. Subito deduciamo che se quella è 22 MPa, sia 1.4 sia 0.8 MPa staranno più giù e quindi staremo nella zona del grafico dove c’è il liquido, c’è la compresenza di liquido e vapore e c’è il vapore. Allora queste due curve che abbiamo disegnato possono rappresentare l’isobara a 1.4 MPa e l’isobara a 0.8 MPa.

E’ già determinato il tipo di trasformazione; è una trasformazione che dev’essere isoterma, deve partire dalla curva in alto con 1, quella in basso sarà la 2. Dovrà essere un segmento orizzontale in mezzo (in arancio). Adesso controlleremo nelle tabelle. Come si fa a controllare?

Questa è la temperatura unica di 185°C. Dobbiamo vedere le temperature di saturazione per 1.4 MPa e per 0.8 Mpa e vedere se stanno una sopra e una sotto a 185°C. Se è vero, abbiamo già capito.

Prendiamo la tabella e dobbiamo trovare la tabella in pressione. Qui ci sono i kPa, quindi 0.8 MPa = 800 kPa, 1.4 MPa sono 1400 kPa. La temperatura è 170.41°C, quindi a 800 kPa possiamo scrivere che la temperatura di saturazione è 170.41°C.

Invece per 1400 kPa avrò una temperatura di saturazione che è 195.04°C. 

L’entropia dello stato 1 non è l’entalpia. Quindi si può semplicemente prendere quella nelle condizioni di saturazione, alla stessa temperatura. Quindi prenderemo il valore dell’entropia del liquido a 185°C. Andiamo nella tabella della temperatura, scegliere 185°C. L’entropia del liquido è nella terzultima colonna, quindi questo sarà il risultato, cioè 2.1875 kJ/kg K. Quindi s₁ = 2.1875 kJ/kg K.

Il secondo punto consisteva nel calcolare h₂ - h₁. Per il calcolo di h₁ si fa come prima, il calcolo di h₂ richiederà un’interpolazione.

Noi vogliamo l’entalpia del vapore surriscaldato, quindi h₂ è caratterizzato da una pressione di 0.8 MPa e dalla temperatura di 185°C. Andiamo a vedere se la tabelle ci danno qualcosa del genere; dobbiamo andare a vedere le tabelle dei valori surriscaldati.

Nell’angolo in basso a destra ci sono una serie di valori che corrispondono a 0.8 MPa. Nella prima colonna abbiamo il volume specifico, nella seconda abbiamo l’energia interna, poi entalpia, entropia e sulla sinistra abbiamo le temperature. C’è la temperatura di saturazione, poi ci sono 200 e 250°C. Bisogna fare un’interpolazione. La pressione l’abbiamo trovata, la temperatura giusta non l’abbiamo trovata, quindi dovremmo interpolare il valore con quella pressione a due valori diversi di temperatura, cioè la temperatura di saturazione, dove l’entalpia è 2768.3 e i 200°C, che sono abbastanza vicino a 185°C, quindi 2839.8. Nella zona rosa c’è anche scritto la temperatura di saturazione, 0.8 MPa a 170.41°C. Quindi dobbiamo calcolare il valore per 185°C tra i 200 e i 170.41°C.

Dal punto di vista grafico, abbiamo il valore dell’entalpia alla stessa pressione e alle condizioni di saturazione, quindi abbiamo il valore dell’entalpia, poi abbiamo il valore dell’entalpia a 200°C (un po’ più in alto rispetto a questa orizzontale) e noi faremo l’interpolazione tra quesi due punti nel grafico del valore di entalpia, per ottenere il valore dell’entalpia nel punto 2.

In termini generali, un’interpolazione può essere, io voglio conoscere il valore di f(x), lo calcolo come f(x₂) - f(x₁) diviso x₂ - x₁, ammesso che x sia compreso tra x₁ e x₂, questo per x - x₁ + f(x₁). Questa è l’interpolazione lineare. Questa stessa equazione si può interpretare in due modi diversi; prima si ricorda l’espansione in serie di Taylor, che dice che f(x) è uguale circa a dF su dx per Δx + f(x₁). L’alternativa è con le proporzioni, come abbiamo già scritto.

Possiamo scrivere h₂ = h di saturazione + h a 200°C - h di saturazione, diviso 200°C - la temperatura di saturazione che è 170.41 per la temperatura di 185°C - 170.41.

Ci serve l’entalpia di saturazione e l’entalpia a 200°C. Guardiamo dalla tabella, l’entalpia di saturazione è 2768.3 kJ/kg e che l’entalpia a 200°C è 2839.8 kJ/kg.

Quindi avremo 2768.3 + (2839.8 - 2768.3, diviso 200 - 170.41) per 185 - 170.41.


Riassumendo, nella tabella del vapore surriscaldato, siamo nel punto 2 a 800 kPa. La temperatura di saturazione per quella pressione e 170.41°C. Se voglio sapere l’entalpia nelle condizioni di saturazione è questa e l’entalpia nelle condizioni di 200°C è questa.

h₁ si calcola con la stessa tecnica usata nell’esercizio precedente, poi facciamo h₂ - h₁.


Esercizio 1


Un blocco di ferro di 50 kg alla temperatura di 80°C è immerso in un serbatoio isolato termicamente che contiene mezzo metro cubo di acqua a 25°C.

Si determini la temperatura quando sia stato raggiunto l’equilibrio termico.

Come primo passaggio della soluzione c’è scritto ‘Si assumono come sistema le superfici interne della parete del serbatoio’, cioè sono il contorno del sistema.

E’ molto importante iniziare a ragionare su quale sia il sistema. Quindi è presa l’acqua fredda a 25°C con dentro il blocco caldo e questo è considerato il sistema. Dal punto di vista rigoroso, non va bene perché ho considerato un sistema che non è in equilibrio. Si può pensare a due sistemi, uno che è formato dal blocco e l’altro l’acqua.


Il pedice A è assegnato all’acqua, mentre f è per il pezzo di ferro. La massa del ferro è 50 kg, la temperatura iniziale del ferro è 80°C.

Prendiamo due sistemi, il sistema del ferro e il sistema del liquido e per ciascuno applichiamo il 1° Principio della termodinamica tra lo stato iniziale, che sarebbe il blocco di ferro a 80°C e l’acqua a 25°C e lo stato finale dove tutto è alla stessa temperatura, che al momento non so quale sia, però sono sicura che sia unica.


Per ciascuno di questi due sistemi posso scrivere il 1° Principio della termodinamica che dice che la variazione di energia termica è pari al calore scambiato e poi sommato algebricamente con le solite convenzioni sui segni al lavoro. Possiamo considerare l’acqua e il pezzo di ferro due entità incomprimibili, quindi due cose per cui il volume non varia e quindi il valore lo possiamo mettere a 0.

Quindi abbiamo due equazioni, una che descrive per il ferro la variazione di energia interna uguale al calore scambiato, l’altra che descrive per l’acqua la variazione di energia interna uguale al calore scambiato.

La variazione di energia interna, anche se non la possiamo calcolare esplicitamente, la possiamo scrivere per ciascuno dei due sistemi, però siamo sicuri che il calore scambiato sarà uguale in valore assoluto, perché l’acqua avrà un termine ∂Q positivo e l’altro avrà un termine ∂Q negativo, però in valore assoluto devono essere uguali per com’è costruito il sistema. Il bordo esterno è adiabatico vuol dire che lo scambio termico avviene tra di loro.

E invece per la variazione di energia interna, si calcola con la massa per il calore specifico per la variazione di temperatura, che alla fine sarà scritta come temperatura iniziale, meno temperatura finale.


Riassumendo, abbiamo due equazioni, l’equazione del 1° Principio per un sistema, l’equazione del 1° Principio per il secondo con due incognite, cioè la temperatura di equilibrio, comune a tutte le parti e il calore scambiato che però faremo sparire, sostituendo un’equazione nell’altra.

Ho scritto il primo sistema composto dalla sola massa di ferro, Q = massa del ferro per il calore specifico del ferro per la differenza di temperatura, in modo che fosse negativa.

Una delle prime due equazioni e la seconda sono le due equazioni che riusciamo a scrivere con le incognite Q e Te, tutto il resto è noto. Adesso ci vuole poco per uguagliare i due calori che spariscono e poi mettere in evidenza la temperatura di equilibrio. Ottengo un’equazione che rappresenta la media pesata delle due temperature, cioè la temperatura di equilibrio.

Se si fanno i conti, nella prima equazione si fa sparire la Q, da una delle due parti la temperatura di equilibrio è al secondo posto, nell’altra è al primo posto. Questo significa che ho dovuto accordare i segni di calore, poi metto in evidenza la temperatura di equilibrio e ottengo l’equazione della temperatura di equilibrio come media pesata secondo la capacità termica delle temperature iniziali.

Così si capisce anche come funziona il calorimetro per misurare la capacità termica del pezzo solido che si butta dentro la pentola d’acqua. L’equazione è la stessa, si misura la temperatura dell’acqua all’inizio, la temperatura dell’acqua alla fine e quindi si deve solo girare l’equazione per ottenere il prodotto mf per cf, che è l’incognita.

Se si fanno i conti con i dati che vengono assegnati, la temperatura finale di equilibrio è di 25.5864°C.


Quante cifre significative devo mettere nel risultato? Un numero scritto così 1000.00 ha 6 cifre significative, perché vuol dire che sono convinta di quel numero fino ai centesimi. La stessa quantità scritta così 1.0 • 10³ ha due cifre significative e 1 • 10³ ha una cifra significativa.

In generale, il numero di cifre significative deve essere simile o al massimo una o due in più rispetto ai dati di partenza. I dati di partenza qui avevano 2 o tre cifre significative e nel risultato posso averne 3-5. Oltre è troppo.

Esercizio 2


Un serbatoio rigido (il sistema, se è composto dal materiale che è dentro al serbatoio) non scambia lavoro attraverso la deformazione dei contorni. Isolato termicamente (non scambia calore), contiene inizialmente 0.7 kg di elio a 27°C e a 350 kPa. Si fa quindi girare nel serbatoio per 30 min un’elica, fornendo una potenza di 15 W. Si determini la temperatura finale e la pressione finale del gas elio.


Si assume che il sistema di gas elio nel serbatoio è un sistema chiuso e stazionario. Qual’è la differenza tra sistema stazionario e sistema in equilibrio? Il sistema stazionario vuol dire che i parametri misurati nel sistema non dipendono dal tempo, le derivate nel tempo sono zero.

In equilibrio significa che tutti i punti hanno uniformità di temperatura e di pressione, lasciate lì per un tempo lunghissimo non cambiano, in virtù dell’uniformità delle caratteristiche.


Alle condizioni specificate, l’elio può considerarsi un gas perfetto poiché è a una temperatura molto alta in relazione alla sua temperatura critica (Tcr = 5.3 K).

Si fa riferimento alla legge degli stati corrispondenti, in cui si vedeva che se la temperatura ridotta, cioè il rapporto tra temperatura effettiva del gas e la temperatura critica del gas è 2 o maggiore di 2, il fattore di compressibilità è 1, il che significa che un gas reale si comporta come un gas perfetto. La temperatura ridotta pari a 2 ha una curva vicina a z = 1. z è 1 per l’elio a quella temperatura e quindi si può trattare come gas perfetto. 

L’esercizio chiede la pressione finale e la temperatura finale. Identifico il sistema, che si identifica come il gas che sta lì dentro. Se scrivo il 1° Principio, c’è la variazione di energia interna, uguale allo scambio termico con l’esterno - lavoro scambiato con l’esterno. Lo scambio termico con l’esterno è nullo perché le pareti sono adiabatiche, il lavoro è dato dall’elica. Dell’elica so la potenza e l’intervallo di tempo. Moltiplico con le unità di misura giuste e calcolo quanto lavoro viene introdotto nel sistema in quell’intervallo di tempo.

Il sistema verrà considerato nei due istanti, istante 1 prima che io accenda l’elica, istante 2, 30 min dopo l’accensione dell’elica. Il lavoro che ho introdotto è 15 W per 30 min trasformati in secondi, che sono 1800 s e ottengo - 27000 J.

La variazione di energia interna verrà scritta come la massa del sistema per il calore specifico a volume costante, perché il volume del sistema del sistema rimane costante, per la differenza di temperatura. Quindi scriveremo che la variazione di energia interna è uguale al calore meno il lavoro.

Il calore vale 0, la variazione di energia interna si scrive attraverso la massa e il calore specifico a volume costante e quindi posso eguagliare la variazione di energia interna che si esprime così con il lavoro. Nella parte a sinistra abbiamo - W, però le convenzioni sui segni dicono che il lavoro scambiato è positivo quando il sistema lo attribuisce all’esterno. Qui il sistema incamera lavoro dall’esterno attraverso l’elica e quindi è positivo. Il lavoro di per sé è negativo perché viene incamerato dal sistema, quindi globalmente ha un segno negativo.

Dal punto di vista dell’energia interna, è ovvio che se io agito qualcosa con un’elica, gli sto aggiungendo energia. Era energia meccanica all’albero, dentro al fluido è diventata energia termica. Il meccanismo è quello della dissipazione viscosa.

Si ottiene T₂ attraverso questa equazione. La massa dell’elio è di 0.7 kg. T₂h è 39.38°C.


La seconda domanda chiede la pressione nel punto finale. Applico la legge dei gas perfetti. Posso scrivere che nello stato 1, prima di accendere l’elica, p₁ per il volume specifico è uguale a R dell’elio T₁.

Allo stato 2, p₂ v₂ = R T₂. Visto che il volume e la massa devono rimanere uguali, posso ottenere un’equazione che dice che il rapporto tra p e T rimane costante, quindi p₁/T₁ = p₂/T₂.

È chiesto p₂ = p₁ che moltiplica T₂/T₁. T₂ lo abbiamo calcolato, T₁ è 27°C, però trasformati in Kelvin e ottengo il valore in kPa. Tutte le volte che ci sono dei rapporti tra temperature, ci vanno i Kelvin.

La pressione finale è 364.43 kPa. La pressione è aumentata un po’. Abbiamo preso un gas, abbiamo aumentato la temperatura, il volume è lo stesso, ma è aumentata la pressione.

Esercizio 3

Un motore termico reale la cui potenza meccanica resa è pari a 200 kW, opera con un rendimento di 0.35 tra due set.

set sta per serbatoio termico, un oggetto ideale che è in grado di fornire quanto calore si vuole ad una sola temperatura. Gli esempi sono un bacino di un liquido di grandi dimensioni.

Questo motore lavora tra due sorgenti, una a 1000°C che ben rappresenta la combustione di un combustibile fossile e uno alla temperatura di 20°C, che ben rappresenta l’ambiente esterno.

Calcolare la potenza termica ceduta dal serbatoio alla temperatura TA, calcolare il rendimento di un ciclo di Carnot che opera tra le stesse temperature e la potenza termica che sarebbe necessario fornire al set se il motore termico fosse in grado di operare su un ciclo di Carnot.

Il serbatoio cede calore al motore e questo lo cede alla temperatura più bassa di 20°C.


Il rendimento è definito come la potenza meccanica, diviso la potenza termica assorbita dalla sorgente a temperatura più elevata, come l’effetto utile, diviso la spesa. È richiesta quant’è la potenza termica fornita dalla sorgente alla temperatura elevata. Basta invertire l’equazione e otterremo il risultato.

La seconda domanda è qual’è il rendimento di Carnot, che è 1 - la temperatura della sorgente a temperatura bassa, diviso quella alta. Posso mettere 1 - 20/1000? Devo convertire in Kelvin, quindi 1 - TB + 273.15/TA + 273.15.


Adesso è richiesta la potenza termica che sarebbe necessaria fornire se il motore termico fosse in grado di operare secondo il ciclo di Carnot, cioè calcolare il Q con il nuovo rendimento e poi il rendimento di secondo principio è il rapporto tra i due rendimenti, ma il rendimento di secondo principio non sarà richiesto allo scritto.

Esame scritto di Fisica Tecnica - 12 aprile 2021 (Esercizio 07)

C’è un contenitore dove entra dell’acqua e poi questi 4 tubi scaricano dell’acqua. Un contenitore cilindrico viene alimentato dall’alto con la portata di 0.2 kg/s di acqua a densità di 299 kg/m³, viscosità 1.05 • 10⁻⁶ m² al secondo. Il contenitore presenta 4 fori sul fondo, collegati a 4 condotti verticali a sezione circolare. I condotti fanno scaricare il contenitore per l’effetto gravitazionale della colonna d’acqua. Quindi si stabilisce un equilibrio, l’acqua si blocca ad un certo livello perché lì c’è l’equilibrio tra la pressione che quell’altezza d’acqua fornisce. Sia il pelo libero nel nel contenitore cilindrico, sia la sezione di uscita dei quattro condotti sono esposti alla pressione atmosferica. Il diametro del contenitore è di 0.12 m, il diametro dei condotti è di 0.0025 m, la lunghezza dei condotti di scarico è 0.08 m. Il flusso nei condotti è laminare con fattore d’attrito 64/Re. Considerare approssimativamente ferma l’acqua nel contenitore cilindrico e valutare le ‘perdite’, cioè le cadute di pressione nello scarico pari alla somma di un contributo di perdite distribuite (attraverso il fattore d’attrito f) e un contributo di perdite concentrate con coefficiente 2.

  1. Verificare che il flusso sia laminare nei condotti di scarico.

  2. Calcolare l’altezza del livello d’acqua dal fondo del contenitore cilindrico in condizioni di equilibrio.


Per il punto a), devo calcolare il numero di Reynolds. Quindi si prende m punto, lo divido per 4 e poi devo dividere per la densità e per devo dividere per la sezione, per ottenere la velocità media. Poi, per ottenere Reynolds, prendo la velocità media, la moltiplico per il diametro (0.0025) e la divido per la viscosità cinematica dell’acqua. Il risultato è 2427. E’ laminare perché è sotto il valore di Reynolds critico, che è dai 3500 ai 5000.

Per il punto b) devo applicare Bernoulli. Lo abbiamo scritto in tre forme; nella forma dove si fa l’ipotesi che la vorticità sia nulla, quindi la forma forte; Bernoulli dove si fa l’ipotesi che il numero di Reynolds sia elevato e che devo muovermi lungo le linee di corrente, cioè la forma debole e poi la forma integrale.

Dobbiamo usare quest’ultima forma e cioè la forma integrale, che ha questo nome perché non si valuta tra due punti, ma si valuta prendendo un tubo di flusso e sezionando il tubo di flusso in due tratti.

Come faccio a tener conto del fatto che lì ho 4 tubi e non 1? Se pensiamo che l’equazione integrale di Bernoulli, applicata su un tubo di flusso e che un tubo di flusso potrebbe avere una forma così, scelgo uno dei 4 tubi, lì dentro ci sarà un tubo di flusso e poi lo espando verso l’esterno e applico Bernoulli su quel tubo.

Per applicarlo, ho scritto z₁ cioè la quota in coordinata z del pelo libero, z₂ la quota in coordinata z dell’uscita dei 4 tubi. z è solo il tratto di pelo libero è 𝓁 è solo il tratto di tubo. Esiste un legame che dice z₁ - z₂ è uguale a z + 𝓁.

Visto che abbiamo sezione 1 e sezione 2, scriviamo Bernoulli tra la sezione 1 e la sezione 2 di quel tubo di flusso che abbiamo.

Quindi la velocità media nella sezione 1 al quadrato, diviso 2 + la pressione 1 media diviso ρ + g z₁ deve essere uguale a u₂² diviso 2 + media di p diviso ρ + g z₂.

Nelle equazioni ci sono due altri termini, uno che tiene conto della potenza meccanica che viene immessa nel sistema attraverso turbine, pompe, … Qui non ce ne sono, quindi quella non c’è e poi c’è un’energia meccanica che viene sottratta dal sistema perché si genera calore in questo flusso, è il temine delle perdite, che si chiama Ev punto, che significa effetti per dissipazione viscosa e per scriverlo dentro a questa equazione devo anche scrivere diviso m punto, cioè per la portata in massa. Se io metto dalla parte destra, è un termine che è sempre positivo e va con il +, perché devo fare un conto con il bilancio energico. Sto dicendo che l’energia nella prima sezione di questo tubo di flusso andrà in parte nell’energia che rimane nel flusso quando esce, in parte in dissipazione.

I coefficienti di ragguaglio andrebbero messi esclusivamente prima della velocità 2, ma se non c’è scritto, non bisogna metterceli.

Questa equazione può essere semplificata molto, perché la velocità della sezione 1 è 0, poi la pressione nella sezione 1 e nella sezione di uscita è pari alla pressione atmosferica, quindi possiamo utilizzare le pressioni relative, quindi questo termine va via e anche questo. g z₁ - z₂ lo posso riunire in un solo termine e lì dentro c’è l’incognita e quindi scriverò g 𝓁 + z, che sarà z₁ - z₂ = u₂²/2 - il termine delle perdite Ev punto diviso m punto. Tutto questo è scritto in termini di m² al s², che è una specie di energia specifica, cioè J/kg.

Ci sono due contributi delle perdite, uno che è il contributo di perdite distribuite, che è quello dell’attrito e il contributo delle perdite concentrate, che saranno le perdite all’uscita.

Questi due tipi di perdite si possono raggruppare in un’espressione che è uguale al fattore d’attrito per la lunghezza, diviso il diametro del contenitore per la lunghezza dei condotti di scarico, + il contributo delle perdite concentrate k = 2, per la velocità 2 al quadrato, diviso 2, anche questo come termine ha questa unità di misura qui. L’incognita di questa è z. u₂ l’ho calcolata nel punto 1, perché viene assegnata implicitamente attraverso la portata.

z è 1/g per il termine delle perdite, diviso 2. Risulta un fattore d’attrito di 2.6 centesimi. f per 𝓁 diviso D per 𝓁, che è il contributo delle perdite distribuite + k per ½ velocità media al quadrato.

Mi risulta 1.42 m²/s². Per questo caso, z che sarebbe la quota del pelo libero dal fondo di questo piccolo contenitore che equilibra il sistema è di 7 cm e poi ci sono 8 cm di quei 4 tubi con quel piccolo diametro. Non mi serve calcolare 𝓁 o Ev punto, calcolo solo la parte destra.

Se non sono specificati i coefficienti di ragguaglio, non li mettiamo.


Quando si studia il diagramma di Moody, spesso si usa una procedura iterativa, perché quando si studia una rete di tubazioni, non si sa la velocità del fluido dentro al tubo, però il fattore d’attrito dipende dal numero di Reynolds. Bisogna sapere il fattore d’attrito per calcolare la velocità nel tubo, però il fattore d’attrito dipende da Reynolds, che dipende dalla velocità e allora quello che si fa è una procedura iterativa per arrivare ad una soluzione, dove fattore d’attrito e velocità sono coerenti. Per fare questo, si comincia con un valore incoerente di velocità e si arriva ad un valore sbagliato del fattore d’attrito, poi si calcola tutto con questo valore sbagliato, poi si ricalcola la velocità e pian piano si arriva alla convergenza.

Esame scritto di Fisica Tecnica - 3 novembre 2021 (Esercizio 12)


Un tubo orizzontale di diametro 20 cm e lunghezza di 135 m, viene utilizzato per scaricare un serbatoio d’acqua il cui pelo libero è posto a un’altezza di 35 m rispetto all’asse del tubo. Il serbatoio ha una superficie libera molto maggiore della sezione del tubo.

Quando leggiamo una frase di questo tipo, significa che applicheremo il teorema di Bernoulli o il 1° Principio per sistemi aperti e quando la sezione sarà la sezione 1, lì la velocità potrà essere messa a 0. Se applichiamo l’equazione di continuità tra la sezione 1 e la sezione 2, essendo il prodotto velocità di 1 per s di 1 a densità costante, deve essere uguale alla velocità di 2 per s di 2. La superficie 1 è molto maggiore della superficie 2, la velocità in 1 deve essere molto maggiore della velocità in 2, allora possiamo prenderla uguale a 0. Quindi questa frase significa u₁ = 0.

Qui uguale, la superficie libera del serbatoio e la sezione 2 di flusso sono esposti alla stessa pressione atmosferica. Questa cosa di non mettere il coefficiente di ragguaglio e di suggerire che le pressioni sono uguali, sono delle semplificazioni. Quindi come prima anche qui la pressione non si mette.

E poi dice l’acqua, alla temperatura di 20°C ha una viscosità cinematica di 1.004 • 10⁻⁶m²/s. Il fattore d’attrito si può calcolare attraverso un’equazione, che vale per Reynolds tra 3000 e 5 milioni.


a) Stimare la velocità media dell’acqua nel tubo u₂, trascurando le perdite concentrate. Quindi qui ci sono solo le perdite distribuite. Si noti che la velocità media del tubo si può valutare solo attraverso una procedura iterativa. Per questa, fissare in prima istanza (prima iterazione) Reynolds pari alla media tra il valore massimo e minimo indicati nell’equazione. Fornire come stima di u₂ il valore di velocità che risulta dalla seconda iterazione.

Prima di tutto, prima iterazione. Come prima stima del fattore d’attrito, calcolare il fattore d’attrito con il Reynolds medio tra il minimo e il massimo, cioè 3000 e 5 milioni. Quindi si dice che Reynolds è uguale a 5 • 10⁶ + 3000/2. Quindi fa 2 501 500. Quello è il Reynolds di partenza, lo prendo e lo sostituisco nell’equazione, perché c’è bisogno di Reynolds e ottengo un primo valore di fattore d’attrito. Il fattore d’attrito nella prima iterazione viene 0.01. Questo numero ha 3 cifre significative.

Devo calcolare la velocità, quindi devo scrivere la velocità media in sezione 1 al quadrato diviso 2 + p media sezione 1 diviso ρ + g z₁ = la velocità media nella sezione 2 al quadrato + p₂ diviso ρ + g z₂ e poi ci devo mettere il termine delle perdite di tipo distribuito, quindi Ev punto, diviso m punto.

La velocità nella sezione 1 è 0, le pressioni sono uguali e quindi le posso semplificare, quindi conosco tutto e posso calcolare la velocità. Viene fuori un’equazione del tipo che la velocità media sarà pari alla radice quadrata di 2 g e poi c’è la differenza di altezza che l’abbiamo chiamata h, quindi 2 g h diviso 1 + f per D diviso 𝓁.

Viene la stessa equazione che avevamo prima e posso calcolare la prima approssimazione e questo numero viene 8.86 m/s.

Adesso si calcola il nuovo valore di Reynolds, dal numero di Reynolds si ricalcola f, da f con l’equazione si ricalcola la velocità u₂ e c’è scritto di fornire la velocità della seconda iterazione.

Il valore nuovo della velocità sarà 8.66 m/s.


b) In un configurazione d’impianto dove si sono aggiunti un misuratore di portata e una valvola, la velocità media nel tubo all’uscita è di 6 m/s. Valutare le perdite concentrate. È il problema inverso; la velocità la conosco e non conosco Ev punto, diviso m punto.

Esame scritto di Fisica Tecnica - 4 novembre 2020 (Esercizio 05)

Trasmissione del calore


Se volessimo tracciare qualitativamente l’andamento di temperatura, avrò che all’interno la temperatura è di -5 °C, all’esterno potrà andare a -5 a 45 °C. Se sono -5 significa che non c’è scambio termico, se invece sono a 45 °C avrò un taglio termico dato dall’isolante, un minuscolo taglio termico dato dalle lamine e la resistenza convettiva esterna che porta la temperatura a 45 °C.

Immaginiamo che tutto il parallelepipedo è formato da pareti uguali, con lo stesso spessore e lo stesso isolante. Il coefficiente di scambio termico convettivo è più alto perché si ipotizza una convezione forzata, perché l’automezzo muovendosi è interessato da un flusso esterno di una certa intensità che aumenta il coefficiente convettivo esterno. In questo problema non si parla di irraggiamento, quindi lo trascuriamo.

Maggiore è la temperatura esterna, più basso è il rendimento di Carnot della macchina frigorifera che deve portare l’aria da 45 °C a -5. Quindi ci sarà una macchina frigorifera che mantiene la temperatura dell’aria all’interno della cella frigorifera a -5 °C, andando a sottrarre calore.

La cella frigorifera, se la facciamo in sezione, scambierà calore attraverso le pareti esterne Q punto e dentro la cella frigorifera ci sarà uno scambiatore di calore che può essere per esempio a flussi incrociati tipo radiatore che scambia calore in regime stazionario, la potenza termica che dall’esterno, che si trova a 45 °C, entra nel vano refrigerato e poi viene scambiato con uno scambiatore di calore nel quale scorre un fluido refrigerante che si trova ad una temperatura più bassa rispetto ai -5 °C che ci sono nel vano refrigerato.

La serpentina si trova ad una temperatura più fredda rispetto all’ambiente, quindi si ha uno scambio termico nelle condizioni stazionarie, peggiori quando all’esterno abbiamo 45 °C, la potenza termica è massima tra l’esterno e l’interno e deve essere trasferita al fluido refrigerante del ciclo frigorifero. In questo modo riusciamo ad avere -5 °C.

Il COP è la potenza meccanica assorbita W punto, diviso Qmax punto,  dal compressore del ciclo frigorifero.

In termodinamica, il ciclo frigorifero in un diagramma T-s viene utilizzato un fluido che può essere l’R134a. Il fluido refrigerante passa da condizioni di vapore saturo secco a vapore surriscaldato tramite un compressore che effettua una compressione politropica, non isoentropica perché si hanno delle perdite durante questa fase. Dopodiché c’è una cessione di calore verso il serbatoio caldo che fa sì che la temperatura del fluido condensi e arrivi fino al punto 3, prima della valvola di laminazione. Dopo c’è una brusca laminazione isoentalpica che non riusciamo a raffigurare e non è una trasformazione in equilibrio. Sappiamo solo che l’entalpia specifica del punto 3 è paragonabile all’entalpia specifica del punto 4. Dopodiché il fluido si trova a freddo in condizioni di miscela bifase ed evapora andando da 4 a 1 grazie alla potenza Qmax punto che viene assorbita. La parte dentro al vano refrigerato in realtà è l’evaporatore.

Dobbiamo andare a calcolare Qmax punto e poi W punto sarà uguale a COP per Qmax punto.

Andiamo a calcolare la resistenza termica. Possiamo considerare il flusso termico come monodimensionale, stazionario, che va dall’esterno verso l’interno. Vado quindi a calcolare Qmax punto nella condizione più sfavorevole, come se fossimo in una condizione di parete piana.

L’area esterna la calcoliamo facilmente perché è 2 volte AB + BA + AL. Otteniamo un’area esterna di 72.5 m².

La potenza termica massima la possiamo calcolare nelle condizioni peggiori quando all’esterno abbiamo - 45 °C. Quindi facciamo - 5 - 45, diviso RTOT. Otteniamo una potenza termica negativa perché abbiamo al numeratore un valore negativo; la differenza sarebbe di -50 e perché andiamo dall’esterno verso l’interno. Volendo, possiamo considerare il valore assoluto, perché non è il caso della parete piana dove Q punto va dall’interno verso l’esterno, perché qui è il contrario. Qmax punto è negativa, se consideriamo la superficie, sta entrando nella superficie esterna, quindi è negativa, non sta uscendo.

Per semplicità possiamo considerare un valore assoluto. È giusto che sia negativo perché, se andiamo a moltiplicare COP per Qmax punto, troviamo un lavoro negativo ed è giusto che sia così.

Se consideriamo un ciclo, il lavoro è positivo se è uscente e negativo se è entrante dal punto di vista termodinamico. Per non confonderci consideriamo il valore assoluto.


Per calcolare la resistenza totale, utilizziamo un flusso termico monodimensionale e nelle pareti non consideriamo la lamina metallica.

Abbiamo una prima resistenza convettiva esterna, una resistenza conduttiva data solo dal poliuretano e una resistenza convettiva interna.

La resistenza convettiva interna sarà 1/h interno per A. La resistenza conduttiva sarà spessore isolante, quindi sp - 2 vuole s𝓁, diviso λ dell’isolante per A + la resistenza convettiva esterna, 1/h esterno per A. Otteniamo una resistenza totale di 0.0393 K/W, che è la somma tra R convettiva interna + R conduttiva è R convettiva esterna.

Poi calcoliamo la Qmax punto da questa formula e otteniamo una Qmax punto di 1272 W in valore assoluto. Andiamo a calcolare la potenza meccanica assorbita, moltiplicando W punto e Qmax punto, diviso COP. otteniamo 553 W.

Esame scritto di Fisica Tecnica - 8 febbraio 2021 (Esercizio 06)

Trasmissione del calore


H = 1.8 m, B = 0.6 m e P = 0.4 m. La parte frontale la chiamiamo 1, tutto il resto invece lo indichiamo con 2. La base non scambia calore verso il terreno.

Considerando lo scambio termico monodimensionale e l’area effettiva di scambio termica interna del box. In questo caso non prendiamo l’area esterna, ma prendiamo l’area interna, quindi dobbiamo sottrarre lo spessore delle pareti a favore di sicurezza.

Bisogna calcolare la temperatura massima interna che si ha esternamente nel box e bisogna confrontare sia la parete frontale metallica, sia le pareti di plastica.


In condizioni stazionarie la temperatura del box è massima quando si ha una potenza generata massima e una temperatura ambientale massima esterna, quindi dobbiamo considerare questi due dati. In quel caso, la potenza generata massima è uguale a T box massima, che è la temperatura dell’area interna del box - T ambientale massima, diviso RTOT. La resistenza termica totale è considerata monodimensionale e consideriamo l’area interna a favore di sicurezza. Quindi andiamo a calcolare le dimensioni, quindi l’area interna delle pareti.

Consideriamo l’area interna della parete metallica, che è uguale ad Ai, L + Ai, p. Sappiamo gli spessori, quindi andiamo a calcolare le dimensioni del parallelepipedo interno. H interno sarà pari ad H - 2 volte lo spessore della parte plastica, quindi abbiamo1.792 m.

Poi abbiamo che B interno che sarà pari a B - 2 volte lo spessore della parete plastica = 0.592 m.

P interno è uguale a P - uno spessore di lamiera - uno spessore di plastica, quindi abbiamo 0.3952 m.

La T box è massima quando all’esterno abbiamo la temperatura massima. Il valore massimo di temperatura si ha considerando la temperatura ambientale massima. Quindi T box massima è pari a T ambientale massima + Q generato massimo per RTOT. Se prendiamo il caso di temperatura ambientale minima, non otteniamo il caso più sfavorevole, perché otterremo 15 + un valore costante, invece voglio ottenere un valore più alto possibile, che è 37 + un valore costante.


Facciamo una rete di resistenze termiche. Abbiamo una grande differenza tra i λ, conviene fare due rami. Abbiamo Q punto generata massima, poi abbiamo T box massima, poi T ambientale massima all’uscita.

Poi abbiamo la resistenza convettiva interna plastica, la resistenza convettiva interna della lamiera, la resistenza conduttiva plastica, la resistenza conduttiva della lamiera e la resistenza convettiva esterna della plastica e la resistenza convettiva esterna della lamiera. Questa somma di resistenze di sopra è R₁ e sotto avrò R₂.

Poi faccio il parallelo e scrivo che la resistenza convettiva interna della parete plastica è 1/h • A interna della parete plastica. La resistenza convettiva interna della lamiera sarà pari a 1/h • A interna della lamiera. L’area interna della lamiera e quella della parete plastica la dobbiamo considerare utilizzando questi spessori.

L’area interna della lamiera sarà pari ad h interno per H interno • B interno, quindi pari a 1.06 m².

Mentre l’area interna della parete plastica (dobbiamo far finta che non ci sia la base) è 2 P interna • H interna + B interna • P interna + B interna • H interna e questa è di 2.71 m².

Calcoliamo la resistenza conduttiva della parete come spessore della parete, diviso λ della parete plastica • A interna della parete plastica. Invece la resistenza conduttiva della lamiera sarà lo spessore della lamiera, diviso λ della lamiera per l’area interna della lamiera. Poi la resistenza convettiva esterna della parete plastica sarà pari a 1/h per area interna della parete plastica. 

La resistenza convettiva esterna della lamiera sarà 1/h per area interna della lamiera.

Siccome le due aree sono uguali e l’h è uguale, le due resistenze convettive alla fine sono uguali


A favore di sicurezza conviene utilizzare l’area interna, perché abbiamo Q generata che è costante. Io voglio avere il ΔT più basso possibile tra ambiente e il box. Se io supero questo valore, i dispositivi che sono all’interno del box possono fondere. Quindi devo mantenere questo ΔT sotto un certo valore. Quindi ΔT deve essere inferiore ad un ΔT massimo, tale per cui arrivo alla temperatura limite dei componenti che sono all’interno del box.

Se prendo l’area esterna, R è più basso, perché l’area esterna è maggiore. Essendo R basso significa che ΔT non l'ho  preso a favore di resistenza, perché ho preso una resistenza termica che è più bassa di quella reale. Nei problemi come questo, quando vogliamo passare da problemi monodimensionali a tridimensionali, c’è sempre l’effetto di bordo. Perché qui abbiamo un flusso termico che non è monodimensionale, allora conviene scegliere l’area interna quando abbiamo problemi come questi di dissipazione, quindi vogliamo trovare i ΔT massimi possibili, perché siamo sicuri di rimanere dentro al nostro range, oppure nei problemi di isolamento prendiamo l’area esterna. L’area interna la prendiamo nei problemi di dissipazione.

In questo modo considero solamente l’area interna, un’area più piccola che si porta dietro una resistenza più alta e quindi siamo a favore di resistenza.

È una semplificazione che mi permette di risolvere i problemi bidimensionali a favore di sicurezza, rendendoli monodimensionali. Se avessi preso l’area esterna probabilmente non sbagliavo di tanto, però concettualmente ottenevo un valore superiore rispetto alla realtà, perché l’area effettiva intermedia fra le due.

Essendo un parallelo, RTOT sarà pari a 1/R₁ + 1/R₂, dove R₁ è la sommatoria di queste resistenze e R₂ è la sommatoria delle resistenze della lamiera. Otteniamo quindi una resistenza totale di 0.057 K/W.

Riusciamo a calcolare T box, max e otteniamo 73.9 °C.


A questo punto, dobbiamo calcolare la temperatura superficiale esterna della plastica e della lamiera, quindi Ts, p e Ts, L e capire quale delle due è maggiore. Per calcolare le due temperature, dobbiamo calcolare le due potenze termiche Qp punto e QL punto.

Possiamo calcolarle perché conosciamo l’area ambiente massima, R₁ ed R₂, quindi possiamo dire che Qp punto, quindi la potenza termica scambiata verso la plastica è T box, max - T ambiente massima, diviso R₁ quindi 454.4 W, mentre la potenza termica scambiata verso la lamiera è T box, massima - T ambiente massima, diviso R₂, quindi 195.6 W.


La temperatura di parete Ts, p sarà pari a T ambiente massima + R convettiva esterna di parete plastica • Qp punto e questo è pari a 53.8 °C. Questo perché Qp punto lo posso scrivere anche considerando solo la resistenza convettiva esterna come Ts, p - T ambiente massima, diviso R convettiva esterna della plastica.

Stesso calcolo lo faccio per la lamiera, quindi Ts, L è uguale a T ambiente massima + R convettiva esterna della lamiera, per QL punto e ottengo 55.4 °C.

Esternamente, se mettiamo la mano sul box, la parte di plastica si trova a 53.8 °C, mentre la parte di lamiera si trova a 55.4 °C, nonostante dalla parte metallica si dissipi meno potenza termica, questa però è caratterizzata da una temperatura superficiale esterna più elevata, anche se di poco.

Esame scritto di Fisica Tecnica - 15 settembre 2021 (Esercizio 10)

Trasmissione del calore


L’esercizio 1 trattava un ciclo Rankine con surriscaldamento, quindi classico ciclo di potenza con vapor d’acqua. Vediamolo in un diagramma T-s, è un ciclo composto una pompa che innalza la pressione di in liquido saturo fino alla pressione 2 di un liquido sottoraffreddato. Poi abbiamo un generatore di calore che fornisce una certa potenza termica, poi abbiamo una turbina che espande il gas per generare potenza meccanica W punto e poi un condensatore che scambia potenza termica. È il classico ciclo Rankine con surriscaldamento, perché il punto 3 si trova all’interno del vapore surriscaldato.

Questo fluido entra in uno scambiatore di calore controcorrente, immaginiamo di avere uno scambiatore di calore fatto in questo modo. Poi abbiamo mR punto, con il pedice R per indicare che è il fluido del ciclo Rankine. Il problema dice che entra nello scambiatore il fluido con un titolo = 1 ed esce con un titolo = 0. La temperatura è costante di condensazione. L’altro fluido che si utilizza è l’acqua alla temperatura del fluido 2, quindi T₂ ingresso pari a 17 °C.

In questo problema abbiamo un fluido in condensazione, quindi la potenza termica da scambiare la si deve calcolare considerando la variazione di entalpia del fluido. Quindi per una pressione di 15 kPa, se andiamo nella tabella dell’acqua satura per 15 kPa, la temperatura di condensazione del vapor d’acqua è di 53.97 °C, quindi il fluido mR entra a 53.97 °C ed esce sempre alla stessa temperatura, perché nel contestatore va dal punto 4 al punto 1, quindi mantiene la stessa temperatura di condensazione, quello che succede è che varia il titolo, dal titolo unitario al titolo 0.

Sempre dalle tabelle, abbiamo che l’entalpia del liquido saturo a 15 kPa vale 225.94 kJ/kg, mentre l’entalpia del vapore saturo secco sempre a 15 kPa vale 2598.3 kJ/kg.


La potenza termica scambiata nel condensatore, se facciamo un bilancio entalpico, sarà pari a mR punto • Δh, quindi mR punto per h del vapore saturo secco - h del liquido saturo. In questo modo ottengo un valore positivo di potenza termica. Se vogliamo essere pignoli, dovremmo usare il valore assoluto perché avremmo una potenza negativa che è quella corretta. Ottengo un valore di 1186.18 kW.

Posso calcolare la temperatura dell’acqua di raffreddamento, quindi T₂ in uscita sarà T₂ in ingresso + Q punto in valore assoluto, diviso m₂ punto, cp₂. In uscita avremo una temperatura costante del fluido del ciclo Rankine di condensatore, la temperatura 2 in ingresso e la temperatura 2 in uscita, di 35.828 °C.

Per calcolare l’area attiva di scambio termico, bisogna calcolare ΔTml. Q punto in valore assoluto è U • A per ΔTml, quindi A sarà Q punto in valore assoluto, diviso U per ΔTml. ΔTml sarà la differenza all’ingresso, diviso la differenza all’uscita, oppure ΔT₂ - ΔT₁, diviso ln ΔT₂/ΔT₁.

Quindi il condensatore è 53.97 °C, ΔT₁ + T cond - T₂ d’ingresso e ΔT₂ è T cond - T₂ in uscita. Si ottiene un valore di ΔTml di 26.45 °C e infine un valore di area di 6.407 m².

L’entrata e l’uscita l’abbiamo scelta arbitrariamente, poteva essere ribaltata, comunque ΔTml rimane uguale. Equicorrente o controcorrente, quando uno dei due fluidi è in scambio termico, è in situazione di miscela bifase (in condensazione o in evaporazione), lo scambio termico è uguale sia nel caso equicorrente, sia nel caso controcorrente.

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Emma T.

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